Casero: «La Valenciana si farà… nonostante la Dana»

20.12.2024
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La Volta a la Comunitat Valenciana riparte con entusiasmo, nonostante le difficoltà causate dalla tremenda alluvione, la Dana, che ha colpito la regione di Valencia lo scorso fine ottobre. L’evento ha danneggiato infrastrutture e colpito la popolazione locale, mettendo inizialmente in dubbio la realizzazione della gara prevista per febbraio. Angel Casero, ex professionista e ora organizzatore dell’evento, ci ha raccontato come sono andate le cose. E come la determinazione e la collaborazione hanno permesso di ripristinare le condizioni per ospitare la corsa.

La Volta, con le sue cinque tappe maschili e la gara femminile finale, rappresenta un simbolo di rinascita per la Valenciana. Dopo settimane di lavoro intenso per ripulire e sistemare i danni, Casero conferma che tutto è pronto per l’edizione 2024.

«La Dana ha fatto molti danni – spiega Casero – distruggendo, tra l’altro, quasi tutto il nostro magazzino. Erano rimaste solo le frecce del percorso. Ma non abbiamo mai perso la speranza di realizzare la gara, anche per rendere omaggio alla popolazione colpita».

Angel Casero (classe 1972 e vincitore della Vuelta 2001) organizzatore della Valenciana
Angel Casero (classe 1972 e vincitore della Vuelta 2001) organizzatore della Valenciana

Più forti della Dana

L’alluvione ha lasciato un segno profondo a Valencia e nei territori circostanti, ma nonostante le difficoltà logistiche, il percorso della Volta è stato confermato.

«Nella popolazione di Masanasa – ha raccontato Angel – dove vivono i genitori di mia moglie, la situazione è stata critica. Per fortuna non ci sono stati incidenti gravi, ma il giorno dopo l’alluvione il nostro magazzino era completamente distrutto. Abbiamo passato tre settimane a pulire e riorganizzare tutto. Due località di salita erano state colpite, ma siamo riusciti a trovare soluzioni per garantire il regolare svolgimento della gara».

Le strade interessate dalla competizione sono state sistemate e non presentano problemi: insomma quello che si pensava fosse il problema maggiore sembra non sussistere. Tuttavia, nelle aree più colpite si percepiscono ancora i segni dell’alluvione.

«L’asfalto è marrone a causa del fango, ma vogliamo portare la corsa proprio qui, per offrire momenti che possano distogliere la mente della gente dalle difficoltà vissute».

Un’immagine dell’alluvione di Valencia dello scorso fine ottobre
Un’immagine dell’alluvione di Valencia dello scorso fine ottobre

Squadre preoccupate

La decisione di mantenere la corsa è stata sostenuta anche dalle amministrazioni locali, con le quali Casero ha lavorato a stretto contatto. Oltre alla ricerca costante degli sponsor che non mancano. Sabadell per esempio ha confermato la sua presenza.

«Abbiamo parlato con i Comuni coinvolti e tutti hanno condiviso l’idea di trasformare l’evento in un momento di rinascita. Sarà un’edizione speciale, pensata per rendere omaggio alla forza e alla resilienza della popolazione».

Tra le iniziative previste c’è una maglia speciale per il leader della corsa, decorata con simboli legati ai territori colpiti dalla Dana. Una maglia il cui design sarà svelato nei prossimi giorni. «Questa maglia – anticipa Casero – rappresenterà un tributo a chi ha vissuto questi momenti difficili».

La Valenciana non è solo una gara ciclistica, ma una vera e propria festa dello sport e soprattutto è un passaggio chiave nella preparazione degli atleti in vista degli appuntamenti che verranno e tanti team infatti hanno chiesto a Casero se si sarebbe disputata o meno.

«In tanti mi hanno chiamato, volevano sapere, organizzarsi. Posso dire che il programma prevede cinque tappe maschili e, nell’ultimo giorno, la corsa femminile al mattino seguita da una competizione per i bambini. Sarà una giornata di celebrazione per tutti, con un messaggio chiaro: nonostante le avversità, siamo qui e andiamo avanti».

McNulty è il campione in carica
McNulty è il campione in carica

La forza dello sport

L’edizione del prossimo anno quindi oltre a designare gli eredi di Marlen Reusser e Brandon McNulty vuole essere un omaggio alle comunità colpite. E infatti soprattutto in fase di presentazione si vuol fare le cose in grande.

«Vogliamo regalare due ore di normalità – ha concluso Casero – a chi ha sofferto. La presentazione delle squadre e il passaggio della corsa saranno momenti speciali per la popolazione. Credo fermamente che lo sport abbia la forza di trasformare le difficoltà in opportunità».

E su quest’ultimo aspetto Casero non ha affatto torto. Proprio lo sport e in particolare la Maratona di Valencia sono stati un grande momenti di rinascita. La gara podistica ha ormai una valenza internazionale nel mondo dell’atletica leggera, averla recuperata, si è corsa il 1° dicembre, cioè 33 giorni dopo la Dana, è stato un enorme segnale per questa regione e il ciclismo non poteva di certo tirarsi indietro.

Vi raccontiamo Tonelli il meticoloso (e ora anche vincente)

01.02.2024
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Forse un po’ a sorpresa. Forse perché i ragazzi della VF Group-Bardiani vanno forte dopo il buon lavoro svolto in Spagna, ma giusto ieri Alessandro Tonelli, classe 1992, si è regalato una vittoria incredibile alla Vuelta Valenciana, ormai un palcoscenico importante. 

Insieme al compagno Manuele Tarozzi, sono scappati via sull’ultima salita e hanno letteralmente beffato il gruppo. In pianura e in discesa hanno tenuto più del previsto e i velocisti si sono dovuti accontentare dei posti di rincalzo.

Ma questo è quel che succede quando si lavora bene. E in squadra l’entusiasmo non manca. L’arrivo in parata lo testimonia: un riconoscimento per il più “vecchio” del team e quel sorriso sul volto del secondo, Tarozzi appunto.

