Dieci domande a Ulissi e i suoi primi mesi alla XDS Astana

06.07.2025
5 min
Salva

Diego Ulissi si sta godendo un po’ di meritato riposo nella sua Toscana al termine di una prima parte di stagione conclusa con il campionato italiano. Inizialmente il corridore del XDS Astana Team doveva essere al via anche del Tour of Austria il prossimo 9 luglio, ma alla fine si è optato per tirare il fiato. Abbiamo approfittato di questo suo momento di pausa per fare un punto sui primi mesi con il nuovo team.

«Vero – dice subito – il Tour of Austria era in programma, ma dopo il Giro d’Italia si è deciso di fare altre due corse, Gippingen e Giro dell’Appennino, per sfruttare la condizione. Le gambe stavano bene, infatti nella prima delle due ho chiuso all’ottavo posto, mentre nella seconda ho vinto». 

Al Giro dell’Appennino per Ulissi è arrivata la prima vittoria di tappa in maglia XDS Astana
Al Giro dell’Appennino per Ulissi è arrivata la prima vittoria di tappa in maglia XDS Astana
E’ la sedicesima stagione di fila nella quale trovi almeno un successo personale e la sensazione è che possa arrivare anche la diciassettesima.

Quando arrivi a una certa età – dice con un sorriso – non ci pensi a certe dinamiche. Questa stagione era iniziata con l’obiettivo di cercare risultati e fare tanti punti. Ne è scaturito un buon Giro d’Italia, a testimonianza che quando sono in condizione riesco ancora a dire la mia. Non nego che ogni anno diventa sempre più difficile, l’età avanza e riuscire a rimanere con i migliori è dura. Per la diciassettesima vedremo, ci pensiamo a dicembre. 

Come hai vissuto il cambio di squadra?

L’ambiente della XDS Astana mi ha dato grandi motivazioni e sono davvero felice di come sono andati questi primi mesi. Arrivato a una certa età servivano nuovi stimoli e obiettivi diversi. Qui c’era, e c’è ancora, questa sfida di lottare per ottenere punti e rimanere nel WorldTour. Ho accettato di buon grado e stiamo lottando. Dopo tanti anni in Lampre, che poi è diventata UAE, è normale che le strade si possano separare. Ci siamo lasciati bene.

Diego Ulissi (quinto da sinistra) è il road captain della XDS-Astana e la sua esperienza è importante per il team
Diego Ulissi (terzo da destra) è il road captain della XDS-Astana e la sua esperienza è importante per il team
Sei passato dalla formazione numero uno al mondo all’ultima.

Ora non lo siamo più (dice con una risata soddisfatta, ndr). Anzi nel 2025 siamo una di quelle che ha ottenuto maggiori risultati. Però quando sono arrivato in Astana non ho guardato al fatto di essere ultimi, ho guardato alla voglia di risollevarsi. Fino a pochi anni fa era uno dei team più forti al mondo. E’ il ciclismo e sono contento di dare una mano alla squadra per tornare dove merita, ma c’è ancora da fare. 

Si è parlato tanto dello spirito di squadra, che aria si respira?

Siamo felici, tutti stanno dando il loro contributo. A dicembre, nel primo ritiro, ci siamo guardati negli occhi e abbiamo capito di essere davanti a una stagione difficile ma importante. 

Ulissi è tornato al Giro dopo un anno di assenza correndo da protagonista
Ulissi è tornato al Giro dopo un anno di assenza correndo da protagonista
Come hai vissuto questa sfida?

Con l’ottica che nulla va lasciato al caso. Anche le gare più piccole sono importanti e si deve lottare tutto l’anno. Devo dire che anche alla UAE Emirates vivevamo così la stagione, infatti erano e sono la squadra numero uno al mondo. Lottavamo per vincere tutto e ho cercato di trasmettere questa mentalità.

Sei tornato anche a correre in gare di primo piano.

L’anno scorso mi era mancato solamente un Grande Giro, le Classiche le avevo corse. Ci tenevo a correre il Giro d’Italia, lo avrei meritato. Quest’anno mi sono ripresentato al via e ho corso un Giro bellissimo. L’ho affrontato diversamente, sono tornato con ambizioni personali e maggiore libertà muovendomi bene. Ho anche preso la maglia rosa in Toscana. 

Il toscano ha indossato anche la maglia rosa per un giorno sugli sterrati di casa
Il toscano ha indossato anche la maglia rosa per un giorno sugli sterrati di casa
L’anno scorso ti era mancata questa libertà?

Ho sempre avuto lo stesso approccio alle gare, ovvero quello che deve avere un corridore di esperienza. La stagione scorsa ho comunque raccolto dei buoni risultati, ho fatto secondo in classifica generale al Polonia, ho vinto il Tour of Austria, ho fatto secondo in Repubblica Ceca. Ho sempre sostenuto che avere una squadra forte intorno sia un vantaggio. Quando posso aiuto e quando tocca a me sfrutto l’occasione. 

Al campionato italiano ha fatto secondo un tuo ex-compagno di squadra, Covi, lo hai sentito?

Siamo molto amici e spesso ci alleniamo insieme. Sì, ci ho parlato. Quando arrivi secondo c’è sempre quell’amaro in bocca difficile da buttare giù. Covi quest’anno è tornato a dimostrare il suo valore, ha già vinto e questo è importante. Poi chiaro che un campionato italiano è un’altra cosa, ma bisogna dare merito a Conca dell’azione e di come ha corso. 

Ulissi e Covi sono stati compagni di squadra al UAE Team Emirates e sono rimasti grandi amici
Ulissi e Covi sono stati compagni di squadra al UAE Team Emirates e sono rimasti grandi amici
Anche Covi sta vivendo una situazione simile alla tua in UAE, visto che è al secondo anno in cui corre un calendario di secondo piano…

Sono due situazioni diverse. Io sono a fine carriera, lui è ancora giovane. Entrano in gioco due situazioni differenti. Secondo me al momento questo calendario gli fa bene. Arriva da due stagioni difficili e sta trovando continuità. Poi fa tanti punti, fattore determinante nel ciclismo moderno. 

Tu quando ripartirai?

Dalle corse in Spagna di fine luglio. Poi sarò al Tour de Pologne e alle classiche del calendario italiano di fine stagione.

E il Ballero? E’ pronto graffiare… già da domani

28.06.2025
5 min
Salva

Dopo il lungo stop imposto dalla caduta alla Parigi-Roubaix, giugno ha segnato il rientro alle corse del Ballero, al secolo Davide Ballerini.
«E’ stato un periodo lungo – racconta Davide – non correvo da aprile, da quando all’uscita di un settore di pavè mi sono rotto l’uncino dell’uncinato, un osso che non sapevo neanche esistesse. E’  dalla parte opposta dello scafoide, sul palmo della mano, diciamo».

Il corridore della XDS-Astana è uno degli undici, forse dodici, italiani che vedremo sulle strade del Tour de France.

Il suo ritorno è avvenuto al GP Gippingen e poi al Tour de Suisse, passando per allenamenti serrati e un recupero non scontato. Gli abbiamo chiesto come ha vissuto questi mesi e come si sente ora alla vigilia dell’imminente campionato italiano e appunto della Grande Boucle.

