Dopo la vittoria di Conca al campionato italiano, si sono lette le interpretazioni più variopinte e critiche. Qualcuno ha scritto che si sia trattato del punto più basso per il ciclismo italiano: la sua sconfitta. Qualsiasi cosa si dica, si corre il rischio di prendere una cantonata. Si possono bastonare i team che non hanno onorato la corsa. Si può esaltare il lavoro dello Swatt Club. Altrimenti si può rilevare che non tutte le squadre siano sottoposte agli stessi regolamenti. Alla fine la sola cosa che non si è fatta (abbastanza) è stata riconoscere merito al vincitore. Il campionato italiano è una corsa a parte, che si vince o si perde anche per un’intuizione. Per Giovanni Visconti, tre maglie tricolori in bacheca e attualmente talent scout per il Team Jayco-AlUla, qualcosa di insolito è successo, anche se la sua analisi della situazione non si allinea alle tante di cui ha letto.
«Che cosa significa – dice – che ha perso il ciclismo italiano? Mi sembra banale, non è da adesso che siamo in crisi nera. Manca una grande struttura che possa raccordare tutte le categorie. I pur volenterosi Reverberi e Basso fanno quello che possono per rimanere al passo con le grandi, ma non possono prendersi la responsabilità di questa disfatta. Anche se le loro squadre domenica sono state davvero al di sotto delle aspettative, a parte l’azione di Zoccarato. Hanno perso le squadre che non hanno confermato Conca? Ha perso la Lotto con cui è passato professionista? Ha perso la Q36.5? Purtroppo non si aspetta più e non è solo un problema italiano, ma del mondo dello sport in genere e di ogni altro ambito della vita…».


Resta il fatto che Filippo Conca, corridore disoccupato, è il nuovo campione italiano.
E’ una bellissima storia e sono contento che ce l’abbia fatta. Magari può essere stato un errore non aver dato fiducia a un ragazzo di cui si parlava bene e che ha avuto tanta sfortuna. Magari potevano prenderlo le nostre professional, invece di essere preda della frenesia di far passare i più giovani. Da un lato è vero che ha avuto quattro anni per dimostrare qualcosa e non ci è riuscito. Dall’altro prendiamo atto che questo ciclismo ormai valuta gli atleti soltanto in base agli ordini di arrivo.
Si perde una corsa come il campionato italiano anche perché non la si affronta nel modo giusto?
Bisogna affrontarlo tanto freschi mentalmente e probabilmente qualcuno non lo era. Alcuni fra i corridori più conosciuti secondo me sono arrivati troppo scarichi oppure l’hanno presa sotto gamba. Milan ha fatto una grande corsa, altri sono spariti. Bisogna essere al 100%, visto anche il caldo. Quando mi sono messo a guardare la diretta, non riuscivo a credere ai miei occhi. E alla fine leggendo l’ordine di arrivo, si è capito che qualcuno è andato alla partenza senza avere la testa o le gambe giuste. Oppure bisognerebbe dire che ha sbagliato anche chi li guidava.
Resta il fatto che una squadra di amatori ha messo nel sacco le nostre professional, al via con 10-11 corridori…
Dal punto di vista tattico è stata una gara pessima, ma mi sembra banale dire che abbia perso l’Italia. L’Italia perde da anni, come dicevamo, perché non ha una struttura che riesca a stare al passo con quelle che comandano nel ciclismo attuale. Hanno perso tutti, anche i singoli. Mi è parso che ci sia stata poca voglia di onorare una gara del genere, mi soffermerei più su quello. E’ normale che quando uno ha l’acqua alla gola e ha una sola occasione per dimostrare qualcosa, sia al massimo e abbia grandi motivazioni. Invece sembra quasi che gli altri siano arrivati all’italiano tanto per farlo e a me fa ancora più tristezza.


Ne hai vinti tre, l’italiano è veramente una gara a sé?
Al campionato italiano ci sono i favoriti che partono in 2-3 e quindi si trovano a rincorrere. Ci sono squadre che partono in 10 e riescono a fare la differenza. Poi ci sono gli outsider, i corridori elite come quelli dello Swatt Club, che danno il tutto per tutto sapendo che è una gara stranissima, dove anche andare in fuga in partenza spesso si rivela decisiva. Guardate Zoccarato in fuga anni fa con Colbrelli… Quando salta il controllo, anche se hai il favorito numero uno, non riesci a tenere la corsa. E’ davvero una gara a parte.
Una squadra di amatori in mezzo ai professionisti: resta una stranezza.
Una volta parlando di Gaffuri, si sarebbe riso: cosa faccio, prendo un amatore? Oggi non bisogna più escluderlo, bisogna adeguarsi. Forse domenica è stata la sconfitta definitiva di chi pensa che il ciclismo sia sempre quello di trent’anni fa. Ci sono ragazzi che crescono in modo diverso. Benvengano le Zwift Academy o i nuovi metodi di scoperta dei talenti. Non sto facendo le lodi dello Swatt Club, perché costruire una squadra è un’altra cosa. Va fatto un lavoro diverso, completo e profondo, basato non solo sui numeri ma su tante altre sfaccettature che possono far pensare che un corridore possa avere futuro. Il mio lavoro attuale, ad esempio. Ma la vittoria di Conca ci dice una cosa molto chiara.
Quale?
Accettiamo di vivere in una diversa epoca dello sport, ma prendiamo coscienza che non abbiamo più così tanto tempo per riprendere la strada.