Pedersen, terza Gand: 56 chilometri da solo come i giganti

30.03.2025
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Che faccia ha un corridore che progetta l’impresa sin dalla partenza? Nel mattino di Gand, Mads Pedersen è parso di poche parole ben più del solito. Il gioco di luci e ombre sul volto ne scolpiva l’espressione che il fotografo è stato bravo a cogliere prima che il gruppo variopinto prendesse la via della campagna. Mancavano 250 chilometri a Wevelgem e quando infine l’ha raggiunta, vincendo la corsa per tre volte come pochi giganti prima di lui, il danese della Lidl-Trek è entrato nella storia.

Dopo l’arrivo è senza parole, neppure lui pensava che gli venisse così bene. Una vittoria come Van der Poel o Pogacar, una vittoria da campione che ne ha più di tutti gli altri.

«Non mi sarei mai aspettato di farlo in questo modo – dice appena ha avuto il tempo di riprendere fiato e rendersi conto – volevo mettere alla prova le mie gambe sul pavé. Quando ho attaccato da solo sul Kemmelberg con più di 50 chilometri da percorrere, ho pensato di aver scoperto le carte troppo presto, ma fortunatamente sono riuscito a resistere. Alla fine (ride, ndr) si è rivelata la decisione giusta».

Il ferro finché è caldo

Nessuno ha dimenticato com’era finita lo scorso anno, quando Mads giocò da furbo nella volata a due e fece cadere nella trappola nientemeno che Van der Poel. L’olandese venerdì ha fatto la sua recita ad Harelbeke e poi si è ritirato… nelle sue stanze, aspettando il Fiandre e la Roubaix. Imitarlo non avrebbe avuto senso, deve aver pensato Pedersen. Se corri solo quando ci sono lui e Pogacar, non vinci. Allora è meglio battere il ferro finché è caldo e dare soddisfazione a una gamba così buona, come quella con cui Mads è uscito dalla Parigi-Nizza.

«Un monumento come il Fiandre – spiega – è una gara completamente diversa e ci sono altri due top rider al via (ridendo, ndr). Uno di loro due giorni fa mi ha staccato sull’Oude Kwaremont, ma questa vittoria sicuramente mi dà la carica. Non andrò al Fiandre rassegnato. Aver vinto di nuovo qui significa molto. Stamattina mi avevano detto che potevo diventare un detentore del record. E’ un onore essere nella lista accanto a Merckx e Boonen».

La paura del gruppo

Oltre a Pedersen, altri sei corridori hanno vinto tre volte la Gand-Wevelgem. Prima di lui (che l’aveva già vinta nel 2020 e 2024), ci sono stati Boonen, Sagan, Cipollini, Merckx, Van Looy e Van Eenaeme, con la sensazione che Pedersen potrebbe anche lasciarseli alle spalle, dati i suoi 29 anni e la consapevolezza che cresce stagione dopo stagione. Eppure per qualche istante, anche il gelido Mads ha avuto paura di non farcela.

«Sapevo dalle edizioni precedenti – spiega – che negli ultimi dieci chilometri il gruppo può essere più veloce dell’attaccante, quindi non ero molto sicuro di avercela fatta. Solo negli ultimi 5 chilometri ho creduto che avrei portato a termine il compito. Forse sono nella mia migliore forma di sempre».

In realtà il suo vantaggio non è mai sceso in modo per lui rischioso. Pedersen è parso in controllo e spinta sempre efficaci. Del resto se ad Harelbeke il solo cui si è inchinato è stato il prodigioso Van der Poel del Qwaremont, senza Mathieu tra i piedi chi avrebbe potuto fermarlo?

Van Aert fa le prove

Il terzo posto di Jonathan Milan mette ancora una volta un italiano sul podio, con Ballerini sesto a fargli compagnia fra i primi 10. Il friulano ha raccontato che la Lidl-Trek è partita con l’idea di vivere un bel giorno, consapevole di avere più carte da giocare. Ha ammesso di essere uscito troppo presto nella volata e che il Fiandre potrebbe essere una sfida proibitiva, mentre la Roubaix per lui è la corsa più speciale, nonostante non l’abbia mai conclusa.

Il Fiandre è per tutti o quasi un argomento tabù. Contro i giganti servirà un miracolo per guadagnarsi un posto al sole, al punto che sui media belgi si è dato grande risalto al lavoro svolto proprio oggi da Wout Van Aert. Mentre Pedersen vinceva la Gand-Wevelgem e nonostante gli avessero suggerito di parteciparvi a sua volta, il belga della Visma-Lease a Bike ha completato una simulazione di gara, con un allenamento di oltre 140 chilometri a 42,800 di media.

Pedersen lo incontrerà mercoledì alla Dwars door Vlaanderen di Waregem, la gara che lo scorso anno vide la caduta disastrosa e il ritiro di Van Aert. Pogacar, Van der Poel e Ganna non ci saranno. Per rivederli ci sarà da attendere un’altra domenica. La prossima.

EDITORIALE / Fra Mads e VdP, la differenza è stata la squadra

25.03.2024
6 min
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Non sempre le ciambelle riescono col buco, ma è più facile che accada quando si lavora come squadra, mettendo insieme atleti di grande valore e studiando sin dalla vigilia una tattica. E’ questo il senso che resta addosso dopo gli ultimi giorni di gara al Nord e forse anche prima, dal weekend precedente fra la Sanremo e Cittiglio.

