Applausi per Quintana: «Adesso sono fiducioso»

19.05.2024
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LIVIGNO – La faccia non è di quelle tristi di chi ha perso una tappa. Anche da dietro gli occhiali, si capisce che Nairo Quintana sorride. A parte il terrore per la curva pendente, stretta e in sterrato, in pratica un baratro, dopo l’arrivo, poi il volto del colombiano si distende.

Asciugamano attorno al collo. Diversi colpi di tosse. Ma anche il tifo dei suoi connazionali. Il rumore fastidioso dell’ennesimo elicottero porta-vip e finalmente il corridore della Movistar inizia a raccontare. La gentilezza è rimasta quella di un tempo.

Nairo Quintana (classe 1990) dopo l’arrivo ai 2.385 metri del Mottolino, secondo a 29“ da Pogacar
Nairo Quintana (classe 1990) dopo l’arrivo ai 2.385 metri del Mottolino, secondo a 29“ da Pogacar

Nairo risorge

Tra i prati innevati del Mottolino per rubare un pezzetto di scena all’azione bellissima di Tadej Pogacar, serviva lui. Serviva un campione importante. A spingere Nairo erano in tanti. Rivederlo ai vertici ha fatto piacere a tanta gente. E la ressa per intervistarlo dopo il traguardo la dice lunga.

«Era una tappa che mi piaceva – spiega Quintana – era molto difficile, c’era molto dislivello. Ci pensavo da quando era iniziato il Giro d’Italia. Peccato essere arrivato al Giro in una condizione non facile. Ma aver tenuto duro è stato importante. E questa tappa è stata emozionante, molto significativa per me».

Nella testa dello scalatore scattano tante cose. Oggi Quintana è tornato ad assaporare, come lui stesso ha detto, le sensazioni di una volta. E probabilmente è per questo motivo che sorride. «La strada – aggiunge – è quella giusta».

Questa frazione misurava 222 km e 14 erano oltre i 2.000 metri: quote che piacciono molto a Nairo
Questa frazione misurava 222 km e 14 erano oltre i 2.000 metri: quote che piacciono molto a Nairo

Mai abbattersi

E’ vero: Pogacar se lo è divorato. Una volta era lui a fare così, ma gli anni passano, la concorrenza oggi più che mai è spietata e i problemi non si può dire non ci siano stati per Nairo. Ma essere ancora qui a lottare è stato significativo.

«Pogacar – riprende Quintana – è stato molto forte. E’ solido e può vincere tutto quello che vuole. Dalla macchina mi dicevano che Tadej era uscito e che dovevo accelerare. Così ho fatto. Il mio è stato un passo importante, ma quando mi ha ripreso sapevo che tenerlo sarebbe stato molto difficile. A quel punto mi sono gestito, cercando di non andare fuori giri e di salire regolare nel finale. Pogacar voleva vincere… c’era poco da fare».

Durante le partenze delle tappe al mattino si parla. E tra le varie chiacchiere Max Sciandri, il suo direttore sportivo, ci aveva detto che Quintana sicuramente sarebbe venuto fuori col passare dei giorni. «Uno col suo motore – aveva detto il tecnico toscano – prima o poi emerge. Anche se non è al top. Gli altri caleranno di più». E così è andata.

Vedere Nairo in piedi è una rarità, ma sapendo dell’attacco di Pogacar stava spingendo a tutta
Vedere Nairo in piedi è una rarità, ma sapendo dell’attacco di Pogacar stava spingendo a tutta

Non finisce qui

Se poi ci si mette anche l’esperienza il gioco è fatto. O almeno sarebbe stato fatto se non ci fosse stato Pogacar. Quintana è stato nella fuga. Dapprima con qualche compagno, poi da solo. Ha contribuito all’attacco, ma sempre senza esporsi troppo. 

Il colombiano è uscito allo scoperto quando era il momento giusto. Quando bisognava dare tutto. Quando ci si avvicinava alle sue quote, quelle del Foscagno, valico over 2.000 metri. E lo ha fatto col suo tipico intercedere: rapporto lungo, spalle fisse verso l’anteriore e nessuna espressione. Sembrava andasse piano. Sembrava…

«Io ero convinto oggi – riprende Quintana – ho spinto forte, ma come ho detto Pogacar voleva vincere. Il Monte Grappa? Eh, lo conosco, lo conosco… lì ho bei ricordi (ci vinse al Giro 2014, ndr). Aspettiamo dai. Il Giro non è finito e adesso sono più fiducioso».

Contador intervista Quintana, tra i due un gesto d’intesa prima di congedarsi
Contador intervista Quintana, tra i due un gesto d’intesa prima di congedarsi

Intesa tra scalatori

Poco prima che lo staff lo caricasse sull’ovovia per tornare a valle, arriva Alberto Contador, inviato di Eurosport. Lui e Nairo parlano in spagnolo. Alberto gli pone più o meno le stesse domande, salvo che Quintana aggiunge che merito di questo suo miglioramento è anche del buon clima che si respira in squadra. «C’è armonia. Ci aiutiamo e le cose vanno bene. Ringrazio la squadra per avermi riportato alle competizioni».

Una volta loro due se le davano di santa ragione, adesso le loro strade sono separate. Ma finita l’intervista tra i due campioni scatta come un gesto d’intesa. Un’intesa tra scalatori. Alberto gli dice all’orecchio, probabilmente gli sospira un: «Bravo». Poi appoggia la sua spalla a quella di Nairo, che contraccambia e ribatte. «Es bueno, es bueno…».

E la fiducia o quel “es bueno”, non sono solo di facciata o di sensazioni. Negli ultimi 15 chilometri, cioè da quando è scattato Pogacar, Nairo è stato il terzo più veloce. Ha incassato 2’58”, una decina di secondi in più di Bardet, che però non era stato in fuga tutto il giorno, ma aveva sempre viaggiato coperto a ruota.

Ha ragione Sciandri: il motore, quando c’è, prima o poi viene fuori.