Tre maglie a casa e Viezzi ora riparte fra strada e mtb

08.02.2024
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«Tanti mi hanno fatto i complimenti, ma per fortuna non hanno fatto particolari feste. Non fanno molto per me, mi sarei sentito un po’ a disagio». Ieri Stefano Viezzi è tornato a scuola, il suo primo giorno da campione del mondo. Hai voglia a pensare che il ciclocross non sia così popolare: in Friuli lo è eccome. Poi i ben 19 anni di attesa prima del ritorno di una maglia iridata in Italia (l’ultimo era stato Davide Malacarne nel 2005, guarda caso sempre tra gli juniores) hanno alzato il livello dell’attenzione.

La vittoria di Tabor rende quasi necessario un approccio diverso con Viezzi, per conoscerlo meglio considerando che non capita spesso di avere prospetti simili nel mondo delle due ruote. Chiaramente però si parte dall’ultima magia, raccontata nell’intervallo tra una lezione e l’altra con i professori che, vista l’eccezionalità dell’evento, si mostrano più accondiscendenti del solito.

«So che molti mi guardavano come il grande favorito della gara e partire con tanta pressione addosso non è il massimo – racconta il ragazzo di Majano – ma la vittoria della settimana prima valsa la conquista della Coppa del Mondo mi aveva dato la consapevolezza di poter far bene. Avevo rimediato al disastro di Benidorm, il mio bilancio era già in attivo, anche se il mondiale era il mio vero obiettivo».

Il momento dell’attacco su Sparfel, stoppato da una foratura. Ma anche l’azzurro avrà i suoi problemi…
Il momento dell’attacco su Sparfel, stoppato da una foratura. Ma anche l’azzurro avrà i suoi problemi…
Anche a Tabor però le cose si stavano mettendo male…

Sono andato a sbattere contro una transenna e la ruota si è storta. A quel punto dovevo cercare di stare attento, badare soprattutto alla guida più che alla velocità, per non far prendere altri colpi. Se si fosse rotto il cerchio la gara sarebbe finita lì. Ho chiamato subito il team per farmi trovare la bici nuova, con cui ho fatto il mezzo giro finale.

L’olandese era quasi addosso a te, ti hanno avvertito?

Sì, ma lo sapevo. C’erano passaggi del circuito che permettevano di vedere chi c’era dietro. Quando ho cambiato la bici Solen era davvero vicino, ho capito che dovevo dare tutto per capitalizzare quei pochi secondi che mi rimanevano.

Ora hai ben 3 maglie a casa, a quale tieni di più?

Senza nulla togliere a quella tricolore, le maglie internazionali sono una grande soddisfazione, diversa. Quella di Coppa è il compendio di una stagione, che premia la costanza durante più mesi. Averla vinta in quella maniera, rimontando Sparfel nell’ultima gara, dà ancora più soddisfazione. La maglia arcobaleno è però un simbolo assoluto, che ti resta addosso per un anno. Io non potrò indossarla perché cambierò categoria, ma ha comunque un valore speciale. Forse anche maggiore dell’altra.

Proviamo a conoscerti un po’ meglio…

Lunedì ho compiuto 18 anni (e non potevo farmi regalo migliore…). Vengo da Majano, sono alto 1,90 per 70 chili di peso forma. Mio padre Luigi ha un’azienda di marmi, poi c’è mia mamma Michela e le mie sorelle Elisa e Alice, anche loro vanno in bici. O meglio, mia sorella maggiore ci andava, ma poi ha lasciato per concentrarsi sulla scuola, mentre la più piccola pedala anche lei. Io ho iniziato a 6-7 anni.

Il selfie del cittì Pontoni con Viezzi sul podio sta diventando una bella consuetudine…
Il selfie del cittì Pontoni con Viezzi sul podio sta diventando una bella consuetudine…
Fidanzato?

Sì, con Emma. L’ho conosciuta proprio attraverso il ciclocross, non abbiamo tanto tempo per vederci anche perché non abita vicino. Passiamo molto tempo in videochat, ma domenica era anche lei a Tabor e mi ha dato forza in più sapere che si è fatta ben 10 ore di macchina con la mia mamma per venire a vedermi. Poi ci sono i miei nonni Bruno e Valentino e mia nonna Marisa, loro sono rimasti a casa ma erano attaccati alla tv.

Quali altre passioni hai, fai altri sport?

Diciamo che mi piace sciare, per il resto non ho grandi hobby. Una cosa che amo è fare le passeggiate in montagna, raggiungere una baita dove prendere sole e aria, è qualcosa che mi rilassa molto e mi fa apprezzare il mondo che ho intorno.

La famiglia lo ha seguito fino a Tabor: 10 ore di macchina ben spese (foto Instagram)
La famiglia lo ha seguito fino a Tabor: 10 ore di macchina ben spese (foto Instagram)
Cinema, musica, videogames?

Mi piacciono i film action, ma non ne ho uno preferito né un particolare attore. Nella musica ascolto soprattutto il trap e il mio cantante preferito è Thasup. Videogames? No, proprio non mi piacciono. Ma devo dire che anche allo smartphone non dedico così tanto tempo. Lo uso, questo sì, ma senza esagerare.

Non segui neanche il calcio?

Pochissimo, non ho una vera e propria squadra del cuore, anche se mi piace il Real Madrid da quando ci giocava Ronaldo che per certi versi è un riferimento. Sicuramente con meno talento naturale di Messi, ma che con il lavoro è diventato quello che è.

L’abbraccio dopo l traguardo di Luca Bortoluzzo, meccanico della nazionale (foto Instagram)
L’abbraccio dopo l traguardo di Luca Bortoluzzo, meccanico della nazionale (foto Instagram)
Ora che sei campione del mondo, che cosa farai, sceglierai la strada o continuerai a fare la doppia attività?

Doppia? Anche tripla come consiglia il mio preparatore Mattia Pezzarini, che non ringrazierò mai abbastanza. Tra due settimane inizierò il mio ritiro prestagionale su strada con la Work Service, poi ai primi di marzo esordirò in gara, ma quest’estate sarà importante anche per gli appuntamenti in mountain bike. Non per niente il mio idolo è Van der Poel, che fa tutto e lo fa alla grande.

La tua più grande delusione?

L’europeo di quest’anno, dove ho commesso degli errori di valutazione che mi sono costati il podio. E’ stato il vero lato buio della mia stagione invernale.

E la più grande gioia?