Dopo due buone top 10 a Gand e Fiandre, la campagna del Nord di Ballerini si è fermata anzitempo alla Roubaix
Dopo due buone top 10 a Gand e Fiandre, la campagna del Nord di Ballerini si è fermata anzitempo alla Roubaix
Davide, com’è stato davvero il rientro?

E’ stato duro, soprattutto il periodo che ho passato a casa. Ho scelto di non andare in altura con la squadra per recuperare più in fretta. A Gippingen è stato un calvario, mi mancava tanto il ritmo gara. Allo Svizzera però, giorno dopo giorno, ho visto dei miglioramenti.

E’ stato uno Svizzera di sofferenza, ma programmato…

Sì, si sapeva. Avevo visto le tappe e parlato con il preparatore: l’obiettivo era finirlo e mettere fatica nelle gambe. E’ servito come preparazione per il Tour, questo era chiaro. Poi non era un percorso per me, figuriamoci al rientro…

Quando hai ripreso davvero ad allenarti dopo la frattura?

Sono rimasto fermo del tutto una dozzina di giorni, quindi fino alla fine di aprile. Poi ho cominciato con una settimana di rulli senza caricare il polso. Dopo un po’ sono uscito su strada, ma facevo solo un’ora o un’ora e mezza. In tutto ho perso tre settimane, forse tre e mezzo di allenamenti veri.

Nonostante la fatica, in Svizzera Ballerini ha sfiorato la vittoria. In volata è stato secondo, alle spalle di Meeus, nella 6ª tappa
In Svizzera Ballerini ha sfiorato la vittoria. In volata è stato secondo, alle spalle di Meeus, nella 6ª tappa
I rulli li facevi con la bici da crono o quella da strada?

All’inizio con quella da strada. Poi ho usato la bici da crono ed è stato molto meglio, perché non appoggiavo la mano sul manubrio e scaricavo il peso sull’avambraccio.

Avevi un tutore?

Sì. Prima una stecca, poi il chirurgo che mi ha operato mi ha detto che già due giorni dopo l’intervento potevo usare un tutore. L’importante era non muovere il polso per almeno due settimane. Poi ho iniziato a toglierlo la notte, a muovere un po’ la mano. Non sono ancora al 100 per cento, ma l’importante è che in bici non sento dolore. Ero un po’ preoccupato prima del rientro perché mi dava fastidio quando mi alzavo sui pedali, ma allo Svizzera ho visto un netto miglioramento.

Davide, come si fa a soffrire oggi in gruppo, con i ritmi così alti? Si dice sempre che nel ciclismo attuale bisogna arrivare ben preparati alle corse. Tu come ti sei gestito?

Alle spalle del rientro c’è stato tanto allenamento: questa è la base. Mi sono fatto un bel mese intenso a casa, con tante ore in sella e tante salite. Però anche se ti alleni tanto, in gara manca sempre qualcosa. In questo caso ho dovuto centellinare le energie: perché se si inizia a non recuperare più diventa un problema.

Quando il “Ballero” finiva il lavoro per il team, andava regolare. Il giusto mix fra tenere duro e non fare fuorigiri eccessivi
Quando “Ballero” finiva il lavoro per il team, andava regolare. Il giusto mix fra tenere duro e non fare fuorigiri eccessivi
Correvi col contagiri o spingevi comunque?

Dipendeva dal percorso. Se c’era un arrivo in salita lungo, magari tenevo duro per 5 chilometri e poi mi spostavo, oppure aiutavo i compagni a prendere la salita davanti. In quelle situazioni fai degli sforzi intensi. Poi salivo più tranquillo. Lo stesso nei giorni duri: andavo fin dove riuscivo e poi tiravo i remi in barca… tra virgolette.

Ora si profila il campionato italiano. Il percorso in teoria ti si addice?

Ah – sorride Ballerini – a dire la verità sembra sempre che i percorsi dell’italiano vadano bene per me! Il problema è come si fa la corsa. Anche se c’è una salita di due chilometri, o un po’ più lunga come l’anno scorso, la selezione può arrivare lo stesso: 230 chilometri, il caldo, la corsa dura dall’inizio. E’ forse la gara più difficile da vincere per dinamiche e tattiche. Ma alla fine contano sempre le gambe.

E poi ci sono team che corrono in tanti…

E’ un bel vantaggio. Loro possono controllare la corsa. Detto questo, noi della XDS-Astana siamo una bella squadra quest’anno, siamo in buon numero. Però se ti vanno via 8-9 della VF Group-Bardiani, che sono in tantissimi, tra quelli ce n’è sicuramente uno o due che vanno forte. E poi è una corsa lunga, più di 180 chilometri: non tutti riescono a emergere su quella distanza.

La fatica di Ballerini sul Mont Ventoux nel 2021, che si affronterà anche quest’anno. Quello fu il suo primo Tour (foto Instagram – Solowataggio)
La fatica di Ballerini sul Mont Ventoux nel 2021, che si affronterà anche quest’anno. Quello fu il suo primo Tour (foto Instagram – Solowataggio)
Si andrà sullo strappo di San Floriano, visto anche al Giro. I compagni che hanno fatto la corsa rosa cosa ti hanno detto?

Ho parlato con loro, mi hanno detto che non è impossibile. Però, come dicevo, dipende sempre da come viene fatta la gara.

Capitolo Tour de France: c’è un obiettivo preciso? Hai già segnato delle tappe?

Il Tour de France è una gara molto importante. Le prime tappe sono tutte mosse, se hai la gamba puoi provare a fare qualcosa. Vincere non lo so, il livello è altissimo. Ma come squadra possiamo far bene: non puntiamo alla classifica generale, ma a vincere tappe. Saremo una squadra simile a quella del Giro, costruita per provarci.

La questione dei punti resta centrale o si può pensare in modo diverso ora che la situazione è migliorata?

Ci hanno mentalizzato così da inizio anno. Le cose sono andate bene, ma attenzione: siamo ancora lì. La situazione non è del tutto felice. Non possiamo rilassarci perché siamo a metà stagione e quello che abbiamo fatto noi può essere fatto anche dalle altre squadre da qui a fine anno.

Velasco: «Il Delfinato mi ha tirato il collo, ma sono fiducioso»

19.06.2025
5 min
Salva

«Ora sto andando nella mia Isola d’Elba per qualche giorno di riposo attivo… Così mi riprendo dalle fatiche e dal caldo tremendo del Delfinato!». Simone Velasco è stato uno dei tre italiani presenti al Critérium du Dauphiné, gli altri due erano Simone Consonni e Jonathan Milan.

L’atleta della XDS-Astana non correva dal GP di Francoforte, il primo maggio, pochi giorni dopo la Liegi-Bastogne-Liegi, tanto per dare un riferimento. Questo gli ha consentito di impostare un blocco di lavoro importante.

In Francia non è stato brillantissimo, proprio perché alle spalle c’era un lavoro mirato. E’ stata per Simone una corsa di costruzione. Sentiamo dunque come è andata e quanto queste fatiche potranno essere utili in vista del Tour… e del campionato italiano. Ricordiamo che Velasco è stato tricolore appena due stagioni fa.

