L’italiano e l’esordio nei pro’: la stagione coi fiocchi della Zalf

28.10.2021
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Alla fine Zalf ha fatto la Zalf. Nella sua stagione numero 40, la squadra di Egidio Fior e Gaspare Lucchetta e diretta da Gianni Faresin è tornata a ruggire come non succedeva da un po’.

Okay, la Colpack Ballan in questo momento viaggia su altri livelli, ma i ragazzi del team di Castelfranco Veneto sono stati autori di una seconda parte di stagione mica da ridere. Anzi, proprio da ridere e sorridere visti i tanti trionfi, ben 30, e cosa più importante con 14 corridori diversi.

Gianni Faresin, Zalf Fior
Gianni Faresin è tornato quest’anno alla Zalf. Tra l’altro questa è stata la prima stagione da continental
Gianni Faresin, Zalf Fior
Gianni Faresin è tornato quest’anno alla Zalf. Tra l’altro questa è stata la prima stagione da continental

Partenza così, così

Con Faresin facciamo dunque il punto su questa stagione dal doppio volto. Stagione che tra le altre cose è stata la prima da continental. Il team ha esordito in questa categoria alla Per Sempre Alfredo (foto di apertura), ha preso parte all’Adriatica-Ionica Race, al Gp Adria Mobil, al Giro di Sicilia alla Veneto Classic.

«Sono soddisfatto. Anzi, molto soddisfatto – dice il tecnico veneto – Non siamo partiti bene. Abbiamo raccolto qualcosa in meno rispetto al solito e rispetto a quel che pensavamo. Abbiamo fatto tanti piazzamenti. Eravamo sempre presenti, ma pochi trionfi».

«Dopo il Giro Under 23 però le cose sono cambiate a partire dal campionato italiano. Da luglio in poi abbiamo raccolto più di quello che forse potevamo, abbiamo avuto episodi a nostro favore. Io dico sempre che fortuna e sfortuna si bilanciano e così è stato. I ragazzi hanno anche preso più fiducia in loro stessi».

La vittoria numero 30 del 2021: Elia Menegale (casco nero-rosso) precede di un nulla Michael Minali (foto Instagram)
La vittoria numero 30 del 2021: Elia Menegale (casco nero-rosso) precede di un nulla Michael Minali (foto Instagram)

Un Giro nato male

Una grossa fetta della stagione della Zalf Euromobil Désirée Fior è stata segnata da un brutto Giro U23. I corridori di Faresin (ma anche di Mauro Busato ed Ilario Contessa,) forse ricorderete, andarono in altura ma trovarono condizioni poco favorevoli e finirono per scendere peggio di come erano saliti.

«Per andare forte al Giro bisognava andare in quota, ma certo il periodo non era dei migliori – riprende Gianni – Eravamo andati sul Pordoi, ma il meteo non era buono. Okay, ci siamo allenati in basso, verso Cavalase ma nevicava praticamente tutti i giorni.

«Tuttavia, se guardiamo ai risultati dico anche io: okay, il Giro è andato male. Però noi eravamo presenti nelle fughe, abbiamo sempre attaccato per quel poco che si è potuto fare visto che di tappe intermedie non ce n’erano. Visto che Ayuso ha dominato sempre e che la corsa era parecchio chiusa. Oltre allo spagnolo c’è stato spazio per pochissimi altri».

Vincenti in tanti

Come Gianni analizziamo quanto detto in apertura: trenta corse nel sacco con 14 atleti differenti, davvero un bel segnale. Il più vittorioso è stato Matteo Zurlo con cinque successi, seguito da Riccardo Verza e Giulio Masotto con tre.

«Vincere con tanti corridori differenti è sempre stata la forza della Zalf – dice Faresin – Non partiamo con un capitano solo, ma cerchiamo di averne più di uno proprio perché sono tutti corridori di ottima qualità. Spesso decidiamo strada facendo su chi puntare. In più quello di quest’anno devo dire che è stato proprio un bel gruppo, molto affiatato.

«Da luglio in poi c’è stato un vero cambio di passo a partire dal campionato italiano che abbiamo vinto con Gabriele Benedetti. Quel giorno abbiamo fatto proprio un bel colpo. I ragazzi sono stati coraggiosi ad attaccare presto e col senno del poi dico che quella vittoria assume ancora più valore, visto che a fare secondo è stato Baroncini. E’ stata una gara difficilissima:».

“Vecchi” e giovani

E per il prossimo anno ci sarà un bel rimescolamento, ma nessuna rivoluzione, si continua su questa falsariga. Passano Edoardo Zamabanini (alla Bahrain Victorious), Alex Tolio (alla Bardiani Csf Faizanè) e Gabriele Benedetti (alla Drone Hopper-Androni). E si continua con una squadra anche “vecchietta” se vogliamo…

«Consideriamo che i classe 1998-1997 hanno perso un anno con il Covid. Noi in ogni caso manteniamo quattro elite. E li teniamo per due motivi principali. Primo: un ragazzo di 22-23 anni non è vecchio. Okay che la strada che si è intrapresa è questa, ma io non ne sono così convinto. Piuttosto sono convinto che così perderemo molti ragazzi che non sono pronti al passaggio. Si sa che tra i pro’ non hai tanto tempo per dimostrare il tuo valore. E non sono tutti Evenepoel… Secondo: gli elite vicini ai ragazzi più giovani portano il giusto mix di esperienza. Gli insegnano qualcosa, gli danno sicurezza.

«Senza contare poi che questi atleti più grandi sono più affidabili. Questa estate alla lunga sono emersi loro, come era normale che fosse. Un primo anno è più altalenante nel rendimento. Lo devi far riposare di più. Un elite è meno stanco fisicamente e mentalmente. Anche perché i primo anno devono finire la scuola».

Ma questo non impedisce alla Zalf di prendere nuovi innesti dagli juniores. E che innesti!

«Ne prendiamo cinque – conclude Faresin – Samuele Bonetto e Simone Griggion dal Giorgione, Alberto Bruttomesso e Stefano Cavalli dalla Borgo Molino ed Edoardo Zamperini dall’Assali-Omap».