Che dire, tra conquista della Coppa e il mondiale è stata una settimana da Dio, per dirla citando un titolo di film…

Venchiarutti smette col sorriso: ci ha provato fino alla fine

17.11.2023
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Per fare questa intervista abbiamo aspettato un paio di settimane, giusto il tempo che Nicola Venchiarutti ricevesse le risposte necessarie (in apertura foto Instagram). L’ultimo anno e mezzo per lui è stato difficile da digerire da una parte, mentre dall’altra gli ha visto compiere una grande ripartenza. L’incidente di Castelfidardo l’ha costretto a fermarsi e riprendere la sua attività praticamente da zero. Alla Work Service ha trovato chi lo ha aspettato e gli ha dato la possibilità di riprovarci

La stagione e la carriera di Venchiarutti sono finite con l’esperienza alla Serenissima Gravel (foto Instagram)
La stagione e la carriera di Venchiarutti sono finite con l’esperienza alla Serenissima Gravel (foto Instagram)

Stop

Del suo calvario abbiamo già parlato, ma da alcune storie postate su Instagram nel finale di stagione ci è nata la curiosità di tornare da lui e sentire come stesse. I segni dell’incidente sono ancora lì e non se ne andranno. Gli ultimi esami sono stati per un verso rincuoranti, ma non tutto tornerà come prima e questo ha costretto Venchiarutti a prendere una decisione importante

«Mi fermo – racconta da casa in un momento di tranquillità – non ha più senso continuare a correre in bici. I danni della caduta sono troppo grandi per ritornare in sella un’altra volta e lanciarmi nella mischia. Da inizio novembre ad ora ho fatto alcuni esami che hanno evidenziato alcune criticità che non è possibile far rientrare».

L’inizio di stagione aveva visto un miglioramento costante delle prestazioni (foto Instagram)
L’inizio di stagione aveva visto un miglioramento costante delle prestazioni (foto Instagram)
A quali esami ti sei sottoposto?

Quello più importante è stata una risonanza magnetica alla schiena per il discorso dei ferri che ho nella colonna vertebrale e per vedere il tipo di lesione al midollo spinale. 

Cosa è emerso?

I ferri sono rimasti nella stessa posizione e questo è positivo. Il midollo, invece, è più o meno uguale, si vede una lesione e rimarrà sempre così. E’ il punto in cui la vertebra, la D12, è schizzata nel momento in cui si è fratturata. In più hanno visto che sono uscite tre ernie, nella zona in cui ho la placca che sostituisce le tre vertebre rotte. 

I danni alla colonna e al midollo erano troppo gravi per recuperare pienamente la forza (photors.it)
I danni alla colonna e al midollo erano troppo gravi per recuperare pienamente la forza (photors.it)
Ernie dovute allo sforzo?

Sì, alla sforzo intenso prodotto nella pedalata, il problema è che la colonna vertebrale lavora in modo diverso da dopo l’incidente. Ora a riposo queste tre ernie dovrebbero rientrare da sole, il problema è che se dovessi tornare a correre mi uscirebbero di nuovo.

Com’è stato questo 2023 in gara?

I primi mesi, dopo la paralisi completa, miglioravo parecchio e lo sentivo. Per sei mesi è andata così, poi sono arrivato ad un livello dal quale non riuscivo a salire. Non aumentava la forza, lo capivo dalle sensazioni e dal misuratore di potenza. 

Per Venchiarutti qualche esperienza con i pro’, ma sempre con tante difficoltà: qui al Memorial Pantani
Per Venchiarutti qualche esperienza con i pro’, ma sempre con tante difficoltà: qui al Memorial Pantani
Con i diesse e i compagni ne hai parlato?

Anche loro vedevano la mia sofferenza in alcuni casi. Andare a correre all’estero diventava faticoso anche solo per il viaggio. Dopo un po’ di ore seduto sul pulmino, la schiena mi dava fastidio, anche ora che sono seduto alla scrivania ogni tanto mi fa male. Avendo ancora un fisico magro sento le placche a contatto con la colonna. 

Dal punto di vista medico però la ripresa è stata positiva, no?

I medici hanno sempre detto che ho avuto un recupero notevole, però mi sono reso conto, con il passare del tempo, che a livello atletico non sarei tornato come prima. Questo all’inizio mi ha reso triste, però a mente fredda sono contento di essere tornato ad una vita normale. La bici farà sempre parte di me, ma non allo stesso modo, pedalare mi piace e farmi un giro ogni tanto rimarrà una bella sensazione. 

La decisione di smettere è arrivata in questi giorni: difficile, ma ponderata (photors.it)
La decisione di smettere è arrivata in questi giorni: difficile, ma ponderata (photors.it)
Riuscirai a tornare ad una vita normale?

Per la parte superiore del corpo dovrò sempre fare palestra o nuoto, mi servirà anche nel momento in cui deciderò di fare un lavoro da ufficio. Ora quando sto seduto per un po’ di ore, sono costretto ad alzarmi e stendermi. Paradossalmente in bici stavo meglio, perché distribuivo il peso anche sulle braccia. 

Nonostante tutto ti sentiamo sereno…

Sì, se penso a com’ero messo prima non posso che essere felice per quello che sono riuscito a fare. Sto pensando se rimanere nel mondo del ciclismo oppure fare altro, ancora non ho deciso. Fino a due settimane fa ero totalmente concentrato sul correre.

Il ciclismo di Modolo, tra giovani e Giro-E

28.05.2023
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La carovana del Giro-E è arrivata a Roma ieri, dopo un trasferimento durato due giorni e partito direttamente dalle Tre Cime di Lavaredo. Tra coloro che si trovano a pedalare sulle strade del Giro-E e della corsa rosa c’è Sacha Modolo (foto Instagram in apertura). Il veneto ha chiuso lo scorso anno con il professionismo ed ora assapora un ciclismo differente. 

Modolo ha ricevuto una grande accoglienza sulle Tre Cime di Lavaredo (foto Instagram)
Modolo ha ricevuto una grande accoglienza sulle Tre Cime di Lavaredo (foto Instagram)

Il ciclismo “lento”

«Una delle cose che mi ha colpito di più – attacca Modolo – è rendermi conto finalmente di quanto il pubblico sia appassionato di ciclismo. Mi è capitato di vedere, mentre attraversavamo il Passo Giau dopo la tappa di Val di Zogno, un sacco di gente appostata sui tornanti con il camper. Non lo noti quando sei professionista, certe cose non hai il tempo di vederle. In particolare mi ha colpito una coppia, erano abbastanza anziani, noi passavamo in macchina e loro erano seduti fuori dal camper che leggevano un libro. Fin da quando ero piccolo – continua – ho sempre corso e non sono mai andato sulle strade del Giro d’Italia».

Con il Giro-E ha scoperto un nuovo modo di vivere la bici, qui in mezzo tra Lello Ferrara e Iader Fabbri (foto Instagram)
Con il Giro-E ha scoperto un nuovo modo di vivere la bici, qui insieme a Lello Ferrara (foto Instagram)
Come ti ha fatto sentire?

E’ giusto che i professionisti siano a conoscenza dell’amore che le persone hanno verso i corridori. A volte, magari, prendi sottogamba tutto questo, soprattutto quando sei nella “centrifuga” della corsa. 

Lo hai notato grazie al Giro-E, che esperienza è stata?