Al Delfinato, Velasco ha pagato un po’ il caldo e la mancanza di ritmo gara. Ma è stata un’ottimma gara di costruzione
Al Delfinato, Velasco ha pagato un po’ il caldo e la mancanza di ritmo gara. Ma è stata un’ottimma gara di costruzione
Simone, dunque, dicevi di caldo e fatica…

Le prime tre tappe sono andate abbastanza bene. Ero soddisfatto perché comunque era più di un mese che non correvo e mi ero preparato bene a casa, pur non essendo andato in altura.

Come mai?

Ho avuto un problema giusto la sera prima del training camp: ho preso una bronchite abbastanza tosta e avevo anche la febbre. Quindi ho recuperato e poi, visto che da quest’anno si può usare la tenda ipossica, ho fatto un po’ di preparazione a casa. Un bel blocco di tre settimane, e speriamo che abbia funzionato. Dagli esami fatti sembrerebbe di sì.

Come ti regolavi con la tenda? Sappiamo che è piccolina e che ci sono delle limitazioni logistiche

Abbiamo fatto cambio con mia figlia. In pratica lei dormiva nel lettone con la mia compagna, Nadia, e io, che ho portato il letto della piccola nella camera matrimoniale, dormivo nel suo. Non è stato facile ma questo mi ha consentito di fare un bel periodo a casa. E anche mentalmente non è poco. In bici poi mi sono allenato bene e al Delfinato mi sono tirato il collo… parecchio!

Quindi Simone, cosa porti via da questo Delfinato? L’obiettivo era quello?

Sicuramente mi aspettavo di fare qualche risultato in più, specialmente nelle prime tappe. Poi la quinta tappa, quella dopo la crono, è stato un giorno disastroso per noi. Siamo caduti, anche Tejada, che si è rotto la mano. A me è andata bene, ma per rientrare ho sprecato tante, tante energie. E così sono stato costretto ad alzare bandiera bianca a 500 metri dallo scollinamento dell’ultima salita. Non avevo proprio le gambe. A quel punto ho provato a recuperare, ma è stato uno sforzo intenso e quel caldo mi ha segnato. Ne ho portato lo strascico per il resto delle tappe. Però secondo me il Delfinato resta il miglior banco di prova in vista del Tour per prendere la condizione e non solo.

L’elbano in questa settimana sta osservando un periodo di riposo attivo
L’elbano in questa settimana sta osservando un periodo di riposo attivo
A cosa ti riferisci?

Credo che sia la corsa migliore perché comunque ti confronti con il 90 per cento dei corridori che saranno al Tour de France e oltretutto ricalchi anche qualche strada. In più noi abbiamo provato la decima tappa della Grande Boucle (Ennezat-Le Mont-Dore Puy de Sancy, ndr), che sarà molto impegnativa.

Però la consapevolezza di aver fatto la fatica giusta non è poco. Alla fine non correvi davvero da tanto tempo e forse era la prima volta che mancavi dalle gare così a lungo

Non solo, ma prima della bronchite ho avuto anche un mezzo infortunio. Proprio a Francoforte in volata, mi è uscita la catena e ho sbattuto il ginocchio sul manubrio. Questo si è gonfiato, ho dovuto fare un’aspirazione. Poi per fortuna la cosa è stata meno grave del previsto… però anche lì per una decina di giorni ci sono dovuto andare cauto. Però guardo il bicchiere mezzo pieno: quest’anno dalla Tirreno in poi ho trovato continuità, mi sono ripreso anche fisicamente. Ho sempre dimostrato di essere ad un buon livello.

Simone, come si corre il Delfinato? Tu hai parlato tanto di fatica, ma si guardano i dati del computerino e dopo tot minuti oltre una certa soglia si molla affinché sia un allenamento costruttivo oppure si spinge e basta?

Dipende dalle tappe. In quelle in cui si cerca di far bene è chiaro che non si sta a guardare il computerino, in altre dove non c’è l’obiettivo di fare il risultato ci si regola. E se non si ha bisogno di fare determinate sessioni si cerca di recuperare. Magari prima fai il lavoro che ti ha chiesto la squadra e poi vai regolare.

Simone Velasco (classe 1995) ha vinto il tricolore nel 2023
Simone Velasco (classe 1995) ha vinto il tricolore nel 2023
Simone, si guarda anche il peso come una volta, oppure quello ormai si dà per assodato?

Fortunatamente col peso sono a posto, a parte l’inverno da quando inizio a correre sono più o meno sempre intorno ai 60-60,5 chili. Chiaro, ci devi stare attento, ma non è un assillo.

Da spettatore privilegiato non pagante, che impressione hai avuto di “quei due”, Vingegaard e Pogacar?

Che sono di un altro livello. Ma io ci aggiungerei il terzo, Van der Poel. Ho visto che veramente volava. E’ già in grande condizione. Ha sfiorato il podio a crono. Il giorno della fuga in cui ha vinto Romeo, siamo partiti subito in salita, 15 minuti e lui era davanti che attaccava e vi posso assicurare che salivamo forte, tanto forte. Eravamo rimasti in tutto una quarantina in cima, ma lui era nei primi 20 che attaccava, quindi vuol dire che c’è già una condizione ottima.

L’ultima domanda, Simone: ora come sarà il tuo programma?

Questa settimana è dedicata al recupero attivo, venerdì dovrò fare dei richiami. Nei giorni all’Elba punto ad uscire presto per pedalare col fresco in primis e per avere poi delle giornate di relax davanti. Quindi farò il Giro dell’Appennino e il campionato italiano su strada. Poi il Tour.

Lopez: ritorno nel WT rimandato, ma spunta la Vuelta

16.06.2025
5 min
Salva

Doveva essere al Tour de Suisse partito giusto ieri e invece nel roster della XDS-Astana Harold Martin Lopez non c’era. Attendevamo non senza curiosità il ritorno dell’ecuadoriano nel WorldTour dopo molti mesi nei quali è migliorato tanto. Come mai? Lo abbiamo chiesto a Mario Manzoni, uno dei direttori sportivi del team kazako. Ovviamente il tecnico lombardo ci ha detto anche altro.

Prima però vale la pena ricordare qualcosa su Harold Martin Lopez. In questa stagione il 25enne si è confermato uno scalatore solido e potente e se due atleti dell’esperienza di Diego Ulissi e Fausto Masnada hanno espresso parole di apprezzamento per lui, qualcosa vorrà pur dire. Ha vinto due corse a tappe, Grecia e Ungheria, e ha fatto secondo al Giro di Turchia. Tuttavia non ha gareggiato quasi per nulla nel WorldTour: quattro giorni di gare in Australia al debutto (dove si è anche ritirato per una brutta caduta) e il Catalunya, chiuso al 13° posto.

Manzoni, bergamasco classe 1969, è stato pro’ dal 1991 al 2004 e dal 2022 è con il gruppo Astana
Manzoni, bergamasco classe 1969, è stato pro’ dal 1991 al 2004 e dal 2022 è con il gruppo Astana
Mario, quest’anno ha fatto un bel exploit? Harold Martin Lopez non è “iper giovane” visti i tempi che corrono…

Ma c’è arrivato un po’ più piano. I suoi sono numeri importanti, è un ragazzo di qualità. Ha fatto due anni con noi, nel devo team. Abbiamo creduto in lui e adesso si sta dimostrando vincente. Ha delle caratteristiche: va forte in salita ed è anche, tra virgolette, veloce. Ha vinto due gare a tappe e in altre è andato molto bene. Sì, un bello step…

E ve lo aspettavate questo exploit così marcato?