Quando ieri dopo l’arrivo della Gand-Wevelgem, vinta da Pedersen con il contributo di Milan, abbiamo mandato un messaggio di congratulazioni a Luca Guercilena, la sua risposta è stata emblematica: «Bel numero del team!». E proprio la squadra è stata la chiave della vittoria su Van der Poel, come lo era stata a Cittiglio nella vittoria di Balsamo su Kopecky e a Sanremo nella vittoria di Philipsen. A ben guardare anche la vittoria di Lorena Wiebes nella Gand delle donne è stata propiziata dal grande lavoro della SD Worx-Protime contro il grande lavoro della Lidl-Trek. Al punto che nessuno ha schiacciato gli altri e la vittoria è derivata dalla maggior punta di velocità dell’olandese sull’azzurra, che comunque ha potuto giocarsi la corsa ad armi pari. Sembra il segreto di Pulcinella, ma non lo è e potrebbe segnalare un cambiamento di mentalità.

La squadra e la testa

Ieri si è visto che Van der Poel è fortissimo, ma non è imbattibile, soprattutto se davanti ha rivali che non perdono la testa. Si è vista una squadra mettere in atto una tattica per anticiparlo e costringerlo a inseguire, allo stesso modo in cui fu lui alla Sanremo a incastrare tutti gli altri, correndo per Philipsen. Alla Gand, il campione del mondo ha provato a fare il suo solito, uscendo allo scoperto a 85 chilometri dall’arrivo. Le gambe non sono sempre le stesse e i percorsi non si somigliano tutti. Le strade impegnative che ad Harelbeke gli hanno permesso di fare la differenza ieri non c’erano, ma lui non se ne è reso conto. Si poteva pensare che ancora una volta avrebbe corso per Philipsen, ma il richiamo del Kemmelberg e delle raffiche di vento è stato più forte di ogni ragionamento. Probabilmente domenica al Fiandre, il corpo a corpo sarà ancora la soluzione migliore, ma la prova di ieri aggiunge un elemento di curiosità.

La sensazione infatti è che la Lidl-Trek sia andata in gara avendo già chiaro come fare per contenere il potentissimo campione del mondo: dal primo dei muri fino agli ultimi 350 metri, quando Pedersen ha lanciato la lunghissima volata con cui ha sfiancato il rivale. Rileggendo la corsa, la squadra guidata da Gregory Rast ha lanciato allo scoperto i suoi uomini, uno dietro l’altro, ricordando il modo di correre che un tempo fu della Quick Step che poi finalizzava il lavoro con Tom Boonen.

Sull’ultimo Kemmel, Van der Poel ha dovuto stringere i denti ed ha accettato la sfida di Pedersen
Sull’ultimo Kemmel, Van der Poel ha dovuto stringere i denti ed ha accettato la sfida di Pedersen

Messo in mezzo

Vista la superiorità del campione del mondo, non avevano altra scelta. Il fatto di averlo circondato con il numero più alto di uomini ha fatto sì che Van der Poel, privo di una squadra alla sua altezza, abbia dovuto cavare da sé le castagne dal fuoco e abbia cominciato a pensare di doversi guardare non solo da Pedersen. Quando Mathieu ha attaccato sul Kemmelberg, si è ritrovato circondato da maglie della squadra americana.

Difficile dire se a quel punto avesse in animo di tentare la giocata individuale a qualsiasi costo. Quel che è certo è che quando all’ultimo passaggio sul celebre muro ha dovuto rispondere all’attacco di Pedersen, non aveva più il brio delle tornate precedenti. Dopo l’arrivo ha ammesso di aver pagato la fatica della gara di Harelbeke, ma ha fatto presto a ricordare che in gruppo c’era anche Pedersen. In realtà venerdì il danese ha chiuso a quasi 3 minuti dal vincitore iridato, quindi sicuramente il suo dispendio energetico è stato inferiore, ma il vero succo della questione è che Mathieu ha letto male la corsa oppure ha creduto di poter giocare ancora una volta da solo.

«La nostra forza in Lidl-Trek – ha invece spiegato Pedersen – è correre come una squadra e non per un unico leader. Non designiamo nessuno come numero uno. Se mi avessero detto di non puntare alla mia vittoria, ma di lavorare per lo sprint di Milan, lo avrei fatto. Abbiamo capito che ciò disturba i nostri avversari, che non sempre capiscono molto bene la nostra strategia».

Conoscendo il finale di gara, l’attacco di Kopecky aveva coinvolto anche Lorena Wiebes
Conoscendo il finale di gara, l’attacco di Kopecky aveva coinvolto anche Lorena Wiebes

Solista senza squadra

Nella gara delle donne, l’altrettanto ambiziosa e iridata Lotte Kopecky ha attaccato sul Kemmelberg e ha portato con sé Lorena Wiebes. Non ha tentato l’azione individuale. E quando sono state riprese, anziché intestardirsi nel cercare la soluzione personale, si è messa al servizio della compagna che alla fine ha portato a casa la vittoria. Dall’altra parte, Elisa Longo Borghini avrebbe potuto correre per sé, ma assieme a Van Dijk e Van Anrooij ha capito che la carta migliore fosse Balsamo e per Elisa hanno lavorato.