Meticolosità da scoprire

Tonelli siamo abituati a vederlo spesso in fuga al Giro d’Italia. E magari il grande pubblico lo conosce per questo. Noi invece ve lo presentiamo sotto un altro punto di vista. Eh sì, perché Alessandro Tonelli è quello che si dice un professionista esemplare. E non è una frase fatta o un complimento fine a se stesso. In vari momenti e con vari personaggi dello staff della VF Group-Bardiani è emerso il suo nome. 

«Il più preciso nel fare stretching? Tonelli». «Quello che conosce meglio di tutti il regolamento? Tonelli». «Chi vede bene la corsa? Tonelli». E allora tanto più dopo questo successo di gambe e… testa, appunto, sentiamo il diretto interessato.

Per Tonelli dieci anni da professionista e quattro Giri nel sacco
Per Tonelli dieci anni da professionista e quattro Giri nel sacco
Alessandro, abbiamo elencato tutte queste caratteristiche. Abbiamo dimenticato di aggiungere che già ti vedono come un direttore sportivo nei prossimi anni…

In effetti me lo dicono tutti che quando smetterò mi ci vedono bene, ma per ora dico di no. Per ora sono un corridore e voglio farlo al meglio. E’ il mio lavoro e come tale voglio farlo al 100 per cento.

Cosa hai studiato?

Ho la maturità da geometra, poi all’università avevo iniziato Ingegneria. Ma erano i tempi della Zalf ero sempre fuori e se non seguivi materie come Analisi 1 o Fisica era tosta. Se perdevi una lezione sembrava che avessi perso un anno intero. E così ho deciso di puntare bene su una cosa sola, il ciclismo, ed è andata bene.

Ecco dunque perché sei così metodico! Cosa significa per te essere professionale nel lavoro?

Saper fare il proprio lavoro, individuare il proprio ruolo. Nel caso del ciclista, sai che devi lavorare con il tuo corpo e che lo devi portare al 100 per cento della prestazione. E se qualcosa non è al top, le cose non vanno. Io faccio sempre l’esempio del motore: puoi avere anche quello più potente, ma se qualcosa non funziona questo non rende. Quindi devi lavorarci su, conoscerti. E non è sempre facile.

In Bardiani ti stimano, lo abbiamo visto di persona: ti senti un riferimento per il team?

Sì, tutti i ragazzi fanno affidamento su di me e non solo quando c’è da dire cose belle, ma anche quelle meno belle. Con i direttori sportivi vado a parlarci io. Ma attenzione, ci vado dopo aver vagliato bene la questione. Questa deve essere fondata. Poi, magari anche se non sono d’accordo ma è valida, io riferisco.

Meticoloso e professionale, Alessandro cura molto anche la parte oltre la bici (foto Instagram)
Meticoloso e professionale, Alessandro cura molto anche la parte oltre la bici (foto Instagram)
Perché secondo te hai questo ruolo in squadra?

Perché ormai dopo tanti anni conosco bene la squadra, la famiglia Reverberi, perché sono professionale e anche perché sono il più vecchio. Quindi porto la voce dei corridori, ma anche il contrario.

Il contrario? Spiegaci meglio…

Per esempio eravamo qui in Spagna per il ritiro di gennaio. Terminato quest’ultimo, visto il buon clima valenciano e al tempo stesso le temperature più rigide che cerano da noi, i tecnici mi hanno chiamato. Mi hanno detto di riferire ai ragazzi che chi correva in Spagna la settimana successiva sarebbe potuto restare, così da evitare malanni, sbalzi di temperature e rischiare di buttare via tutto il lavoro fatto. 

“Tonelli vede la corsa”: sei capitano in gara dunque?

Sì, si… Anche l’altro giorno a Mallorca, nella prima corsa dell’anno mi hanno detto subito: «Te, “Tone”, sei il regista, controllali e vedi quel che succede. Dovete essere pronti ad entrare in gioco. Anche tu». Quindi sono un diesse in gara, magari per spronare i ragazzi o per prendere qualche decisione.

Questione dello stretching. Anche in questo caso sei meticoloso…

Torniamo al discorso della professionalità. Se un massaggiatore mi dice di fare una cosa è per il mio bene. Se non la faccio ci rimetto solo io. Non posso dirgli di aver fatto degli esercizi e poi non è così. Primo, perché non va bene per il corpo, e poi perché lui se ne accorge.

In Spagna al lavoro con i compagni, Tonelli (a destra) è sempre stato in questo team (foto G. Reverberi)
In Spagna al lavoro con i compagni, Tonelli (a destra) è sempre stato in questo team (foto G. Reverberi)
I più giovani sono cresciuti col potenziometro e l’alimentazione super controllata. Com’è il rapporto con loro? Ascoltano o magari ne sanno già più di te?

Il ciclismo è cambiato e non serve andare indietro chissà quanto, bastano 3-4 anni. Social, quindi informazioni, e tecnologia alla portata di tutti hanno fatto sì che i giovani fossero più pronti che in passato. Poi se ascoltano o meno, quello dipende anche dal carattere di ognuno. Certo è, che un Tonelli di dieci anni fa era più lascivo dei ragazzi di oggi. Ma lo era non per scarsa professionalità, ma perché non c’erano certe conoscenze.

E invece perché sai così bene il regolamento?

Perché mia sorella Francesca è una giudice di gara – ride Tonelli – è lei che mi dà le novità e mi rende sempre aggiornato.

Alessandro, sei un corridore di sostanza: hai mai pensato di fare il gregario in una grande squadra?

Intanto devo cercare di vincere (e ieri ci è riuscito, ndr) e poi magari potrei anche starci in una WorldTour, perché so fare il mio lavoro. L’idea c’è stata, ma a quasi 32 anni sta scemando e così preferisco stare qui a fare la chioccia che essere uno qualsiasi altrove. La squadra va bene, è cresciuta e io qui sono molto motivato.