Alex Tolio, il ciclismo come scuola di vita

27.09.2021
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La scorsa settimana Alex Tolio ha vinto la 54ª edizione della “Piccola Sanremo” (foto Scanferla in apertura). Classicissima per under 23 che si corre in Veneto, per la precisione a Sovizzo. La vittoria del corridore della Zalf Désirée Fior non è una novità, ci ha abituato a vittorie importanti, come la “Strade Bianche di Romagna”. Il ventunenne di Bassano del Grappa è cresciuto tanto negli anni e crede ancor di più in sé stesso e nelle sue capacità, ma non è stato sempre così. Scopriamo insieme chi è e com’è arrivato a questi traguardi.

Alex Tolio esulta per la vittoria ottenuta alla “Piccola Sanremo” corsa accompagnata dalla pioggia (foto Scanferla)
Alex Tolio esulta per la vittoria ottenuta alla “Piccola Sanremo” corsa accompagnata dalla pioggia (foto Scanferla)
Ripartiamo dal tuo ultimo trionfo a Sovizzo.

E’ stata una gara tiratissima fin dai primi chilometri con una media nella prima ora molto alta. Nella fuga iniziale, di tredici corridori, sono entrati due miei compagni di squadra e questo ci ha permesso di correre coperti. Nel finale Lorenzo Visintainer si è avvantaggiato ed io successivamente mi sono riportato sotto e sulla penultima salita l’ho staccato. Praticamente ho iniziato a godermi la vittoria già dai 5 chilometri dal traguardo.

Ti aspettavi di poter vincere?

Il percorso era adatto alle mie caratteristiche quindi puntavo a fare bene questo non lo nego. Arrivavo da un periodo di corse molto intenso. Dal Gp di Capodarco (chiuso al terzo posto, ndr) ho corso per un mese e mezzo ininterrottamente. Non ero più molto brillante e me ne rendevo conto gara dopo gara, così insieme al mio direttore sportivo abbiamo deciso di fare una settimana di stop.

Vuol dire che hai un’ottima conoscenza del tuo corpo.

In questi anni ho imparato a gestirmi e ad ascoltare il mio fisico. E’ importante sapere quando hai bisogno di recuperare, lo staff tecnico poi in questo è fondamentale. Ma devi anche essere tu che ti convinci che sia giusto riposare altrimenti lo vivi come un obbligo e non ne trai beneficio.

Come hai raggiunto questa consapevolezza?

Mi ha aiutato anche la natura perché a differenza dei miei coetanei non ho avuto una crescita rapida. La mia è stata una maturazione fisica graduale anno dopo anno. Sono cresciuto di pari passo sia mentalmente che fisicamente. Non è stato tutto rose e fiori però.

In che senso?

Da bambino ho avuto un periodo in cui volevo smettere. Tra gli 8 ed i 9 anni ero un po’ piccolo fisicamente, non avevo molta motivazione. Questi fattori mi avevano messo addosso la paura per la competizione, ma per fortuna la mia famiglia mi ha convinto a continuare. Questo mi ha aiutato a maturare e forse a diventare la persona che sono oggi.

Come sei di carattere?

Sono molto preciso, pignolo direi, una cosa o la faccio bene oppure non la faccio, piuttosto ci spendo un’ora in più.

Dici che è stato il ciclismo a farti maturare quindi?

Sì, se avessi abbandonato alla prima difficoltà non avrei mai raggiunto questi traguardi, sportivi ma anche scolastici. Praticare questo sport da adolescente e andare a scuola allo stesso tempo non è facile, ogni momento libero lo dedichi alla bici. Non sono sacrifici perché fai quel che ti piace ma impari bene a capire quali sono le tue priorità, ti poni un obiettivo.

Prima mi parlavi della tua maturità fisica, hai ancora tanto da scoprire?

Il mio fisico mi sorprende sempre, giorno dopo giorno. Quest’anno la grande sorpresa è stata la risposta al Giro d’Italia Under 23. Alla mia prima apparizione in questa corsa sono andato davvero bene. Prima avevo corso anche la Settimana Coppi e Bartali con la nazionale, ma era stata un palcoscenico diverso.

Alex Tolio in azione alla “Settimana Coppi e Bartali” con la maglia della nazionale, è stata la prima vera corsa a tappe per lui
Alex Tolio in azione alla “Settimana Coppi e Bartali” corsa con la maglia della nazionale, è stata la prima vera corsa a tappe per lui
Perchè?

Correvamo con i professionisti ed in più era la mia prima vera corsa a tappe. Sono sodisfatto di com’è andata, infatti da lì sono andato anche al Giro d’Italia Under 23.

Com’è stata come prima esperienza, ti piace questo tipo di gare?

La risposta del mio fisico è stata buona, dal punto di vista dello stile di vita non mi pesa e quindi non escludo che in futuro possa correre altre gare del genere.

A proposito di nazionale, l’ultimo è stato un weekend speciale, ti spiace non essere andato in Belgio?

Correre con la maglia azzurra è qualcosa di davvero eccezionale, ti fa risaltare in gruppo. Andare in Belgio per disputare il mondiale sarebbe stato bello. Ma non mi aspettavo una convocazione, non avendo fatto neanche la preparazione con loro.

Ti aspettavi un risultato come quello di Baroncini e dell’intero team azzurrro?

È un mondiale, è scontato dire che ci siano delle motivazioni in più di una corsa “normale”. Correre con l’azzurro addosso ti accende una fiamma di orgoglio che ti fa spingere quel dente in più. Sabato hanno corso con il coltello tra i denti, era una gara lunga e bisognava essere bravi ad uscire allo scoperto nel momento giusto.

Ora che andrai tra i pro’, alla Bardiani, ti senti pronto?

Mi sento pronto mentalmente, il salto è grande e non devo aver fretta. L’importante è esserci con la testa, non aspettarsi tutto e subito. Bisogna correre con la consapevolezza che le batoste arriveranno, dovrò essere bravo ad imparare e non farmi abbattere, un po’ come a scuola.

Per il finale di stagione cosa ti aspetti?

Voglio fare bene e lasciare la Zalf con un bel ricordo di me. Domani parte il Giro di Sicilia (dal 28 settembre al primo ottobre ndr), un’altra corsa a tappe – ride – ci ho preso gusto. Poi ci sarà il Piccolo Giro di Lombardia e lì finirà la mia stagione. Farò un periodo di riposo e poi sotto con la prossima avventura.