Van der Poel si è ritrovato a corto di gambe in fuga con Pedersen a 30 chilometri dall’arrivo. E questa volta, al contrario di quanto fatto a Sanremo, non ha ragionato da leader di una squadra. Avrebbe potuto rialzarsi, non collaborare e favorire il rientro del gruppo, in cui Philipsen avrebbe potuto giocarsi la volata contro Milan e i velocisti rimasti. Ma non lo ha fatto e ha preferito puntare su se stesso, pur consapevole che in certi arrivi Pedersen è più forte di lui. Allo stesso modo aveva perso il Fiandre del 2021 contro Kasper Asgreen e la Roubaix contro Colbrelli: impossibile che non lo ricordasse.

«In realtà neanche io ero sicuro al 100 per cento del mio sprint – ha detto Pedersen – ma sono partito più lungo che potevo per mettergli pressione».

Al Fiandre del 2021, Van der Poel perse la volata lunga contro Asgreen, come accadde anche alla Roubaix contro Colbrelli
Al Fiandre del 2021, Van der Poel perse la volata lunga contro Asgreen

Fiandre in arrivo

A una settimana dal Giro delle Fiandre, la Gand ha mostrato che i solisti della Soudal-Quick Step non sono ancora entrati in gara. La Visma-Lease a Bike porta ancora le cicatrici della sconfitta di Van Aert ad Harelbeke, ma soprattutto ha mostrato che Laporte, Van Baarle e Benoot non sono ancora al livello dei tempi migliori. La Alpecin-Deceuninck ha l’immenso Van der Poel, ma alle sue spalle c’è poco. Pogacar non ci sarà per scelta. E di colpo sulla scena sono piombati i corridori della Lidl-Trek, capaci di mettere le briglie a Van der Poel. Certamente su quel percorso che non concede sconti, Mathieu avrà tutte le carte in regola per puntare alla tripletta. Il gioco sarà capire se la resa di ieri abbia instillato in lui il dubbio che non sempre sia possibile fare tutto da soli.

«Ai meno dieci, Wout mi ha chiesto se volessi vincere»

29.03.2023
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«A dieci chilometri dall’arrivo – ha raccontato Laporte nella conferenza stampa di Wevelgem – Wout mi ha chiesto se volessi vincere. Credo che conoscesse la risposta. Quello che avevamo fatto nel 2022 al GP E3 (identico arrivo, ma primo Van Aert, ndr) era stato magnifico. Ne parlavamo qualche giorno prima, dicendo che difficilmente sarebbe successo ancora. Invece alla Gand lo abbiamo fatto nuovamente».

L’arrivo mano nella mano fa pensare ad Harelbeke 2022, ma anche alla Liegi 2002 con Bettini e Garzelli
L’arrivo mano nella mano fa pensare ad Harelbeke 2022, ma anche alla Liegi 2002 con Bettini e Garzelli

Da cacciatori a prede

Il dominio del Team Jumbo-Visma, culminato con l’assolo di Christophe Laporte e Wout Van Aert alla Gand-Wevelgem, ha irretito il gruppo e il pubblico. Le reazioni sono state di vario colore. Dal trionfalismo dei tifosi, alla constatazione degli osservatori che in mancanza di rivali come Van der Poel o Pogacar, Van Aert e soci non hanno avversari. Il divario effettivamente è innegabile e nelle parole dei manager dello squadrone olandese traspare la voglia di fare anche di più.

«Abbiamo ancora bisogno di un grande budget – ha spiegato il team manager Merijn Zeeman a L’Equipe – perché i buoni corridori diventano sempre più costosi. Da questo punto di vista, dovremmo essere strutturalmente tra i primi cinque team del World Tour. Ma non ci siamo ancora…»

«Siamo partiti per diventare come la Ineos durante il periodo estivo – gli ha fatto eco il grande capo Richard Plugge – e la Quick-Step in primavera. Ci stiamo ancora lavorando, siamo passati dal periodo dell’apprendistato al copiare, ma ora dobbiamo arrivare alla fase successiva. Questa è la nostra sfida e dobbiamo fare ancora meglio e trovare il modo di riuscirci. Ma al momento ci troviamo in una posizione che non conosciamo davvero. Non siamo più i cacciatori, ora siamo le prede».

A Wollongong, Laporte ha centrato l’argento dietro Evenepoel: eccoli sul podio con Matthews
A Wollongong, Laporte ha centrato l’argento dietro Evenepoel: eccoli sul podio con Matthews

Spirito di gruppo

Quello che traspare sono la continua ricerca e la cura dei dettagli: tratti comuni a tutti gli squadroni che nel corso degli anni, anche grazie a budget più importanti di altri, sono riusciti a dominare la scena. I soldi però non bastano: se così fosse, altri team riuscirebbero a vincere con più corridori anziché sempre con il solito.

«Ho appena compiuto 30 anni – dice Laporte, spiegando i suo momento – è ora che devo fare il mio palmares. Questo gruppo è fantastico perché fra noi c’è il piacere di veder vincere i compagni. Io sono super felice di vedere Van Aert vincere grandi gare, come lo sono stato per Van Baarle all’Het Nieuwsblad e Benoot a Kuurne. E sono sempre stato felice per loro perché sapevo che prima o poi sarebbe toccato anche a me».