Il ritorno di Geoghegan Hart, corridore e pensatore

29.03.2023
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Per Tao Geoghegan Hart il momento più bello di ogni corsa in giro per il mondo coincide con il ritorno a casa. Tao è di Hackney, quartiere popoloso a sud di Londra. Quando arriva neanche perde tempo a disfare le valigie: salta su sulla sua bici e si dirige verso il Tower Bridge: «Quando comincia a fare sera, il ponte si spopola e assume colori unici. Quella tranquillità mi consente di pensare, di riavvolgere il nastro. Quando le cose vanno bene, è lì che mi godo davvero il momento».

Il britannico della Ineos, vincitore del Giro d’Italia del 2020, è un personaggio atipico. Un pensatore, anche se meno conosciuto da questo punto di vista del “filosofo” Guillaume Martin. Non ha scritto libri, ma entrandoci in contatto si comprende come viva il ciclismo da una dimensione diversa da quella di quasi tutti i suoi colleghi.

Geoghegan Hart nella sua casa di Hackney. Un rifugio irrinunciabile (foto Timo Spurr)
Geoghegan Hart nella sua casa di Hackney. Un rifugio irrinunciabile (foto Timo Spurr)

Che sere al Crystal Palace…

Tao ad esempio è sempre rimasto molto legato alle sue radici. Ai ricordi delle sue corse serali attraverso Londra, all’apprendistato vissuto al Velodromo Herne Hill nella zona del Crystal Palace. Perché Tao è un londinese doc, non lascerebbe mai la sua città. Anche se ama sfruttare il ciclismo per la possibilità di conoscere il mondo.

«Il momento più bello di questa stagione? A Maiorca – ha raccontato a Edward Pickering di Rouleur – Ebbi la possibilità di fare una camminata a piedi nel centro, di visitare le gallerie del posto. Vedendo qualcosa di profondamente diverso da quello che vedo continuamente in sella. Un quarto d’ora, non di più. Ma valeva un tesoro».

Di Geoghegan Hart si erano un po’ perse le tracce. Dimenticando che dopo la vittoria in quel Giro atipico, vissuto d’autunno, la sorte gli ha fatto pagare un prezzo alto, tra covid e ricadute, infezioni varie determinate proprio dal coronavirus.

«Un anno di opportunità perse, tanto che ero entrato in un loop anche psicologico, appena mi riprendevo sapevo che qualcosa andava storto. Ma è servito, ho imparato che la cosa più importante in questo mestiere è stare in salute e in piedi, il resto viene di conseguenza».

La gioia in casa Ineos per la vittoria alla Vuelta Valenciana. Tao l’aspettava da 3 anni
La gioia in casa Ineos per la vittoria alla Vuelta Valenciana. Tao l’aspettava da 3 anni

Ritorno al successo

Per questo, quando ha vinto alla Vuelta Valenciana riassaporando quel gusto del successo che era andato svanito nel corso di anni, non ha neanche festeggiato in maniera particolare: «Non è stato un sollievo, ho provato solo onore e piacere. Il nostro è un mestiere particolare, nel quale entri a contatto con la gente in modi insoliti. Guardate Pinot: è molto più amato adesso che si avvicina al suo crepuscolo di quando vinceva e questo lo trovo affascinante».

E’ chiaro che quel Giro gli è rimasto impresso nella memoria come un marchio a fuoco. Per certi versi lo ha rivissuto, assaporato, capito solo dopo quei giorni caldi: «E passerò il resto della vita per cercare di riviverlo in modo diverso. Per me la cosa principale è come l’ho vissuto intimamente, prendendolo come una concatenazione di eventi fortunati. Non è stato tutto perfetto, ma alla fine ha funzionato, è come se fossi passato attraverso delle “sliding doors” prendendo sempre la direzione giusta fino alla conclusione. Come ad esempio nella tappa di Agrigento».

Tao Geoghegan Hart, Milano, podio, Giro d'Italia 2020
Il momento più bello, il podio di Milano. Il Giro d’Italia è nelle sue mani
Tao Geoghegan Hart, Milano, podio, Giro d'Italia 2020
Il momento più bello, il podio di Milano. Il Giro d’Italia è nelle sue mani

La tappa di Agrigento

Allora il capitano era ancora Geraint Thomas. Tappa difficile quella siciliana, che stava facendo vittime: «A un certo punto mi accorsi che con Geraint era rimasto solo Narvaez. Pensai a che cosa sarebbe successo in caso di caduta: l’argentino è su una bici 48 o 50, il gallese ha una 56, come avrebbe fatto? Era mio dovere rimanere con lui, nel caso avrei potuto dargli io la bici per non fargli perdere minuti e quindi il Giro.

«Sulla salita Geraint mi disse di andare e cominciai a recuperare posizioni. Alla fine la tappa che stava per farmi perdere minuti preziosi non era costata così tanto. All’arrivo mi si avvicinò Jon Dibben, della Lotto Soudal: “Tao, quando mi hai passato eri impressionante, volavi”. Neanche me ne ero reso conto, ma forse il mio Giro era iniziato lì».

Quella vittoria ha certamente influito, ma anche quei giorni hanno influito sul suo modo di essere tanto che quando ne parla, il britannico ha un’aria per certi disincantata: «Non credo che quella vittoria mi abbia cambiato, in fin dei conti io la vedo come una corsa come le altre: parti, finisci, riparti, sei a casa, due giorni dopo torni in sella e ti alleni. Solo che è un po’ più lungo…».

Molti hanno visto quella vittoria come un episodio quasi trascurabile, casuale, dimenticando ad esempio che in carovana di vincitori del Giro ormai ce ne sono solamente 6 e se sommiamo tutti quelli che hanno vinto uno dei tre grandi giri, ce ne sono appena 12…

Il britannico insieme a Roglic: saranno avversari al Giro d’Italia, dove Tao vuole rivivere i fasti del 2020
Il britannico insieme a Roglic: saranno avversari al Giro d’Italia, dove Tao vuole rivivere i fasti del 2020

Spigoloso ma creativo

Dopo di allora, tante delusioni e poche gioie ma forse proprio quella vittoria gli ha consentito di viverle nella maniera giusta: «La delusione fa parte del nostro mondo. Credo che chi si avvicina al ciclismo debba comprendere che non è uno sport che ti dà continue occasioni di vittoria, devi provarci e cogliere le opportunità. Forse è per questo che l’epica dello sconfitto ha così tanto fascino fra gli appassionati».