Friuli, lampi d’Italia con Zurlo. E la Bardiani lavora

06.09.2021
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Si è concluso ieri a Pordenone il Giro del Friuli. Ad aggiudicarselo è stato il tedesco Jonas Rapp del Team Hrinkow. Fra i corridori che si sono messi in evidenza nelle tre tappe, Matteo Zurlo, della Zalf Desirée Fior, ha vinto la prima e si è portato a casa la maglia di miglior scalatore.

Fra i 33 team partecipanti, provenienti da tutto il mondo, sono spuntate anche la Bardiani CSF Faizanè e la Kern Pharma. La prima, guidata in ammiraglia da Mirko Rossato, ha schierato un team giovane ed affamato: Samuele Zoccarato, Enrico Zanoncello, Johnatan Canaveral, Fabio Mazzucco e Luca Covili. Ma nonostante la giovane età, la presenza di team professional ha rappresentato un’eccezione cui probabilmente dovremo abituarci.

Ci siamo fatti raccontare da loro com’è andato questo Giro del Friuli, organizzato, come negli ultimi quattro anni dalla Libertas Ceresetto. Hanno dato nuova linfa vitale ad una corsa importante e che grazie al presidente del team Andrea Cecchini ha ritrovato slancio internazionale. Apre le danze Zurlo, già sentito dopo la vittoria al Giro del Veneto di inizio luglio.

Zurlo in fuga con D’Aiuto nella prima tappa, ma staccherà anche lui (foto Bolgan)
Zurlo in fuga con D’Aiuto nella prima tappa, ma staccherà anche lui (foto Bolgan)
Cosa hai fatto dall’ultima volta che ci siamo sentiti?

Ho corso tanto – dice ridendo – diciamo che ho sfruttato il periodo di forma ed è da un paio di mesi che non mi fermo.

Ti sei tenuto in forma, facendoti trovare pronto per questo Giro del Friuli…

La prima tappa era il mio obiettivo, era la più adatta a me e mi sono lanciato, è andata bene. Poi vincere in una corsa internazionale come questa è sempre bello ed emozionante. Il parco dei partenti era numeroso e davvero competitivo. Mi sono messo in mostra, sperando di aver colpito qualcuno in positivo.

Tu hai corso anche tra i professionisti all’Adriatica Ionica Race, che differenze hai trovato?

In quel caso ero “immerso” nel mondo dei grandi ed il modo di correre è differente, ci si gestisce molto di più. Mentre nei dilettanti si corre sempre in maniera frenetica. In questo caso c’erano due squadre professional, Bardiani e Kern Pharma. Però è toccato a loro adattarsi ai nostri ritmi, quindi la differenza non si nota, come invece succede nel caso opposto.

A proposito, hai novità dall’ultima volta sul tuo futuro? Potrai far parte del mondo dei grandi anche tu?

Per il momento non ho offerte, spero di riceverne. Non ho fretta, se dovesse arrivare un’offerta però l’accetterei subito, ho voglia di mettermi in mostra, ma so che qui alla Zalf un posto per me c’è e da questo punto di vista sono sereno.

Bardiani al lavoro

Sentiamo, ora, uno dei team professional presenti alla corsa. Mirko Rossato ci parla della sua Bardiani e del loro futuro, lo intercettiamo di ritorno da una riunione in sede…

Come mai avete scelto il Giro del Friuli?

E’ una corsa molto competitiva, siamo contenti di essere venuti. La competizione era elevata, come giusto che sia in questo genere di gare. Non venivamo con obiettivi di classifica, volevamo mettere chilometri nelle gambe a corridori che hanno avuto meno spazio in altre occasioni.

Ultima tappa a Daniel Auer, austriaco classe 1994 (foto Bolgan)
Ultima tappa a Daniel Auer, austriaco classe 1994 (foto Bolgan)
Che effetto fa tornare in questo mondo?

Sono felice di aver rivisto vecchi amici e colleghi a cui sono molto legato. Poi è bello vedere corridori nuovi che altrimenti faresti fatica a notare, ci sono dei ragazzi interessanti, come Matteo Zurlo che ha vinto la prima tappa.

Vi aspettavate un livello così alto?

Mi aspettavo un modo diverso di correre, infatti è stato difficile per i nostri interpretare la corsa. Conta che la media nelle prime due ore era sempre intorno ai 50 all’ora. Ovviamente sapevamo del livello elevato, altrimenti non avremmo scelto questa corsa. E’ stato un bel banco di prova, ora abbiamo tanti appuntamenti da preparare per il finale di stagione in Italia, con il Matteotti, il Giro di Sicilia, il Lombardia, l’Agostoni…

Le maglie da sinistra. Giovani a Martinelli, scalatori a Zurlo, leader a Rapp, traguardi volanti a Stockman, punti a Puppio (foto Bolgan)
Le maglie da sinistra. Giovani a Martinelli, scalatori a Zurlo, leader a Rapp, traguardi volanti a Stockman, punti a Puppio (foto Bolgan)
Insomma, un finale intenso. E per la prossima stagione, è tutto pronto per il team U23?

Vogliamo scoprire i campioni di domani. Verranno aggregati al team professional, correranno le classiche della loro categoria, ma saranno trattati da professionisti. Faranno i ritiri con la squadra e potranno essere scelti e schierati nelle gare della categoria superiore, qualora lo meritassero. Un po’ come la Uno X, la squadra norvegese. 

Zalf a cinque punte, a Capodarco vince Raccani

17.08.2021
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Era come se il tempo si fosse fermato. Simone Raccani era uscito dal 2019 con 6 vittorie al secondo anno da junior ed era piombato in un primo anno da under 23 in maglia Zalf Desirée Fior fatto di strade vuote e poche corse, reso arido dal Covid e dalle poche occasioni per fare esperienza. Così quando ieri è passato per primo sul traguardo del Gp Capodarco, un po’ avrà avuto la sensazione della vita che riprende e un po’ (glielo diciamo noi) ha vinto una delle corse più belle senza la spinta del suo pubblico, che sul muro finale la rende simile a una Liegi con vista sul mare. Se ci fosse stato la solita gente, Piccolo forse avrebbe fatto la differenza o in alternativa per Raccani sarebbe stato ancora più semplice tenergli testa. Quella spinta lascia il segno!