Nato in Cofidis

Siccome non è scritto da nessuna parte che i vincitori abbiano sempre ragione, la scelta di Van Aert di lasciar vincere il compagno, gli è valsa qualche illustre… forchettata, come ad esempio quella di Merckx. Il Cannibale ha infatti precisato che lui non lo avrebbe mai fatto. Per contro, si è levato alto anche il coro di chi invece ha applaudito. Di certo questa voglia di condividere gioia e vittorie deve essere ben radicata nell’animo dei corridori, se è vero che Laporte non è stato in grado di seguire Van Aert sul Kemmelberg, ma è stato atteso.

E così il francese, che nelle dichiarazioni di inizio anno è stato descritto come un leader, negli ultimi mesi ha visto arrivare nella sua bacheca una tappa al Tour, il secondo posto al mondiale e ora la vittoria in una grande classica fiamminga.

«Risultati che mi sono costati sacrifici soprattutto sul piano familiare – ha spiegato con riferimento alla compagna Marion e i due figli – ma che hanno premiato il lavoro che faccio tutti i giorni. Il mio ciclismo è cambiato molto da quando gareggiavo in mountain bike e andavo in bici senza pensare al resto. Sono felicissimo di essere arrivato in questa squadra, ma ho potuto farlo grazie ai miei anni nella Cofidis, che sono stati molto buoni. Non ho rimpianti. E’ stato lì che ho imparato a diventare un professionista e grazie a questa esperienza, ho potuto rivendicare il mio status in Jumbo-Visma».

Le parole di Laporte confermano il grande affiatamento fra compagni di squadra: qui l’abbraccio con Wout Van Aert
Le parole di Laporte confermano il grande affiatamento fra compagni di squadra

Impatto psicologico

E qui il salto di qualità è stato palese. Si potrebbe obiettare che la vittoria ottenuta a questo modo non sia delle più esaltanti: l’arrivo solitario o uno sprint le avrebbero tolto il senso del regalo, anche se nelle parole del vincitore e nella pubblica opinione è stato proprio il regalo a renderla più importante.

«Sono molto contento – ha spiegato Laporte – di essere arrivato in questa squadra. Qui ho scoperto i ritiri di tre settimane in altura, le nuove bici che vanno veloci. I piani nutrizionali precisi alla caloria. La mia mente ha retto bene il passaggio in una delle squadre più forti del mondo. Ho sofferto la lontananza dalla famiglia. Mio figlio è nato il giorno di Natale e non è stato facile stargli lontano durante il ritiro di febbraio sul Teide. Ho superato tutto perché in cuor mio so che sto vivendo uno dei miei sogni di bambino».

Pensieri e parole di Elisa Balsamo da Gand a Wevelgem

28.03.2022
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Le donne iniziano nel pomeriggio. E mentre Hailu Girmay ha già messo Wevelgem nel mirino, una coppia russo-olandese – Gulnaz Khatuntseva e Anne van Rooijen – cerca visibilità e improbabile gloria con un vantaggio massimo di tre minuti. A De Moeren è la Jumbo-Visma a suonare l’allarme, ma non c’è vento: primo errore. E se Marianne Vos inizia a capire di aver perso troppo presto alcune compagne di squadra, nella testa di Elisa Balsamo e sull’ammiraglia della Trek-Segafredo, il piano inizia a prendere forma. La coppia di testa lotta ancora a lungo, ma a 65 chilometri dalla fine è riassorbita. E la corsa inizia…

«Oggi ho vinto la mia gara preferita – esclama Elisa Balsamo dopo l’arrivo – è un sogno che si avvera. Sono molto, molto felice».

Riavvolgiamo il nastro però. Non è mai bello svelare il finale, la storia merita un racconto meno frettoloso. Fuga ripresa, Gand sul punto di esplodere.

Kopecky all’attacco

Lotte Kopecky mette fuori la testa per la prima volta sul Baneberg e fiuta l’aria. La fuoriclasse belga attacca con Katarzyna Niewiadoma (Canyon), Anna Henderson (Jumbo-Visma), Marta Lach (Ceratizit) e Liane Lippert (Team DSM). La gente le aspetta, seguendo un po’ la gara degli uomini dai telefoni e bevendo birra.

Al primo passaggio sul Kemmelberg, Kopecky forza ancora, mentre dal gruppo sono arrivate anche Marta Cavalli (FDJ), Labecki (Jumbo-Visma) e Olivia Baril (Valcar). Lorena Wiebes, la velocista terribile, è uscita anche lei dal gruppo di testa, ma presto si arrenderà.

«Il Kemmelberg è stato duro e ripido – dice Elisa Balsamo, al settimo cielo – ma giro dopo giro le mie compagne di squadra mi hanno aiutato a rimanere in una buona posizione. Ed essere in una buona posizione su queste strade è molto importante. Dopo l’ultimo passaggio lassù, abbiamo deciso di arrivare allo sprint».

In pezzi sul Kemmel

Ancora un passo indietro, riavvolgiamo la pellicola. Fuga ripresa, ma corsa non ancora chiusa. Sul Banenberg ci riprova infatti la giovanissima De Wilde rispondendo a un attacco di Chantal Van den Broek-Blaak. Nel tratto più ripido del muro simbolo della Gand, il gruppo va nuovamente in pezzi, con Grace Brown (FDJ) che cerca l’assolo. Gruppo ancora compatto.

