Come quando sbagli il primo bottone e tutto il resto si storce, la carriera di Matteo Malucelli si è inceppata sulla chiusura della Gazprom. Quei pochi mesi di ciclismo ad alto livello sono stati la sua fortuna e la sua condanna, perché nulla di tutto quello che è venuto in seguito gli è parso all’altezza. Per cui al momento di ripartire e ritenendo chiuso il suo periodo alla Bingoal, l’ingegnere romagnolo si è trovato davanti a un bivio. Da un lato, la scelta di smettere. Dall’altro la possibilità di un reset totale, andando a correte nel JCL Team Ukyo di Alberto Volpi. Una continental che farà prevalentemente attività in Oriente.
«Il paragone del primo bottone – riflette Malucelli , in apertura con la compagna Martina durante le recenti vacanze – calza a pennello. Vengo da due anni di camicie storte. Adesso che l’ho sbottonata tutta, proverò a chiuderla dritta. La sfortuna più grande che ho avuto non è stato che abbiano fermato la Gazprom, ma il fatto che io abbia toccato con mano che cos’è una squadra che funziona. Da lì, dovunque andassi, vedevo solo le cose negative e quando entri in quel vortice, è finita. Sono convinto che se non avessi fatto quei due mesi con loro, probabilmente sarei rimasto in piccole squadre senza avere metri di paragone così diversi. E’ stato come avere fra le mani un’auto di lusso e poi farsela portare via senza averla usata davvero».
Come è arrivato il Team Ukyo?
Moreno Nicoletti, il mio procuratore, me ne aveva parlato già a settembre. Io avevo capito che alla Bingoal non sarei andato avanti, per cui sapeva che avrei voluto cambiare. Abbiamo sentito altre squadre, ma alla fine quella è stata la proposta rimasta nel piatto. Ho voluto parlare con Volpi per togliermi tutti i dubbi e lui mi ha illustrato il progetto, che mi è piaciuto.
Che cosa ti ha convinto?
E’ un progetto nuovo e io ho voglia di rimettermi in gioco, perché secondo me valgo più di quello che ho dimostrato. In vita mia ho avuto due mesi per provare ad essere a un certo livello e mi sembra di averlo dimostrato. Volpi non lo conoscevo tanto. Ci eravamo salutati qualche volta in giro per aeroporti, ma nulla di più. Mi ha convinto perché è stato molto trasparente.
Che cosa ti ha detto?
Intanto mi ha ringraziato per avergli voluto parlare. Poi mi ha detto: abbiamo questi materiali, questo è il budget, queste le corse che possiamo fare, anche se cercheremo di farne anche in Europa. Non mi ha raccontato favole. La squadra è continental, ha il progetto di diventare professional, ma non si sa in che tempi. E’ stato molto chiaro e a me, da ingegnere, questa cosa piace.
Di quali materiali ti ha parlato?
Le bici Factor montate in tutto e per tutto con Shimano, ruote, caschi e scarpe compresi. Avremo pneumatici Vittoria. Mi ha parlato dei pedali e dei direttori sportivi. Ha detto tutto quello che mi doveva dire e mi ha fatto sentire importante. Non che ne avessi bisogno, non mi devo sentire una prima donna. Sono stato in squadre con gente molto più forte di me e questo tante volte è stato uno stimolo. Ma è gratificante che un direttore sportivo che nemmeno conosci dimostri che si era davvero accorto di te, parlando di questa o quella volata. E poi non mi ha chiesto niente, vittorie o altro. E devo dire che il suo peso nella decisione di accettare l’ha avuta anche la presenza di Boaro.
Che cosa significa che correrai prevalentemente in Oriente?
Da quello che mi hanno detto, non dovremmo correre in Cina, perché fra i giapponesi e i cinesi non c’è un grande feeling. Quest’anno, hanno corso in Corea, Taiwan, Giappone, Langkawi, Filippine, poi Saudi Tour e Oman. Cercheranno di inserire qualche corsa in Europa, ma alla fine devi averne 60 adatte alle tue caratteristiche, non c’è bisogno che ce ne siano 120. In ogni caso, dopo aver parlato con Volpi, un po’ sono stato titubante. Per cui ho detto a Moreno che sarei andato in vacanza e avrei deciso quando fossi tornato, perché con la mente fresca si decide meglio. E alla fine ho deciso di fare questo vero reset. Guadagnerò meno, ma penso che solo ripartendo dal basso potrò tornare al livello migliore. Ho pensato a Finetto, che era con me alla Trevigiani e aveva già 30 anni. Poi è passato ancora e ne ha fatti altri quattro alla Delko, vincendo corse.
Perché ripartire da un team più piccolo ti dà motivazione?
Ho il desiderio di rimettermi in discussione, come da neoprofessionista. Sono all’anno zero, tutto quello che ho fatto finora mi ha portato in Giappone, evidentemente non è stato così grande. Perciò riparto da una piccola squadra. Se va bene, potrò correre ancora. Se va male, andrò a lavorare un anno più tardi.
La nuova bici è arrivata?
Dovrebbe arrivare in settimana, non vedo l’ora. E’ questo che mi dà morale, la voglia di quando sei giovane che negli ultimi anni era un po’ calata.
Ci saranno altri italiani in squadra?
Oltre a Volpi e Boaro qualcuno dello staff e anche un corridore giovane, che è stato inserito nel gruppo Whatsapp, ma ancora non è stato annunciato. Sono appena tornato dalle vacanze e anche se ho trent’anni e per qualcuno potrei essere vecchio, non vedo l’ora di ripartire. Ho fatto sette anni da pro’, chi dice che non potrò farne altri sette?