Quasi come un Giro: 18 giorni di gara su 23. E’ “l’altro Giro”, quello nato nella mente di Francesco Frassi, direttore sportivo del Team Corratec. Un’idea stimolante, diversa, se vogliamo anche simpatica, ma dai precisi risvolti tecnici.
La Corratec, anche se continental, ha una mentalità rivolta più a quella dei pro’ piuttosto che al mondo degli U23. I ragazzi di Parsani e Frassi hanno corso parecchio all’estero. Sono andati alla ricerca delle gare con più professionisti. E si sono anche difesi alla grande.
Se si pensa che la squadra nacque in fretta e furia sul fil di lana del 2021, ad oggi contano ben 12 vittorie e sono la terza continental per successi ottenuti.
Quasi un grande Giro
«Vuelta Ciclistica a Venezuela e Tour de la Guadeloupe contavano in tutto 18 tappe, otto la prima gara e dieci la seconda, così ho pensato di unirle in qualche modo e farne quasi un grande Giro – racconta Frassi – Noi abbiamo una mentalità professionistica, anche se siamo una continental e un grande Giro è un po’ una scuola. Come si dice ti dà motore, ti fa crescere. E’ lì che si forma davvero il corridore, sia a livello fisico che a livello mentale».
«Chiaramente so bene che parlo di due eventi non di primo piano e che non è la stessa cosa che fare un vero grande Giro, però ci si avvicinava. Ho provato a far fare ai ragazzi qualcosa di diverso e stimolante, specie se impostato in quest’ottica».
I trasferimenti di personale (sei corridori, un diesse, due meccanici e due massaggiatori) erano una vera impresa logistica L’organizzazione venezuelana forniva un’auto e un bus (misto), ma grazie a dei contatti sul posto la Corratec aveva una vettura in più
Logistica “Tetris”
Frassi e il team quindi si sono messi al lavoro. La logistica è stata forse la cosa più complicata.
«Un lavoro che ho fatto io, sono impazzito! Si tratta di qualcosa come 24 voli, 104 carte d’imbarco con i ragazzi che partivano da diversi aeroporti, allestire i bagagli. Però alla fine ci siamo riusciti».
Un altro problema logistico non da poco è stato il trasporto delle bici. Solitamente per queste corse quando ci sono le crono, l’organizzatore impone la bici normale proprio per questioni di trasporto per chi arriva da fuori. A volte succede per le corse di prima fascia, figuriamoci per queste più piccole, invece stavolta la scelta era libera: si poteva usare la bici da crono.
«E così – dice Frassi – abbiamo portato tre bici da crono per i nostri atleti di punta: Dusan Rajovic, Stefano Gandin e Veljko Stojnic. Oltre alle sei bici dei sei corridori, 4 di scorta. Più i grandi frigo per i rifornimenti, nei quali all’imbarco abbiamo messo condimenti, barrette, gel, borracce, cibi per la colazione. Una vera impresa credetemi! E anche un costo importante».
Rajovic ha vinto due tappe in Venezuela Stojnic sul gradino più alto del podio della quarta a Goyave, in Guadalupa Stefano Gandin trionfa a Puerto d’Ordaz, prima tappa del Venezuela. In Guadalupa si è fermato a causa di una caduta
Rajovic ha vinto due tappe in Venezuela Stojnic sul gradino più alto del podio della quarta a Goyave, in Guadalupa Gandin trionfa a Puerto d’Ordaz. Invece in Guadalupa si è fermato per i postumi di una caduta in Venezuela
Sei vittorie
Al Tour de Guadalupe, che è ancora in corso, Veljko Stojnic ha vinto la quarta tappa. Laggiù alla fine il livello è discreto. In Guadalupe, terra francese, ci sono diversi team che ogni tanto si vedono in Europa. Mentre in Venezuela gli scalatori spuntavano ovunque.
Alla fine da questa trasferta si sono portati a casa, per ora, sei vittorie, due ciascuno per Stojnic, Gandin e Rajovic. La formazione schierata è stata quasi la stessa: loro tre più il 19 enne panamense, Jose Pitti, e Giulio Masotto. Unico cambio quello tra Marco Murgano e Davide Baldaccini: il primo ha corso in Venezuela , il secondo in Guadalupa.