Mi sono divertito davvero molto, mi hanno già chiesto se il prossimo anno fossi disponibile a partecipare. Ho detto subito di sì. E pensare che all’inizio non ero sicuro di voler partecipare, ero titubante.

Hai sanato la ferita verso il ciclismo?

Sì, ho trovato un nuovo modo di vivere la bici, con più tranquillità. Il Giro-E mi ha permesso di conoscere tante persone e ciclisti di altre specialità. Mi sono reso conto che la strada è solamente una goccia nel mare del ciclismo. 

Sull’arrivo di Caorle per Modolo ancora un po’ di nostalgia (foto Instagram)
Sull’arrivo di Caorle per Modolo ancora un po’ di nostalgia (foto Instagram)
Quale delle altre discipline ti affascina di più?

Il gravel. Ho avuto modo di correre il campionato italiano l’anno scorso, dove sono arrivato terzo. Ed ho preso parte anche al mondiale in Veneto

E la bici elettrica? Era la prima volta che ci salivi?

Sì, devo ammettere che mi piace. La gente non capisce il grande potenziale di questo mezzo. Permette a tutti di pedalare ovunque, di farti godere della bici e di paesaggi che altrimenti non avresti modo di apprezzare. 

La gente a bordo strada ti riconosce ancora, lo si vede dai social. 

E’ bello e mi fa piacere. L’altro giorno eravamo in hotel a fare il check-in ed il proprietario mi ha guardato un paio di volte e poi mi fa: «Ma tu sei Modolo!». Per qualche anno ancora accadrà, poi forse non succederà più. 

Vedere i pro’ da fuori, invece, che effetto ti ha fatto?

Vista la tappa delle Tre Cime li ho invidiati poco – ridacchia – mentre all’arrivo di Caorle mi ha fatto rosicare un po’. Proprio quella mattina mi avevano fatto notare che ero l’ultimo corridore veneto ad aver vinto una tappa del Giro nella sua Regione. Siccome era nell’aria che Dainese potesse vincere mi hanno chiesto se mi avrebbe dato fastidio. Ho risposto di no, assolutamente, è giusto che si vada avanti. Sono molto contento per “Daino” e la sera gli ho scritto i complimenti. 

L’ex pro’ veneto ha corso il Giro-E con il team Trenitalia (foto Instagram)
L’ex pro’ veneto ha corso il Giro-E con il team Trenitalia (foto Instagram)
Della volata cosa ti manca? 

L’adrenalina di quei 20 secondi dove scaricavo tutta la rabbia che avevo in corpo. Guardando da fuori mi rendo conto di quanto siano funambolici i ciclisti, sono emozioni che non nient’altro mi potrà dare. 

Intanto hai trovato il modo di restare nell’ambiente, abbiamo visto che segui anche un ragazzo, e di recente ha vinto. 

Si chiama Alessandro Borgo, uno junior (della Work Service, ndr). E’ un’emozione diversa, molto bella anche questa. Da qualche mese ho iniziato a collaborare con Mori e Piccioli, i procuratori che mi seguivano da corridore.

Da qualche mese segue Alessandro Borgo, junior della Work Service, settimana scorsa è arrivata la prima vittoria
Da qualche mese segue Alessandro Borgo, junior della Work Service, settimana scorsa è arrivata la prima vittoria
Ci avevi detto di voler lavorare con i giovani.

Sì, vorrei seguirli e dare loro quello che io non avevo quando ero junior. Ormai è una categoria fondamentale e mi sono reso conto che spesso sono soli. Il progetto è quello di seguire dei ragazzi della mia zona e creare uno staff o comunque una rete di persone che li seguano. Vi faccio un esempio.

Vai!

Borgo si era fatto male ad un ginocchio e doveva andare da un fisioterapista per farsi vedere. Non riusciva a trovare alcun appuntamento, così io mi sono messo in moto e gli ho trovato qualcuno. 

Quando pochi giorni dopo ha vinto, che cosa hai provato?

E’ stato molto bello, averlo aiutato a superare un ostacolo per poi vincere mi ha emozionato. Io ho tanta esperienza nel mondo del ciclismo, ma non voglio fare io per primo, potrei, ma ci sono dei professionisti ed è giusto che ognuno faccia il suo lavoro. A me piace coordinare, mi viene bene, me lo ha fatto notare anche RCS al Giro-E e sono stati contenti. Tanto da invitarmi di nuovo.

Savino: la Soudal, il Belgio e un nuovo inizio

15.05.2023
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LE CATEAU CAMRESIS (Francia) – Tra i giovani in partenza dall’Italia a inizio stagione, c’era Federico Savino, passato alla Soudal Quick Step Devo Team. Il toscano si era messo in luce nel suo ultimo anno da junior con buoni risultati, tra cui una vittoria alla Corsa della Pace, in Repubblica Ceca.

Lo incontriamo alla partenza della Paris-Roubaix Espoirs, faccia sorridente e occhi nascosti da ampie lenti nere. Non è la sua prima corsa all’estero, ma a queste latitudini non ha mai corso, la curiosità c’è, la condizione un po’ meno.

Savino parla con Casalini della Colpack prima della partenza della Paris-Roubaix Espoirs
Savino parla con Casalini della Colpack prima della partenza della Paris-Roubaix Espoirs
Sono un po’ di mesi che ormai sei tra i belgi, come sta andando?

Tutto bene, non rimpiango la mia decisione, questo è sicuro. Alla fine la Soudal Quick-Step è una squadra a tutto tondo, siamo praticamente trattati da professionisti, quindi non posso desiderare di meglio.

Cosa intendi? 

Che tutto è curato in maniera scientifica, quasi maniacale. Non viene lasciato nulla al caso e la programmazione viene fatta in ogni dettaglio.

La condizione com’è?

Un po’ sottotono, ho avuto un infortunio al ginocchio un paio di mesi fa, ma ora è tutto rientrato. La mia presenza alla Parigi-Roubaix era in dubbio, è stato deciso tutto in fretta e furia. 

In che modo funziona la logistica con la squadra, quante volte vai in Belgio?

Poche, praticamente solo per correre, anche perché ho ancora la scuola da finire e quindi per ora la priorità è quella. Abbiamo fatto un ritiro in Spagna ad inizio anno, per il resto sono tutti allenamenti che faccio a casa. 

Una corsa difficile che inizialmente non doveva correre a causa di un infortunio al ginocchio (foto Instagram)
Una corsa difficile che inizialmente non doveva correre a causa di un infortunio al ginocchio (foto Instagram)
E’ cambiato molto il modo di allenarti?

Si tratta di un metodo molto più scientifico e preparato, devi seguire le tabelle che vengono date dall’allenatore. Facciamo tanti allenamenti in Zona 2, aggiungiamo qualche lavoro ad alta intensità ma mai fuori soglia, quelli li lasciamo per la gara. Il più grande cambiamento è, come dicevo, la programmazione. L’anno scorso mi allenavo per correre ogni domenica, è capitato spesso di arrivare a corse importanti e che mi sentissi scarico. Questo è impossibile ora, perché tutto è programmato perché si sia pronti nei momenti giusti.

