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La UAE e le 86 vittorie. Con Gianetti nei retroscena del record

24.09.2025
6 min
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Era il 21 settembre, per molti un giorno non troppo felice in quanto segna la fine dell’estate, ma non era così per la UAE Emirates. Al Tour de Luxembourg Brandon McNulty faceva la storia. Vinceva la classifica generale e regalava alla sua squadra l’ottantaseiesima vittoria stagionale: un record assoluto. E lo faceva mentre tutti i componenti della UAE erano davanti al televisore, con il telefono in mano pronti a far partire il messaggio di gioia tanto atteso.

A raccontarci questo record delle 86 vittorie è il patron della UAE Emirates, Mauro Gianetti, team manager e CEO della formazione emiratina. La sua squadra ha superato il limite delle 85 vittorie stagionali che siglò la Team Columbia-HTC nel 2009. In quell’anno il solo Mark Cavendish ne portò 25, altre 20 André Greipel e 14 Edvald Boasson Hagen. Con tre corridori 59 successi. In casa UAE il discorso è ben diverso, come vedremo, e parte da quella “fame” tanto ammirata anche da Moreno Moser pochi giorni fa.

Mauro, prima di tutto complimenti, 86 vittorie! Sono davvero tante. Ve lo aspettavate?

Essendoci andati vicino lo scorso anno, quando ci fermammo a 81 successi, l’acquolina in bocca ci era venuta. Sapevamo che sarebbe stato complicato e che quel numero di vittorie sarebbe stato difficile da raggiungere perché spesso è legato alle squadre dei velocisti, degli sprinter, coloro che raccolgono più successi. Prendiamo la Soudal Quick-Step che con Merlier ne ha raccolte oltre 10 da solo e lo stesso la Visma-Lease a Bike con Kooij e Brennan. Noi di sprinter puro abbiamo solo Molano, e non sempre è schierato.

Avendo ben altro tipo di corridori, si fa più fatica a trovare spazio per lo sprint e tanto più a creare un treno dedicato.

La cosa bella è che, pur sapendo che era un numero gigantesco di vittorie da raggiungere, alla fine è stato un percorso condiviso da tutti. I corridori hanno sentito loro questo obiettivo e man mano che il traguardo si avvicinava erano sempre più partecipi. C’era la voglia. Ci siamo stimolati a vicenda. Il countdown è partito da lontano: «Dai ragazzi, ne mancano 15, 14…».

Insomma c’era consapevolezza…

Sì, il buon inizio di stagione ci ha messo subito sulla buona strada. Penso alle vittorie di Morgado, Del Toro, Ayuso, Narváez… Abbiamo iniziato a crederci davvero già nelle prime fasi dell’estate e devo ammettere poi che le sette tappe vinte alla Vuelta ci hanno fatto fare un bel salto. Vi dico che domenica scorsa, nella tappa finale dello Skoda Tour of Luxembourg, eravamo tutti davanti alla tv in attesa del successo di McNulty. Tutti ad aspettare questa vittoria numero 86, col telefono in mano per scrivere nella chat interna. E quando dico tutti intendo non solo i corridori, ma anche meccanici, allenatori, massaggiatori. Questo per me è stato, ed è, straordinario.

Gianetti con Pogacar. Tadej è il plurivittorioso stagionale con (sin qui) 16 successi. Seguono Del Toro con 13 e Almeida con 10
Gianetti con Pogacar. Tadej è il plurivittorioso stagionale con (sin qui) 16 successi. Seguono Del Toro con 13 e Almeida con 10
Chiaro che il Tour de France di Pogacar è la “ciliegiona” sulla torta, ma c’è una vittoria meno importante che ti ha colpito particolarmente?

Ogni vittoria ha la sua emozione e un suo valore. Come avete detto, il Tour ovviamente è stato importante e qualcosa di intenso. Però mi è piaciuta tantissimo la vittoria di Filippo Baroncini in Belgio, la vittoria di un ragazzo fortissimo che si è sempre messo a disposizione. Per di più è stata anche la sua prima vittoria in una corsa a tappe. Ero sinceramente felice per lui. Oppure mi viene in mente la tappa di Wellens al Tour o quella di Soler conquistata coi denti alla Vuelta. E quasi dimenticavo quelle di Del Toro al Giro d’Italia. Sono tutte vittorie durissime da raggiungere ma che rappresentano realisticamente la nostra squadra: un gruppo in cui tutti lavorano e hanno un obiettivo.