Diciamo che eravamo fiduciosi, poi vincere è sempre difficile. Però conoscevamo i suoi valori, i suoi numeri e… doveva venir fuori.

Quando vi siete resi conto che avrebbe potuto fare questo salto di qualità?

E’ stato un cammino programmato dal team. Se avete notato, abbiamo cercato di metterlo in corse non WorldTour, quindi di un livello meno elevato, sapendo che poteva primeggiare. Anche perché noi, e lo abbiamo sempre detto, avevamo bisogno di punti per salvare la squadra. Così abbiamo analizzato tutto il calendario e i nostri corridori: di conseguenza abbiamo fatto le formazioni migliori per essere protagonisti e portare a casa più punti possibile. Quindi questo suo salto è figlio anche di questa programmazione.

Però lui sarebbe pronto per fare (bene) gare WorldTour, secondo te?

Secondo me sì, perché anche l’anno scorso aveva fatto vedere qualcosa d’importante. Certo, non sarebbe andato allo Svizzera per vincere, ma in salita si sarebbe fatto vedere. Il problema, e mi riallaccio al discorso di prima, è decidere se rischiarlo per un piazzamento o provare a vincere il Qinghai Lake, visto che noi adesso abbiamo anche interesse sul calendario cinese.

Harold Martin Lopez sul podio del Giro di Ungheria: per lui (classe 2000) quarta vittoria stagionale
Harold Martin Lopez sul podio del Giro di Ungheria: per lui (classe 2000) quarta vittoria stagionale
Con XDS, chiaro…

Dopo l’Ungheria Martin è tornato a casa sua, in Ecuador. Ha fatto tanti giorni in altura a Quito e averlo protagonista in Cina non sarebbe affatto male.

Prima hai detto che magari in Svizzera non avrebbe vinto, ma visto come va in salita lui si potrebbe permettere di attendere il testa a testa con i big o potrebbe vincere anticipando con fughe da lontano?

Beh, qui si parla di “corridoroni”, quindi secondo me lui deve fare ancora un ulteriore step. Diciamo che può permettersi di misurarsi con i big, di fare la corsa in parallelo ai grandi e vedere come va. Però al momento abbiamo preferito fare un calendario alternativo, anche per averlo al top più avanti.

Quando pensate che magari da qui a fine anno riuscirete a farlo esordire in una corsa WorldTour? Immaginiamo che anche il ragazzo ne abbia voglia…

Certo che ha voglia e vi dico che farà la Vuelta: per dire che ci crediamo. Non solo, ma come avvicinamento alla Vuelta farà San Sebastian e Burgos. Pertanto a fine settembre sapremo davvero se era pronto per questo salto.

In cosa secondo te, Mario, deve ancora migliorare?

Viste le volate a due che ha fatto, e che non ha vinto, magari deve essere un po’ più scaltro in quel senso. Però in generale, anche considerando la giovane età, mi sembra già un uomo ponderato, sicuro, che sa quello che vuole. Magari può curare meglio la gestione del finale di corsa, però noi siamo molto contenti di lui. Poi da un punto di vista tecnico e professionale c’è sempre da migliorare, anche a 30 anni passati.

L’ecuadoriano è scalatore puro: 160 centimetri di statura per 54-55 chili
L’ecuadoriano è scalatore puro: 160 centimetri di statura per 54-55 chili
Finale di gara: per questioni di freddezza?

No, no, semmai quasi il contrario: è molto tranquillo. Si tratta proprio, come ho detto prima, di essere un po’ più scaltro.

Hai detto che farà la Vuelta: potrebbe essere la sorpresa? Chiaramente non per la vittoria, ma per una top 10?

In questi casi c’è sempre da decidere a monte cosa fare: classifica o tappe? Questa valutazione va fatta anche in funzione del ragazzo. E’ il caso di tenerlo fuori dallo stress per fare classifica e puntare alle tappe o tenerlo lì? E’ ancora tutto da vedere.

Conoscendolo, secondo te lui che vorrebbe?

Secondo me a lui piacerebbe fare classifica, però dipende anche da come ci avviciniamo. Tanto ormai sappiamo i numeri, sappiamo cosa serve, quindi in base a quello si deciderà la tattica da portare a casa.

Capitolo crono: come stiamo messi?

Domanda di riserva! Diciamo che ha margine di miglioramento e quindi anche in questa specialità dovrà fare uno step, specie se vorrà puntare alla classifica. Credo che passo passo capiremo poi che strada sarà migliore per lui. Tutto sommato non abbiamo tutta questa fretta.

Fortunato: «La maglia blu è per la squadra e i tifosi lungo le strade»

31.05.2025
5 min
Salva

BORMIO – Sono le 9,45 e Lorenzo Fortunato esce dall’ascensore dell’hotel che ha ospitato la XDS Astana al termine della tappa numero diciassette. Il volto è rilassato e l’abbronzatura lascia intravedere i segni del laccetto del casco. Il Giro d’Italia del Folletto dello Zoncolan si sta tingendo sempre più di blu, simbolo della maglia indossata dal leader della classifica dei GPM. Fortunato è andato spesso all’attacco in quest’ultima settimana di Giro, lo abbiamo visto nei giorni scorsi alzarsi sui pedali prima sul Tonale e poi sul Mortirolo.

Lorenzo Fortunato e Christian Scaroni dopo la doppietta di San Valentino nella 16ª tappa
Lorenzo Fortunato e Christian Scaroni dopo la doppietta di San Valentino nella 16ª tappa

A caccia di punti

Fortunato in questa corsa rosa ha messo da parte le ambizioni di classifica e si è votato alla causa della maglia blu. 

«E’ arrivata man mano – racconta seduto sulla poltrona nella hall dell’hotel – insieme al team avevamo visto che la maglia blu avrebbe portato gli stessi punti di una vittoria di tappa. Ci siamo detti di provare a puntare su questa classifica anche per dare visibilità allo sponsor XDS. Di conseguenza fin da subito ho cercato di prendere qualche punto nei vari GPM ma senza esagerare e senza fughe troppo dispendiose. Sono riuscito a muovermi bene, anzi mi è venuto tutto abbastanza semplice».

Nell’ultima settimana sei stato tanto in fuga, si può dire che questa maglia è ormai tua?

Devo arrivare fino a Roma (dice con una risatina scaramantica, ndr) ma ho un bel vantaggio sul secondo che tra l’altro è il mio compagno Scaroni. Proprio nella tappa nella quale abbiamo fatto primo e secondo (San Valentino, ndr) ho raccolto un buon bottino in fatto di punti.

Gli obiettivi a inizio Giro quali erano?

Vincere la maglia azzurra e una tappa, adesso manca la tappa. Proprio a San Valentino poteva arrivare ma appena capito che Scaroni e io saremmo arrivati insieme in cima, gli ho detto che avrebbe tagliato lui il traguardo per primo. Il lavoro che i miei hanno fatto per me è stato importante ed è stato giusto così.

