Alexander Konychev presenta la Corratec CCT Evo

10.02.2023
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L’impatto estetico della Corratec è di quelli importanti, con delle forme voluminose e un concept aero senza mezzi termini. Inoltre le prime considerazioni degli atleti, dicono di una bicicletta molto rigida nella zona dell’avantreno, da corridore vero.

Abbiamo chiesto ad Alexander Konychev alcune battute sul nuovo mezzo a disposizione e abbiamo curiosato i dettagli della bicicletta usata dal team alla Vuelta a San Juan in Argentina.

Konychev è nato nel 1998 a Verona ed è professionista dal 2020: 4 anni con Greenedge Cycling e ora la Corratec
Konychev è nato nel 1998 a Verona ed è pro’ dal 2020: 4 anni con Greenedge Cycling e ora la Corratec

Un bel cockpit

Si tratta di un telaio in carbonio monoscocca, caratterizzato da un’abbondante fazzoletto di rinforzo nella zona dello sterzo, che a sua volta prevede una svasatura importante. La parte inferiore è più asciutta ed è in linea con il disegno della forcella, la sezione superiore è muscolosa ed allargata.

C’è il manubrio integrato e completamente in carbonio, con una particolarità che si riferisce alla chiusura sullo stelo della forcella. Ci sono due brugole in linea e una sorta di taglio superiore che separa il punto di serraggio dal punto in cui lo stem scarica la pressione della serie sterzo. Questo dettaglio ha il compito di separare le forze verticali da quelle longitudinali, quasi a preservare la fibra composita.

C’è l’inserzione ribassata delle tubazioni oblique che sono leggermente arcuate. C’è il reggisella specifico e con design aero.

Le parole di Konychev

Che cosa ne pensa Alexander Konychev, corridore classe 1998, arrivato alla Corratec quest’anno dopo quattro stagioni nel WorldTour, è quello che stiamo per scoprire.

«Per le mie caratteristiche – dice – la bicicletta deve essere rigida e veloce prima di tutto e onestamente anche se paga qualcosa in termini di peso, 2/300 grammi, non è un grande problema. Effettivamente sono sorpreso dalla rigidità della Corratec. Arrivo dall’esperienza Giant con l’ultima versione della Propel, davvero un ottimo prodotto: fattore questo che da ancor più valore alla bicicletta che ho in dotazione in questo momento. E’ esigente nella guida, ma al tempo stesso velocissima e precisa. Non ti permette di correggere facilmente una traiettoria sbagliata e questo per via di una rigidità elevata nella zona dello sterzo e di questo manubrio integrato».

Misure e componenti

«Da quest’anno – prosegue Konychev – uso delle pedivelle da 175 di lunghezza, forse meno versatili rispetto alle 172,5, che mi permettono di sfruttare di più le mie caratteristiche e la potenza nei rilanci. Uso una taglia 57 e la bici ha una reach maggiore rispetto alla media della categoria. Questo ha influito sulla lunghezza dello stem: ora ho 120 millimetri, rispetto al 140 del passato. Ho preferito allargare il manubrio, passando da una larghezza di 40 ad un 42 attuale. I manettini del cambio sono girati leggermente all’interno, ma non troppo. Per i rapporti invece ho la doppia davanti 52-39, ma la cassetta dietro ha il 10 e posso assicurare che tirare un 52×10 è davvero impegnativo».

Quel nastro in Argentina

La trasmissione è Sram Red AXS ed è previsto anche il power meter Quarq. C’è Selle Italia e le ruote sono Ursus tubeless. I pedali sono Shimano. Gli pneumatici sono Shwalbe Pro One TLE, per ora nella sezione da 25 millimetri, ma dovrebbe arrivare una nuova versione da 28.

In alcune frazioni al Vuelta San Juan, i meccanici hanno montato del nastro adesivo nei passaggi ruota anteriore e posteriore, con l’obiettivo di limitare la presenza di spine e piccoli rami sul battistrada degli pneumatici, causa di numerose forature.

