Pino Toni, uno dei preparatori che più spesso coinvolgiamo nei nostri articoli tecnici, rimarca come tante volte bisogna essere visionari, sperimentatori, andare oltre il conosciuto per cercare di restare sull’onda e magari anche di migliorare. E’ quel che oggi stanno facendo più di tutti Visma-Lease a Bike e UAE Emirates. In particolare nel settore della nutrizione e dell’integrazione questi due team hanno fatto passi da gigante. Non ultimi, gli elementi che sono emersi sono il piruvato e il lattato.
Piruvato e lattato di cui parliamo con due esperti del settore, Cristina Giusto e Paolo Gallo. La prima è una biologa nutrizionista, fondatrice del Centro Nutrizione Funzionale Evoluta, con sede a Udine e Precenicco; il secondo è un erborista e biologo nutrizionista. Entrambi sono sportivi e seguono atleti élite non solo nel ciclismo. Qualche giorno fa hanno partecipato a un seminario tenuto a Gemona del Friuli da Inigo San Millan e dal collega George Brooks. San Millan lavora proprio nel team UAE Emirates. Con il loro aiuto cerchiamo dunque di saperne di più.


Il piruvato
Partiamo dal piruvato e lo facciamo con la dottoressa Giusto, cercando di capre innanzitutto di cosa stiamo parlando. «Sono molecole prodotte dal nostro corpo – spiega – che quindi si stanno studiando sempre di più per capire come riuscire a ottimizzare l’efficienza mitocondriale dell’atleta professionista. Noi ci occupiamo di alimentazione, nutrizione sportiva e integrazione in medicina funzionale, quindi siamo entrambi molto interessati a capire i meccanismi fisiologici e come migliorarli, individuando le molecole che possono ottimizzare determinati processi. Sicuramente, in ambito sportivo, negli ultimi anni si stanno facendo progressi enormi: si è arrivati anche a quantitativi di carboidrati molto alti».
E cosa si sta facendo in base a questa considerazione?
Si sta cercando di capire quali molecole affiancare al carboidrato per ottimizzare i processi. Il piruvato e il lattato sono due di queste. Ci sono studi in fisiologia, anche di qualche anno fa, condotti da Brooks e da San Millan, che parlano proprio della capacità di migliorare l’efficienza mitocondriale. Poi loro sono riusciti ad applicare queste conoscenze anche nelle squadre professionistiche, in particolare nella UAE, e speriamo che ci portino qualche novità. San Millan e Brooks hanno tenuto una conferenza proprio su lattato e piruvato: sono molecole sicuramente interessanti anche nell’attività sportiva.
Perché “anche”? Si usano in altri settori?
Sì, sono interessanti in fisiologia nel momento in cui vanno a migliorare l’attività mitocondriale. Solitamente il loro campo di applicazione è ottimale per il diabetico, per la persona obesa: sono molecole che servono a migliorare la parte nutrizionale anche in molte patologie. Ma possono risultare utili anche agli atleti.


Quindi, indirettamente, si fa anche un po’ di ricerca per tutti?
Non indirettamente: la ricerca parte sempre dalla fisiologia. Poi lo sportivo è la persona che porta l’organismo all’estremo; quindi, si possono applicare dei protocolli e monitorarli. Ma la fisiologia è alla base di tutto e l’obiettivo della ricerca è portare risultati utilizzabili tutti i giorni, soprattutto in campo patologico.
Il discorso è complesso. Faccio un esempio: gli amminoacidi servono per il recupero muscolare, il carboidrato per l’energia… il piruvato invece per cosa si assume?
Cerco di spiegarlo facilmente perché si tratta di reazioni metaboliche abbastanza complicate. Il piruvato è normalmente presente nel nostro corpo ed è un metabolita del glucosio: per utilizzare il glucosio dobbiamo trasformarlo in piruvato. Il piruvato entra direttamente nel metabolismo energetico a livello cellulare, quindi è una molecola che massimizza l’efficienza energetica. E’ come se, vicino ai carboidrati, potessimo aggiungere un’altra “benzina” per aumentare l’efficienza. Si è visto che il piruvato fa lavorare meglio le centraline mitocondriali a livello muscolare e, attraverso un allenamento mirato, una corretta alimentazione e questa supplementazione, possiamo migliorare anche l’efficienza glicolitica del soggetto. In pratica, l’atleta si trova a bruciare molti più grassi rispetto a chi non è allenato o integrato nello stesso modo.
Quindi l’obiettivo non è tanto il recupero, quanto usufruire meglio della “benzina” del proprio corpo, attingendo ai grassi. E’ così?
Noi abbiamo scorte di grassi illimitate, anche il ciclista molto magro. Il problema è che spesso non riusciamo a utilizzare queste scorte in modo efficiente. Il piruvato, inserito in un contesto di allenamento ben strutturato e di una nutrizione adeguata, aiuta a farlo: rende più rapido ed efficace il passaggio dei substrati energetici nei mitocondri, migliorando la capacità dell’atleta di ossidare i grassi. L’obiettivo non è tanto recuperare – per quello ci sono altri strumenti – ma potenziare il motore metabolico, rendendo l’atleta capace di sostenere sforzi prolungati consumando meno glicogeno e risparmiando così la “benzina” più preziosa nelle fasi decisive della gara.