Di Tao dicono che sia spigoloso e creativo un po’ come tutti coloro che vengono da Hackney, ma anche estremamente pignolo, in gara come in allenamento, attento a ogni minimo particolare. E’ chiaro che questa è una stagione delicata, il contratto è in scadenza e senza risultati bisogna anche considerare l’ipotesi di cambiare. Lui però non se ne preoccupa.

«Per me i risultati non sono il fine, ma il mezzo, per vivere questo mestiere e far sì che continui a farmi crescere culturalmente. Tanto è vero che quando giro voglio sapere dove sono, in che contesto e se posso voglio immergermi in quella realtà, assaporarla. Non si vive di soli rapporti e manubri…».

Velasco vince in Spagna, per Inselvini e per sua figlia

04.02.2023
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Simone Velasco non aveva mai vinto così presto. La volta precedente era stata al Laigueglia del 2019, ma si correva il 17 di febbraio. Ieri era il 3 e alla Vuelta Valenciana, il toscano dell’Astana ha battuto Bob Jungels sul traguardo di Sagunto dopo 119 chilometri di fuga.

Poi si è fermato. Ha collegato le gambe al cuore e ha puntato il dito al cielo, dedicando la vittoria a Umberto Inselvini, il massaggiatore dell’Astana Qazaqstan Team, scomparso il 27 gennaio nel ritiro della squadra kazaka.

Umberto Inselvini è morto improvvisamente il 27 gennaio nel ritiro dell’Astana ad Altea
Umberto Inselvini è morto improvvisamente il 27 gennaio nel ritiro dell’Astana ad Altea

L’ultima distanza

Erano tutti ad Altea, nello stesso hotel in cui avevamo incontrato Simone prima di Natale, per l’ultimo ritiro prima delle corse. Negli stessi giorni, chi scrive era in Argentina e l’espressione sgomenta sul volto di Michele Pallini e il dottor Magni a migliaia di chilometri di distanza, aveva fatto capire la violenza del colpo per gli uomini della squadra kazaka.

«Umberto per mia sfortuna l’ho conosciuto solo negli ultimi due anni – racconta Velasco – da quando sono passato all’Astana. Prima non avevo avuto un rapporto stretto come negli ultimi tempi. Umberto era sicuramente una persona riservata, competente e molto rispettosa dei colleghi e tutto l’ambiente. La sua morte è stata una grande perdita per tutto il gruppo, non solo per il team. Quando è successo, eravamo anche noi in Spagna e stavamo facendo la distanza».

Sull’ultima salita, Velasco è rimasto nella scia di Jungels e Gregaard, aspettando lo sprint
Sull’ultima salita, Velasco è rimasto nella scia di Jungels e Gregaard, aspettando lo sprint
Eravate in hotel quando è successo?

Eravamo in bici, era l’ultima distanza, la rifinitura appunto, prima dell’imminente inizio delle gare. Ci è giunta notizia proprio all’inizio dell’ultimo lavoro di giornata. Non avevamo ancora la certezza. Poi quando siamo arrivati in hotel, abbiamo toccato la tragedia con mano ed è stato un forte scossone per tutto il team. Non solo il giorno dell’accaduto, ma anche in quelli seguenti.

Come l’avete superata?

Non possiamo far altro che stringerci forte attorno alla famiglia e fare del nostro meglio per ricordarlo. Dedicandogli ogni vittoria, ogni risultato da qui in avanti.

Pensavi di stare già così bene?

Ho sempre bisogno di qualche gara per carburare un po’ e infatti la prima tappa aveva avvalorato il mio pensiero. Dal secondo giorno ho iniziato a sentire qualche miglioramento e comunque sapevo di aver lavorato bene durante tutto l’inverno. Il secondo giorno in effetti poteva essere la tappa giusta per attaccare, andare all’arrivo e giocarmi il mio jolly. Finché ieri è andata bene. In fuga ci siamo fatti un bel mazzo per portarla all’arrivo e adesso siamo stracontenti.

Per Ciccone si è trattato di un giorno di controllo: ha 3″ su Pello Bilbao e 6″ su Vlasov
Per Ciccone si è trattato di un giorno di controllo: ha 3″ su Pello Bilbao e 6″ su Vlasov
Chi ti faceva paura fra i compagni di fuga?

Sapevo che se fossimo arrivati allo sprint, bene o male sarei stato io il favorito, perché sono veloce. Quindi dovevo cercare di limitare i danni nei punti duri della tappa. Quando ha attaccato Craddock sull’ultima salita di giornata, ho tentennato ad andargli dietro, perché sinceramente, con i due giorni passati, non sapevo se avevo già la gamba buona per seguirlo.

Quindi?

Ho preferito andare su più regolare con Jungels e il ragazzo della Uno X (Jonas Gregaard, ndr) e alla fine si è rivelata la scelta vincente. E’ andata bene così. Jungels sicuramente aveva una super gamba e se è arrivata la fuga, è stato anche per merito suo. Però io me la sono giocata bene e… avanti così.

Ieri sera avete brindato?

Un brindisi non ha mai fatto male a nessuno, quindi abbiamo festeggiato qualcosina, con l’obiettivo di festeggiarne altre, magari nel minor tempo possibile. E poi si brinderà anche a casa, anche con la mia pupa, la mia bimba che finalmente ha visto vincere il babbo. Non ha dovuto neanche aspettare tanto, sono stato un bravo babbo.

A questo punto continuiamo così, avendo capito come si fa?

Bisogna, dai. Speriamo di continuare in questo modo. La stagione è appena cominciata.