Sul podio di Capodarco, Raccani fra Piccolo e il compagno Tolio (foto Scanferla)
Sul podio di Capodarco, Raccani fra Piccolo e il compagno Tolio (foto Scanferla)

Muro chiuso

La corsa è tornata dopo la cancellazione del 2020. Sembrava si volesse impedire di farla passare sul muro, ma alla fine si è trovata la soluzione di chiudere quel tratto ai tifosi, scongiurando il mucchio selvaggio in stile Redoute, in cui i corridori di solito sfilavano fra due ali di appassionati accaldati e urlanti. I preparativi sono stati come di consueto di grande coinvolgimento, con il nome di ciascun iscritto dipinto sull’asfalto della salita che per ogni altro giorno dell’anno celebra la grandezza di Capodarco. Si è corso come tradizione vuole nel ricordo di Fabio Casartelli e Michele Scarponi. Soprattutto si è corso.

Le premiazioni sono andate avanti a lungo, per cui quando riusciamo a parlargli è quasi buio. Il caldo che ha attanagliato la riviera adriatica per tutto il giorno è ormai scemato.

Raccani in azione al Gp Sportivi di Poggiana, vinto invece da Ciuccarelli (foto Scanferla)
Raccani in azione al Gp Sportivi di Poggiana, vinto invece da Ciuccarelli (foto Scanferla)

Piccolo in mezzo

Il finale era tutt’altro che scritto, con Andrea Piccolo là davanti a scandire il passo con disinvoltura da professionista, pur non avendo fatto una sola corsa con la maglia dell’Astana. Ne conserva la Wilier e il colpo di pedale, che però non gli sono bastati per fare la differenza. Raccani e Tolio gli correvano a ruota, aspettando che calasse il passo per scattare e metterlo in difficoltà. Ma il corridore della Viris ha fatto tutto da sé. E quando sul muro ha piazzato l’ultimo affondo, Tolio si è staccato, Raccani gli è rimasto sul groppone come lo scorpione sul guscio della tartaruga. E nella volata gestita malissimo dal rivale, il corridore della Zalf ha avuto vita persino facile nel… metterlo a sedere.

«Era un’incognita – racconta Raccani – perché era la prima corsa in cui lo incontravamo, per cui ci siamo amministrati. A rendere la giornata pesante si sono messi il caldo, il percorso e anche parecchio vento. Capodarco per me era una novità, dato che sono di secondo anno e nel 2020 non si è fatta. Quello scorso è stato davvero un anno buttato. Comunque mi avevano parlato della corsa e avevamo visto che non c’erano troppe squadre a poter chiudere su una grande fuga. E così con Benedetti, Tolio e altri compagni d’avventura siamo partiti presto e siamo rimasti all’attacco per 150 chilometri».

Calendario killer

Nel tremendo comporre calendari da parte dell’Uci, Capodarco è una delle corse più bistrattate. La data è fissa, il 16 agosto, e fino a una decina d’anni fa era frequente vedere al via la crema del movimento under 23, che di lì a una settimana sarebbe partita per il Tour de l’Avenir. Poi la… balena francese ha iniziato a indietreggiare nel calendario, così prima sono spariti gli stranieri e alla fine se ne sono andati anche gli azzurri. Troppo ravvicinati i due eventi, con il recente colpo di grazia dell’Avenir partito prima di Ferragosto. Ciò non significa che il campo partenti sia necessariamente meno potente, ma la considerazione di Faresin sul livello delle squadre ha fotografato perfettamente la situazione.

«La selezione c’è stata da dietro – continua Raccani – mentre davanti eravamo sempre meno e ce la siamo giocata. Io avevo buone sensazioni e quando Piccolo si è messo a spingere forte, un po’ ce l’abbiamo costretto noi. Se avesse calato, sarebbero cominciati gli scatti. Così sul muro ho stretto i denti, le gambe dopo tanta strada erano giuste per tutti, e nel finale l’ho saltato facilmente. Ogni vittoria fa storia a sé. Quest’anno avevo già vinto a Biella, ma la prima internazionale ha sempre un gusto particolare».

Nel 2019, Raccani campione regionale al Trofeo Città di San Martino (foto Scanferla)
NEl 2019, Raccani campione regionale al Trofeo Città di San Martino (foto Scanferla)

Zalf cinque punte

Avere in ammiraglia un tecnico come Faresin ha fatto la differenza. Il vicentino ha gestito benissimo la presenza di tre uomini nella fuga, con il tricolore Benedetti, fresco di contratto con l’Androni, che si è messo a disposizione dei compagni tirando con più generosità. Poi, avendo soppesato le forze in campo, ha consigliato provvidenzialmente di restare a ruota del misterioso corridore della Viris che avrebbe potuto tirare fuori il coniglio dal cilindro o spegnersi, come è stato, sul rapporto troppo lungo che si è ostinato a tirare per tutto il tempo.

«Abbiamo dimostrato una volta di più – dice Faresin – che la nostra forza è lo spirito di squadra. I ragazzi hanno corso in maniera attenta sin dai primissimi chilometri e questo ci ha premiato. Sapevamo di poter contare su di un quintetto a cinque punte: ognuno dei ragazzi che avevamo in gara poteva ambire al successo finale e invece tutti hanno corso per il bene della squadra. Ha vinto Raccani ma è come se a vincere fossero stati anche Tolio, Benedetti, Zambanini e Guzzo».

Per la squadra di Castelfranco Veneto il 2021 ha il sapore di un ritorno ai vertici, alternativa credibile alla Colpack con un gruppo giovanissimo. La stagione ha ancora tanto da dire.

Faresin, che cosa ti ricordi del primo Vendrame?