Altro tentativo di Van den Broek-Blaak, Mackaij e Van Anrooij, ma questa volta è la Jumbo-Visma a chiudere per la Vos. La corsa è da mal di testa, spettacolo nello spettacolo delle Fiandre. A 3,5 chilometri dalla fine, ancora Brown che prova il colpo a sorpresa.

«Ci siamo un po’ fatte prendere dal panico – racconta ancora Balsamo – ma Ina (Teutenberg, diesse della Trek-Segafredo, ndr) è stata bravissima dall’ammiraglia e ci ha tenute calme. Poi Ellen Van Dijk è passata in testa e ha colmato il divario. E’ stata incredibile».

Finale furibondo

La campionessa europea Ellen Van Dijk e Rianne Markus, gregaria di Marianne Vos, fanno un capolavoro per riprendere l’ultima attaccante. Ce la fanno, ma a quel punto Elisa Balsamo deve mettere sulla strada tutta l’arte della pista per giocarsi lo sprint.

Festeggiamenti fiamminghi per Balsamo padre e figlia: il Belgio porta bene
Festeggiamenti fiamminghi per Balsamo padre e figlia: il Belgio porta bene

Marlene Reusser infatti pilota in modo eccellente l’inarrestabile Kopecky e Lotte prova ad anticipare, ma Elisa riesce nella rimonta ancora aiutata da una grande Van Dijk. E nello sprint arriva il terzo capolavoro in una settimana. Vos seconda, come a Leuven, 130 chilometri da Wevelgem. Confalonieri terza. Per Kopecky alla fine è arrivato il quarto posto.

«Dopo il Kemmelberg eravamo fiduciose – racconta finalmente Balsamo – ma non è stato facile. Negli ultimi chilometri ci sono stati tanti attacchi, ma il mio team è stato perfetto e ha chiuso tutto, hanno fatto un ottimo lavoro! Sono state tutte forti. Van Dijk, Elisa (Longo Borghini, ndr) e Shirin (Van Anrooij), soprattutto nel finale. Ho avvertito un po’ di pressione con una squadra così forte che lavora per me, ma mi sento bene. Sembra che il lavoro che ho fatto quest’inverno stia dando i suoi frutti. Abbiamo vinto perché eravamo la squadra migliore e abbiamo mostrato il miglior spirito di squadra».

Due su tre come a Leuven: prima Balsamo, seconda Vos. Terza questa volta Confalonieri
Due su tre come a Leuven: prima Balsamo, seconda Vos. Terza questa volta Confalonieri

Appuntamento ad Anversa

Con la maglia iridata sulle spalle e un buon vantaggio nella classifica del Women’s WorldTour, Elisa ora fa rotta verso il Giro delle Fiandre, mentre la stampa belga si interessa e le chiede quale sia la corretta pronuncia del suo cognome: se Balsàmo, come dicono quassù, oppure Bàlsamo. Ora l’attende il Fiandre, altro percorso e altra storia da scrivere. La sensazione è che il viaggio sia appena cominciato. La certezza è che una così ce l’abbiamo solo noi!

Diario belga di Consonni, dall’alba al tramonto

29.03.2021
7 min
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«La gente e i giornalisti – dice Consonni – vedono solo quelli davanti. Ma per capire la vera essenza di una Gand-Wevelgem, bisognerebbe mettere la telecamera sugli ultimi. Ai primi sembra tutto facile. Sul computerino nell’ultimo Kemmel, un muro in pavé al 20 per cento dopo 5 ore e mezza di gara con le gambe che urlavano, c’era scritto “corsa interrotta”. Dice così quando la velocità scende sotto i 4 orari. Ma staccarsi ai 90 dall’arrivo e ugualmente tenere duro per arrivare al traguardo, vuol dire cercare di tirare fuori il meglio. Fenomeni si nasce, buoni corridori si diventa».

Per Consonni a colazione anche una fetta con pasta di mandorle
Per Consonni a colazione anche una fetta con pasta di mandorle

Ginocchio okay

Inizia così questo viaggio tecnico a ritroso nella Gand-Wevelgem di Simone Consonni, il cui ginocchio parrebbe aver messo la testa a posto. Il bergamasco è tornato alle corse e a Wevelgem si è piazzato in 62ª posizione.

«Dopo Harelbeke – dice – ero finito. La Gand è stata la quarta corsa dell’anno e lassù siamo nell’elite del ciclismo mondiale. Sono abbastanza soddisfatto per averla finita senza dolore al ginocchio».

Mentre davanti Van Aert e i tre italiani si giocavano la corsa, Consonni pedalava a fatica verso il traguardo. Noi ci siamo fatti raccontare la sua giornata in sella.

La presentazione del Team Cofidis a Ypres e poi di nuovo sul pullman
La presentazione del Team Cofidis a Ypres e poi di nuovo sul pullman

Sveglia e colazione

Se l’hotel è come sempre in zona Oudenaarde, per andare alla partenza da Ypres c’è da fare un bel pezzetto di trasferimento.

A che ora la sveglia?

