ASIAGO – Le figlie Berta e Nina lo guardano e probabilmente non capiscono quello che il padre Carlos sta dicendo in inglese ai giornalisti. Il Giro d’Italia ha incoronato Carlos Verona, di professione gregario e innamorato dell’Africa: al Giro per aiutare Pedersen e Ciccone, che forse non avrebbe neppure immaginato di ritrovarsi in questa corsa a parlare di sé. Lui è emozionato da morire e basta fargli una domanda perché la voce si rompa. Lo sguardo che rivolge verso sua moglie Esther, anche lei sul filo delle lacrime, è una delle immagini più belle di questo dopo tappa. Che cosa significa aver vinto qui, oggi, davanti alla tua famiglia?
«Tutto. Ho incontrato mia moglie quando ero junior – racconta – eravamo nella nazionale spagnola e abbiamo iniziato la nostra carriera insieme. Poi siamo cresciuti come famiglia. Accanto a lei sono cresciuto come persona e ora cresco anche come ciclista. Essere qui con loro è stato molto emozionante. Mi manca solo il mio piccolo Leo, abbiamo tre figli e lui non poteva essere qui. Ma questa vittoria è anche per lui e per la nostra grande squadra. La fatica più grande nel fare il corridore è trovare l’equilibrio tra lo sport e la famiglia. E’ molto impegnativo. Puoi dedicargli tutto il tempo e le energie che vuoi, ma loro sono sempre lì a tenermi con i piedi per terra. A ricordami di godere le piccole cose della vita, a pensare ad altro che allo sport. Averli qui è stato molto emozionante».


Dalla delusione al successo
Dice tutto d’un fiato, nel giorno in cui è entrato nella fuga e ha trovato le forze per staccare tutti e cercare l’azione solitaria sull’ultima salita che conduceva all’altopiano di Asiago. Alle sue spalle i primi della classifica saggiavano per la prima volta la resistenza di Del Toro.
«Sono lo stesso che ieri era a terra per la caduta di Ciccone – dice, cercando di spiegare l’emozione – quando ho tagliato il traguardo ero super deluso, ma poi ho dovuto mantenere la calma per rimanere concentrato. E oggi ho vinto ed è molto bello, perché mi ha permesso di creare emozioni e di intrattenere la gente. Spero che la gente si sia divertita a guardare questa vittoria. Mi piace molto cercare di lavorare sodo per la squadra. Fare tutto quello che posso per la mia famiglia. E per dare un senso al duro lavoro che io e la squadra abbiamo fatto durante questa stagione. Qui oggi si è vista soltanto la tappa, ma sono certo che anche Cicco avrebbe potuto giocarsi la vittoria. Siamo stati insieme negli ultimi due mesi con un atteggiamento così positivo, facendo tanti sacrifici. E sono contento, nonostante tutto, che oggi sia andato tutto per il meglio».


Un motore decente
Non vinceva dal Delfinato del 2022 e si era trattato della prima vittoria in carriera. Per fare il bis ha scelto il Giro d’Italia e probabilmente ha dovuto cambiare il chip in corsa. Come quando ti tolgono la briglia e ti lasciano libero di correre come vorresti e non come ti dicono di fare.
«In realtà nella prima parte della tappa – dice – stavo cercando di prendere la fuga e non ci sono riuscito e ho pensato che fosse una buona lezione, perché non ero preparato a lottare. Poi ci sono entrato e mi sono detto che alla peggio sarebbe stato un buon allenamento. Ho visto che continuavamo a guadagnare e allora mi sono detto di lasciarci una possibilità. Ho pensato di resistere più a lungo possibile e poi avremmo visto, anche perché il Monte Grappa è stato un passaggio difficile. Quando ci siamo ritrovati in 15, ho pensato che mi sarebbe piaciuto vincere. Mi sentivo forte, ma ero in fuga con corridori che non conoscevo e non potevo rischiare di arrivare con loro allo sprint. Ho un motore decente, non sono molto bravo quando devo fare molti attacchi, tattiche o sprint, ma riesco a mantenere un buon ritmo per molto tempo. Ed è quello che ho fatto. Ho dato il massimo e sono molto contento di esserci riuscito. Ma ho cominciato a credere alla vittoria negli ultimi 50 metri, prima ho sempre avuto paura che da dietro tornassero i primi della classifica».


Lo shock per Ciccone
Per la Lidl-Trek, che Verona definisce il luogo in cui si può essere se stessi e dare il proprio meglio, si tratta della sesta vittoria in questo Giro d’Italia, dopo la quarta di Pedersen e la crono di Hoole. Aspettando la corsa, il dottor Daniele ci ha spiegato che l’ematoma avrebbe comunque impedito a Ciccone di proseguire e che si fosse accorto da subito della gravità della situazione. Un brutto colpo per i tifosi italiani che confidavano nella terza settimana dell’abruzzese, figurarsi per la squadra pronta per aiutarlo.
«Quando abbiamo saputo che sarebbe andato a casa – dice Verona – siamo rimasti scioccati. Aspettavamo tutti la prossima settimana. Anche nel mio caso personale, non vedevo l’ora di dare un senso a tutto il lavoro della settimana scorsa. Il giorno dello sterrato mi sono svegliato super preoccupato non per me, ma per la paura di perdere Mads o Cicco (Pedersen o Ciccone, ndr), perché sono loro due che danno un senso al mio lavoro. E’ stato un durissimo colpo, ma alla fine la vita è così. Bisogna essere resilienti e guardare al futuro. Penso che tutto accada per una ragione. Si vede che non doveva essere il Giro di Ciccone, ma di sicuro lo attende qualcosa di buono. E questa vittoria è per onorare lui e tutto ciò che ha fatto».