11.07.2021
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Andrea Vendrame ha caricato bici e speranze sulla sua auto e a un certo punto dell’estate, dopo i campionati italiani, è salito al passo del Pordoi, altura dolomitica forse meno di moda, ma sempre ottima altura. Lo avevamo incontrato proprio alla vigilia del tricolore e dal suo racconto della passione che mette nel praticare il ciclismo e del fatto che raramente il suo andare in bici è un passeggiare di poco conto, ci è venuto in mente di fare qualche domanda al suo preparatore. Non uno a caso, ma un tecnico che da professionista ha vinto il campionato italiano e il Giro di Lombardia. Uno che magari parla poco, ma ha cose da dire: Gianni Faresin. E se un corridore come Vendrame ha continuato ad averlo come allenatore anche dopo cinque anni che è professionista, allora forse ha anche cose da insegnare.

Su podio tricolore 2019 con Frigo, Faresin ha rivinto l’italiano quest’anno con Benedetti
Su podio tricolore 2019 con Frigo, Faresin ha rivinto l’italiano quest’anno con Benedetti

Under 23 vincente

Oggi Faresin è in corsa con i suoi ragazzi della Zalf Desirée Fior. Lo scorso anno cambiò maglia, ma quando la squadra di Castelfranco ha fatto il passo di diventare continental, Gianni ha ringraziato la Casillo ed è tornato a casa. La stessa casa in cui nell’ormai lontano 2015 incontrò Andrea Vendrame.

«Era uguale ad adesso – ricorda – veloce da gruppi ristretti. Arrivò da noi che aveva già fatto qualcosina (nel 2014 fra i risultati migliori di Vendrame, che correva alla Marchil, il 4° posto al Medaglia d’Oro Frare De Nardi e il quinto alla Bolghera, ndr), ma appena trovò il giusto ambiente, crebbe in modo netto. E’ sempre stato molto serio e preciso, a volte bisognava e bisogna ancora frenarlo, perché fa più di quel che gli viene detto. La squadra lo ha lasciato libero di farsi seguire e lui ha scelto di proseguire con me».

Vendrame era partito per il Giro con l’idea di vincere una tappa ed ecco il successo di Bagno di Romagna
Vendrame era partito per il Giro con l’idea di vincere una tappa ed ecco il successo di Bagno di Romagna

Uomo da Nord

Il passato è storia nota. Vendrame approdò alla Zalf nel 2015 e centrò quattro vittorie: il Giro della Provincia di Belluno, la notturna di San Donà, il Trofeo Zanchi e il Giro del Belvedere. Il 2016 sarebbe stato certamente l’anno della consacrazione, ma un’auto lo investì alla metà di aprile e rischiò di mettere fine alla sua carriera. I risultati di quell’anno sono la conseguenza della rincorsa alla migliore condizione. Nessuna vittoria, ma sette secondi posti in corse di rilievo, come Felino, Briga, il Giro del Casentino, la Ruota d’Oro e il Piccolo Lombardia. E soprattutto il terzo posto agli europei di Plouay, con le cicatrici di quella caduta ancora sul volto.

«Andrea crescerà ancora – dice Faresin – con l’esperienza e con il crescere della resistenza. Ogni anno è più consapevole che su certi percorsi può essere vincente. Si butta anche nelle volate di gruppo, perché la squadra glielo permette. E’ pericoloso, ma gli tornano utili per le volate ristrette. Quanto alle classiche, se riesce a fare un buon inverno, può essere vincente anche in Belgio. Non gli serve tanto per trovare la condizione. Basti pensare alla caduta dell’ultima Coppi e Bartali, alla pausa necessaria e al fatto che al Giro sia stato in grado di vincere».

Vendrame ha corso il Giro per il secondo anno con la maglia della Ag2R, con cui ha contratto fino al 2023
Vendrame ha corso il Giro per il secondo anno con la maglia della Ag2R, con cui ha contratto fino al 2023

I piccoli Giri

La sua serietà in allenamento è un file che merita di essere riaperto, soprattutto perché il Faresin corridore era proprio così.

«Tanti corridori – ammette sorridendo Faresin – dopo un Giro d’Italia tendono a mollare, perché hanno la corsa successiva dopo un mese. Non si rendono conto che se fanno così, il dispendio energetico del riprendere la condizione è superiore a quanto gli costerebbe non mollare. Andrea l’ha capito. E francamente non vedo grossi punti da migliorare. Forse, se qualcosa va cambiato, è il fatto che prima delle corse in linea cui punta non ha mai fatto quelle corse a tappe di una settimana che ti danno la marcia in più. I Baschi prima delle classiche, ad esempio. Quest’anno ha fatto la Tirreno prima della Sanremo, ma quella corsa per lui è stregata. Alla fine viene dura, ma permette a quei 5-6 velocisti più forti di lui di arrivare in fondo. Servirebbe una corsa dura, magari col cattivo tempo perché potesse esaudire questo suo sogno».

Un altro Zurlo sulla scena: Giro del Veneto nel sacco

04.07.2021
4 min
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Si è concluso ieri il Giro del Veneto U23 ed è stato Matteo Zurlo ad aggiudicarsi la maglia amaranto. Corridore della Zalf Euromobil, fratello di Federico (professionista dal 2015 al 2020), il ciclismo è una questione di famiglia.

Ci facciamo raccontare questi cinque giorni di corsa e lo conosciamo meglio per scoprire qualcosa in più di questo promettente corridore.

Con Riccardo Verza ha diviso le fatiche e anche la maglia di leader (foto Scanferla)
Con Riccardo Verza ha diviso le fatiche e anche la maglia di leader (foto Scanferla)
Partiamo dall’ultima tappa, quella che ti ha permesso di trionfare.

La definirei difficile, dato il percorso, ma mi sono gestito bene soprattutto grazie all’ottimo lavoro di squadra. Avevamo da affrontare due salite toste. Il mio compagno Riccardo Verza, che era in testa alla generale ha perso le ruote, mentre io sono rimasto con i migliori. Sono arrivato a giocarmi la vittoria di tappa con altri 7, alla fine l’ha spuntata Francesco Romano ed io sono arrivato secondo.

Un Giro del Veneto lungo e variegato, tante strade differenti ed arrivi insoliti. Quale di questi ti è rimasto piacevolmente impresso?

Personalmente mi sono trovato bene su tutti i terreni, arrivavo da un periodo di forma positivo, con la vittoria al Trofeo Antonietto Rancilio a Parabiago, ed ho cavalcato l’onda dell’entusiasmo. L’arrivo sugli sterrati è stato quello più spettacolare dal punto di vista della gara. Con Gandin e Verza ho preso margine grazie ad una fuga e siamo riusciti ad accumulare quasi 3 minuti sui rivali.

