Dopo avervi parlato del Premio Cesarini, una challenge dedicata ad allievi di secondo anno e juniores di primo anno e svolta sulla piattaforma per indoor cycling MyWoosh, è arrivato il momento di raccontare l’esperienza dedicata al vincitore. Il più veloce e il più forte è stato Pietro Scottoni, atleta del team Vangi-Sama Ricambi-Il Pirata. Il laziale, grazie alle sue prestazioni, si è aggiudicato una settimana nel ritiro della UAE Team Emirates. Non da spettatore, ma da protagonista. Infatti Scottoni ha pedalato con i ragazzi del Team Gen Z ed ha vissuto sette giorni incredibili. Un’esperienza che spera possa essere solamente un antipasto del prossimo futuro.
«Si è tratta di un’avventura spettacolare – ci dice quando ancora si trova a contatto con la realtà della UAE – una settimana nella quale si è pedalato tanto, con uscite lunghe e dure. Nei vari pomeriggi c’era tempo di riposare e fare qualche riunione, momenti nei quali ho comunque imparato tanto».
Dal giorno zero
Ma, come si dice, riallacciamo il filo e torniamo al primo giorno della sua avventura. Domenica 15 dicembre, quando l’aereo è atterrato nei pressi di Alicante ed è iniziato il tutto.
«Il giorno stesso, domenica – racconta Scottoni – siamo usciti per una sgambata, chiaramente vista l’età mi hanno aggregato al Team Gen Z. Anche perché già loro vanno forte, immaginate i professionisti. Però è stato subito un bell’impatto e una grande emozione indossare la divisa della squadra che ha vinto la classifica UCI 2024. Non mi è mai mancato nulla, è stato davvero bello anche perché sono venuto a vivere l’esperienza da dentro. Non ero un ospite, ma uno di loro».
Tra i giovani c’eri solamente tu di nuovo?
No. Di ragazzi juniores eravamo quattro: due dagli Emirati, uno spagnolo e io. Seguivamo i ragazzi del devo team e il loro allenamenti. Ad esempio lunedì e martedì abbiamo fatto due uscite molto lunghe e dure, con tanta salita. Inizialmente è stata dura, anche perché non sono mai stato abituato a fare così tanti chilometri in questo periodo.
Quanta curiosità avevi nel vedere da dentro una squadra del genere?
Tanta. Anche perché capire come vengono gestiti i corridori e vedere l’ambiente dall’interno non capita tutti i giorni. Da un lato anche gli allenamenti sapevo di doverli sfruttare bene, quando fai una settimana del genere torni che hai un’altra condizione.
Cosa ti ha colpito maggiormente?
La logistica che c’è dietro. Basta vedere il salone a disposizione dei meccanici per capire la grandezza della squadra. Se un corridore ha anche il più piccolo problema tecnico si muovono per risolverlo. Questo poi non riguardava solo i meccanici, ma ogni ambito.
Ci hai parlato anche di qualche riunione…
A livello teorico gli allenamenti che fanno sono gli stessi nostri, loro raggiungono un livello di specializzazione maggiore. Ma questo è normale. Tuttavia dai vari meeting mi porto a casa il fatto che mangiare prima e durante l’allenamento è davvero importante. Soprattutto quando si va sulle lunghe distanze. Alimentarsi male vuol dire finire presto la benzina. Se invece mangi bene quando torni dall’uscita senti di avere ancora energie.
Hai avuto modo di incontrare anche i ragazzi del WorldTour?
Certo! Ho parlato un po’ con gli italiani: Baroncini e Covi. Mi chiedevano come fosse andata la giornata e cosa avessi fatto. Non sono entrato troppo nello specifico, anche perché sono uno a cui non piace disturbare.
Con te c’era anche il tuo vecchio compagno di squadra Sambinello…
Siamo grandi amici, rivederlo con quella maglia mi ha fatto piacere per lui. Spero di fargli compagnia già il prossimo anno.
La cosa che più ti è rimasta da questa settimana?
Stare in un ambiente del genere, dove tutto è grande ma allo stesso tempo non manca nulla. Anche se soltanto per una settimana fare questa vita mi è piaciuto molto.