Marta ed Elisa, storie diverse e l’iride a vent’anni

23.02.2022
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E’ difficile dire se la notizia di domenica scorsa sia stata la seconda vittoria di Marta Bastianelli in pochi giorni o il fatto che per ottenerla si sia dovuta lasciare indietro Elisa Balsamo. Sta di fatto che quando la romana ha capito di doversela giocare contro la campionessa del mondo, ha chiesto a Sofia Bertizzolo di portarla alla sua ruota. E a quel punto ha atteso i 200 metri lanciando il testa a testa che l’ha vista imporsi sul traguardo di Valencia.

«Ho cominciato bene – dice con un sorriso così, subito prima di andare a riprendere Clarissa al pulmino della scuola – anche se non ho cambiato nulla rispetto al passato. Forse ha inciso la serenità di pensare che sarà l’ultimo anno e il fatto di vivere una situazione senza particolari ansie. Forse ho ripreso a stare bene fisicamente dopo gli acciacchi dell’anno scorso…».

Soddisfazione doppia per Marta a Valencia dopo la vittoria su Elisa Balsamo
Soddisfazione doppia per Marta a Valencia dopo la vittoria su Elisa Balsamo

La più forte del mondo

Sarà davvero l’ultimo anno? Se pensarlo alleggerisce la tensione, le buone sensazioni in bici riaprono la porta su una scelta che dovrebbe essere definitiva. E siccome questo sì potrebbe essere un pensiero destabilizzante, Marta ha deciso di riporlo nel fondo di un cassetto, riservandosi di riprenderlo quando la stagione avrà emesso i suoi verdetti.

«Nel finale di tappa – dice – ero concentrata sulla volata. Non erano rimaste tante velociste, giusto la Balsamo e io. La Wiebes si è fatta sotto alla fine, ma era sfinita e ha ceduto. Devo dire grazie a Sofia Bertizzolo che mi ha portato fino alle ruote giuste e quando ho capito che me la sarei giocata contro la più forte del mondo, ho cercato di fare al meglio il mio lavoro ed è andata bene».

Marta Bastianelli (qui con Bronzini) ha vinto il mondiale a 20 anni: 2 meno di Elisa Balsamo
Marta Bastianelli (qui con Bronzini) ha vinto il mondiale a 20 anni: 2 meno di Elisa Balsamo
Perché dici che è la più forte del mondo?

Perché è giovane e ha margini incredibili. Perché a 22 anni è già una delle più forti. Perché tiene su certe salite ed è velocissima. Perché ha una forza mentale notevole. Lo vedi se un’atleta è forte ed Elisa è incredibile. E poi mi piace tantissimo come persona.

Se lei è la più forte del mondo, tu che l’hai battuta cosa sei?

Anche io sono stata campionessa del mondo (scoppia a ridere, ndr) e sono stata battuta. Nessuna è imbattibile e lei ha dimostrato la sua superiorità nella prima tappa, che era dura. E’ rimasta davanti e ha vinto la volata.

Tu hai vinto il mondiale a 20 anni, due meno di Elisa. Che effetto fa a quell’età un peso del genere?

Me lo sono chiesta anche io. Ho pensato che a me la maglia pesò tantissimo, invece lei sembra super disinvolta. Dopo la prima tappa, siamo andate a farle i complimenti e le abbiamo detto proprio questo: «Ma a te questa maglia non fa proprio nessun effetto?». Elisa ha sorriso.

Bastianelli Balsamo Leuven 2021
Mondiali di Leuven, dopo l’arrivo l’abbraccio bellissimo fra Balsamo e Marta Bastianelli
Bastianelli Balsamo Leuven 2021
Mondiali di Leuven, dopo l’arrivo l’abbraccio fra Balsamo e Bastianelli
Elisa ha alle spalle uno squadrone, forse la Safi-Pasta Zara di allora non era così forte per te…

E’ quello che ha detto anche lei, guardando le ragazze della Trek-Segafredo. Ha indicato la Longo Borghini e Ellen Van Dijk e mi ha detto: «Se a tirarmi la volata c’è gente così, come faccio a sbagliarle?». Non ha tutti i torti…

Longo Borghini, Bastianelli, Balsamo: un pezzetto della nazionale di Leuven…

Quando vedo loro, mi sento a casa. Alla Longo piace mettersi a disposizione, ma io credo che possiamo ancora tutte fare delle belle cose nelle corse importanti.

Si può fare un bilancio di questi primi mesi con il UAE Adq Team?

Il pacchetto è lo stesso di prima, anche se in ritiro sono stati con noi il team manager Rubens Bertogliati, Melissa Moncada che è presidente del team e anche Mauro Gianetti. C’è un po’ di aria nuova e ci sono ragazze che sarebbero arrivate a prescindere dal cambio di sponsor. Io continuo a lavorare con Pino Toni, con la supervisione di Michele Devoti che sovraintende la preparazione di tutte e alcune ragazze le segue in prima persona (Mavi Garcia, ad esempio, ndr).

Si percepisce che alle spalle del team adesso c’è una realtà ben più grande rispetto a prima?

Con l’Alé sono stata bene per cinque anni, mi sono lasciata in buoni rapporti da persona matura, ma non vi nego che ci sono state alcune promesse non mantenute che mi hanno un po’ delusa! Adesso si sente chiaramente che dietro alla squadra c’è una struttura davvero grande, si parla di altre realtà ed è palpabile il fatto che ci avvicineremo sempre di più alla realtà del team maschile.

Dopo la vittoria, il UAE Adq Team ha fatto giustamente festa attorno a Marta
Dopo la vittoria, il UAE Adq Team ha fatto festa attorno a Marta
Che cosa ti è parso di Safia Al Sayegh, la campionessa degli Emirati?

E’ davvero una ragazza in gamba, che in ritiro si è trovata benissimo con noi. Si vede che con le strade di laggiù la sua preparazione era inferiore alla nostra, ma non si è mai tirata indietro. Le corse cui ha partecipato sono diverse dalle nostre e spero che ora trovi il modo di prepararsi al meglio. La particolarità rispetto alle nostre abitudini è che debba correre sempre con il velo. Ho idea che allenarsi nel deserto dovendosi coprire sia parecchio impegnativo.