Un momento difficile invece qual è stato?

Difficile no, ma a causa di una disattenzione nella quarta frazione, in cima ad uno strappo, non ho seguito bene le ruote dei primi e si è creato un buco. In quella giornata ho perso un minuto e la maglia di leader, che è comunque rimasta in squadra, passando sulle spalle di Verza.

Come squadra in che modo avete gestito le situazioni?

Dopo gli sterrati del secondo giorno abbiamo capito la nostra forza, non c’è mai stato un capitano designato. Ci si è gestiti giornata per giornata senza mai andare in crisi e senza farsi condizionare dalle emozioni del momento. Anche ieri quando Verza è andato in difficoltà, non siamo andati in panico. Eravamo certi di poter contare su due punte.

Un bel successo, ma ora ci racconti un po’ di te? Come ti sei avvicinato al ciclismo?

Ho iniziato presto, nei G1, nella stessa squadra di mio fratello Federico. Lui correva nella categoria G5, nella Bicisport Linda di Tezze sul Brenta. Sono passato poi alla Zalf, dove corro da ormai quattro anni. Qui mi sento a casa, anche perché sono a 15 chilometri da dove sono nato e cresciuto.

Prima del Giro el Veneto, Zurlo ha corso la Adriatica Ionica Race: la Zalf è continental (foto Scanferla)
Prima del Giro el Veneto, Zurlo ha corso la Adriatica Ionica Race: la Zalf è continental (foto Scanferla)
Che rapporto hai con tuo fratello, essendo più grande immagino ti abbia consigliato molto

Abbiamo un bel rapporto, guardandolo correre, da bambino, mi sono appassionato a questo mondo. Lui è stato importante per la mia crescita. Già che lui sia riuscito a fare un’esperienza nel professionismo la dice lunga su quanto io possa imparare dal suo passato. Non siamo uguali, questo è bene dirlo, ma avere un punto di riferimento tale è davvero bello e stimolante.

La Zalf da quest’anno è una continental, come influisce questo cambiamento sul tuo futuro?

E’ una bella novità, correre con i professionisti mi permette di accelerare il mio percorso di crescita senza però forzare la mano. Con la squadra decidiamo di volta in volta, l’ultima gara disputata è stata l’Adriatica Ionica Race.

Ora ti concederai un po’ di riposo?

Sì, meritato direi (ride, ndr), poi di nuovo al lavoro più carichi e con il morale alto.

Passa Benedetti e Montemarciano applaude

22.06.2021
4 min
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Domenica mattina, verso le 10, Gabriele Benedetti ha preso la sua Pinarello ed è uscito in bici nelle vie di Montemarciano, Arezzo, un borgo nel cuore della Toscana. Una di quelle domeniche mattine d’estate perfette per fare la sgambata. Fa caldo e la gente passeggia, magari va al bar o a messa. Quando però vede passare Gabriele, lo saluta, lo ferma, gli fa i complimenti per il campionato nazionale vinto il giorno prima.

Cose così te le porti dietro per sempre. «Sabato notte – racconta Gabriele che a letto aveva la maglia tricolore con sé – praticamente non ho dormito tanta era l’adrenalina per la vittoria, l’eccitazione per la serata. L’ho passata con amici e famigliari. Siamo andati “dal Cioni”, un ristorante di Loro Ciuffenna famoso tra i ciclisti».

Benedetti festeggiato dai compagni della Zalf Desirée Fior
Benedetti festeggiato dai compagni della Zalf Desirée Fior
Gabriele, prima di tutto complimenti, insomma: Terranuova Bracciolini, Loro Ciuffenna, Montemarciano… vieni da una terra di grande tradizione ciclistica.

Eh sì. Di queste parti sono Nocentini, Bennati, ci sono parecchie corse e la Ruota d’Oro che è internazionale. Eh si, poi ieri erano davvero tutti in festa per me. Mi seguono da quando ero piccolo.

Come hai iniziato?

In pratica mi ha… costretto mio babbo Alessio – dice Benedetti in pieno accento toscano – lui è stato un dilettante. Mi ha messo in bici da bambino. Ho iniziato da G1 e ho vinto la prima gara e da lì mi sono appassionato anche io. Ne ho sempre centrate parecchie e questa cosa mi è piaciuta.

Il Giro U23 però non è andato benissimo, anche se non sei un corridore da corse a tappe…

Vero, ho sentito parecchio la pressione. Proprio perché non sono un corridore daclassifica cercavo di fare bene nelle tappe, soprattutto quelle all’inizio. Non ci sono riuscito e poi mi sono un po’ demoralizzato nelle successive. Avevo pressione perché avevo fatto bene in un paio di internazionali, la Zalf ci teneva a fare bella figura e invece non ho reso come volevo. E così quando è finito il Giro sono stato per due giorni senza toccare la bici. Dovevo “resettare”. Dovevo cambiare pagina e arrivare all’italiano senza pensieri.

E ci sei riuscito?

Eh sì. Ho passato una vigilia molto tranquilla, non ho pensato alla corsa, ho dormito bene tutta la notte.

L’arrivo di Benedetti a Bacchereto: la maglia tricolore è sua (foto Scanferla)
L’arrivo di Benedetti a Bacchereto: la maglia tricolore è sua (foto Scanferla)
Però sei stato subito attivo e sei andato all’attacco dopo una ventina di chilometri. Hai capito subito che quella poteva essere la fuga buona?

Sì, si era capito presto che poteva essere la fuga buona. C’erano dentro tante squadre, tra cui la Colpack con Petrucci. C’è stata una buona collaborazione, abbiamo preso un buon vantaggio e dovevamo crederci.

Sì, crederci: ma quando parti dopo 20-25 chilometri e la corsa ne misura 175, è lunghetta per andare all’arrivo…

L’abbiamo presa un po’ lunga in effetti! Ma quando abbiamo visto che avevamo quasi 6′, ci siamo un po’ risparmiati pensando che il gruppo nel finale avrebbe reagito. Insomma siamo stati un po’ furbi.

