MILANO BICOCCA – Una grande foto all’ingresso della Fondazione Pirelli ritrae migliaia di lavoratori all’uscita dal primo stabilimento di via Ponte Seveso a Milano, dove nel 1960 fu costruito il grattacielo Pirelli. La fabbrica fu distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Lo scatto fu realizzato da Luca Comerio perché fosse esposto all’Esposizione Internazionale di Milano del 1906. Le donne e gli uomini fissano l’obiettivo e i loro sguardi raccontano il lavoro in fabbrica e un tempo lontano della nostra storia.
Dopo la visita allo stabilimento di Bollate, l’ultima tappa del viaggio in Pirelli è un ritorno al quartier generale, per andare a curiosare nella palazzina che ne ospita la Fondazione. Dentro ci sono preziosi colpi d’occhio e ancora più prezioso l’archivio della vita industriale dell’azienda. Il resoconto di ogni passaggio, che ha permesso di ricostruire la storia economica di questa importante fetta d’Italia.
La storia di Pirelli
Basta guardarsi intorno e seguire i video esplicativi nell’ingresso della palazzina che la ospita, che fu un tempo la stazione dei pompieri. Essendo stata la prima azienda italiana a lavorare la gomma, si capisce facilmente come mai inizialmente il catalogo prevedesse anche produzioni differenziate: dagli articoli per il pare come gommoni e pinne, ai cavi elettrici, le scarpe e ovviamente le gomme. Ci sono oggetti che rimandano indietro nella memoria, come le celebri scarpe rosse con il tacco a spillo indossate da Carl Lewis in una campagna pubblicitaria di trent’anni fa (in apertura la celebre foto, Fondazione Pirelli). Cassetti e raccoglitori di documenti, fotografie, bozzetti e materiali pubblicitari: un patrimonio che dal 1972 è tutelato dalla Sovraintendenza dei Beni Culturali.
L’idea di mettere mano agli archivi dell’azienda arriva nel 1942, quando l’azienda compie 70 anni. Siamo nel pieno della Seconda Guerra Mondiale e a Mario Luzzatto, dirigente dalla lunga storia in Pirelli, viene affidato il compito di redigere la storia della fabbrica. Per questo porta via tutti i documenti aziendali – verbali del consiglio direttivo, brevetti, disegni tecnici, formule – per catalogarli e renderli fruibili, sottraendoli alla distruzione dei bombardamenti. Il suo lavoro dura per dieci anni ed è oggi un archivio prezioso, cui attingono ogni anno per la scrittura di tesi studenti da tutto il mondo.
Cimeli dal passato
Chi fosse appassionato di grafica potrebbe perdere la testa al primo piano. Nei cassettoni sono infatti conservate le locandine di ogni campagna promozionale, dalle origini ai giorni nostri. E nell’evoluzione del gusto grafico e dei temi, nel passare dall’esaltazione della velocità a un’eleganza quasi glamour, si racconta il cambiamento del Paese e della sua cultura. Basta guardare le foto delle prime auto con le gomme gialle, dato che non si utilizzava ancora il nerofumo nella mescola, e delle prime biciclette con copertoni rigidi e difficili da spingere. Foto di accessori di abbigliamento, come gli impermeabili o il copriscarpe per calzature da donna. Come pure una ruota originale della Pechino-Parigi del 1907 con cui l’Itala del principe Scipione Borghese conquistò di fatto il primo rally.
Affascinante è anche la sezione dedicata allo sviluppo del logo Pirelli, che nei primi anni ha cambiato spesso forma e obiettivi. Fino al giorno in cui compare per la prima volta su un foglio la P lunga che è diventata il marchio di fabbrica dell’azienda.
Anche Coppi e Bartali
E poi c’è lo sport, tipico degli anni in cui l’azienda promuoveva la pratica sportiva fra i dipendenti. Adolfo Consolini, medaglia d’oro a Londra 1948 nel lancio del disco, fu dipendente Pirelli. Negli anni 20 il gruppo sportivo aziendale aveva circa 18 sezioni, mentre la galleria delle immagini propone una vetrina clamorosa di campioni che hanno vissuto la loro carriera su gomme Pirelli. Galetti, Ganna e Pavesi nel primo Tour de France. Costante Girardengo. Coppi e Bartali. E oggi Jonathan Milan e Mads Pedersen.
Il ciclismo è uscito dai radar di Pirelli negli anni 90, ma è tornato nel 2017 ed è come se il filo dell’antica storia si fosse allacciato con i tempi moderni per non staccarsi più. Lo testimonia una delle ultime opere editoriali promosse dalla Fondazione Pirelli, dal titolo “L’Officina dello Sport”. E la sensazione, al termine di questo viaggio lungo tre articoli nel mondo e nei segreti di Pirelli, è che con il ritorno del mondo ciclo, il catalogo sia finalmente completo. Come se effettivamente, al netto del fatturato, ne sentissero davvero la mancanza.