E tu come stai?

Le gambe stanno bene, a prescindere che sia o meno l’ultimo anno. Voglio stare con i piedi per terra. Ogni anno si ricomincia, si tira una riga e si riparte. A Valencia mancava la SD Worx, mancavano alcune delle forti. Lo stesso sono pronta per la Omloop Het Nieuwsblad e le strade del mio Nord. So per certo che prenderò la mia dose di schiaffoni, ma di quelli non ho mai avuto paura.

Balsamo e Arzeni: prima i saluti, poi niente sconti

18.02.2022
5 min
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Alla partenza della tappa di ieri, a Tavernes de la Valldigna, Elisa Balsamo si è avvicinata all’ammiraglia della Valcar-Travel&Service. Per la campionessa del mondo era la prima corsa di stagione, la prima con la maglia della Trek-Segafredo. L’ultima volta con un numero sulla schiena, al Women’s Tour, la piemontese aveva ugualmente l’iride ma sul petto le insegne di sempre. E aveva vinto.

«E’ stato l’incontro fra vecchi amici – commenta Davide Arzeni – ieri hanno vinto due miei amici. Elisa e Covi. Sono contento per lei, vincerà dalle 10 alle 20 corse quest’anno. E’ venuta a salutare tutta la squadra, poi è andata in corsa e ha vinto. Sapevo che sarebbe venuta fuori una tappa così, è la quarta volta che la ripropongono. Sulla salita hanno scollinato Cavalli, Van Vleuten e Mavi Garcia, poi il gruppo è tornato sotto. Noi siamo stati un po’ distratti, ma ci stiamo preparando per il Belgio».

La maglia iridata al debutto sulle strade spagnole
La maglia iridata al debutto sulle strade spagnole

Da Elisa a Elisa

Elisa Balsamo ha vinto con la maglia iridata e il marchio della Trek-Segafredo dopo tutta la vita vestita di Valcar. A lanciarla verso il successo è stata l’altra Elisa, Longo Borghini, la stessa che a Leuven la prese per mano e la lanciò nella volata che valse il titolo mondiale.

«Firmare con Trek-Segafredo – racconta la campionessa del mondo – non è stata una decisione a scatola chiusa. Quando Luca Guercilena mi ha contattato in primavera, ho chiesto a Elisa Longo Borghini, con la quale ho una profonda amicizia e un rapporto di stima, di raccontarmi le sue sensazioni sulla squadra. Le sue parole hanno rispecchiato le mie aspettative e lo stesso è successo parlando con Giorgia Bronzini, allora tecnico del Team. E’ stata una scelta ponderata, perché avevo altre proposte, ma anche la migliore che potessi fare.

«Iniziare così bene è una spinta di fiducia, il modo migliore per fare il mio debutto, ma le mie prospettive sono ancora invariate. Devo tenere i piedi ben saldi per terra, siamo solo all’inizio e devo guardare avanti. Quello che va sottolineato e forse la cosa più importante, è il feeling che ho già con la squadra. L’immediatezza con cui sono stati creati determinati meccanismi e chimica è più che positiva».

Fra le ragazze Valcar, si è vista Elena Pirrone: all’attacco e poi ripresa
Fra le ragazze Valcar, si è vista Elena Pirrone: all’attacco e poi ripresa

La Valcar al Nord

Quando gli chiediamo che effetto gli abbia fatto vederla vincere a quel modo, Arzeni chiede la domanda di riserva. Abbiamo già parlato tanto con lui della Valcar-Travel&Service dopo la partenza di tante ragazze e a questo si aggrappa per lanciare la sfida alla pupilla di ieri.

«Proveremo a darle fastidio – dice – su percorsi più veloci o su quelli del Nord. Siamo tutti qua in Spagna. In un appartamento ci sono le ragazze che stanno correndo, nell’altro il gruppo Nord. Sono qua con Consonni, Sanguineti, Carbonari, Gasparrini. Oggi non potevamo competere con le scalatrici, ma in qualche gara si accorgeranno di noi. Partiremo per le prime corse fiamminghe la prossima settimana».

Le corse del Nord attirano Elisa Balsamo, sulla Roubaix (corsa nel 2021) però ha ancora qualche riserva
Le corse del Nord attirano Balsamo, sulla Roubaix (corsa nel 2021) ha ancora qualche riserva

Classiche iridate

L’aria del Nord risveglia anche l’interesse di Elisa Balsamo e viene da sorridere pensando a quando lo scorso anno piombammo nel loro ritiro e trovammo tutto il team in quella villa sperduta tra i campi, con la futura iridata che studiava per l’esame successivo.

«Andrò a Nord – dice – ed è il calendario dei miei sogni. Tra me e quelle pietre c’è una specie di amore e odio. Non vedo l’ora di correre in Belgio, ma appena sento la durezza del selciato, nel mio cuore mi chiedo chi me lo abbia fatto fare. Quello che mi fanno provare queste Classiche è comunque impareggiabile. L’adrenalina che provo davanti a un settore di pavé, la tensione che sento nel gruppo nei momenti chiave. La Roubaix è un’altra cosa. Ho ancora difficoltà a capire se fa per me. Di sicuro è una classica epica e affascinante. L’arrivo al velodromo, per una pistard come me, è un finale da sogno».

Nella prima tappa, in salita la selezione è stata fatta da Van Vleuten e Cavalli
Nella prima tappa, in salita la selezione è stata fatta da Van Vleuten e Cavalli

Giro, Tour e laurea

Elisa punta in alto. La laurea è ad un passo e ci aggiungerebbe volentieri un master, una tappa al Giro e una al Tour.

«Mi piace pianificare le mie giornate e i miei impegni – dice – mi fa sentire più serena nell’affrontare eventuali imprevisti. In questa squadra siamo circondati da così tanti esperti che non dobbiamo pensare ad altro che a correre per vincere. Sento di essere nelle condizioni ideali per raggiungere i miei obiettivi. 

