Dai 37 gradi di Palermo ai 7 di Roccaraso. Il Giro d’Italia ha subito uno shock termico non da poco e i corridori ne hanno risentito. Tappe corte e veloci, altre lunghe e bagnate, di salita, ventose… In tutte queste situazioni ci siamo chiesti come cambiasse l’integrazione in corsa, soprattutto quella idrica.
Michele Pallini (Trek-Segafredo) e Federico Cecchi (Vini Zabù Brado Ktm) sono due massaggiatori storici del gruppo. Il primo nel WorldTour l’altro in una Professional. Due approcci differenti, ma stessi obiettivi: offrire il miglior supporto ai loro atleti.
Rifornimento e temperature
«In realtà – dice Pallini – tra caldo e freddo l’integrazione varia poco sul piano solido, rice cake e paninetti sono gli stessi. Cambiano invece i liquidi. Col freddo diminuiscono i sali, mentre aumentano maltodestrine e destrosio. Si mangiano forse un po’ meno cose solide e si cerca qualcosa di liquido che dia energia. In Sicilia dove faceva caldo, ma dopo la prima tappa non caldissimo, abbiamo dato ai ragazzi la pasta di mandorle che, oltre ad essere tipica, è anche molto calorica, ma non dà il picco glicemico. Inoltre si manda giù facilmente e con l’ausilio dei gel si era a posto».
«In generale sì, varia poco – dice Cecchi, in accordo con Pallini – oggi il ciclismo è molto cambiato e si dà più spazio al rifornimento idrico a prescindere. E questo si basa su tre elementi principali: maltodestrine, sali minerali ed acqua. Le malto che ogni squadra prepara con la sua ricetta si usano indipendentemente dalle temperature, mentre variano sali ed acqua. Se fa freddo se ne assumono meno a vantaggio del tè. Io ci ho fatto caso, molti team WorldTour non lo usano più, ma in realtà i corridori lo cercano. Loro il tè lo usano non solo per berlo, anche per scaldarci le mani, il collo. Se lo buttano addosso».
Quanto si reintegra?
«Oltre al rifornimento fisso, abbiamo della “extra-feed zone” – riprende Pallini – In questi punti diamo una borraccia con un paio di gel. Ce li leghiamo con la camera d’aria dei tubolari, dopo averla tagliata. In pratica diventa un elastico, facile da togliere ma altrettanto sicuro da non perdere nulla. Il numero delle extra-feed zone dipende da quanti mezzi si hanno a disposizione, dalla lunghezza delle tappe e se ci sono punti logisticamente facili da raggiungere. Mediamente ogni 30 chilometri cerchiamo di porre un nostro uomo. Quando la pioggia e il vento abbassavano la temperatura percepita la bevanda calda è sempre gradita. Julien Bernard quando è arrivato era talmente infreddolito che se l’è buttata sulle mani e solo dopo è riuscito ad infilarsi la mantellina».
«Nella tappa di Roccaraso – conclude Cecchi – oltre alle borracce di tutti i giorni, sali a parte, avevo preparato circa 30 litri di tè caldo, 60 borracce. Ne ho considerate cinque a testa per corridore in corsa più un all’arrivo. Lo hanno cercato sin da inizio tappa. Posso dire che in una frazione estiva i ragazzi consumano una borraccia, sia essa di acqua o di sali, mediamente ogni 20 chilometri, mentre con il freddo gliene basta una ogni 50. Di solito si va dalle 7 alle 10 borracce a tappa per corridore, molto dipende anche dalla lunghezza e non solo dalle temperature».