Prestissimo, non buono per me. Nei giorni prima, ero da solo in hotel e mi svegliavo alle 9. Per le altre corse in Belgio la sveglia di solito è alle 8. Questa volta ha suonato alle 7 e nella notte c’è stato anche il passaggio all’ora legale. Ho anche provato ad andare a letto un po’ prima, ma non sono riuscito a prendere sonno. Una partenza a handicap (ride, ndr).

Colazione in camera come in Belgio in epoca Covid?

No, per fortuna la squadra ha preso tutto un piano dell’hotel e così siamo riusciti a mantenere la bolla, con due stanze adibite a ristorante. Se la colazione è alle 8, io metto la sveglia alle 8 e arrivo a tavola sempre un po’ dopo, per sfruttare il riposo al massimo. Quando sono arrivato, ho visto che qualcuno aveva preso della pasta, ma non ne avevo voglia. Invece ho mangiato yogurt, cereali e miele. Due fette tostate. Una con crema di mandorle, uova e prosciutto. L’altra con la marmellata. Un caffettino e via…

Senza pasta prima di una corsa tanto impegnativa?

Preferisco non ingolfarmi, prevedendo la partenza a tutta. Comunque nel pullman ho mangiato una banana e una barretta di carboidrati, per partire senza essere appesantito. E poi ho dormito per altri 15 minuti.

Che cosa hai fatto arrivato a Ypres?

Ho messo il body e sopra un giubbino pesante. Siamo andati alla firma e alla presentazione della squadra. Poi siamo tornati al bus e abbiamo fatto la riunione. Ho bevuto un altro caffè. Ho fatto il pieno di gel e barrette e 5 minuti prima di partire ho preso un altro caffè: il terzo di giornata.

La Cofidis attinge per i suoi corridori dal catalogo di Named Sport
La Cofidis attinge per i suoi corridori dal catalogo di Named Sport

Bici da strada

Lo avevano detto anche Nizzolo e prima Trentin. Fra le corse del Nord, la Gand è quella che si affronta con la bici più normale. Il Kemmel è l’unico tratto in pavé un po’ lungo, ma ha il fondo così buono da non richiedere accorgimenti speciali.

Bici normale?

Quella da strada, con tubolari da 25 e cerchi più bassi. Da 40 e non da 55. Ruote sulla difensiva, insomma, per prendere meno sventagliate. Visto che il solo pavé era quello del Kemmelberg, le gomme le ho gonfiate a 6 davanti e dietro, mentre ad esempio ad Harelbeke avevo 6,2 davanti e 6,4 al posteriore.

Rapporti?

Classici. 39-54 e 11-29. Sul Kemmel il 29 è servito e se lo avessi avuto, avrei spinto anche il 32. Due borracce e via…

Dopo pochi chilometri, gruppo in pezzi: per Consonni, la temuta partenza a fiamma
Dopo pochi chilometri, gruppo in pezzi: la temuta partenza a fiamma

Rifornimenti smart

Ognuno ha le sue abitudini e come si può vedere Consonni, oltre alla pasta a colazione, non mangia panini. Anche se forse l’eccezione è dovuta al tipo di corsa.

Cosa c’era nelle due borracce?

In entrambe 45-50 grammi di carboidrati. In più avevo in tasca 5 gel e 2 barrette, in modo da integrare ogni ora con 60-80 grammi di carboidrati. Siamo partiti subito a fiamma, poi sono andati via i ventagli. Solo dopo 100 chilometri sono riuscito a mangiare l’unica barretta di tutto il giorno.

Niente panini?

In corse come questa, in cui vai sempre a tutta e non hai il tempo per mangiare, preferisco integrare i carboidrati bevendo e con gel. In una corsa a tappe, quando dopo la prima ora il ritmo scende, il panino ci può anche stare.

Cosa ti è arrivato con il sacchetto del rifornimento?

C’erano due borracce. Non semplice acqua, perché non è ancora così caldo. Erano ancora carboidrati, più un paio di panini che io però ho lasciato, barrette e gel. La mia Gand è stato un continuo reintegrare. Ed è stata una grandissima faticaccia.

Dopo l’arrivo, per Consonni 40 minuti senza mangiare, poi proteine e quinoa preparata dal team
Dopo l’arrivo, 40 minuti senza mangiare, poi proteine e quinoa

Lavoro duro

Se usi le corse del Nord come ripartenza da un periodo di stop, considerando il livello della competizione, devi essere consapevole che dovrai stringere i denti fino a farti male.

Dicevi: una faticaccia…

Basta guardare il cuore. Ad Harelbeke ho corso per 4 ore e alla fine sono venuti fuori 158 battiti medi, il chiaro segno che non sono troppo allenato e lo sapevo. Ieri invece la gamba spingeva, ma non avevo il cambio di ritmo. Ho fatto 150 chilometri a inseguire. I battiti medi si sono abbassati fino a 149 con picchi di 185, da cui si vede bene quanto fossi finito. Sabato infatti ero salito fino a 196, per cui mi sento di dire che abbiamo fatto un bel blocco di lavoro. Sapevamo che avrei fatto fatica e che non avrei avuto la gamba per stare davanti e aiutare la squadra. Ma sono contento di averla finita e di aver lavorato bene. Zitto zitto, la scorsa settimana mi sono sparato 1.000 chilometrini. Il giorno dopo la Nokere Koerse ho fatto 4 ore e poi 3 ore ogni giorno, per completare il lavoro.

Come dire che in un modo o nell’altro la condizione arriverà?

