Una crescita esponenziale, quella di Monica Trinca Colonel, venticinquenne di Grosotto (Sondrio) della Bepink che a inizio stagione era un’autentica sconosciuta quando si presentò al via al Cycling Pro Costa del Almeria e ora viene addirittura dal podio finale a una corsa di prestigio come il Tour de l’Ardeche. Proprio prendendo spunto da quel risultato siamo venuti a conoscenza di una storia curiosa, quella di una ragazza che ha lasciato un posto sicuro per inseguire il suo sogno su due ruote.
La storia di Monica segue un filone abbastanza scontato: il fratello maggiore va in bici. Lei, che da bambina viene attratta da tutto quel divertimento, inizia a fare le gare per piccolini, dove non c’è differenziazione legata al sesso e segue tutta la trafila, con la passione che si fa strada sempre più nel suo cuore.
Bici in soffitta, c’è da studiare…
«Mio fratello ha continuato fino agli under 23 – racconta – poi dopo la maturità ha scelto di dedicarsi al lavoro e ha lasciato stare la bici. Io inizialmente pedalavo in mountain bike e su strada, ho fatto i due anni da esordiente poi mi sono dedicata solo alla mtb. Dalle mie parti è molto più frequentata, non c’era un team che mi seguisse su strada, non avevo stimoli per allenarmi, così ho continuato solo sulle ruote grasse.
«Poi però i miei nonni hanno iniziato a stare male e, tra il seguire loro e la scuola, non avevo più tempo per la bici e l’ho messa da parte. Mi sono diplomata alle superiori e mi sono trasferita a Milano per seguire il corso triennale da optometrista. Appena conseguita l’abilitazione ho subito trovato lavoro a Livigno. Ero quasi a casa, un lavoro sicuro che mi piaceva, avevo anche tempo per fare sport. Corsa a piedi, sci di fondo e sci alpinismo, mi sono sempre tenuta in forma, ma la bici non faceva parte della mia quotidianità».
Valori da professionista
Questo fino a 3-4 anni fa. Stando a Livigno, dove la bici è ormai di casa, la passione pian piano ha ricominciato ad affiorare: «Era più per divertimento, abbinavo la strada alla mountain bike ma privilegiavo quest’ultima che trovavo più rilassante. Nel frattempo però il mio ragazzo che è anche lui appassionato di bici, mi diceva che andavo davvero forte e che dovevo provare a fare qualche gara a livello amatoriale. Ho visto così che senza allenarmi specificamente ottenevo risultati, anche se durante la pausa pranzo dal lavoro riuscivo a dedicare solo un’oretta all’allenamento. Ma tanto bastava.
«Vedendo le mie prestazioni, il mio ragazzo mi ha detto che avevo un “motore” da corse professionistiche e dovevo almeno provarci, così un giorno mi ha portato a fare dei test ed effettivamente avevo valori inusuali per un’amatore. Iniziavo a pensarci: al negozio venivano spesso tanti ciclisti, anche professionisti e non posso negare che un po’ d’invidia la provavo, anche ripensando alle mie esperienze da piccola quando tutti mi dicevano che ero bravina. Così cresceva in me la voglia di provarci, ma sapevo che era difficile conciliare il ciclismo con il lavoro. Se lo prendi seriamente, devi fare una scelta. Era un salto nel buio».
Tante mail, risponde Zini
Monica ha preso così il coraggio a due mani e ha iniziato a scrivere a tutti i team. Risposte non ne arrivavano, quei dati non solleticavano la curiosità, almeno finché non sono passati al vaglio di Walter Zini, che ha deciso di conoscerla e di darle una chance.
«Ero al settimo cielo – riprende Monica – ho fatto un test specifico con loro e mi hanno confermato che avevo valori ideali per provare a gareggiare. Così mi sono licenziata e ho deciso di provarci, almeno per un paio d’anni».
Monica si è così ritrovata di punto in bianco proiettata in un mondo diverso dalla sua quotidianità, ben diverso da quello che aveva lasciato anni fa: «Non era lo stare in gruppo che mi spaventava, ho visto che da quel punto di vista le nozioni apprese sono subito riaffiorate e mi sono trovata bene. Mi sentivo però spaesata, facevo le gare senza neanche sapere dove fossi, che cosa stessi facendo. Man mano però vedevo che miglioravo, ogni prova era diversa dalla precedente, mi trovavo sempre più a mio agio e con numeri in costante miglioramento. La stagione è stata un crescendo sia dal punto di vista delle prestazioni che dell’impegno, trovandomi presto a gareggiare anche nel WorldTour».
Portata per le gare a tappe
Monica Trinca Colonel non si è certo risparmiata, considerando che ha fatto già 50 giorni di gara con 11 Top 10. La cosa che colpisce è che attraverso lei, la BePink si è ritrovata fra le mani un gioiello utile soprattutto nelle corse a tappe.
«Effettivamente ho capito che nelle gare di più giorni rendo meglio, perché ho ottime doti di resistenza e recupero, sono naturalmente portata. Poi mi piacciono le salite lunghe, quindi posso lottare per la classifica. Ma mi piacciono anche le corse d’un giorno, anzi penso che lì ho più margini di miglioramento».
Quando si è trovata a gareggiare nel WorldTour come ad esempio al Giro d’Italia non si è minimamente impaurita: «Il livello è diverso, più alto. E’ emozionante gareggiare contro le più forti al mondo, quel che impressiona è che vedi tutto più grande. Ma quando si è in gara si è sempre l’una contro l’altra, si parte tutte dallo stesso punto, poi vince chi ne ha di più. Non ho timori reverenziali, io faccio la mia parte».
Il sogno della Strade Bianche
La sua gara preferita? Curiosamente una corsa dove il risultato non è stato di quelli di spicco: «E’ la Strade Bianche, avevo sempre sognato di correrla e quest’anno mi sono ritrovata a farla, con tanta gente intorno che ti incita e ti dà la forza per superare ogni tratto difficile. Sono arrivata solo 38esima, ma è stata un’esperienza unica».
La sua stagione è stata un crescendo fino al podio in una gara di prestigio come il Tour de l’Ardeche: «Sapevo di poter far bene anche se non ero al massimo della forma. Ho mantenuto un livello costante e grazie a questo vedevo che in classifica miglioravo progressivamente, fino a conquistare il podio finale. E’ il miglior risultato stagionale, ma non voglio fermarmi qui».
Il diploma messo da parte
Poi comunque, vada come vada, c’è sempre quel diploma pronto nel cassetto: «L’abilitazione ce l’ho e in quel campo un lavoro si trova facilmente. So di avere un’alternativa e questo mi fa affrontare il tutto con più tranquillità, vada come vada».