Da San Juan a Faenza, un giorno con “El Flaco” Tarozzi

06.02.2023
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Siamo a Faenza, in Romagna, Tarozzi ci apre le porte di casa sua. Manuele vive con i genitori e a breve andrà a convivere con la propria ragazza. Una storia comune, normale per un ragazzo di 24 anni. Ed è da quella situazione di normalità e pacatezza che scorgiamo con il suo arancione acceso, appesa allo stendipanni, la maglia di leader degli scalatori della Vuelta a San Juan affiancata alla divisa Green Project Bardiani-CSF Faizanè

“Taro” come lo conoscono tutti qui in Romagna è appena tornato a casa dalla trasferta argentina, dove ha conquistato il primato degli scalatori a suon di fughe. A 11.000 chilometri di distanza in Italia oltre alle immagini dei suoi attacchi sui GPM è riecheggiato un soprannome che gli calza a pennello, “El Flaco”.

«Mi piace – dice – non ho mai pensato di volere un soprannome. Il massaggiatore cileno, mi ha spiegato che vuole dire: magro e slanciato o leggero e scattante. Me lo hanno dato i commentatori della radio argentina. Là è come un mondiale e molte zone sono povere e seguono la corsa alla radio».

Ad oggi “El Flaco“ è al secondo anno da pro’ e questo è il suo primo risultato degno di nota tra i grandi. Scopriamo chi è, e perché quando sale in sella vuole fare divertire.

Gli inizi

Diciotto anni in bici. No, non è la fine di una carriera, ma il tempo che Tarozzi ha già passato in sella. Ha iniziato da G1, seguendo la passione di suo padre. La squadra era la S.C. Faentina di Vito Ortelli, professionista ai tempi di Coppi e Bartali, che è riuscito a mettere in sella anche Manuele.

«Ci allenavamo in un rettilineo di campagna – racconta Tarozzi – appena fuori Faenza. Non ricordo molto di Vito, ma ricordo che per tutti era un maestro di ciclismo e di vita. Dopo qualche anno venne costruito il pistino per giovanissimi, dove siamo oggi, che ora è intitolato a lui». 

Una storia di precariato giovanile per poter praticare uno sport. Manuele infatti, finita la categoria da G6, ha iniziato a saltare da una squadra all’altra, non per colpa sua, bensì per la chiusura a effetto domino delle squadre dove approdava.

«Ho continuato perché mi divertivo – racconta – e perché in ogni categoria ho sempre vinto. Da giovane ti basta quello per continuare, non pensi troppo al futuro. Così da esordiente a juniores cambiai cinque squadre, fino all’ultimo anno in Italia Nuova Borgo Panigale dove ho trovato Coppolillo e Calzoni».

Dubbi e rinascita

Dopo un valzer di squadre continuo, per Tarozzi è arrivato il momento di trovare la propria strada tra gli under 23 e poter iniziare a giocarsi veramente il proprio futuro.

«Passai alla Beltrami – dice – feci due anni ma le cose non andavano come volevo. Facevo fatica a trovare continuità tant’è che pensai anche di smettere. Poi mi richiamò Coppolillo e mi parlò di questo nuovo progetto pensato da Davide Cassani per mettere su una squadra in collaborazione con la Regione di nome #inEmiliaRomagna. Aveva la sede a Faenza e io avevo bisogno di nuovi stimoli, in più avrei trovato miei ex compagni di squadra degli juniores. Quella notizia mi riaccese l’entusiasmo a tal punto che vinsi e feci un bel finale di stagione alla Beltrami. 

Si apre così un nuovo capitolo e Manuele riparte da casa per rimettere a posto le cose: passione e voglia. Grazie a questa nuova opportunità arrivano le vittorie e torna l’obiettivo di passare tra i pro’. «Un momento chiave fu la fuga all’italiano del 2021 tra i professionisti. Lì capii che la mia possibilità di diventare pro’ sarebbe potuta diventare realtà».