L’idea è quella, anche se si tratta di un’arma a doppio taglio, perché ho fatto davvero tanti fuorigiri. Adesso mi aspettano tre giorni di recupero, continuando a fare gli esercizi per fortificare il ginocchio. Anche lassù comunque avevo i miei elastici e ci ho lavorato.

Recupero attivo

Consonni è arrivato a casa alle 21,30 circa della domenica, con un volo su Linate. Tornerà in Belgio la prossima settimana per Scheldeprijs, il mercoledì tra il Fiandre e la Roubaix sulla quale il mistero resta fitto.

Recupero a casa?

Due giorni senza bici e palestra per lavorare sul ginocchio. Poi sentirò Villa, perché non mi dispiacerebbe fra giovedì e venerdì andare a fare qualche sessione di lavoro in pista.

Quando hai mangiato per l’ultima volta in corsa?

Più o meno mancavano 150 chilometri alla fine. E quando siamo arrivati in fondo, avevo la pancia sottosopra, per i tanti zuccheri che ho buttato dentro. Alla fine sono rimasto in gruppo e ho lasciato che mi portassero all’arrivo. Mi hanno raccontato delle brutte scene mostrate di Bennett che rimetteva. Bè, questo è il Nord per buona parte gli atleti. Bello da guardare, bello anche da vivere, ma diverso da come si immagina.

Anche in Belgio aveva gli elastici per lavorare con il ginocchio
Anche in Belgio aveva gli elastici per lavorare con il ginocchio

Dopo l’arrivo

Da Wevelgem a Bergamo, passando per Bruxelles e Linate. Ricordate il racconto di Moschetti della scorsa settimana? A Consonni è andata meglio.

Hai mangiato qualcosa dopo l’arrivo?

Ho fatto passare almeno 40 minuti, altrimenti ho lo stomaco chiuso e non riesco a far scendere niente. Poi ho mandato giù la classica borraccia di proteine. E poi, andando verso l’aeroporto, il pasto dopo gara preparato dalla squadra. Stavolta c’erano la quinoa con mozzarella, tonno e pomodorini. Infine in aeroporto, con tutti i ristoranti chiusi, ho mangiato un panino con il prosciutto. Il bello è che arrivato in Italia, nonostante la grande fatica e avendo mangiato da corridore, non avevo più fame. Vuol dire che ho lavorato bene e integrato nel modo giusto. Quando le gambe iniziano a funzionare, entri nel loop giusto. Capisci che le cose funzionano.

Nei giorni del male al ginocchio hai parlato del peso.

In effetti un po’ avevo mollato, però dal momento in cui ho potuto riprendere, sono restato concentrato. Adesso sono intorno ai 73,5 mentre al Tour ero 71,5. Per cui va bene.

Prossime corse?

Il mio programma, a causa del ginocchio, arriva a Scheldeprijs per cui dovremo rifarlo anche alla luce dei programmi di Elia (Viviani, ndr). Ho sentito parlare della Valenciana, forse di gare in pista. E’ tutto sul tappeto, non so nemmeno se si farà la Roubaix…

La Gand del belga e dei tre italiani. E Nizzolo rimugina…

28.03.2021
6 min
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Nizzolo sta cominciando a capirlo solo ora. Forse la Gand l’ha buttata, anche se Van Aert magari avrebbe vinto lo stesso. E’ passata quasi un’ora dall’arrivo e Giacomo non ha ancora rivisto la volata, ma a forza di sentirsi dire che forse qualcosa è andata storta, qualche crepa si sta aprendo nella convinzione professata sul traguardo di aver fatto tutto bene.

«L’arrivo era corto – dice – ho corso per tutto il giorno come volevo. La volata l’ho presa così da dietro perché pensavo di non avere gambe per farla in testa. Pensavo di essere stanco e forse farla di rimonta era meglio. Potevo giocarmela meglio, ma ha vinto il più forte. Vorrei che questo fosse chiaro…»

In attesa del podio, ciascuno con i suoi pensieri
In attesa del podio, ciascuno con i suoi pensieri

Rimonta strozzata

Forse il nuovo finale della Gand-Wevelgem con dei chilometri nuovi a causa di un incendio. Oppure il fatto che Van Aert si sia tenuto saggiamente accanto Van Hooydonck, impedendo a chiunque di scattare. Magari davvero il senso di affaticamento per aver risposto agli scatti sul Kemmel e poi a due allunghi di Kung nel finale. Il 55 e le ruote da strada, perché tanto pavé in realtà non c’era. C’era tutto per fare bene, eppure qualcosa non ha girato nel verso giusto. Infatti mentre Van Aert con Trentin e Colbrelli a ruota si lanciavano nello sprint, Nizzolo doveva ancora iniziare la rimonta. Che in un arrivo breve come l’ha descritto benissimo lui, è rimasta soffocata nella gola.

