PALMA DE MAIORCA (Spagna) – «Se mi chiedete se preferisco fare secondo al Tour o vincere la Vuelta non ho dubbi: vincere la Vuelta». Sono queste le parole di Primoz Roglic che più ci hanno colpito nel media day di qualche giorno fa indetto dalla sua squadra. Nella cornice del training camp della Red Bull-Bora, lo sloveno arriva col passo di chi è abituato a convivere con le aspettative, ma anche con il peso del tempo e tanta consapevolezza. Forse saggezza ormai.
E’ Ralph Denk a sciogliere subito i dubbi, annunciando che Roglic correrà la Vuelta e non sarà ai nastri di partenza né del Giro d’Italia né del Tour de France. Una decisione che orienta la stagione e, di conseguenza, tutte le domande dei giornalisti. Roglic ascolta, sorride, poi prende il microfono con la lucidità di chi ha visto e vissuto tutto.


Nuova stagione, vecchi obiettivi
La stagione si apre come spesso accade attorno a lui: con aspettative elevate ma con una consapevolezza appunto. Roglic non cerca scorciatoie, non vuole illusioni. A Mallorca lo dice in modo semplice, diretto, quasi disarmante: «Sono realista (realista è una parola che userà spesso lo sloveno, ndr), il Tour non rientra più tra gli obiettivi principali. La finestra per vincerlo si è chiusa. Non per rassegnazione, ma per lucidità: il livello dei più giovani è altissimo e io ho 36 anni. Ma sono ancora competitivo e preferisco concentrare le energie dove conta davvero e dove si può fare bene».
La Vuelta diventa così il centro della sua stagione, l’architrave attorno a cui tutto ruota. Il quinto successo sarebbe qualcosa di storico, un traguardo che darebbe ulteriore lustro a questi ultimi anni di carriera.
«Il ciclismo – spiega Roglic – si è spostato verso una generazione capace di correre sempre al limite, con una continuità impressionante. Sono ancora qui, sono ancora affamato. La motivazione non mi è mai mancata. La differenza, oggi, sta nel come orientare quella fame».


Liberazione Tour
Non c’è più la rincorsa al Tour come obbligo morale e questo sembra averlo alleggerito. Ed è una sensazione quasi palpabile. Una sensazione che chi gli è vicino ci ha confermato. Dallo staff ci hanno confidato che Primoz è la serenità fatta persona. Educato, disponibile, vive gli avvenimenti e le corse in modo molto “zen”. E questa è una cosa che ha migliorato nel corso degli anni. All’inizio non era proprio così, diciamolo pure…
Roglic entra nel nuovo anno con una mentalità lineare: una preparazione specifica, un obiettivo unico e chiaro, e la volontà di mettere in campo la sua esperienza in una corsa che conosce come nessun altro. Per lui la Vuelta non è un ripiego, ma la tappa naturale di un atleta che punta ancora al massimo possibile. E sul fatto che non sia un ripiego ha ribattuto anche in modo netto. All’ennesima domanda dei giornalisti che gli chiedevano se non fosse scontento di questo programma di “serie B” (come se esistesse solo il Tour) che la squadra ha previsto per lui, che non fosse un ripiego, Primoz ha cambiato espressione. Da sorridente e disponibile per qualche secondo si è irrigidito: ha sbuffato, ha cambiato tono e ha ribadito una volta per tutte che questo programma gli piace e che va bene.


Nuovi equilibri
L’altra grande domanda è inevitabile: quale sarà il ruolo di Roglic in un team che accoglie fenomeni come Remco Evenepoel? L’arrivo del belga, insieme alla crescita dei giovani della Red Bull-BORA-hansgrohe, ridisegna gerarchie e responsabilità. Ma paradossalmente non per Roglic.
Primoz non ha rivendicato leadership, non ha alzato muri. Anzi… Sin dalla trasferta in Giappone di fine anno aveva dichiarato che sarebbe stato pronto ad aiutare Remco nel caso avessero corso insieme. Insomma, ormai lui è super partes. E’ il jolly di lusso.
Con Remco non c’è sovrapposizione, bensì complementarità. E non solo perché il belga punta al Tour e Roglic alla Vuelta. Ma proprio per una questione di realismo, come dicevamo. Poi è chiaro che i due programmi distinti evitano ogni possibile conflitto e, intelligentemente, ampliano la portata del progetto sportivo della Red Bull-Bora stessa. All’interno della squadra, lo sloveno diventa un acceleratore di maturità per i più giovani, un capitano che offre linee guida e che accetta un ruolo meno di vertice ma ancora centrale.
Roglic dunque non teme il cambiamento. Anzi, pare averlo interpretato come un’opportunità: «Con Remco in squadra e tanti ragazzi fortissimi non sono costretto ad essere sempre a tutta o battermi su ogni fronte per me e per la squadra. E questo non è un aspetto da poco». Quando si dice che l’esperienza conta…
A proposito di programmi, lo sloveno dovrebbe avere una partenza soft. D’altra parte il grande obiettivo è ad agosto inoltrato. Primoz sarà alla Tirreno-Adriatico e al Giro dei Paesi Baschi. Presumibilmente dovrebbe fare anche il Tour de Suisse, ma sull’avvicinamento più capillare ci sarà modo di mettere a punto il tutto. Altra notizia: dovrebbe saltare quasi a piè pari le classiche.


Sguardo al futuro
Ma il 2026 è anche l’anno delle decisioni per Primoz. Roglic ha il contratto in scadenza e, pur non entrando nei dettagli, lascia intendere che ogni riflessione passerà anche dalla vita fuori dal ciclismo. Lo ha ripetuto più volte con una sincerità che sorprende.
«Correre altri dieci anni? Mi piacerebbe, ma parlarne è facile, farlo no. La realtà è che questo sport è duro e restare ad alti livelli non è facile. Non saprei neanche dove poter continuare a limare per migliorare. Vediamo, per adesso non mi pongo scadenze o limiti sulle mie future decisioni che in ogni caso saranno prese considerando anche la famiglia».
Per Roglic infatti la priorità oggi non è soltanto la performance, ma la famiglia. Insomma non vuole continuare a ogni costo. Non cerca rinnovi forzati, non insegue contratti a lungo termine per inerzia. Il suo futuro, a quanto pare, verrà deciso dopo la Vuelta. «Ascolterò il mio corpo», dice.
A Mallorca Roglic ci lascia l’impressione di un atleta ancora motivato, ma padrone di una visione più ampia: la consapevolezza che il ciclismo è parte centrale della sua vita, non l’intera vita.