Scelta che è arrivata anche da una certa consapevolezza nei tuoi mezzi?

Sto bene e proverò a entrare in qualche altra fuga, non tanto per i punti ma per cogliere l’ultimo obiettivo di questo Giro: vincere una tappa.

La magia di passare per primo su una salita del Giro, i tifosi in trepidante attesa si scatenano
La magia di passare per primo su una salita del Giro, i tifosi in trepidante attesa si scatenano
Ti abbiamo visto molto attivo, spesso eri il primo ad alzare il ritmo in salita.

Negli ultimi giorni stanno venendo fuori quelle che sono le “fughe di gambe”. Praticamente davanti ci troviamo in trenta corridori, esattamente come succedeva nella passata edizione della Vuelta. Lo scorso anno sulle strade spagnole ho imparato che si deve provare a fare una piccola selezione fin da subito in modo da rimanere con dieci o dodici corridori e trovare presto l’accordo. 

Hai accantonato la classifica generale, perché?

In squadra quest’anno tutti abbiamo deciso di non fare classifica e di puntare alle tappe. Abbiamo bisogno di punti per salvarci e riuscire ad arrivare nei primi cinque nella generale è difficile e ti espone a tanti rischi. Se malauguratamente succede qualcosa e vai a casa, hai lavorato tanto per nulla. Guardate Tiberi o Ciccone che in un giorno hanno perso tutto. E poi la convinzione di fare un Giro diverso è arrivata anche dagli occhi dei tifosi.

Il blu della maglia legata alla classifica dei GPM è sempre più sulle spalle di Fortunato
Il blu della maglia legata alla classifica dei GPM è sempre più sulle spalle di Fortunato
In che senso?

Chi fa classifica rimane ventuno giorni a soffrire sulla bici e questo basta per arrivare quinto, settimo, decimo. Ma chi è arrivato quinto, settimo o decimo al Giro dello scorso anno? Conta vincere e basta. 

Invece ora sei leader di una classifica e stai correndo con il segno distintivo della maglia blu, che effetto fa lungo le strade?

Questo modo di correre mi fa essere più libero. Mi sto godendo maggiormente le tappe di montagna consapevole che non devo tenere duro sempre. E con il fatto di andare in fuga mi rendo conto che al tifoso sulle strade piace molto più un attacco in salita piuttosto che un corridore costante che poi alla fine arriva decimo ma non lo vedi mai davanti. In termini ciclistici vale meno, ma scollinare per primo sul Mortirolo fa infiammare il tifo. E’ un Giro diverso per certi aspetti ma sempre bellissimo.

Syform energy partner dell’XDS Astana Team: innovazione e performance

28.05.2025
5 min
Salva

CASIER – Ci sono aziende che nascono da un’intuizione. Altre da un’esigenza concreta. E poi c’è Syform, che nasce da una visione: quella di coniugare scienza, natura e performance in una sintesi autentica, viva, pulsante. Un brand italiano che non si è limitato a “produrre integratori”, ma ha scelto di tracciare un nuovo percorso nel mondo della nutrizione sportiva. Un percorso fatto di ricerca, passione e coraggio.

Dal cuore pulsante del Veneto, a Casier, alle porte di Treviso, Syform continua ogni giorno a interrogarsi, a sperimentare, a perfezionare. E lo fa in un luogo che racconta molto di più di un’azienda: è un ambiente dove si respira precisione, ma anche calore umano. Dove la tecnologia incontra l’etica, e dove ogni formula è frutto di un pensiero, prima ancora che di un processo. È qui che abbiamo incontrato il Dott. Leopoldo Moretto, fondatore e anima di Syform, per capire da vicino i progetti che guardano al futuro. Un futuro che oggi si colora d’azzurro: Syform è il nuovo “nutrition partner” del team WorldTour XDS Astana fino al 2026.

Syform è partner tecnico del team XDS Astana
Syform è partner tecnico del team XDS Astana
Dott. Moretto, partiamo dalle origini. Come nasce Syform e qual è stata la sua visione iniziale?

Syform nasce nel 1992 come progetto di ricerca e formulazione di prodotti naturali per lo sport e il benessere, ma diventa operativo nel 1999. La visione iniziale era molto chiara: creare integratori di altissima qualità, basati su ricerca scientifica, ma ma anche con la volontà di sperimentare nuove frontiere, per soddisfare le esigenze reali degli atleti e delle persone comuni. Non volevo solo “aiutare a performare”, ma contribuire concretamente alla salute e alla qualità della vita.

Oggi Syform è riconosciuto come un brand di qualità nel settore dell’integrazione sportiva. Quali sono i valori fondamentali che vi guidano?

Ricerca scientifica, intuizione, sperimentazione, performance. La nostra attenzione è sempre rivolta a ricercare perfezione e qualità delle materie prime selezionate, per garantire biodisponibilità, efficacia e stabilità al prodotto finale. Per questo curiamo internamente ogni fase dell’intero processo produttivo.

Gli integratori oggi hanno un ruolo chiave soprattutto considerando che la filiera alimentare è sempre più debole e povera di alimenti di qualità. Come risponde Syform a questa esigenza?

Esatto, l’alimentazione moderna è sempre meno naturale, più raffinata, ricca di additivi e sostanze estranee al nostro organismo, spesso carente di nutrienti essenziali. Per questo, formuliamo integratori che compensano queste lacune in modo naturale ed efficace. I nostri prodotti sono altamente digeribili e solubili. Alcuni privi di glutine e di lattosio. Sono pensati per fornire un apporto equilibrato di micro e macronutrienti, permettendo al corpo di funzionare al meglio. Syform offre una gamma completa di integratori naturali particolarmente concentrati nei migliori macro e micronutrienti, in grado di garantire al corpo umano efficienza e salute.

Da quest’anno Syform è partner ufficiale del team World Tour XDS Astana per il biennio 2025/2026. Come è nata questa collaborazione?

L’accordo con XDS Astana è il risultato di una visione condivisa e dell’impegno nel fornire agli atleti i migliori supporti nutrizionali. Un ruolo chiave lo ha avuto il dottor Luca Simoni, farmacista, nutrizionista e ricercatore, da diversi anni consulente Syform e responsabile dell’integrazione alimentare della squadra, che ha avuto un ruolo chiave nell’avvio questa preziosa partnership. Lavorare spalla a spalla con atleti di livello mondiale ci permetterà di arricchire ulteriormente le nostre formulazioni e di comprendere il migliore utilizzo nel ciclismo professionistico.

Syform e i suoi prodotti sono indicati in modo particolare per gli sport di endurance
Syform e i suoi prodotti sono indicati in modo particolare per gli sport di endurance
Quali sono i prodotti scelti dal team?

Quelli a base principalmente di carboidrati in varie combinazioni per il supporto energetico, aminoacidi essenziali per favorire il recupero e ottimizzare la resistenza in gara, micronutrienti come Mitochondria, per fornire alcuni fattori nutritivi chiave, biocatalizzatori essenziali per la complessità metabolica dei ciclisti pro.

Oltre a XDS Astana, Syform è partner di altre realtà sportive importanti.