Il gruppo di testa sotto al Menin Gate di Ypres, monumento ai caduti
Il gruppo di testa sotto al Menin Gate di Ypres, monumento ai caduti

Doppio rimpianto

«E proprio la gola – sorride mestamente – continua a darmi fastidio dalla Sanremo, ricordo che ne avevamo già parlato. E diciamo che certi sforzi e il vento freddo del Nord non aiutano a farlo passare. In salita non mi hanno staccato perché si andava troppo forte per fare la differenza. In finale poi Van Hooydonck ha ricevuto l’ordine di tirare fino all’ultimo. Io ho risposto a Kung, che mi è partito da davanti e non volevo lasciarlo andare. La rimonta, già la rimonta. Ero indietro. Mi sono lanciato e ho dovuto smettere di pedalare. Ho girato attorno a uno e poi sono ripartito. Mi resta la consapevolezza che alla fine delle corse lunghe sono ancora veloce, ma sta iniziando a venirmi anche un po’ di rimpianto. Come ho ancora qua sulla gola la Sanremo. Ho vinto bene la volata del gruppo. Quel colpo che ho dato col ginocchio sul manubrio a inizio anno mi ha fatto arrivare alla Classicissima con un po’ di ritardo, ma ora sto bene e guardo con curiosità al Fiandre. L’ho fatto una sola volta da neopro’ con Cancellara, ricordo poco. Starò quassù fino alla Roubaix. Perché a noi dicono che si dovrebbe fare».

Sull’ultimo Kemmel, il forcing di Van Aert. Trentin risponde bene
Sull’ultimo Kemmel, il forcing di Van Aert. Trentin risponde bene

Grazie a Van Hooydonck

Prima Van Aert e poi i tre italiani, da capire se esserne depressi oppure prendere atto che alle spalle del gigante ci fossero soltanto i nostri.

«E’ stato uno sprint velocissimo – dice il belga – abbiamo avuto vento favorevole fin dal Kemmel e siamo stati in grado di gestire bene il finale. Van Hooydonck ha fatto per tutto il giorno un lavoro fantastico, ma nel finale è stato superlativo. Non è stato un giorno semplice. La fuga non era molto numerosa e abbiamo dovuto fare parecchi chilometri tirando ciascuno per la sua parte. Abbiamo avuto sempre il vento di traverso, è stato uno sforzo enorme, ma ne è valsa davvero la pena».

Probabilmente sul Kemmel ha ragionato e ha scelto di non attaccare a fondo, come magari avrebbe fatto Van der Poel. Certe corse si vincono con la testa e non solo con il carattere. Per questo Van Aert è forse superiore all’olandese.

Schermaglie in pianura: Van Aert fa buona guardia
Schermaglie in pianura: Van Aert fa buona guardia

Trentin, quasi perfetto

Ieri Trentin le aveva azzeccate tutte. Ha sbagliato solo il pronostico sulla Trek-Segafredo, perché non poteva sapere che a causa di una doppia positività Covid, la squadra americana non sarebbe partita. Ma quando il discorso si è spostato sullo sprint, contro Van Aert c’è stato poco da fare.

«Ancora terzo come l’anno scorso – dice – un po’ sono deluso, ma non è una vergogna arrivare dietro un così. Diciamo che posso essere contento al 50 per cento. E’ venuta fuori una gara molto dura. Dopo 60-70 chilometri era già tutto spaccato. La prima selezione l’ho fatta io. Volevo dare una ripassata al gruppo, che era tutto compatto. Mi sono girato e avevo tutta la Bike Exchange a ruota. Si è formato un bel gruppo, nessuno ha fatto il furbo. E poi il Kemmel ha dato le scremate successive. Cosa vuol dire in prospettiva del Fiandre? Tutto e niente. Non si possono paragonare le due corse. Il Fiandre ha più salite e più pavé e spero di vincerlo. Così quando domenica parleremo della settimana trascorsa, potremo dire che il terzo alla Gand era il segnale della condizione».

Van Avermaet è rimasto fuori dai primi ed ha inseguito per tutto il giorno
Van Avermaet è rimasto fuori dai primi ed ha inseguito per tutto il giorno

I dubbi di Colbrelli

Alla fine c’è Colbrelli, che il podio l’ha perso negli ultimi 30 metri e un po’ gli scoccia. La voce sempre venir fuori da un pozzo, sfinita e cupa. Sono andati forte per tutto il giorno e nel bilancio della stagione di Sonny c’è la scelta di non correre fino alla Sanremo, provando un modo di fare che probabilmente non ha dato frutti.

«Ma questo qua è un fenomeno – dice Colbrelli, riferendosi a Van Aert – e il compagno l’ha aiutato perché ha impedito gli scatti. Senza di lui magari vinceva ugualmente, ma gli toccava chiudere tutti i buchi. E in salita non ci ha staccato. La volata? Riguardandola, magari ho sbagliato a uscire dalla sua scia. Invece di pensare a passarlo, dovevo restare lì e magari mi portava lui sul podio, visto che Trentin mi ha passato con le ultime tre pedalate. Mi manca ancora qualcosa, perché non ho corso tanto. Abbiamo provato questa preparazione, era giusto farlo, ma non ho esplosività e facilità nei rilanci. E’ stato un buon test per domenica, anche se al Fiandre torneranno in ballo Van der Poel, Alaphilippe e altri. Comunque le corse quassù sono tutte diverse. Ad Harelbeke la Deceuninck sembrava imbattibile, oggi si sono squagliati. Se cambiava qualcosa senza il malanno di Bennett? Probabilmente sì. Ero accanto a lui quando ha rimesso, per poco non prendeva anche me. Non credevo ai miei occhi. L’ho guardato e mi sono detto: che cosa sta facendo questo qua?».