Come ti rapporti con il preparatore?

Mi alleno spesso a casa, visto che sto ancora andando a scuola. Il mio preparatore di riferimento lo sento una volta ogni due giorni. Ho installato Training Peaks e lui mi carica gli allenamenti e monitora quello che faccio. Dal mio lato mi trovo gli allenamenti pronti sul Garmin e seguo quello che mi dice il computerino.

In corsa hai notato dei cambiamenti?

Sì, riesco ad essere molto più fresco in gara, se guardo i dati vedo che i numeri sono cresciuti parecchio rispetto all’anno scorso. E’ come se il fatto di allenarsi facendo ripetute ad alta intensità, ma non massimali, mi permetta di avere un livello più alto. La fatica che faccio in allenamento diventa uno standard, così in corsa è più facile spingere di più.

La Soudal-Quick Step è un mondo totalmente nuovo, dove ogni minimo dettaglio è curato alla perfezione (foto Instagram)
La Soudal-Quick Step è un mondo totalmente nuovo, dove ogni minimo dettaglio è curato alla perfezione (foto Instagram)
Per quanto riguarda l’Integrazione invece?

Non ci è data una dieta da seguire, siamo abbastanza liberi, dobbiamo rimanere in un range calorico da assumere. 

Sei passato dalla Work Service alla più grande squadra belga, che effetto ti fa?

Ad ogni corsa abbiamo gli occhi puntati addosso, tutti ci guardano: dagli appassionati agli avversari. In gruppo i miei compagni sono spesso marcati. Io mi trovo a lavorare tanto per loro, come giusto che sia, ed imparo tanto anche a livello di gestione della gara.

Il corridore classe 2004 è alto 191 centimetri e pesa 70 chilogrammi (photors.it)
Il corridore classe 2004 è alto 191 centimetri e pesa 70 chilogrammi (photors.it)
A proposito, come organizzate l’approccio tattico alla corsa?

Siamo sempre preparati, conosciamo il percorso e ci vengono segnalati i tratti pericolosi, come quelli con tanto vento. Ho imparato quest’anno – dice ridendo – cosa vuol dire fare un ventaglio, solo qui al Nord questa condizione viene sfruttata sempre. Non importa che la gara sia iniziata da dieci chilometri o che sia alla fine. Ho capito una cosa.

Cosa?

Quando c’è vento la corsa è a sfinimento, l’ho imparato sulla mia pelle ad una delle mie prime gare, sempre qui in Francia. Di fatica se ne fa tanta, ma ho appreso tanti trucchi e segreti, ed ancora ne devo scoprire.

Venchiarutti è ripartito dalle strade di Martini: bentornato

20.03.2023
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Ieri, alla Per Sempre Alfredo, è ripartita la carriera di Nicola Venchiarutti (terzo da sinistra nella foto di apertura). Interrotta bruscamente quasi un anno fa: il 22 maggio del 2022. La strada che il friulano ha dovuto intraprendere per ritornare è stata lunga, e non è passata solamente dalla forza di rimettersi in bici, ma anche dai Tribunali Federali. E anche se la corsa si è conclusa con un ritiro, il passo è stato decisamente importante.

«Ho ricominciato a correre dalla Per Sempre Alfredo – racconta Venchiarutti con la voce che si fa viva fin dalle prime parole – ora va tutto bene. Ho ancora la gamba sinistra un po’ più debole della destra ma sto molto meglio di un mese fa. Quello che mi manca di più è la forza esplosiva, determinante per fare volate e sprint».

Venchiarutti è tornato a pedalare a fine novembre, ha ripreso anche con un po’ di mtb
Venchiarutti è tornato a pedalare a fine novembre, ha ripreso anche con un po’ di mtb

Fatalità, ma non solo

Un giorno nelle Marche, durante una gara di ciclismo, nella carriera e nella vita di Venchiarutti tutto stava per prendere la direzione sbagliata. Una volata che ha fermato una vita e per poco non ha stravolto anche quella di Nicola. 

«Non è stato piacevole, questo è logico – dice Venchiarutti – Stefano lo conoscevo, era un diesse, uno del gruppo. Sono cose che durante una corsa di ciclismo non dovrebbero accadere, purtroppo c’è stato un susseguirsi di eventi che ha portato a questa fatalità. Sul quel marciapiede, spinti dalla forza del gruppo, siamo saliti in due e Stefano si trovava lì, non ho potuto fare nulla. A causa del processo federale quei video li ho dovuti rivedere più volte. Mi hanno accusato di essere salito deliberatamente sul marciapiede, nel caso avessero confermato questo verdetto sarei incappato in una squalifica. E’ stata una sbandata fortuita, come si vede dalle riprese.

«La corsa di Castelfidardo – riprende – rientra nella categoria nazionale, quindi per regolamento, le transenne vanno messe duecento metri prima e cento metri dopo l’arrivo. Il tutto è successo pochi metri prima dell’inizio della parte transennata, a riguardare la scena più volte, su quel marciapiede, si notano un cassonetto ed un palo della fermata dell’autobus. Un po’ di buon senso avrebbe magari portato a mettere delle transenne qualche metro prima. Al Giro d’Italia la parte transennata parte da chilometri e chilometri dall’arrivo, non è possibile che in una gara nazionale si passi ad appena duecento metri. A Castelfidardo arriva sempre un gruppo numeroso all’arrivo, questo vuol dire volata, ed abbiamo visto, purtroppo, quanto siano pericolose».

Venchiarutti 2022
Il 2022 era iniziato bene con una vittoria a Pontedera ad aprile
Venchiarutti 2022
Il 2022 era iniziato bene con una vittoria a Pontedera ad aprile

10 mesi per riprendersi

Venchiarutti ha affrontato un lungo percorso di riabilitazione, che è passato dalla paura di non poter camminare alla voglia di risalire in bici. 

«Nell’incidente – racconta il corridore della Work Service – mi sono rotto tre vertebre. Una delle tre, la dodicesima, si è frantumata in tanti pezzi che sono finiti anche nel canale midollare. Dall’ombelico in giù ero completamente paralizzato, la sera stessa, all’Ospedale di Ancona mi hanno operato e ho recuperato man mano sensibilità. Mi hanno messo delle barre di ferro al posto della vertebra per sorreggere la colonna. Prima di tornare a camminare è passato tanto tempo: ho iniziato con un deambulatore, poi le stampelle, infine sono passato al bastone. Ho ripreso a muovere i primi passi senza aiuti esterni dopo due mesi. Come sostegno per la colonna vertebrale ho usato un busto di ferro, che ho tolto dopo cinque mesi. Prima lo levavo solamente per fare fisioterapia in acqua, la riabilitazione è durata fino a novembre». 