«Tra le due corse di mezzo c’erano quattro giorni – dice Frassi – l’idea iniziale era di far fare ai ragazzi un paio di uscite lunghe per collegare appunto le due gare e simulare ancora meglio il nostro grande Giro, però la logistica ci è venuta contro.
«Nonostante il Venezuela e la Guadalupa siano vicine, non ci sono voli diretti e l’imprevisto era dietro l’angolo. Abbiamo preso tre voli. Uno è saltato e i ragazzi hanno passato una notte nello scalo a Santo Domingo. Risultato: per due giorni non si sono potuti allenare».
In Venezuela sempre una bella cornice di pubblico Nell’isola francese grande bagarre e anche tanto vento
In Venezuela sempre una bella cornice di pubblico Nell’isola francese grande bagarre e anche tanto vento
Dalle Ande ai Caraibi
Di certo non hanno recuperato bene, tanto più che venivano dai climi più “freschi” del Venezuela a quelli più caldi e umidi dell’isola caraibica.
Ma esperienze così servono anche per conoscere meglio i ragazzi e mettono in luce il loro vero carattere. Corse, strade, hotel… non sempre sono comodi, anzi.
«In Venezuela – riprende Frassi – avevamo spesso dei trasferimenti impossibili. Trasferimenti che venivano effettuati con dei pullmini messi a disposizione dalla corsa. Spesso le strade erano malridotte e gli hotel non erano dei migliori… Dovevi essere bravo a tenerli tranquilli, a farli ridere. In Guadalupa invece le cose sono un po’ meglio, sembra esserci più entusiasmo in generale».
Notte in tenda
Entusiasmo sì, ma come diceva Frassi il carattere emerge e si misura anche in queste circostanze. Dopo la notte in bianco all’aeroporto, ecco che la prima tappa del Guadalupe era una crono. Una crono che si disputava su un’isola minore dell’arcipelago francese.
«Tutti gli atleti hanno dormito in tenda. Avete capito bene… come in un campeggio. Avevano allestito un campo con una tenda e un materassino per ognuno. I bagni erano quelli chimici e infatti c’era un po’ di coda.
«Però è stata un’esperienza anche questa, un’esperienza che fa gruppo. E’ quasi una missione. Vedi chi si lamenta di più, chi è più propenso ad adattarsi, chi si rimbocca le maniche, chi prende in mano la situazione… E certe cose si riflettono anche in corsa. I leader si vedono anche in queste circostanze.
«Mi rendo conto che quando si corre, momenti così si vivono con stress, ma in futuro certe storie si racconteranno con piacere».
Due prove garibaldine, ma in Venezuela (in foto) con sei circuiti e due tappe in linea era ancora più dura controllare la corsa… Un po’ meglio invece in Guadalupa, dove la corsa è leggermente più lineare
Due prove garibaldine, ma in Venezuela (in foto) con sei circuiti e due tappe in linea era ancora più dura controllare la corsa… Un po’ meglio invece in Guadalupa, dove la corsa è leggermente più lineare
L’aspetto tecnico
Okay l’avventura, ma c’è anche l’aspetto tecnico da valutare e Frassi, da buon diesse, fa un confronto tra le due corse.
«In Venezuela – spiega Frassi – l’altimetria era molto dura e si correva un po’ all’impazzata. Un modo di correre più alla francese, con poco controllo da parte dei team. Il leader o chi puntava alla classifica doveva essere attento alle fughe, doveva anticipare.
«Per esempio due tappe che potevano essere per velocisti, sono state appannaggio della fuga. Non è come la Vuelta al Tachira, dove i percorsi sono più lineari. Alla Vuelta a Venezuela c’erano più circuiti, più saliscendi».
«In Guadalupa – conclude Frassi – invece la situazione è un po’ più regolare. Anche qui non c’è una squadra che controlla la corsa, ma i percorsi sono più duri, non mancano salite lunghe. Tuttavia resta la mentalità della corsa pazza alla francese. Anche in questo caso il corridore deve essere sveglio».