«Mi mancano due esami alla laurea. Se tutto va bene, entro l’inizio dell’estate potrei laurearmi e poi potrei pensare di iscrivermi a un master. E’ una passione cui non voglio rinunciare. E poi studiare è un buon modo per distogliere la mente dal ciclismo, una forma di decompressione. In questa fase della mia vita, il ciclismo è la priorità, il mio più grande impegno, ma penso che sia importante anche avere una prospettiva a lungo termine».

Prima corsa e prima bottiglia da stappare: è super Balsamo
Prima corsa e prima bottiglia da stappare: è super Balsamo

La stessa fiducia

Arzeni resta zitto. Conosce esattamente il valore della ragazza e standole ancora vicino con i suoi consigli, non si è stupito certo delle sue prestazioni.

Quando una collaborazione ha radici così profonde e quando insieme si sono superati anche momenti drammatici come il post Tokyo, non sarà certo un cambio di maglia a modificare la fiducia.

Zigart Pogacar 2021

Urska Zigart, non più solo la fidanzata di Pogacar

14.05.2021
4 min
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Nell’incessante susseguirsi di eventi e notizie che contraddistinguono ognuna di queste giornate ciclistiche, quella relativa alla vittoria di Urska Zigart nell’ultima tappa della Vuelta Valenciana era passata un po’ inosservata, eppure la 24enne slovena di Lubiana non è un personaggio comune perché stiamo parlando della fidanzata di Tadej Pogacar, il numero 1 del ciclismo contemporaneo. Il vincitore del Tour, attualmente in preparazione per la difesa della maglia gialla al Tour.

Per la Zigart, nata a Slovenska Bistrika, questa è stata la seconda vittoria in carriera, dopo il titolo nazionale a cronometro nel 2020 e può segnare il superamento di un confine, un salto di qualità da lei atteso: «Credo di poter migliorare molto e di avere tanto potenziale, mi sento forte ma posso diventarlo molto di più, ho solo bisogno di credere nelle mie doti. In un team di alto livello posso solo migliorare, le vittorie così potrebbero arrivare più facilmente».

La carriera professionistica è iniziata in una città, Lubiana, famosa più per sport come il basket che per il ciclismo, che cosa ti ha spinto a cercare gloria con la bicicletta?

Lubiana è una città multisportiva, dove le discipline più diffuse sono il calcio, la pallavolo e anche il basket. Io ho iniziato a praticare il ciclismo nel 2015, avevo 17 anni, qui c’è l’unica squadra slovena di livello internazionale e volevo farne parte perché poteva essere un modo per girare il mondo.

Che tipo di ciclista sei?

Sicuramente una scalatrice, vado bene soprattutto sulle ascese non estreme, ma in salita vado meglio.

Le salite sono il terreno migliore per Urska Zigart, che però ha qualità anche a cronometro
Le salite sono il terreno migliore per Urska Zigart, che però ha qualità anche a cronometro
Nella tua carriera quanto ti è stato vicino Tadej e quanto tu lo sei per lui?

Difficile dirlo. Abbiamo una storia ciclistica ancora recente – aggiunge la Zigart – non so quanto gli possa essere d’aiuto, ma di certo faccio di tutto per essergli accanto, stiamo insieme da 3 anni, abbiamo condiviso più corse. Lui fa lo stesso con me (nella foto d’apertura alla partenza del Trofeo Binda, ndr) e questa credo che sia la cosa più importante.

Da quando ha vinto il Tour, la pressione dei media su di lui è aumentata, quanto questo pesa sulla vostra vita di coppia?

Diciamo che sembra che ognuno voglia un pezzo di lui… Cerchiamo se possibile di stare un po’ alla larga dai riflettori per avere un po’ di tempo per noi noi stessi ma sappiamo che questo fa parte del gioco, è un prezzo da pagare, sta a noi adeguarci.

L’arrivo della Zigart nell’ultima tappa della Vuelta Comunitat Valenciana, chiusa al 52° posto
Zivart Valenciana 2021
L’arrivo della Zigart nell’ultima tappa della Vuelta Comunitat Valenciana, chiusa al 52° posto
Quali sono i sogni di Urska Zigart?

Quella di domenica è stata solo la prima vittoria e questo era già un sogno, spero che ne seguano altre e che possa competere per le classiche di maggior livello. La Liegi-Bastogne-Liegi è quella che mi affascina di più, ma devo crescere ancora tanto per essere a quel livello.

Sai che il prossimo anno ci sarà anche il Tour femminile…

Certo e questo è un altro sogno. So di poter dare il meglio nelle corse a tappe proprio perché sono a mio agio in salita. Per poter puntare alla vittoria devo migliorare a cronometro, ma magari un giorno sarà Tadej a festeggiare una mia maglia gialla…

Zivart Alé BCT 2020
Lo scorso anno Urska Zigart ha militato all’Alé BCT Ljubljana
Lo scorso anno Urska Zigart ha militato all’Alé BCT Ljubljana
Fino allo scorso anno eri all’Alé BTC Ljubljana, società slovena con una forte componente italiana. Sei mai stata dalle nostre parti?

Molte volte, siamo “vicini di casa”, non parlo bene l’italiano ma lo capisco, ho corso con atlete italiane di spessore e visto molte città. Adoro poi le Dolomiti per sciare. In squadra, alla Alé BTC Ljubljana stavo molto bene, ma sapevo che avevo bisogno di cambiare per continuare il mio cammino di crescita e i risultati al Team Bikeexchange mi stanno dando ragione.

Consonni-Guarischi, volata e… dispetti

19.04.2021
5 min
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Guardate la gamba nella foto della volata e per una volta lasciate stare la lingua fra i denti, che è il suo marchio di fabbrica. Adesso Chiara Consonni ha la gamba da atleta vincente. E quando ieri le rivali alla Vuelta CV Feminas, che sarebbe la Valenciana della donne, se ne sono rese conto, non è rimasto loro che mettersi in fila. Forse qualcuna lo aveva intuito anche prima, in realtà. Tanto che le ragazze della Movistar hanno fatto le furbe e lasciato alla Valcar-Travel&Service tutto il peso dell’inseguimento. Ma quando ai meno dieci il gruppo è tornato compatto, si è capito che nessuna sarebbe sfuggita alla volata. E a quel punto… prima Consonni, seconda Guarischi, terza Lebail, quarta Bulleri, quinta Alzini.

