Su Luca Giaimi, Dino Salvoldi è pronto a scommettere. Il 17enne di Alassio è una colonna portante del suo quartetto iridato juniores, ma anche su strada si sa ben difendere, anzi. Tra quelli che non sono partiti per l’Australia è quello che si è maggiormente messo in vista, collezionando nello spazio di una settimana due successi importanti a Massa e Arcore. Ma quel che colpisce di più parlando con il giovane ligure è la sua grande maturità, che lo porta a valutare con obiettività ogni singolo passo della sua carriera.
All’indomani della sua doppietta, Giaimi è già pronto a fare un bilancio della stagione, anche se ci sono ancora traguardi da raggiungere e questo non può essere che positivo: «E’ un’annata da 10 in pagella anche perché non mi sarei mai aspettato risultati simili. E’ andato tutto oltre le mie previsioni, sia su strada che su pista».
Tu sei sempre andato avanti attraverso questo doppio binario, ma in cuor tuo hai preferenze?
No, amo entrambe le specialità. Quest’anno ho fatto più pista per preparare i grandi eventi internazionali, trovando un bellissimo ambiente nel quale ho imparato tanto e gli effetti mi pare che si vedano: una maglia continentale e una iridata non si conquistano a caso…
Nel quartetto che ruolo hai?
Un ruolo semplice e allo stesso tempo delicato. Sono il terzo uomo, quello che dopo il lancio e l’accelerazione del secondo deve dare il ritmo giusto e costante, tenere l’andatura alta per lanciare l’ultimo uomo.
Quanto differisce dall’inseguimento individuale dove sei giunto quarto ai mondiali?
Sono due sforzi diversi: quello individuale è più lungo, con un’intensità più alta a scapito dell’esplosività. Nel quartetto devi dare tutto quando sei chiamato in causa, ma poi puoi recuperare e la scia su pista è davvero importante. A me piacciono entrambe le specialità proprio perché sono così diverse.
Il lavoro su pista ti ha portato benefici su strada?
Enormi, anche se non subito. Appena ho ripreso in maniera continua dopo il lungo lavoro per le prove titolate, sentivo che mi mancava il fondo, ma ultimamente ne percepisco i frutti, soprattutto nei cambi secchi di ritmo, negli scatti, anche nella cadenza di pedalata soprattutto nella nostra categoria dove siamo ancora limitati nell’utilizzo dei rapporti. Domenica quando mi sono trovato in fuga con Andrea Raccagni Noviero, mio compagno nel quartetto, sapevo che non ci avrebbero più ripreso.
Considerando le tue specialità su pista, su strada puoi essere considerato un passista…
Diciamo un passista veloce, ma riesco a resistere anche sulle salite che non sono troppo lunghe e ripide. Le mie ultime due vittorie sono arrivate su percorsi mossi. Gli arrivi in gruppi ristretti sono abbastanza favorevoli alle mie caratteristiche, credo di potermi difendere anche nelle volate di gruppo, almeno su certi tipi di arrivi, ma ancora non ne ho avuto occasione.
Tu hai gareggiato spesso quest’anno all’estero, soprattutto in un paio di gare a tappe della Nations Cup. Come ti sei trovato?
E’ un ciclismo completamente diverso da quello al quale siamo abituati noi, di un livello notevolmente superiore. Io poi ho gareggiato davvero contro il meglio del mondo e quando sei in quei contesti ti accorgi della differenza. Da noi si vivacchia fino alle battute finali, lì si va forte sempre e si fa selezione anche senza che ci siano grandi asperità. Il serbatoio di energie si esaurisce presto.
E’ quindi per questo secondo te che fatichiamo così tanto nelle prove titolate?
Sì, siamo disabituati. Da noi il vincolo dei rapporti è un problema, il fatto che non possiamo gareggiare in molte gare a tappe come fanno all’estero è un altro ostacolo. Inoltre anche le trasferte all’estero con la nazionale sono utili da un lato, ma chiaramente il cittì deve chiamare più corridori, non si riesce quindi a fare un lavoro continuo con lo stesso gruppo.
Che cosa farai il prossimo anno?
Resterò alla Fratelli Giorgi, essendo al secondo anno di categoria, ma già ho avuto molti contatti con altre squadre e devo ragionare bene sul mio futuro. Io frequento il quarto anno dell’Istituto di Scienze Applicate a Loano, quindi avrò gli esami nel 2024. Il prossimo anno però cambierò categoria e vorrei andare all’estero, quindi sto valutando l’idea di fare l’ultimo anno da privatista oppure online.
Anche tu prospetti una fuga dall’Italia, come hanno fatto molti dei tuoi compagni/avversari di quest’anno. Lo faresti a cuor leggero?
Un po’ mi dispiace, ma per chi ha ambizioni, in Italia non c’è altra soluzione. Se non hai una squadra che ti fa crescere come un team development delle formazioni WT non impari. E’ un livello di ciclismo superiore, ti confronti davvero con il meglio al mondo e magari a un certo punto arriva la promozione nella squadra principale, che è il mio grande obiettivo. Io non punto ad essere uno di altissimo livello, ma un vincente sicuramente sì, nella categoria dei grandi.