Pochi giorni prima dell’incidente di Castelfidardo era arrivato anche un ottimo piazzamento al Giro di Sicilia
Pochi giorni prima dell’incidente di Castelfidardo era arrivato anche un ottimo piazzamento al Giro di Sicilia

Poca paura, tanta motivazione

Per un ciclista la bici rappresenta un mondo, un qualcosa che inevitabilmente fa parte della propria vita. Anche nel momento più difficile Venchiarutti non ha avuto la minima intenzione di abbandonarla. 

«Appena entrato nella clinica di Udine che si è occupata della mia riabilitazione – afferma con tono sicuro Venchiarutti – ho sempre detto di voler tornare in bici. Ne parlavo spesso anche con i medici presenti, e se domenica sono tornato in corsa lo devo soprattutto a loro. Non ho avuto paura, il grande timore era quello di non riuscire a tornare a posto fisicamente, ma la volontà c’è sempre stata. Correre domenica ha ripagato tutte le persone che mi hanno aiutato nel mio percorso di riabilitazione. In questo grande gruppo è presente anche la mia squadra: la Work Service, che mi ha rassicurato che se fossi riuscito a recuperare avrei avuto un posto nel team. I medici mi hanno rassicurato che ho la possibilità di recuperare completamente la forza nelle gambe. Il sistema nervoso prevede un recupero più lento ma comunque totale».

Nicola con i medici della clinica di Udine che lo hanno aiutato a tornare in bici
Nicola con i medici della clinica di Udine che lo hanno aiutato a tornare in bici

Risalire in bici

I passi sono stati tanti, Venchiarutti non ha paura di parlare e raccontare le proprie emozioni. Così quelle che ha provato nel riprendere la bici sono state pure, sincere, nate dalla voglia di tornare a fare ciò che più ama. 

«Nel percorso di riabilitazione estremamente lungo – conclude il giovane friulano – ho affrontato diverse fasi. Ho iniziato con il nuoto e delle elettrostimolazioni per dare impulsi alle gambe, appena ho ripreso a stare in piedi sono passato al tapis roulant ed alla cyclette ellittica. Per tornare in sella alla bici ho impiegato ben sei mesi, sinceramente non vedevo l’ora».

Lucca e Conforti: entrambi pro’ ma con storie diverse

10.03.2023
5 min
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Riccardo Lucca e Lorenzo Conforti hanno una cosa in comune, anzi due: le maglie che indossavano nel 2022 e quelle di quest’anno. Entrambi i ragazzi nel 2022 correvano per la Work Service, Lucca nella continental e Conforti nella formazione under 23. Quest’anno, invece, la maglia è quella della Green Project Bardiani CSF Faizanè

I colori delle maglie sono uguali, ma i percorsi per arrivare nel professionismo sono stati completamente diversi. Lucca ha sudato questa categoria, arrivandoci solamente a 25 anni, mentre Conforti è passato subito, appena diciottenne. La stagione è iniziata per entrambi, e insieme a Ilario Contessa, tecnico della Work Service, analizziamo questi primi mesi dei suoi due ex corridori

Riccardo Lucca è partito con un calendario impegnativo, dopo l’esordio in Spagna ha corso al UAE Tour ed alla Strade Bianche
Lucca in azione alla Strade Bianche, la sua seconda gara WorldTour con la Green Project

Il motore di Lucca

Il percorso di Lucca, da atleta, è diametralmente opposto a quello di Conforti, così come il calendario di gare. Prima la partenza dalla Spagna, poi UAE Tour, Strade Bianche ed in questi giorni la Tirreno-Adriatico. I risultati non sono dei migliori ma per il suo ex diesse, che lo conosce molto bene, non c’è da preoccuparsi. 

«Lucca – racconta Contessa – è un diesel, all’inizio della stagione fa sempre fatica, anche nel 2022 è stato così. Poi, piano piano, con l’arrivo del caldo, cresce, lo ha dimostrato con la vittoria all’Adriatica Ionica Race. Il suo calendario è impegnativo per essere al suo primo anno da professionista, ma vista l’età più matura ci sta. A correre gare WorldTour come UAE Tour, Strade Bianche e Tirreno si fa fatica. Lui è un corridore che avrebbe bisogno della fuga o di tirare per un capitano, cosa che in Green Project difficilmente può fare.

«Deve puntare alle fughe, anche se nel ciclismo moderno le cose sono cambiate. I team di punta lasciano sempre meno spazio, anche oggi (ieri, ndr) alla Tirreno-Adriatico, il gruppo è rientrato sulla fuga a 60 chilometri dall’arrivo. Per le corse fatte fino ad ora non mi sorprenderei di vedere Lucca partecipare alla Milano-Sanremo o al Giro d’Italia, sono corse adatte a lui, non pensate che solamente perché è arrivato nel professionismo tardi vuol dire che sia scarso. La Green Project lo ha preso subito dopo un test, anzi, a metà prova Pino Toni gli aveva già fatto capire che sarebbe passato professionista l’anno successivo.

«Riccardo (Lucca, ndr) – dice ancora Contessa – ha le qualità per entrare in un team WorldTour. Non lo vedo molto lontano da una carriera alla De Marchi, un uomo da fughe, instancabile. Il ragazzo queste qualità le ha, a dirla tutta per metterle a frutto appieno avrebbe bisogno proprio di una formazione WorldTour».

Per Lucca con la Work sette vittorie nel 2022, una delle più belle è quella ottenuta al Giro del Friuli in cima allo Zoncolan (foto Bolgan)
Per Lucca sette vittorie nel 2022, l’ultima quella ottenuta al Giro del Friuli in cima allo Zoncolan (foto Bolgan)

Il giovane Conforti

Conforti è uno di quei ragazzi che dalla categoria juniores passano direttamente nel mondo del professionismo. La Green Project sta continuando il progetto giovani, cosa già iniziata lo scorso anno. Il giovane toscano ha cominciato la stagione in Croazia all’Umag Trophy e con un bel piazzamento ottenuto pochi giorni dopo al Porec Trophy. 

«Ha esordito con corse 1.2 – dice Contessa – sono gare più semplici. Conforti è un ragazzo che da junior ha fatto vedere belle cose. L’anno scorso si è rotto il braccio prima del Giro della Lunigiana, altrimenti si sarebbe messo in mostra e lo avrebbero portato ai mondiali di Wollongong. Ha un buono spunto veloce e tiene bene nelle salite corte, sono andato a seguirlo in qualche corsa. Questa sua promozione nel mondo dei professionisti fa parte di un nuovo trend: quello di portare gli juniores già tra i grandi. E’ una cosa che stanno facendo anche alcuni team WorldTour come la Ineos».

Salto giusto

Un salto del genere va ponderato bene, è ben diverso rispetto a passare da una development legata alla squadra WorldTour. Conforti è già professionista, con le pressioni e le attenzioni che ne derivano. 