Margaux Vigie, francese di 25 anni, ha fatto il lavoro pesante in pianura
Margaux Vigie, francese di 25 anni, ha fatto il lavoro pesante in pianura

Furbine di Spagna

Chiara ride sempre, ne abbiamo già parlato: figuratevi se vincere non la metteva di buon umore. Però ci sta, i velocisti devono esser un po’ fuori, sennò come farebbero a cercare certe linee?

«In realtà era cominciata male – inizia – perché quelle della Movistar sono state tutte un po’… Meglio che non ve lo dico. C’era fuori la fuga e non hanno tirato un metro. E’ toccato fare tutto a noi. Le abbiamo riprese ai meno 10 e a quel punto hanno cominciato a scattare per non arrivare in volata…».

Dall’inizio dell’anno, Guarischi non ha fatto altro che tirare
Dall’inizio dell’anno, Guarischi non ha fatto altro che tirare

Valcar nel mirino

In un’ideale intervista doppia con bici.PRO, cui la Conso è ormai abituata, entra ora in scena Barbara Guarischi. E anche lei ride.

«Un secondo posto potrebbe mettere di buon umore – dice – ma per la persona che sono, produce solo grande rodimento. Era da un anno che non facevo volate, ma lo sapevo dal mattino che avrei dovuto provare. Il grosso punto di domanda era sulla Valcar. La Valenciana non è una gara WorldTour, dove quest’anno c’è un livello stellare. E loro ieri avrebbero potuto controllare bene la corsa. Per cui il fatto che non tirassimo e che poi siamo scattate era tutto pianificato. Volevamo che lavorassero di più, anche perché Chiara è comunque più veloce…».

Ilaria Sanguineti ha tirato la volata assieme a Silvia Persico
Ilaria Sanguineti ha tirato la volata assieme a Silvia Persico

La svolta di Mouscron

Chissà se leggendo queste parole Chiara continuerà a ridere, probabilmente sì. «Hanno fatto un gran lavoro – dice – Matilde Bertolini, che era alla prima corsa con noi, poi Silvia Persico e Margaux Vigie. E quando siamo state certe di aver la volata a portata di mano, il capolavoro lo hanno fatto Sanguineti e Alzini. Avete visto che nella foto dell’arrivo, dietro ci sono un sacco di braccia alzate? Sono loro. Era una corsa piatta, appena vallonata, ma partire da favorita ha pro e contro. La vittoria di Mouscron mi ha dato morale e ha confermato che oltre ad allenarmi ho bisogno di correre tanto. Se il Capo (Davide Arzeni, suo diesse alla Valcar, ndr) non mi avesse portato a fare tutte quelle corse in Belgio, ora non avrei questa condizione. Ma da stamattina sarò di nuovo in pista per un ritiro di tre giorni, poi si va a correre in Lussemburgo».

Barbara Guarischi, Movistar Team
Barbara Guarischi, Movistar Team, per un giorno leader della sua squadre
Barbara Guarischi, Movistar Team
Barbara Guarischi, Movistar Team, per un giorno leader

Velocista per caso

Di Guarischi alla Movistar ve l’abbiamo già raccontato. Ma se hai l’indole di quello che si butta dentro, fai fatica a metterla via per limitarti a tirare. Lei non lo dice, ma ieri s’è divertita un mondo.

«Non dovevo neanche correre – dice – ma con il Covid cambiano spesso i programmi e mi sono ritrovata alla partenza. Ho fatto la volata, è stata un’eccezione. Non ho più l’occhio per vedere chi ti entra e ti esce dalle ruote, l’ultima volata l’avevo fatta a ottobre. Quest’anno ho sempre tirato. Di solito quando si arriva all’inizio del casino della volata, mi sfilo. Ma la mia natura è quella di buttarmi, per cui… Sì, mi sono divertita!».

Persico sempre accanto alla capitana, fino al finale
Persico sempre accanto alla capitana, fino al finale

Conso… e adesso?

La Conso guarda al futuro e vede altre opportunità, anche se la squadra è ricca di prime donne e non sarà facile trovare varchi.

«Come ogni anno – dice – ciascuna troverà i suoi spazi. Finalmente ho rotto il ghiaccio  e speriamo di trovare questo stesso livello anche in corse più importanti. Adesso che andiamo in Lussemburgo, ci sarà da stringere i denti, perché i percorsi non sono così veloci. Ma andiamo con la voglia di fare bene e servirà sapersi difendere in salita. Non diventerò mai una scalatrice, ma certi lavori tocca farli anche per andare forte in pista. Non se può fare a meno».

Guarischi… e adesso?

La Guarischi guarda al futuro e vede una sola certezza. Non vuole fare il Giro Rosa. «Mica perché abbia qualcosa contro di loro – ride – ma perché non mi trovo bene con il caldo e poi ci sarà di certo la velocista e mi toccherà tirare. Ho detto così anche negli ultimi due anni e mi è sempre toccato farlo, riproviamo a evitarlo questa volta. Abbiamo un bel gruppo, riusciamo a incastrarci bene anche cambiando ogni volta i nomi. Vincere non è mai semplice, ma fra giugno e luglio potrei avere i miei spazi in un paio di gare a tappe in Belgio…».

Chiara Conso prima, Baby Guarischi seconda: entrambe l’espressione di un movimento italiano che cresce e ha sostanza. A coloro che si chiedono come mai il ciclismo delle ragazze stia venendo su così in fretta, suggeriamo timidamente di conoscerle e frequentarle. Qui si parla di atlete top di gamma, potenziali campionesse e leader già affermate. Fermarsi a guardare le apparenze dando di gomito davanti agli scatti su Instagram, significa come minimo mancare loro di rispetto.