E poi all’ultimo giro hai dato una vera fucilata: cosa ti passava per la mente in quel momento?

Rabbia – dice secco Gabriele – volevo sfogarmi. Ho provato una prima volta e siamo rimasti io e Petrucci. A quel punto è stato anche costretto a tirare. Volevo dimostrare che quello del Giro non ero io.

Che corridore pensi di essere? E se dovessi paragonarti ad un pro’ a chi faresti riferimento?

Ho avuto la conferma di essere un corridore per le gare di un giorno a cui piace andare all’attacco, per questo dico che mi piace Thomas De Gendt. Sono un passista scalatore. In salita vado abbastanza forte, ma anche in pianura mi difendo.

Beh, vista come è andata sabato direi più che difenderti… A proposito, che rapporto tiravi? La tua cadenza ci è sempre sembrata buona…

In salita ho cercato di andare il più agile possibile, in pianura nel finale andavo anche con il 53×11. Vedevo che la velocità era alta, sempre sui 55-60 all’ora e… mi garbava! Sapevo che se andavo così dietro non mi prendevano. E infatti lì ho iniziato a crederci.

Il toscano è nato a Montevarchi il 9 giugno del 2000
Il toscano è nato a Montevarchi il 9 giugno del 2000
Solo lì?

Anche quando ho staccato Petrucci, che è una gran bel corridore, e ho sentito che la gamba era buona. Non mi sembrava vero in quei chilometri. Mi veniva da piangere, ho pensato ai tanti sacrifici fatti, ai momenti difficili. E’ stata una liberazione. E l’ho dedicata alla mia ragazza, Sara.

E adesso che programmi hai?

Ancora non lo so. Andrò presto a Castelfranco Veneto e parleremo del programma. Intanto c’è da fare la maglia e il body tricolore.

Hai avuto contatti con i pro’?

Qualche contatto c’è stato. Ma di queste cose si occupa il mio procuratore, Massimiliano Mori.

Tricolore U23 a Gabriele Benedetti, con una fuga magistrale

19.06.2021
4 min
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Gabriele Benedetti si è girato e dietro di sé aveva il vuoto. Solo una larga lingua di asfalto e due ali di pubblico con il tricolore che dominava. Bacchereto, era adornata a festa. E per il corridore della Zalf Euromobil Fior l’inno di Mameli ha iniziato a suonare già prima del traguardo. Almeno mille metri prima.

Ma quando si arriva così, da soli, specie nel ciclismo di oggi deve essere successo davvero qualcosa di grosso. E così è stato. Se non altro per l’andamento insolito della corsa.

L’arrivo di Benedetti. Per il toscano il rettilineo finale è stato una vera parata (foto Scanferla)
L’arrivo di Benedetti. Per il toscano il rettilineo finale è stato una vera parata (foto Scanferla)

Verso il paradiso

Pronti via. E poco dopo c’è già la fuga buona. Al ventesimo chilometro va via un drappello in cui ci sono anche corridori importanti, tra cui proprio Gabriele Benedetti. Il gruppo tentenna, davanti invece spingono forte. Pancia a terra e il vantaggio arriva a sfiorare i sei minuti. Si va d’amore e d’accordo ma un po’ il caldo, un po’ la stanchezza e un po’ qualcuno che non tira più, bisognava a prendere in mano la situazione, prima che dietro si scatenasse l’inferno.

Benedetti mena forte al penultimo passaggio e sulla salita di Madonna del Papa restano in due all’imbocco della tornata finale. Con il corridore di Terranuova Bracciolini c’è Mattia Petrucci della Colpack Ballan. All’ultimo giro ancora un affondo. Quello buono, quello decisivo, quello che fa sognare e spalanca le ali del paradiso a Benedetti. Solo che il paradiso dal Gpm è lontano 14 chilometri e dietro il gruppo arriva come un falco. Spingono tutti, dalla Colpack alla Biesse Arvedi, dalla General Store alla Petroli Firenze Hoppla.

«Gabriele ha fatto un’impresa – dice il diesse Gianni Faresin – mantenere 40” di vantaggio è un qualcosa di estremamente difficile e che dà un grande valore al ragazzo. Dietro tiravano forte, soprattutto la Colpack. Ma alla fine Benedetti è arrivato con 16” su Baroncini».

Il podio finale con nell’ordine: Benedetti, Baroncini e Petrucci (foto Scanferla)
Il podio finale con nell’ordine: Benedetti, Baroncini e Petrucci (foto Scanferla)

Tattica azzardata

In effetti in molti attendevano la Colpack: aveva gli uomini più forti e anche i più veloci. Comunque la si metteva, la squadra di Colleoni era la favorita.

«Per questo bisognava giocare d’anticipo, bisognava fare qualcosa – continua Faresin – in un italiano non puoi aspettare sempre, te lo devi giocare. Abbiamo azzardato, ma ci siamo riusciti.

«Gabriele capitano? Diciamo che era tra i nostri ragazzi che poteva fare bene. Noi diamo a tutti la possibilità di avere i propri spazi in relazione alle esigenze della squadra. Bisognava entrare nelle azioni e così abbiamo fatto».

Intanto da “casa” Luciano Rui seguiva la corsa con attenzione. E pochi istanti dopo la vittoria era con noi a gioire: «Questo ragazzo – racconta Ciano – era un prodigio da juniores, Faresin lo ha ricostruito. Lui può fare davvero il corridore da grande, soprattutto per le corse di un giorno. E poi ascolta. E’ un ragazzo con i piedi per terra. Spesso è con noi in ritiro in Veneto e non è facile lasciare casa (la Toscana, ndr)».

In casa Zalf si fa festa nella calura toscana
In casa Zalf si fa festa nella calura toscana

Talento ritrovato

E quello che dice Rui ce lo ricordiamo anche noi. Proprio Faresin, questo inverno, ci disse che Benedetti era un talento da recuperare: ma in cosa? Come? In ogni caso sembra esserci riuscito.

«Beh, lo abbiamo recuperato direi – spiega con orgoglio Faresin – Aveva iniziato bene a La Torre, ha colto due buoni quarti posti in altre gare internazionali, mancava un acuto… Non è un uomo di classifica, ma al Giro voleva fare bene. Ha provato ad andare in fuga, ma è stato un Giro corso in modo molto chiuso e di conseguenza ha raccolto poco, nonostante abbia corso bene e ci abbia provato spesso. Tuttavia ne è uscito bene e questo risultato lo ripaga di tanti sacrifici. Ha rimediato bene alla sua “delusione”.