«Quando l’anno scorso mi ha detto che lo aveva contattato la Green Project – riprende Contessa – non ho potuto dirgli nulla. Chiaro che avrebbe potuto fare un anno con noi tra gli under 23 ma l’occasione del professionismo era troppo ghiotta. Ora ha un contratto con tutte le sicurezze che ne derivano (ma anche insicurezze, ndr). A mio modo di vedere sarebbe stato più corretto fare un percorso tramite un team development come hanno fatto Savino e Raccagni Noviero. Due atleti usciti sempre dal nostro team juniores, che ora sono nel Devo Team della Soudal Quick Step. Anche perché ritengo sia più semplice entrare nel WorldTour tramite la squadra di sviluppo che da una professional. Guardate Zana quanta fatica ha fatto per arrivare alla Jayco AlUla, correndo tre anni in Bardiani con risultati e successi non da tutti.

«Sarebbe tutto diverso se in Italia ci fosse una WorldTour – conclude – ma per il momento se si vuole rimanere da noi la Green Project è una delle squadre più solide. Conforti le qualità le ha, altrimenti non sarebbe dove è adesso. Nel 2023 avrà l’occasione di fare un calendario più ricco di quello che avrebbe fatto con noi. Il Giro d’Italia U23 sarà una grande chance per farsi vedere. Magari verso fine stagione farà qualche corsa con i professionisti in Italia, come hanno fatto gli altri ragazzi l’anno scorso».

Zambelli: il 2022 con la Work e il saluto a Rebellin

30.12.2022
5 min
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I volti nuovi per la stagione 2023 sono molti, un contributo importante lo ha dato la Corratec. La squadra di Parsani, che dalla prossima stagione sarà professional ha aperto le porte a tanti corridori. Samuele Zambelli è uno di loro: 24 anni di Rovereto. Con i professionisti ha già avuto a che fare correndo come stagista con l’Androni nel 2021. Alla fine l’opportunità non si è concretizzata e il trentino ha trovato nella Work Service, che dell’Androni sarebbe stato il vivaio, la rampa di lancio giusta.

Il corridore trentino ha corso dal 2018 al 2021 nella Iseo Rime Carnovali
Il corridore trentino ha corso dal 2018 al 2021 nella Iseo Rime Carnovali

Solita mentalità, anzi…

Gli inverni rischiano di essere tutti uguali, questo però per Zambelli ha un valore differente: è il primo da professionista. Il percorso è stato lungo, ma ora che il sogno si è avverato è giunto il momento di metterci quel qualcosa in più. 

«Dal punto di vista della preparazione – dice – non cambia nulla, i lavori sono gli stessi e le giornate anche. Sto lavorando per fare una bella stagione, ci sto mettendo un po’ di grinta in più perché voglio dimostrare che quanto fatto per arrivare fin qui non è stato per caso. Ho 24 anni, sono più maturo e consapevole dei miei mezzi. Avevo provato a contattare Frassi già la scorsa stagione, ma nella continental non c’era più spazio. Un anno dopo è arrivata la chiamata. Da gennaio sarò in ritiro con la squadra, mentre a febbraio mi aspetta il debutto ufficiale in corsa».

Mediterranei Zambelli
Per Zambelli la prima esperienza con i professionisti è arrivata nel 2021 grazie allo stage con l’Androni
Mediterranei Zambelli
Per Zambelli la prima esperienza con i professionisti è arrivata nel 2021 grazie allo stage con l’Androni

Stage in Androni

Una prima esperienza con il mondo dei professionisti Samuele l’aveva avuta nel 2021 quando fece uno stage con l’Androni. 

«Con la squadra di Savio era stata una bella esperienza – riprende a raccontare – ho avuto la possibilità di fare tante belle corse come il Giro di Sicilia, la Bernocchi o il Gran Piemonte. Sono stato affiancato da tanti compagni di grande esperienza che mi hanno comunque insegnato qualcosa. Purtroppo la rosa per il 2022 era già al completo, ovviamente mi è dispiaciuto non riuscire a passare subito con loro, però il mio momento è arrivato comunque».

La stagione in Work Service è servita per maturare ulteriormente
La stagione in Work Service è servita per maturare ulteriormente

Il passaggio alla Work

Nel mezzo c’è stato l’anno corso con la Work Service, Zambelli ha avuto modo di mettere insieme un calendario ampio ed interessante. Cogliendo l’occasione, forse, di imparare qualcosa di nuovo e di maturare ulteriormente.

«Le occasioni di crescita quest’anno non sono mancate – spiega il trentino – il 2022 è stato un anno molto importante. Fino a gennaio ero rimasto senza squadra e le speranze erano poche però mi sono allenato con la mentalità giusta e con la convinzione di trovare il mio posto. La Work Service mi ha dato fiducia e penso di averla ripagata fino in fondo. Nella prima parte di stagione ero partito forte, poi alla Coppi e Bartali sono caduto ed ho fratturato una costola. Mi sono fermato per un mese, però una volta tornato ho ripreso da dove avevo lasciato. Direi che la costanza mi ha premiato, forse mi è mancato qualche spunto vincente ogni tanto».

Zambelli con alle spalle Konychev (in maglia Bike Exchange) i due saranno compagni di squadra alla Corratec
Il ventiquattrenne ha corso molte gare con i professionisti nel 2022

Corse all’estero e con i pro’

L’occasione di correre con la Work Service ha dato la possibilità a Zambelli di correre all’estero, ben quattro gare per lui. A queste si aggiunge anche l’esperienza dei Giochi del Mediterraneo con la nazionale di Amadori (dove è stato il migliore degli azzurri, undicesimo). In più il calendario lo ha messo più volte sulle stesse strade dei professionisti, potendosi confrontare con il suo futuro mondo. 

«Nelle gare con i professionisti mi sono sempre trovato bene – riprende – chiaramente sono corse più logiche, ma quando aprono il gas se non ne hai rimani lì. Bisogna saper gestire il fisico al massimo. La prima volta che ho corso con i professionisti ero al secondo anno da under 23 e chiaramente ho sofferto molto di più. Negli ultimi due anni sono andato in queste gare con la mentalità di fare bene. All’estero, invece, le gare sono meno controllate e diventano molto dure perché si attacca spesso ed anche da lontano. Le squadre che partecipano sono tutte professional o al massimo qualche continental, ma con corridori di alto livello. E’ importante andare fuori dall’Italia per fare esperienza, alla fine da professionista si corre in tutto il mondo».

Zambelli ha corso molto accanto a Rebellin nel 2022, l’ultima gara fianco a fianco la Veneto Classic il 16 ottobre
Zambelli ha corso molto accanto a Rebellin nel 2022, l’ultima gara fianco a fianco la Veneto Classic il 16 ottobre

Un pensiero per Rebellin

Zambelli, nella stagione 2022 corsa con la Work ha avuto modo di conoscere Davide Rebellin. Un corridore di grande esperienza che ci ha prematuramente lasciato, chiedere qualcosa di lui ad un ragazzo che lo ha vissuto fino a poco tempo fa ci è sembrata la cosa giusta.

