Mentre i principali team (invero più esteri che italiani) si davano battaglia al Giro della Valle d’Aosta, il Trofeo Bottecchia disputato a Fossalta di Piave ha messo in mostra un diciannovenne che a dispetto dell’età è già una vecchia conoscenza per gli appassionati. Mirko Bozzola ha colto sulle strade venete la sua seconda vittoria da under 23 e non è una cosa da poco, visto che parliamo del vincitore del Gran Premio Liberazione 2022 da junior, l’autore di quella fuga a lunga gittata che lasciò molti a bocca aperta, considerando le caratteristiche del percorso romano.
Da allora Bozzola è cresciuto, ha cambiato categoria, si è posto di fronte a un mondo nuovo, a un nuovo team (la Zalf Euromobil Desirée Fior), a nuovi compiti con grande umiltà, ma col passare delle settimane e la crescita di condizione sono riemerse le caratteristiche che lo avevano messo in evidenza lo scorso anno.
«In questi mesi – racconta il piemontese – sono cambiate molte cose, mi sono dovuto adattare a un ciclismo diverso, fatto di nuove tabelle di preparazione, di gare su distanze più lunghe, di un modo di correre al quale non ero abituato. In fin dei conti mi sono ambientato in fretta, ora posso dire che il periodo di ambientamento è finito».
Ti aspettavi di più o di meno dal cambio di categoria?
Penso di essere andato al di là delle mie previsioni: non avrei mai detto che sarei arrivato a metà luglio con due vittorie individuali più una cronosquadre e qualche piazzamento ai vertici. Il bilancio è ben più che positivo.
Eppure un periodo di apprendistato è stato necessario…
Non poteva essere altrimenti. Le gare sono più dure, bisogna imparare a gestirsi, nelle energie e anche mentalmente. Con il caldo poi è importante bere spesso e fare tutto quel che il team consiglia, la cotta è dietro l’angolo. Io riesco a muovermi bene e devo dire che rispetto allo scorso anno sono anche meno controllato, forse perché sono un novizio della categoria.
Lo scorso anno all’indomani della tua vittoria romana dicevi di dover migliorare su molti aspetti. Dopo un anno noti di aver fatto progressi?
In generale sì, ma c’è ancora molto da fare. Sicuramente devo lavorare ancora molto sul mio rendimento in salita, a inizio stagione pagavo dazio più frequentemente di quanto avviene ora, ma so che posso fare molto meglio. Lo spunto veloce è rimasto, anzi posso dire che noto dei miglioramenti nella potenza e nei wattaggi, ma non voglio certo fermarmi.
Che cosa ti è piaciuto di più della tua ultima vittoria?
Non è stata facile. Era una corsa piatta e lunga nella quale si era avvantaggiato un gruppetto di otto atleti. Io ho fatto un grande sforzo per riaccodarmi e visto che nessuno dava nuova linfa alla fuga ho attaccato insieme a Giovanni Gazzola (Sissio Team), per poi staccarlo e farmi gli ultimi 30 chilometri da solo, con il gruppo sempre vicino, ma alla fine ho conservato una decina di secondi di vantaggio.
A ben guardare non è una meccanica di corsa molto diversa da quella del Liberazione 2022, è quasi diventata un tuo marchio di fabbrica…
E’ questo il modo che preferisco, non mi piace aspettare la volata, voglio prendere io l’iniziativa, anche perché poter arrivare da soli al traguardo, godersi quegli ultimi metri sapendo di non essere più raggiunto ha un sapore particolare, dolcissimo, impagabile.
Come ti trovi alla Zalf?
Molto bene, è un team unito nel quale si corre molto per la squadra pensando sempre a fare risultato. Il principio di base è che quel che conta è il team, non è un caso se la mia sia stata la dodicesima vittoria dall’inizio dell’anno.
I più anziani ti hanno preso sotto la loro ala?
Non vedo tantissimo i miei compagni, se non in occasione delle gare, visto che mi alleno a casa. In corsa ci si aiuta tutti ed è normale ad esempio che un quarto anno si metta al servizio di un primo. Devo dire comunque che è capitato spesso come i più anziani mi abbiamo dato utili consigli per approcciarmi a questo mondo, è anche per questo che alla Zalf mi trovo bene.
Con una prima stagione da under 23 già briillante, iniziano a farsi sentire le sirene dei team professionistici, soprattutto di quelli con una filiera alle spalle per far crescere i propri atleti più giovani. Stai già pensando a un futuro da pro’ o pensi che ci sia tempo?
Forse sarò all’antica, ma credo che un paio d’anni nella categoria siano necessari, per fare esperienze e crescere anche mentalmente. Il prossimo anno se ne parlerà, non dico certo di no a un team Devo con alle spalle una grande squadra magari del WorldTour, ma passare adesso sarebbe un salto nel buio, credo di dover ancora imparare tanto e nel team attuale posso farlo.
Oltretutto c’è ancora da “svezzarti” a livello di corse a tappe…
Ho fatto il Giro del Veneto ed è servito molto per crescere di condizione, ma una corsa a tappe è qualcosa di completamente diverso dalle gare alle quali si partecipa abitualmente, ci sono molti aspetti da considerare, imparare a gestirsi. Lì mi è stato molto utile essere a contatto con chi aveva più esperienza, ma ho anche capito che ho molto da imparare.