Tra le collaborazioni del passato più prestigiose figurano i team di Benetton basket e rugby, Sisley Volley, Napoli e Udinese calcio, mentre nel presente ci sono Olimpia basket Milano, Reyer Venezia, Imoco Volley, ISC per il rugby d’elite. Non sono mancate strette collaborazioni con singoli atleti tra cui Martin Castrogiovanni, Giorgio Petrosyan (MMA), Pietro Piller Cottrer e ADN swim project un team di nuotatori vincitori di medaglie olimpiche.

La linea di confezionamento interna di Syform
La linea di confezionamento interna di Syform
Quali sono i prossimi obiettivi di Syform?

In primis farci conoscere ad un pubblico più vasto, condividere la nostre esperienze con i professionisti del settore, medici, nutrizionisti e farmacisti, contribuire a portare cultura in materia di integrazione alimentare, continuare a proporre sul mercato formulazioni innovative, efficaci e sicure. A tale scopo stiamo costituendo un board scientifico di massimo livello, per dare il via entro breve, ad un progetto digitale di formazione dedicato all’integrazione alimentare per lo sport e benessere.

Gli integratori sono spesso visti come un supporto per atleti agonisti. Come si colloca Syform nel mercato del benessere generale?

La nostra missione è sempre stata creare soluzioni per tutti, non solo per chi pratica sport ad alto livello. I nostri integratori sono pensati per migliorare il benessere quotidiano, supportare la buona alimentazione e anche per la gestione di specifiche condizioni di salute. L’integrazione diventa formidabile quando risponde a un reale bisogno, colmando carenze nutrizionali.

Leopoldo Moretto, Fondatore e CEO Syform
Leopoldo Moretto, Fondatore e CEO Syform
In un settore competitivo come quello dell’integrazione sportiva, cosa distingue Syform dagli altri brand?

Syform, l’abbiamo detto, è in primis un’idea di salute, benessere, performance delle persone e degli atleti; è un pensiero, uno stile di vita prima di essere un prodotto. Syform è consapevolezza culturale profonda; questo nostro approccio ci rende diversi da molti competitor.  Questa idea si traduce quindi in una vasta gamma di prodotti avanzati e molto curati nel dettaglio, realizzati per poter essere combinati assieme e ottenere protocolli di integrazione altamente efficaci e ben tollerati dal consumatore. 

Qual è la sua visione per il futuro di Syform?

In quest’ottica, continuare a rinforzare le nostre idee e valori, aumentare le sfide e collaborazioni di successo, attraverso cui stimolare costantemente il desiderio di superarci e la ricerca verso soluzioni sempre più efficaci e vincenti. Un grande obiettivo è anche quello di poter farci conoscere e apprezzare oltre i confini nazionali.

Syform

Scaroni mette la ciliegina sulla torta e ringrazia Fortunato

27.05.2025
5 min
Salva

SAN VALENTINO – Christian Scaroni alza le braccia al cielo nel segno della sua prima vittoria in un Grande Giro e lo fa nella corsa di casa, al suo fianco c’è Lorenzo Fortunato: il Folletto dello Zoncolan che oggi ha consolidato la maglia blu dei GPM. La prima vittoria italiana a questo Giro d’Italia coincide con l’impresa dei due corridori della XDS Astana. Scaroni ha gli occhi che fuggono a destra e sinistra, un po’ per inseguire le voci che gli fanno le domande durante l’intervista e un po’ per ricordare. Il bresciano riavvolge il nastro fino a stamattina quando a Piazzola sul Brenta si è affacciato dal pullman e ha visto delle nuvole grigie.

«Siamo partiti con la pioggia – racconta mentre il rosso del cordino della medaglia gli fascia il collo – in giornate come queste sono in grado di esprimermi al 110 per cento. Amo la pioggia, forse in discesa faccio ancora un po’ fatica (dice con una risata, ndr). L’obiettivo di tappa era consolidare la maglia blu di Fortunato. Poi sulla penultima salita, Santa Barbara, ci siamo messi a fare un buon forcing e il gruppetto si è assottigliato sempre più. Ai piedi dell’ultima scalata Fortunato e io ci siamo resi conto di essere i più forti, così abbiamo parlato, mi ha detto che la tappa sarebbe stata mia perché lui aveva già preso tanti punti sugli altri GPM».

Christian Scaroni brinda al suo primo successo al Giro d’Italia con un grazie di cuore a Fortunato
Christian Scaroni brinda al suo primo successo al Giro d’Italia con un grazie di cuore a Fortunato

Ultimi mille metri

E altrettanti pensieri. La scalata fino ai prati verdi di San Lorenzo illuminati di bronzo dal sole che volge al tramonto è stata lunga. Una salita per chi ha pazienza e i due corridori della XDS Astana sono stati bravi a gestire la loro superiorità. Quando anche Jefferson Cepeda ha mollato il colpo si è trattato di spingere fino alla fine volando sulle ali dell’entusiasmo. 

«L’ultimo chilometro a ruota di Fortunato – continua Scaroni – è stato lungo, avevo le gambe distrutte. Lui è stato un uomo di parola e mi ha aspettato sincerandosi di avermi sempre al suo fianco. Non potrò far altro che ringraziarlo per il resto della mia vita. Lui e anche la squadra. Gli altri componenti della fuga non ci hanno fatto troppa paura, l’unico capace di impensierirci era Pello Bilbao e quando ha allungato nell’ultima discesa ci siamo subito messi alla sua ruota. Per il resto abbiamo gestito lo sforzo. Una volta rimasti in tre con il Movistar (Cepeda per l’appunto, ndr) ci siamo detti di attaccare e metterlo in mezzo».

Nella fuga del mattino era presente anche Masnada, un lavoro importante il suo al servizio di Fortunato
Nella fuga del mattino era presente anche Masnada, un lavoro importante il suo al servizio di Fortunato
Arrivavi da un inizio di stagione positivo e tutto ad un tratto la caduta alle Strade Bianche ha frenato tutto, quanto è stato complicato ripartire?

Credo che sia stato il momento più difficile. Quando si vola in alto e poi si cade (metaforicamente e fisicamente, ndr) ci si fa male. Ero in un periodo dove le cose mi riuscivano bene e arrivavo da vittorie, tantissimi piazzamenti e prestazioni convincenti. Ritrovarsi all’improvviso a casa, seduto sul divano e senza poter fare nulla, è stato complicato. Ho cominciato la preparazione per il Giro in maniera graduale, sapevo che non sarebbe stata una corsa facile per me. Passata la prima settimana ho iniziato a sentirmi meglio, lo switch è arrivato nella tappa di Vicenza (venerdì scorso, ndr).

In un ciclismo in cui nei Grandi Giri è difficile che una fuga arrivi al traguardo quanto è complicato per un corridore da corse di un giorno come te cogliere dei risultati? 

Per me il punto di domanda principale era sul come mi sarei approcciato a questo Giro d’Italia. A causa dell’infortunio non sono riuscito ad andare in altura ed è stata la prima volta nella mia carriera in cui ho preparato un Grande Giro senza quel passaggio. Sapevo avrei potuto fare fatica nel recuperare gli sforzi tra un giorno e l’altro viste le mie caratteristiche. Sinceramente questa tappa non l’avevo cerchiata, non pensavo potesse arrivare la fuga e invece con il passare dei chilometri ci abbiamo creduto sempre più. Meglio oggi che un altro giorno (dice con una risata, ndr). 