Cosa vuoi dire?

Da noi hanno alzato le braccia 20 corridori. E questo è un aspetto importante. Non solo, ma di questi atleti quasi tutti sono giovani, ragazzi che abbiamo cresciuto in casa o presi da giovanissimi. Togliamo Adam Yates, Politt e Wellens che sono arrivati da noi già ben formati, ma gli altri come Christen, Ayuso, McNulty… sono cresciuti con ambizioni di vittoria e di gruppo. Mi piace che abbiano preso questa identità. Vanno alle gare con serenità, con la voglia di poter vincere e non con l’ansia di dover vincere.

Gianetti ha espresso grande emozione per la vittoria di Baroncini al Baloise Belgium Tour
Gianetti ha espresso grande emozione per la vittoria di Baroncini al Baloise Belgium Tour
Mauro, nella UAE ci sono corridori fortissimi. Pogacar, giustamente, quando è in gara calamita l’attenzione e il lavoro. Ma magari, da parte dei tuoi ragazzi, c’è anche l’ambizione di mettersi in mostra quando hanno quelle poche possibilità personali? Pensiamo a Covi, per esempio, che come ha avuto l’occasione ha vinto o ci è andato vicino…

Covi è un ragazzo d’oro a cui sono affezionato e gli auguro il meglio anche ora che andrà via. Ha fatto altre scelte, ma sarò felice di vederlo vincere comunque. Io però farei il discorso contrario. Nel nostro gruppo la mentalità è che il collettivo è forte e il corridore stesso vuole sentirsi forte, vuole essere rassicurato dal suo gruppo e al tempo stesso essere consapevole che può vincere perché fa parte della UAE Emirates. Da noi chi vince ha un aiuto di altissimo livello, e lui stesso diventa di altissimo livello quando dà il proprio supporto. E credetemi quando dico che i nostri ragazzi sono amici. Ci tengo molto a questo spirito, perché secondo me fa la differenza.

Invece c’è una vittoria sfumata che ti è mancata?

Quando vai vicino a corse importanti ci ripensi un po’, ma è difficile vincere sempre. Penso alla Milano-Sanremo o alla Parigi-Roubaix di Pogacar, però parlare di dispiacere vero e proprio forse è troppo. Serve anche il rispetto verso chi quel giorno è stato più forte. Se poi riavvolgo il nastro della stagione non posso non citare il Giro d’Italia perso alla fine in due minuti. Perché è stato un momento: un blackout generale di 120 secondi. Due minuti in cui Simon Yates ne ha guadagnato uno.

Non solo gioie, in questo percorso c’è stata anche qualche sconfitta che ha bruciato, come quella del Giro, svanito in pochi attimi sul Finestre
Non solo gioie, in questo percorso c’è stata anche qualche sconfitta che ha bruciato, come quella del Giro, svanito in pochi attimi sul Finestre
Chiaro…

Mi è dispiaciuto per il ragazzo che aveva dimostrato di essere il più forte, di aver staccato sempre tutti in salita. Quel blackout ci è costato il Giro. Abbiamo analizzato, capito, fatto valutazioni. Avevamo dato un po’ troppo per scontato Yates che fino a lì si era sempre staccato, pensando solo a Carapaz, e in un attimo è finito tutto. Ma anche in questo caso bisogna dare atto alla Visma-Lease a Bike per come ha giocato le proprie carte. Sono stati bravissimi. Hanno studiato bene la situazione tattica. Noi invece dobbiamo imparare la lezione e andare avanti.

Un’ultima domanda, Mauro: è impossibile arrivare a 100 vittorie? Ci pensate sotto, sotto?

No, non esageriamo! Non è un traguardo che sia mai stato nominato né preso in considerazione. Per di più alla fine della stagione mancano poche gare. Quello però che possiamo fare è aggiungere qualche altra vittoria per rendere la vita più difficile a chi, prima o poi, batterà questo record. Ormai si va verso squadre sempre più specializzate e qualche formazione di sprinter potrà superarci. Noi cercheremo di rendergli la vita più complicata!