«Io e Davide – respira profondamente – quest’anno abbiamo corso spesso insieme. Mi ha sempre dato tanti consigli, non molte parole ma giuste, pesate e pensate. Quando ho letto della sua morte dai vari siti non ci volevo credere, sono stato davvero male, non lo meritava. Davide non l’ho mai visto arrabbiato, nelle riunioni pre gara spesso ci dava dei consigli. Avere un corridore della sua esperienza accanto ti fa sentire tranquillo, soprattutto se a quella esperienza aggiungi tanta, anzi tantissima umanità. Quando succede una cosa del genere pensi che sei invisibile, tante volte noi corridori siamo per strada da soli e ci dicono che diamo fastidio. Molti automobilisti ti passano accanto insultandoti perché pensano che li fai rallentare e dopo cento metri c’è un semaforo rosso. Capisco che le persone vanno al lavoro e possono avere fretta, ma anche noi d’altro canto stiamo lavorando».

Raccagni Noviero: «In Belgio per diventare grande»

14.11.2022
5 min
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Con l’arrivo di Andrea Raccagni Noviero si chiude il duo di junior italiani che passeranno alla Soudal-Quick Step Devo Team. Il tema dei giovani con le valigie in mano è caldo e scottante, perché pesa sul futuro del movimento italiano. 

«La mia aspirazione – racconta dal treno Raccagni – dall’inizio dell’anno, ma anche dalla scorsa stagione, era di andare a correre fuori Italia. Il movimento nostrano lo vedevo un po’ monotono, passare under 23 la considero una continuazione della categoria juniores. L’obiettivo della stagione era mettermi in mostra: su strada non ho vinto molto e fino ai mondiali su pista non avevo contatti con squadre estere. Poco prima del ritiro ho incontrato Moreno Nicoletti, il mio procuratore, ed abbiamo pensato alla possibilità di andare via. Non c’era nulla di concreto fino ai mondiali, lui aveva il contatto con la Soudal-Quick Step e in breve tempo si è concretizzato tutto».

Le maglie del Lunigiana: verde (leader) Morgado, blu (punti) Nagnier, poi (GPM) Morgado, bianca (giovani) Gualdi, arancione (TV) Raccagni, azzurra (italiani) Gualdi
Le maglie del Lunigiana: verde (leader) Morgado, blu (punti) Nagnier, poi (GPM) Morgado, bianca (giovani) Gualdi, arancione (TV) Raccagni, azzurra (italiani) Gualdi
Come ti sei sentito a trattativa conclusa?

Sentivo di aver realizzato un mio sogno. 

Da dove arriva la considerazione che hai fatto prima sugli under 23?

Quest’anno grazie al movimento con la nazionale abbiamo corso molto all’estero. Ci siamo messi alla prova su strade e percorsi diversi. Ho notato che correre delle gare internazionali era diverso rispetto a fare delle corse under 23 in Italia. 

Tra gli under 23 non hai corso però.

Vero, ma tra corridori parliamo, soprattutto noi che alla Work abbiamo la squadra under. In più le gare le vedo.

Il quartetto iridato a Tel Aviv, da sinistra Raccagni (riserva), Giaimi, Delle Vedove, Fiorin e Favero (foto Uci)
Tre componenti del quartetto iridato a Tel Aviv, da sinistra Raccagni, Giaimi e Delle Vedove (foto Uci)
Ritorniamo agli junior, quale differenza hai notato nel correre all’estero e qui?

Innanzitutto hanno già dei metodi di allenamento diversi, in Italia si pensa a fare tante ore al medio invece lì curano molto l’intensità. Anche la mentalità è differente, sono più spavaldi, ricordano il modo di correre di Van Der Poel o Van Aert, sempre “full gas”. Sono ragazzi molto forti fisicamente e mentalmente. 

Sono le squadre che insegnano a correre in quel modo…

Vero, i metodi di allenamento sono sicuramente diversi, in più fare gare internazionali e per di più a tappe ti fa crescere moltissimo. Sono abituati ad un livello superiore, per forza di cose quando noi ci scontriamo con loro soffriamo. 

Facci capire.

Vi faccio un esempio: se un corridore da noi si gioca la vittoria ogni domenica lì deve stare attento a non rimanere incastrato nei ventagli o nelle stradine. Non esiste che la corsa si giochi in volata o sull’ultima salita, c’è sempre il ritmo alto, è una guerra continua. In Italia quest’anno la cosa era un po’ diversa perché molti ragazzi hanno corso all’estero e hanno portato qui quella mentalità.

Raccagni nei suoi due anni da junior ha corso con la Work Service Speedy Bike
Raccagni nei suoi due anni da junior ha corso con la Work Service Speedy Bike
C’è più intensità?

Assolutamente. Eravamo a correre in Olanda, il ragazzo che ha vinto, Max van der Meulen, ha fatto un’azione in un tratto di curve prima di una zona di vento che ha tagliato le gambe a metà gruppo. Quelle sono tattiche preparate, studiate, cose che in Italia non si vedono. Sanno quando stare davanti, se attaccare, quando spingere…

Tu che ci hai corso contro a questi ragazzi pensi di aver già imparato qualcosa?

Ho imparato molto a livello di posizione, alla Gent-Wevelgem juniores per prendere gli strappi in pavé davanti dovevi passare sui marciapiedi… Robe da matti! La gara e la fatica vera si fanno prima di prendere lo strappo, quello è una conseguenza di tattiche e movimenti studiati prima. 

In quei Paesi fanno molta attività di ciclocross, qui in Italia si fa solo pista, manca un po’ di differenziazione?

Io stesso faccio pista e mi ha dato molto. Si sa che molti ragazzi anche vincenti, come Herzog, fanno Mtb o ciclocross. Fare quel tipo di doppia attività gli permette di dare qualcosa in più. 

Forse non è un discorso sull’immediato ma su quello che possono imparare?

Sono discipline che ti lasciano molto anche dopo, è una mentalità diversa. Se ci pensate un corridore italiano è abituato ad arrivare a fine stagione e smettere, loro attaccano il numero e si buttano nel fango. Potrebbe essere un’arma a doppio taglio, ma se impari a gestirti puoi farlo per gran parte della carriera. Sono tanti i pro’ che si dilettano nella doppia attività, basta trovare l’equilibrio giusto con la squadra. 

Si tratta di avere connessione tra tutte le sfaccettature della bici: squadra, discipline e tra categorie…

La connessione tra under 23 e professionisti è fondamentale. Un corridore italiano per passare deve vincere e essere sempre davanti, ed anche lì in alcuni casi si fa fatica. Quello che secondo me è il valore aggiunto di una Devo è che anche se non sei vincente ma vai forte, sei già dentro. Valutano altre caratteristiche, ti permettono di avere più sbocchi. E’ quello che dice Bragato nella vostra intervista.