12 chilometri all’arrivo: Scaroni allunga su Cepeda e poco dopo Fortunato ritorna sulla sua ruota
12 chilometri all’arrivo: Scaroni allunga su Cepeda e poco dopo Fortunato ritorna sulla sua ruota
In una lotta per i punti sempre più accesa questa doppietta ha un peso importante, quale pensi sia stata la svolta per il team quest’anno?

Il gruppo. Ci conosciamo bene e anche i ragazzi nuovi sono entrati alla grande. Avere tra noi corridori esperti come Ulissi, Bettiol o Teunissen è un elemento aggiunto che dona valore. Questo ha permesso ad atleti di buon livello, come me, di fare quel gradino in più e di correre con maggiore intelligenza e ottimizzare i risultati. 

Quale step senti di averlo fatto? 

Fin da inizio anno sento di aver cambiato marcia e ora riesco a competere con i migliori. Manca ancora un gradino per entrare nella scala dei campioni ma bisogna farlo con i giusti tempi, passo dopo passo. Sto vivendo tutto come un esame e si deve cercare di passarli tutti per confermarsi. Sicuramente queste tre vittorie da inizio anno mi hanno dato grande consapevolezza nei miei mezzi. Oggi può essere stata la ciliegina sulla torta.

Se ti guardi indietro e ripensi al periodo difficile della Gazprom cosa provi?

Sono passati tre anni, anche quello è stato un periodo difficile della mia carriera. Sicuramente sopravvivere a quel momento delicato è stato importante e ha fatto uscire una parte del mio carattere che era un po’ nascosta. A distanza di tutto questo tempo mi viene da pensare al percorso positivo che ho fatto e sono contentissimo di aver raggiunto questa vittoria che che tutti i corridori sognano fin da bambini.

Il viaggio in rosa di Ulissi, tornato per un giorno bambino

20.05.2025
5 min
Salva

«Ma vi dico – fa Ulissi con la solita arguzia – da una parte mi hanno fatto prendere la maglia rosa nel giorno sbagliato. Dall’altra però devo dire che è stato il giorno giusto, perché arrivavo in Toscana. Quindi da una parte bene e da quell’altra un po’ meno, no? Però è stata veramente una bella emozione e del tutto inaspettata. Ero lì che pensavo alla tappa, poi è arrivata l’opportunità…».

Il Giro d’Italia va veloce e a volte rischia di scrollarsi di dosso con troppa fretta dei pezzi importanti di vita. La maglia rosa di Diego Ulissi, come quella di De Marchi quattro anni fa, è un frammento che sarebbe un peccato lasciar scivolare troppo indietro. Era il sogno del ragazzino passato professionista sedici anni fa e si è avverato quasi per caso in un giorno di primavera sulle strade marchigiane di Castelraimondo, dopo 113 chilometri di fuga. E’ durato poco: la tappa di Siena ha spostato le inquadrature altrove, ma i ricordi restano. Diego racconta, noi prendiamo appunti.

Forse qualche volta ci eri arrivato vicino…

Nel 2016 c’ero arrivato a 20 secondi. Il Giro era partito con la crono di Apeldoorn in Olanda e quando siamo arrivati a Praia a Mare, vinsi la tappa e mi ritrovai terzo a 20 secondi da Dumoulin. Ma quando l’ho avuta, quando mi è arrivata, è stata una bella emozione. Sono cresciuto guardando il Giro d’Italia. I ricordi delle prime gare che vedevo sin da piccolissimo coi miei nonni e il resto della famiglia sono del Giro di Italia. Quindi ritrovarsi a vestire il simbolo del primato è stato qualcosa di molto forte.

Come è stato vestirsi la mattina per la tappa?

Mi guardavo allo specchio, con il mio body rosa e anche il casco. Cercavo di essere impeccabile, ma sapevo che l’avrei indossato solo quel giorno. Perché potessi tenerla, doveva venire una tappa di studio, che nel ciclismo attuale è impossibile. Sapevo che si sarebbero fatti la guerra. Il problema grosso è che avevo speso tantissimo il giorno prima, mi sentivo stanco…

E’ vero che la gente riconosce di più la maglia rosa? Ti chiamavano più del solito durante la tappa?

E’ davvero così e forse per il fatto che si entrava in Toscana, ho sentito un grande affetto da parte delle persone. Però l’emozione più grande l’ho avuta quando me l’hanno consegnata sul podio.

A Siena hai riconosciuto i tuoi tifosi?

Sì, c’era tanta gente che conoscevo. Tifosi partiti da Donoratico e dalle mie zone. In Toscana ho dato i primissimi colpi di pedale, è la mia terra, ci sono cresciuto.

Van Aert ha trovato ad accoglierlo sua moglie e i figli: Arianna era a Siena?

No, volete ridere? Arianna era venuta al Giro, ma è ripartita il giorno prima. Ha fatto in tempo a vedere che avevo preso la maglia rosa, ma quando l’ho chiamata appena arrivato sul bus, era già in viaggio. Diciamo che non era previsto.

In effetti ci hanno raccontato del silenzio in attesa che arrivasse il gruppo…

Prima di tutto non mi ricordavo esattamente il ritardo che avevo dalla maglia rosa Roglic, quindi non sapevo bene quale fosse il limite del gruppo. Per questo mi sono affidato ai ragazzi che ti devono portare sul palco e guardavo loro. Erano lì e aspettavano che arrivasse la conferma via radio, poi mi hanno fatto una specie di countdown. E quando ho visto che il tempo era scaduto e il gruppo ancora non arrivava, ho capito di aver preso la maglia rosa ed è stato bello.

In Piazza del Campo, 42° a 5’10” assieme a Fortunato, il saluto di Ulissi al pubblico e alla rosa
In Piazza del Campo, 42° a 5’10” assieme a Fortunato, il saluto di Ulissi al pubblico e alla rosa
Vuoi dire che sei a posto e il tuo Giro potrebbe finire qui?

No, neanche un po’, mi conoscete. Sapete che quando parto, soprattutto in una gara importante come il Giro d’Italia, io punto a vincere. L’altro giorno ero in fuga per cercare la vittoria di tappa, per cui adesso l’obiettivo mio e di tutta la squadra è cercare l’occasione giusta per giocarsela. Sono immensamente felice dell’obiettivo raggiunto, di aver vestito la maglia rosa. Però, insomma, ci sono ancora tanti giorni davanti. Le gambe ci sono, quindi bisogna provarci.

Plapp vince, Ulissi bacia la rosa. Emozioni a non finire

17.05.2025
7 min
Salva

CASTELRAIMONDO – Continuava a voltarsi indietro. Silenzioso. Uno sguardo al cronometro, un sorso della bevanda per il recupero, un altro sguardo al cronometro. Silenzio. «Quanto avevo di distacco, ditemelo». Ancora silenzio. Poi un urlo… Forte, di gioia. Diego Ulissi è la nuova maglia rosa del Giro d’Italia.