Il lattato
Dopo il piruvato, entriamo nel tema del lattato, questa volta con il contributo del dottor Gallo. E anche con lui partiamo da una premessa su cosa sia il lattato. «Il lattato – dice – è una molecola fondamentale nel nostro metabolismo. Non è il “nemico” che per anni si è creduto, anzi: è un carburante a tutti gli effetti. Viene prodotto durante lo sforzo e può essere riutilizzato dai muscoli, dal cuore e perfino dal cervello. Quello che emerge sempre più dalla fisiologia moderna è che il lattato non rappresenta uno scarto, ma una via metabolica rapida ed efficiente per produrre energia. Oggi stiamo imparando a sfruttarlo meglio, sia con l’allenamento sia con l’integrazione.
«Brooks ha fatto degli studi proprio sui pazienti con con danni cerebrali ed infatti in questo corso si verificava come il cervello fosse molto “affamato” appunto di lattato quando veniva introdotto per via endovenosa fondamentalmente. D’altro canto anche a livello muscolare e a livello cardiaco proprio i miociti, che sono le cellule del cuore, quando viene introdotto del lattato effettivamente loro si nutrono poi di questa sostanza, quindi questa nasce un po’ la curiosità dell’applicabilità poi anche a livello dello sport.
Però ricordiamo che la via endovenosa non è consentita nel ciclismo. Qui parliamo di medicina più generale. Di ricerca. E’ bene ribadirlo…
Sì, certamente. In generale il lattato s’introduce nell’insieme dell’alimentazione-integrazione di un atleta con lo discorso fatto con per esempio dei chetoni di cui avete parlato qualche giorno fa. Nel senso che che anche i chetoni vanno poi messi all’interno di un contesto di nutrizione e integrazione personalizzata.


Perché integrare il lattato? Che vantaggio dà a un atleta d’élite?
L’idea è simile a quella del piruvato: fornire al corpo una molecola già pronta per essere utilizzata a livello energetico, riducendo il carico sui processi più lenti e aumentando l’efficienza complessiva. Il lattato esogeno, inserito correttamente nella nutrizione dell’atleta, potrebbe permette di risparmiare glicogeno e di mantenere più stabile l’energia soprattutto negli sforzi intensi o ripetuti. Non è un caso se le squadre più evolute, come UAE appunto, stiano investano moltissimo nella ricerca in questo particolare settore dell’integrazione.
La domanda che molti si fanno: il lattato c’entra qualcosa con l’acido lattico?
Assolutamente no, ma spesso vengono confusi. Questa è una delle idee che il seminario di Gemona ha cercato di chiarire una volta per tutte. Quando parliamo di acido lattico, in realtà parliamo di un concetto ormai superato: quello che circola nel sangue è il lattato, che è una sostanza tampone e non acidifica il muscolo. La fatica deriva piuttosto da altri processi, come l’accumulo di ioni idrogeno o l’esaurimento del glicogeno. Integrare lattato, se fatto correttamente, potrebbe aiutare a sostenere meglio la produzione di energia e a ritardare l’affaticamento.
In poche parole non è come prendere i sali minerali a fine tappa, se abbiamo ben capito. E allora come è somministrato?
Questa è la domanda da farsi! Sono sostanze usate anche nell’industria alimentare come dei conservanti, fondamentalmente perché sono degli antiossidanti molto forti. In ambito sportivo ci sono degli esami fatti in laboratorio con determinate somministrazioni, però per via endovenosa che chiaramente non sono applicabili nel mondo dello sport moderno.


In che modo si inserisce nella preparazione di un corridore?
Gli atleti d’elite hanno profili metabolici molto diversi tra loro, e dosi, tempi e modalità di assunzione devono essere calibrati con precisione. In generale, il lattato pero, concettualmente potrebbe essere utilizzato nelle fasi di carico in avvicinamento alla gara o nei momenti in cui si vuole stimolare una miglior capacità di recuperare e riutilizzare velocemente gli scarti metabolici. Bisogna però abbinarlo all’allenamento giusto: l’integrazione funziona solo se inserita in un contesto tecnico ben strutturato.
Possiamo dire che piruvato e lattato rappresentano un nuovo passo nella nutrizione sportiva?
Direi che rappresentano una nuova consapevolezza. Per anni abbiamo pensato in modo troppo rigido: carboidrati per l’energia, grassi per la resistenza, proteine per il recupero. Oggi capiamo che il metabolismo è una rete estremamente dinamica. Molecole come piruvato e lattato permettono all’atleta di “dialogare” meglio con i propri sistemi energetici, di risparmiare carburante e di essere più efficiente. Non sono miracoli, non sostituiscono l’allenamento, ma possono fare la differenza nei dettagli che decidono una corsa.