Il ligure ha fatto parte del quartetto che ha vinto l’oro di categoria agli europei su pista nell’inseguimento a squadre (foto UEC)
Il ligure ha fatto parte del quartetto che ha vinto l’oro di categoria agli europei nell’inseguimento a squadre (foto UEC)
L’hai letta? Che ne pensi?

Mi trovate pienamente d’accordo. In Soudal-Quick Step si è già parlato di periodizzazione del piano di allenamento, vuol dire programmare i periodi per quando essere pronto ed andare forte. Sono anche dell’idea che se le squadre under 23 italiane avessero la possibilità di andare a correre in Europa ci andrebbero. Gli sponsor però non sono tutti favorevoli, i costi si alzano e le vittorie diminuiscono. In Work era differente.

In che senso?

Loro ci hanno permesso di correre molto all’estero, preferivano portarci a fare esperienza piuttosto che farci vincere una gara in una volatina qui. E’ stato un bel libro su cui studiare, e mi ha dato la mentalità e la spinta giusta per guardare, provarci fino in fondo e lanciarmi in questa esperienza. 

Cosa ti aspetti da questa nuova avventura?

Il primo anno imparerò molto e prenderò tante bastonate. Dovrò essere pronto per dare una mano ai miei compagni tra febbraio e aprile, mesi della mia prima fase di periodizzazione. Poi vedremo il secondo anno cosa potrò fare. 

E la pista?

Non vorrei abbandonarla. Abbiamo solo un velodromo, quello di Montichiari e se sei lì non puoi allenarti su strada. Ma se e quando il cittì chiamerà io risponderò presente, la maglia azzurra va onorata, sempre. 

Lucca tra i pro’: emozioni e promesse mantenute

05.11.2022
4 min
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Spuntare la casella delle categorie di bici.PRO nella sezione “News” e “Professionisti” parlando di Riccardo Lucca ci riempie il cuore di gioia. “Succede a chi ci crede” così potremmo definire l’Odissea di Lucca, che nel 2023 sarà nelle file della Bardiani CSF Faizanè, che nella nuova stagione cambierà nome. Il trentino di Rovereto approda nel mondo dei professionisti all’età di 25 anni. Tardi se si considera la media di queste ultime stagioni, ma i sogni ed il destino non stanno a guardare i giorni o i mesi, loro passano, anche quando meno te lo aspetti.

Il 19 agosto arriva la notizia dai canali social della Bardiani: Lucca farà parte del team per le prossime due stagioni
Il 19 agosto arriva la notizia dai canali social della Bardiani: Lucca farà parte del team per le prossime due stagioni

L’inverno tanto atteso

Questo inverno, che ancora tale non si può definire viste le temperature anomale, è quello della certezza per Lucca. Ce l’ha fatta, ma da qui si riparte, guai pensare di essere arrivati.

«Dopo le corse – ci dice da casa sua – mi sono fermato per un bel periodo. Basta, avevo bisogno di fermarmi. Non sono andato in vacanza, non ne ho avuto modo. Ho cercato per un po’ qualcuno con cui andare via, poi ho deciso di godermi la tranquillità di casa. Stavamo ristrutturando e sono rimasto qui a lavorare, abbiamo demolito qualche muretto (dice ridendo, ndr). Ho iniziato in questi giorni a fare qualcosa: un po’ di corsa, qualche camminata in montagna, ma nulla di che. Il primo ritiro con la squadra sarà a metà dicembre».

La Bardiani ha già fatto un mini ritiro a fine ottobre, per conoscersi e fare gruppo
La Bardiani ha già fatto un mini ritiro a fine ottobre, per conoscersi e fare gruppo

Un’estate “leggera”

Il 19 agosto, sui social della squadra di Reverberi, è arrivata la notizia della firma di Lucca. Una gran bella notizia, per tanti motivi: il primo sicuramente personale per il corridore. Il secondo, è per tutti gli altri elite, mai smettere di crederci.

«A fine giugno ho avuto i primi contatti con la Bardiani – racconta Lucca – e avevo in programma un test con Pino Toni, poi slittato a causa del Covid. Avere un contratto per il 2023 mi ha fatto vivere gli ultimi mesi qui alla Work Service in maniera consapevole. L’obiettivo delle mie ultime stagioni era stato finalmente raggiunto, questo mi permetteva di andare alle corse libero di testa. Questa “spensieratezza” mi ha permesso di vincere ancora in stagione.

«Quando mi sono trovato il contratto firmato davanti ho fatto un bel respiro (dice ridendo, il buon umore non glielo toglie nessuno ora, ndr). Me lo sono proprio sudato, mi sono passate per la mente tante immagini. Quello che ho fatto prima non si cancella, anzi, mi deve aiutare a ricordare da dove sono partito».

Pochi giorni dopo l’annuncio della firma con la Bardiani la vittoria sullo Zoncolan al Giro del Friuli (foto Bolgan)
Pochi giorni dopo l’annuncio della firma con la Bardiani la vittoria sullo Zoncolan (foto Bolgan)

Il professionismo

Lucca ci ha corso con i professionisti, la sua non sarà un’esperienza “da zero”. Anzi, la sua vittoria più bella è arrivata proprio tra i grandi, all’Adriatica Ionica Race, nella soleggiata Sirolo.

«Sicuramente il livello si alzerà ulteriormente rispetto alle gare fatte fino ad ora, quando una professional corre tra i grandi alza le aspettative. Arrivo ad un’età più matura, questo non so se può essere un vantaggio o meno, dipende da tante cose. A 25 anni ho una maggiore consapevolezza delle mie qualità e delle mie caratteristiche, mi sento più sicuro e formato. Affronterò corse più lunghe, con chilometraggi che non ho mai fatto nemmeno in allenamento e gare a tappe più impegnative. I margini di crescita non mancheranno».

Lucca e il ds Contessa sono legati da una promessa fatta nel 2019 e finalmente realizzata: il passaggio di Riccardo tra i pro’
Lucca e il ds Contessa si sono fatti una promessa nel 2019: il passaggio tra i pro’. Matenuta!

La rivincita di Contessa

«Riccardo potrebbe essere un buonissimo gregario per una WorldTour, speriamo che almeno possa provarci in una professional». Queste le parole di Contessa, diesse della Work Service, dopo la vittoria di Lucca all’AIR

«Lui per me è contentissimo – racconta Riccardo – e io lo sono per lui. Questa è stata la nostra rivincita, Contessa in me ci ha sempre creduto. Avevamo già lavorato insieme quando ero al quarto anno, nel 2019. Mi aveva promesso che avremmo lavorato insieme per farmi passare e se non ci fossimo riusciti sarebbe stata una doppia sconfitta: per me e anche per lui. Ci siamo riusciti alla fine, anche se a distanza di qualche anno. La cosa bella è che quando sono tornato alla Work Service, non sapevo che ci sarebbe stato anche lui, forse il destino ci ha fatto riunire per mantenere quella promessa fatta qualche anno fa».