MERCEDDI’ – L’anziana signora dice che una volta qui c’era tutto. Sua madre faceva il pane e c’era anche una sala da ballo. Adesso invece non c’è nulla, tranne i pescatori, una laguna, un paio di locali e il senso di essere sull’orlo di un salto. Come quando ti affacci a Lisbona e di là percepisci il vuoto dell’Atlantico. Un’oretta prima che i corridori comincino a girare, lei si alza e se ne va camminando piano. Dice che il 30 dicembre compirà 90 anni e tutto il lavorìo di Flanders Classics per l’allestimento della Coppa del mondo l’ha molto colpita. La prova percorso inizia alle 14, i corridori prendono contatto con la sabbia grossa e le tante pozzanghere lasciate dalla pioggia dei giorni scorsi.
Michael Vanthourehout spinge dai primi giri e forse si ricorda di quando vinse la prova di Coppa italiana sulla neve di Vermiglio. Il quadro oggi è diametralmente opposto, l’aria è mite, ma quando le nuvole coprono il sole, le giacche vengono chiuse. Fanno eccezione i corridori, che si fermano per lavare la bici e ne approfittano per farsi risciacquare anche i copriscarpe. La sabbia non è quella delle spiagge del Nord, sembra piuttosto quella pietrosa dei cantieri edili e il rumore dei dischi già dopo un giro fa pensare che le bici torneranno a casa ridotte a malpartito.
«Avremo tante bici da buttare», mormora Luca Bramati intercettando il nostro sguardo. Poi, quando le sue ragazzi si fermano alla transenna, il bergamasco si avvicina e chiede come vada con la pressione delle gomme. Per ora la decisione è di gonfiare a 1,2 bar davanti e dietro: si vedrà domattina se la notte avrà compattato la sabbia e bisognerà cambiare qualcosa.


Il mistero del Vito
In mezzo ai box della sua squadra c’è anche Alessandro Guerciotti, accompagnato a Merceddì da suo padre Paolo. Ci facciamo spiegare come proceda l’omologazione della nuova Vito a causa della quale è stata squalificata Giorgia Pellizotti agli europei e finalmente riusciamo a capire cosa non andasse. La bici dedicata a Di Tano ha i foderi posteriori sfalsati e quello che si congiungeva al telaio più in alto era fuori dal quadrilatero in cui tutto deve essere compreso.
«Per fortuna la parte monoscocca – dice Alessandro – è il triangolo principale. Dietro il carro è fasciato, per cui abbiamo modificato le misure e mandato i nuovi telai all’UCI per l’approvazione. Se fosse stato tutto monoscocca, avremmo avuto un problema. Per fortuna le bici non ci mancano – aggiunge sorridendo – e siamo riusciti a far correre tutti. Sono contento di come sta andando la squadra e l’assenza di alcune big fa sì che le nostre ragazze potranno misurarsi al livello più alto e su un percorso non estremo, mettendosi alla prova».




La grinta del Bullo
Uno che ci sta dando dentro e che non si è mai fermato è Gioele Bertolini. La sua maglia tricolore con le scritte della ALE Colnago si va coprendo di terra, mentre lui esce in rilancio dalle curve e galleggia sulle pozzanghere copiose del percorso. Anche quando il sole inizia a calare, lui gira ancora, come Filippo Agostinacchio spuntato all’ultimo e arrivato in Sardegna al mattino sul volo dei Guerciotti. Così quando Bertolini si ferma, alla fine delle due ore di prova, ci avviciniamo incuriositi. Più che una prova percorso, il suo è stato un vero allenamento.
«Diciamo che ho cambiato un po’ il mio format del sabato – spiega – mi piace provare il percorso in modo più brillante. Ho provato qualche punto in cui sicuramente si farà la differenza, però sono certo che domani il percorso cambierà ancora e quindi la prova decisiva sarà quella prima della corsa. Sicuramente c’è molta acqua e in certi tratti non si vede sotto, quindi bisogna rimanere sempre vigili perché può scivolare la ruota davanti e una caduta può essere fatale. Invece è importante prendere i tratti di sabbia con la giusta velocità, prendere subito le canaline per continuare nel modo giusto. Se si sbaglia all’inizio, si perde tanto ritmo e si pagano veramente tanti secondi. Vista la pioggia, credevamo che si compattasse di più, così invece si creano le canaline ed è importante fare velocità altrimenti il rischio è quello di piantarsi».






La scelta di campo
Marceddì è un borghetto in mezzo al nulla, in un silenzio di natura che stamattina, quando ancora tutto era immobile, suggeriva di respirare piano per non disturbare la quiete dei gabbiani e lo sciabordìo del mare. Si è ragionato a lungo sull’opportunità di scegliere luoghi così lontani o se non valesse la pena – volendo comunque correre in Sardegna – provare un percorso a Oristano che è qui vicino oppure direttamente a Cagliari. Non fanno così a Benidorm, riempiendo i parchi cittadini di appassionati, passanti e turisti qualunque?
«Ma la Coppa del mondo in Italia – dice Bertolini – fa sempre piacere. Proviamo a dare il meglio e per quanto mi riguarda sarò contento se riuscirò a fare una top 15. E’ la mia prima gara di Coppa, non ho ancora le misure su belgi e olandesi, quindi domani scoprirò la mia vera posizione internazionale di quest’anno e poi speriamo di continuare a migliorare».
I meccanici soffiano aria nebulizzata sui telai e nelle parti meccaniche. Questa sabbia graffia a fondo, dice uno di loro, bisogna lavorare di fino. Per questo alcuni mandano via il grosso dello sporco, ma si riservano di finire il lavoro in hotel. Il pomeriggio volge al termine, il sole cala sul mare. Domattina il silenzio di Merceddì sarà riempito dallo sferragliare di ruote e freni nelle due gare di Coppa.