Se volete una lettura romantica e concreta della tappa di oggi, chiamate Maini. Orlando è quel tipo che nelle foto di allora si riconosce sulla cima del Galibier, mentre consegna a Pantani la mantellina per iniziare la discesa verso la maglia gialla. Sentirgli raccontare quei momenti di attesa spasmodica e della paura di sbagliare è ogni volta più emozionante. Maini era uno dei direttori sportivi della Mercatone Uno. Anni prima era stato il tecnico dell’Emilia Romagna nel Giro dei dilettanti vinto da Marco, quindi lo conosceva e Marco gli voleva bene. Ugualmente la paura di sbagliare gli fece vivere minuti da brivido.
Oggi si corre una tappa che ricorda quella di allora e forse ricorda anche quella di Risoul al Giro del 2016 in cui Nibali con l’aiuto di Scarponi riaprì il Giro d’Italia. C’è lo Stelvio come nel 1998 il Galibier e nel 2016 il Colle dell’Agnello. C’è la discesa. E c’è subito la salita, che nel 1998 si concludeva alle Deux Alpes e nel 2016 a Risoul.
Per Maini il Giro d’Italia è una funzione religiosa. E da quando per motivi fastidiosi non ne fa più parte, la sua concentrazione davanti al teleschermo è totale. E se c’è da disegnare uno scenario tattico in cui il nostro eroe sbaraglia gli avversari e conquista il primo premio, Orlando è la prima persona cui pensare. Perché ne sa tanto. Perché ama il ciclismo. E perché ha il linguaggio giusto per parlare dei corridori e con i corridori.
Hai visto la tappa di ieri a Campiglio?
Certo che l’ho vista. Hanno lasciato fare l’andatura alla Deceuninck. E quando Kelderman e Hindley sono scattati, hanno voluto provare la febbre alla maglia rosa. Ma perché Almeida perdesse terreno sull’ultima salita, bisognava che fosse in bambola.
Come si vince questo Giro?
Abbiamo un italiano specialista della discesa. Quado arrivano su stanchi, lui fa la differenza. Ovviamente parlo di Vincenzo.
Credi che attaccherà?
Non credo che rimarrà fermo, lui è uno di quelli che li aspetti e di solito arriva. Vedrei una bella coppia con Fuglsang. Anche se non si sopportano. Come quando Moser e Saronni facevano insieme il Trofeo Baracchi, che era una cronometro a coppie, e con il pretesto di staccarsi reciprocamente, alla fine vincevano loro.
Servirebbe l’intervento di Martinelli…
Ha guidato Nibali a due Giri e al Tour, ora ha Fuglsang. Lui vuole bene a entrambi e potrebbe essere la chiave di volta.
Perché Vincenzo attacchi in discesa, occorre che scollini con i primi.
Lo Stelvio lo fanno forte per forza, perché la Sunweb non ha alternative. Hai già chi lo fa. Credo che dall’ammiraglia daranno questo tipo di consegna, anche se le giovani generazioni sono difficili da gestire.
Sunweb a fare forcing e basta?
E poi dovranno attaccare. Parte uno, la maglia rosa chiude e l’altro deve partire secco.
Dove metteresti l’uomo che aspetta Nibali sullo Stelvio?
In cima, dentro l’ultimo chilometro. Deve essere un pezzo ideale per fermarsi, vestirsi e ripartire. Anche prima di un tornante. Tanto ormai tutti mandano avanti la macchina con il terzo direttore. E Vincenzo là in cima deve avere 500 metri per vestirsi. Possono dargli la gabba o la classica mantellina, più dei guanti pesanti. Poi la discesa la fa da sé, ce l’ha nel Dna.
Cosa deve fare l’uomo in cima?
Serve uno che lo capisca con lo sguardo senza parlare. Panta sapeva che gli volevo bene, ci conoscevamo da quando era dilettante.
Come muoveresti la squadra prevedendo uno scenario del genere?
Per il mio modo di correre, un uomo davanti lo manderei sempre. Sai quante corse si sono perse perché il leader non aveva un uomo davanti? Penso a Dumoulin, che perse la Vuelta contro Aru perché Fabio si trovò davanti tre compagni e lui nessuno. Non rientrò per pochi secondi. E io vinsi la tappa con Ruben Plaza.
Chi manderesti fossi il tecnico della Trek?
Bisogna capire cosa gli è rimasto nelle gambe. Serve uno che vada bene su quei percorsi e loro hanno l’uomo perfetto: Jacopo Mosca. Lui potrebbe aspettare Vincenzo e aiutarlo fino alla salita successiva.
Questi piani li decide il diesse o bisogna che scattino al campione?
Nel rispetto dei ruoli, il diesse deve dire la sua. Poi semmai la concorda con il capitano.
Come avresti vissuto una giornata come questa?
Alla mia maniera. Con il diesse che arriva al traguardo morto come il corridore. Sono giorni che danno la pelle d’oca, non ci avrei dormito tutta la notte precedente. Non mi fregherebbe niente nemmeno di dormire se fossi il direttore sportivo di Nibali prima di una tappa come questa…