«Come lo abbiamo recuperato? Dandogli responsabilità in corsa, facendolo credere in sé stesso. Io lo vedo sempre tranquillo, ma proprio ieri mi ha detto che al Giro U23 sentiva un po’ la pressione, mentre oggi era più sereno».

Zambanini 2021

Zambanini, un ragazzino con le idee chiare

29.04.2021
4 min
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A ben guardare la sua ancor breve carriera, Edoardo Zambanini sta bruciando le tappe, tanto che si parla di un già prossimo suo approdo fra i professionisti, nel 2022. Il che sarebbe eccezionale per un ragazzo trentino che solo da pochi giorni ha doppiato la boa dei vent’anni, ma sarebbe anche il giusto premio per una passione che non lo ha mai lasciato e che è praticamente nata con lui.

Zambanini viene da Dro, da una famiglia che ha sempre fatto dello sport una sua vocazione: «Ho iniziato seguendo mio fratello. Lo ammiravo e non vedevo l’ora di avere l’età per cominciare a sfidare i miei coetanei. Risultato: a 7 anni ero già in gara. Ho fatto tutta la trafila nella società del paese, la Ciclistica Dro, fino agli allievi di secondo anno. Poi ho dovuto cambiare passando alla Campana Imballaggi Rotogal e dallo scorso anno sono alla Zalf Desirée Fior. Anche mia sorella aveva iniziato a fare ciclismo, ma ora preferisce la pallavolo».

Lo sprint vincente di Zambanini al GP di Castellucchio 2019 (foto Soncini)
Lo sprint vincente di Zambanini al GP di Castellucchio 2019 (foto Soncini)

Che paura agli inizi…

Eppure gli inizi non sono stati semplici: «Quando i miei genitori oppure i miei zii Augusto e Marj mi portavano a correre, io non volevo più partire tanto ero agitato. Poi andavo e vincevo… Anche ora, quando possono in base agli impegni di lavoro, vengono a seguirmi in giro per l’Italia».

Pur essendo breve, la carriera di Edoardo è costellata di risultati importanti, anche se di vittorie vere e proprie ce n’è solo una, il Gran Premio Comune di Castellucchio nel 2019, classica per juniores. E’ stato però 10° agli europei 2019, quarto ai campionati italiani, secondo in ben 4 classiche nazionali da junior, poi da under 23 è stato uno dei migliori esordienti con la conquista della maglia bianca al Giro Baby e il 10° posto finale.

Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
Edoardo Zambanini in maglia bianca con il diesse Faresin, al Giro d’Italia U23 del 2020
Edoardo Zambanini, Zalf Desiree Fior, Giro d'Italia Under 23, 2020
In maglia bianca, con il diesse Faresin, al Giro U23 del 2020

Proprio il risultato del Giro è quello che più lo ha sorpreso: «Sì, perché alla vigilia non dovevo neanche andarci. Mi avevano portato per fare esperienza, ma col passare delle tappe innanzitutto ho visto che ero in lotta per quella speciale classifica e poi notavo che giorno dopo giorno avevo un buon recupero. E’ una caratteristica che non sapevo di avere, fatto sta che dopo la terza frazione ho preso la maglia e non l’ho più mollata».

Tutto da scoprire

Non è però solo questo che il giovanissimo Zambanini ha già imparato: «Forse fa parte del mio essere il volerci provare sempre. Io non sono un velocista, ma se mi trovo in mezzo mi butto dentro. Non so ancora bene che tipo di corridore sono, probabilmente un passista scalatore. So anche però che ci sono occasioni nelle quali bisogna correre per gli altri e se c’è da mettersi a disposizione, lo faccio senza problemi».

Zambanini Zalf 2021
In casa Zalf puntano sulle qualità di Zambanini, considerandolo un ciclista completo
Zambanini Zalf 2021
In casa Zalf considerano Zambanini un ciclista completo

E questo significa che, a dispetto di quel che sembra, il ciclismo è uno sport di squadra: «Sicuramente, da solo non vai da nessuna parte. Hai bisogno della squadra, dei compagni per prendere le salite oppure essere portato davanti per le volate. Insomma, si lavora tutti insieme. Io però, per chiarire il concetto, prediligo gli sprint a ranghi ridotti, nelle volate di gruppo so di non avere chance».

Talento nato su pista

Anche Edoardo è uno dei tanti ragazzi che non è nato su strada, ma ha abbinato questa sua predilezione con altre discipline ciclistiche, nel suo caso la pista: «Mi piaceva molto, ho corso anche l’individuale a punti agli europei. Mi ha aiutato molto per lo spunto veloce. Ora però l’ho messa da parte, alla Zalf preferiscono un’attività completamente dedicata alla strada, ma mi avrebbero anche dato la possibilità di insistere. Sono io che non me la sento».

Zambanini Mondiali 2019
Zambanini è stato nazionale junior nel 2019, sia su strada che su pista
Zambanini mondiali 2019
Zambanini è stato nazionale junior nel 2019, sia su strada che su pista

Grande esperienza a Gand

Zambanini ha anche assaggiato le classiche belghe, naturalmente di categoria, e due anni fa è finito 16° alla Gand-Wevelgem. un’esperienza che lo ha segnato.

«Mi è piaciuta tantissimo – dice – ero nel gruppo dei migliori e sarei potuto arrivare anche più avanti, ma avevo la catena fuori posto e la mia è stata quindi una mezza volata. In quelle gare serve molto peso muscolare, forse sono un po’ leggerino, ma mi piacciono molto».

Sogni nel cassetto: «In ogni gara cerco di andare il meglio possibile, non rinuncio ai piazzamenti, ma vorrei anche vincere, perché le vittorie danno morale e magari potrebbero riportarmi in azzurro. Nel 2020 ho corso con la nazionale il Giro di Toscana, dove ho imparato molto. Non è vero però che nel ciclismo conta solo chi vince: i piazzamenti sono sinonimo di costanza, solo che chi vince risalta di più…».