La tappa va a Luke Plapp, cronoman che, appena rimasto da solo, si è capito subito che non lo avrebbero più ripreso. Secondo Andrea Vendrame, uno dei protagonisti della fuga, Plapp è stato bravissimo: «Si vedeva nettamente che era quello che ne aveva di più. E’ andato forte, forte per davvero. Io ci ho provato. Ho dato una mano a Fortunato, che è un grande amico, per i punti della maglia. Spero mi ricambierà».

Plapp, De Marchi, il destino…

Certo, la maglia rosa sulle spalle di un italiano mancava da quattro Giri e quasi 90 tappe. L’ultimo a portarla è stato Alessandro De Marchi, compagno di squadra proprio di Plapp alla Jayco-AlUla. Magari con la sua azione l’australiano ha costretto gli altri a tirare forte e ha aiutato, indirettamente, Ulissi a prenderla. Chissà. Ci piace pensare che ci sia un piccolo zampino anche di De Marchi, che qui al Giro non c’è: tagliato fuori dalla squadra all’ultimo minuto.

«Questa mattina – racconta Plapp – l’obiettivo era andare in fuga e pensavo potesse essere una tappa perfetta per me. Dopo la caduta nella crono di Tirana ho faticato un po’, mi fa ancora male il polso, ma la squadra ha sempre creduto in me. Nel finale ho avuto crampi alla gamba sinistra ma ho deciso di spingere. Questa vittoria la voglio dedicare a tutti. Per me è importante vincere con questo team: volevo portare in giro la cultura australiana nel mondo. Era il team che desideravo sin da bambino».

«De Marchi? E’ stato con noi l’anno scorso qui al Giro ed è stato bello viverlo con lui. E’ un corridore di grande esperienza. Ho saputo che non avrebbe fatto il Giro quando lo avete saputo voi. Che dire? Avrà la possibilità di essere al Tour o alla Vuelta. Spero di tornare a correre presto con lui».

Luke Plapp si prende Castelraimondo dopo un assolo di 45 km
Luke Plapp si prende Castelraimondo dopo un assolo di 45 km

E’ festa XDS

La festa esplode nel clan della XDS-Astana. Sappiamo le difficoltà che stanno attraversando: i punteggi, la rivoluzione in corso all’interno del team. E questa maglia rosa è un premio per tutti.
E’ stato bellissimo, per esempio, vedere come Lorenzo Fortunato, appena arrivato al traguardo, sia subito andato da Ulissi per chiedergli se l’avesse presa.

Un grande abbraccio glielo ha dato anche Fausto Masnada. «E’ stata una tappa molto difficile – racconta Masnada con un sorriso largo – Strano a dirsi, ma questa mattina sul bus, durante la riunione, avevamo deciso che Fortunato e Ulissi dovevano entrare nella fuga e tutti abbiamo lavorato perché ci riuscissero. E credetemi, non è stato affatto facile, perché per due ore siamo andati a velocità folli. Però una volta entrati nella fuga abbiamo capito che poteva essere la loro, la nostra, giornata».

«Dietro non si capiva bene cosa volesse fare la Red Bull-Bora, se tenere la maglia o no. Anche perché essendo una fuga composta da corridori molto forti, era difficile da controllare. Alla fine però possiamo dire che questa sera si festeggerà la maglia rosa… Quando ho saputo che l’aveva presa? Proprio sull’arrivo, a cento metri per la precisione. Io passo e lo speaker annuncia la maglia di Diego!».

Ulissi in rosa

Finalmente Diego Ulissi arriva in conferenza stampa. E’ davvero sereno, soddisfatto, orgoglioso… e anche un filo emozionato. Con la XDS-Astana è venuto per fare “casino”, per provarci come ha sempre fatto. Perché otto tappe al Giro non le vinci così, specie se non sei uno sprinter… con tutto il rispetto per i velocisti.

«Oggi – inizia a raccontare Ulissi, riallacciandosi senza saperlo alle parole di Masnada – poteva essere proprio il giorno giusto per fare qualcosa di buono. Tutti i compagni hanno fatto un grande lavoro per far sì che io e Lorenzo fossimo presenti nella fuga. Riguardo alla tappa bisogna solo dire che Plapp è stato superiore. Ma io sono contento di come sono andato. Il percorso era esigente e sono rimasto con i migliori. Francamente non avevo idea dei vantaggi, la radio non funzionava bene e mi dicevano di andare a tutta. Sapevo che stavo lottando sui secondi. Poi – e Ulissi sorride – la gente a bordo strada ha iniziato a urlarmi che mi stavo giocando la maglia. E’ stato incredibile».

Ma cosa vuol dire la maglia rosa per un corridore, specie per un italiano? Tanto, forse tutto. «Forse la radio non funzionava bene davvero. E sì, sono esperto, ma credo che alla fine non mi dicessero più i distacchi per non destabilizzarmi, per non deconcentrarmi. Magari inizi a farti dei pensieri… Non so, ma credo sia stata la scelta giusta da parte dell’ammiraglia».

«Non sono uno che si fa prendere dai sentimenti spesso, però quando ho visto la maglia rosa con la scritta XDS-Astana mi sono emozionato. A 36 anni ripercorri tutta la tua carriera. Mi sono levato belle soddisfazioni. Ho superato momenti difficili. Ho pensato alla mia famiglia. In questi 16 anni ho costruito una bellissima famiglia con tre bambine. E ancora i miei genitori, i miei nonni, tutti i sacrifici che hanno fatto fin da quando ero piccolino, per portarmi alle corse… Sì, mi sono emozionato pensando a loro».

L’incontro fugace nel dietro le quinte. Un cinque, un sorriso e una bottigliona!
L’incontro fugace neldietro le quinte. Un cinque, un sorriso e una bottigliona!

Tante gioie e un sassolino

Questa maglia rosa è un premio alla carriera, dunque. Ulissi mancava al Giro d’Italia da due anni. La UAE Team Emirates non lo aveva convocato nel 2024: altre tattiche, altri obiettivi. Conquistarla a 36 anni non è cosa da poco, specie in questo ciclismo sempre più estremo, in cui l’età dei vincenti si è decisamente abbassata.

«Con l’età non è facile rimanere a grandi livelli – spiega il toscano – ma ho grandi motivazioni. Ho anche cambiato squadra per questo: per cercare di vivere giornate come questa. In UAE in questi anni hanno fatto altre scelte, come mandarmi in Ungheria a caccia di punti in concomitanza della corsa rosa, ma credo che dopo tanti anni in quel gruppo, praticamente tutti quelli della mia carriera, e con quello che avevo fatto, correre e vincere un Giro d’Italia al fianco di Tadej me lo sarei meritato. E l’anno scorso per me è stata una stagione importante, nel senso che non sono andato piano. Ho fatto moltissimi punti e ho chiuso tra i primi venti al mondo».

La conferenza termina ed Ulissi si alza e se ne va. Altre procedure post arrivo lo attendono. A un certo punto spunta da dietro una transenna. Lui in rosa, l’addetto stampa Yuri Belezeko con una bottiglia di spumante…

«Domani? Con la maglia rosa sulle spalle bisogna dare tutto. Certo, sarà una tappa particolare e complicata e servirà anche un po’ di fortuna. Ma lotterò. E poi arrivare in Toscana in rosa… Intanto penso a dormire bene stanotte!». Cosa che forse non sarà così facile… per fortuna.