Attaccate sui muri si notano le foto delle vittorie. Qui quella della Firenze-Faenza
Attaccate sui muri si notano le foto delle vittorie. Qui quella della Firenze-Faenza

Le vittorie

Come detto, Taro ha sempre vinto, da G1 a elite. Ad oggi manca il successo tra i pro’ ma a causa di una caduta alla prima gara, che lo ha tenuto fuori quasi due mesi, l’anno scorso ha inseguito tutta la stagione. Il suo rapporto con le vittorie non sembra essere ossessivo, ogni sua gara parte da un concetto che lo renderebbe simpatico a qualsiasi appassionato: «In gruppo mi annoio»

In che senso? «A volte ho paura – riprende Tarrozzi – e a volte l’idea di stare 200 chilometri ad aspettare il finale mi annoia proprio. Certo non si può stare in fuga sempre, ma quando sono là davanti è tutto da scrivere e sento energie che prima non pensavo di avere. Sia chiaro, sono il primo a ridere e scherzare con tutti per far passare il tempo, ma andare in fuga è speciale. Sono veloce e qualche risultato l’ho fatto anche così, ma le mie vittorie preferite sono quelle dove sono arrivato da solo».

Alla domanda qual’è la sua vittoria preferita, la risposta arriva senza esitazioni. «La Firenze-Faenza. Una gara per juniores creata da Cassani e ispirata alla 100 km del Passatore, una podistica famosissima per noi faentini. Sono legato a questa corsa perché da piccolo la facevo in bici con mio babbo seguendo i corridori (un’usanza comune tra i faentini, ndr).

«Ero in maglia Italia Nuova. Partì una fuga a 5 minuti e né io né i miei compagni eravamo dentro. Mi ricordo che in una gola sul Passo della Colla il mio diesse Calzoni, mi urlò talmente dietro che sentì l’eco per qualche secondo. Così partii e riagganciai la fuga. Sull’ultima salita “Coppo” mi disse di attaccare. Quel giorno pioveva molto, nella discesa della Carla che conoscevo a memoria riuscii a staccare tutti. Arrivai in piazza a Faenza da solo a braccia alzate. Fino ad ora è la mia vittoria preferita».

La classifica dei GPM a San Juan è stata il frutto di tappe affrontate all’attacco
La classifica dei GPM a San Juan è stata il frutto di tappe affrontate all’attacco

A San Juan

Arriviamo ai giorni nostri e al motivo del perché ci troviamo a casa de “El Flaco”. Alla Vuelta a San Juan, l’obiettivo era sempre quello, andare all’attacco. «Rossato ha messo in chiaro le cose da subito: dovevamo andare in fuga. Non sono partito con l’obiettivo della maglia GPM, ma dopo la prima tappa ci siamo detti, perché non provarci? Pensavo sempre alla vittoria. Quest’anno devo riprendermi la rivincita sul 2022 deludente non per colpa mia. Con il mio preparatore, Paolo Alberati, non ci siamo concentrati sulle distanze ma sull’intensità e sono riuscito a fare un bell’inverno per partire pronto fin da subito». 

La conquista della maglia non è di certo ancora una vittoria e Taro ha ancora tutto da dimostrare tra i pro’ ma un primo segnale alla prima occasione utile è arrivato. La sua generazione sta già sbocciando. Pogacar che ha battuto da juniores è a quota due Tour, Bernal vanta un Tour e un Giro e sta provando a rinascere dalle ceneri di un brutto infortunio. Se con lo sloveno l’incontro dopo quella volta non è ancora avvenuto, con Bernal un incontro c’è stato. 

«Eravamo sull’ultima salita. Il mio obiettivo era diventato solo il GPM per conquistare la maglia definitivamente. Avevamo 3 minuti sul gruppo e in radiolina mi dissero, “E’ partito Bernal“. Ci ha ripreso e ha dato una bella aperta di gas. Leggere il mio nome davanti al suo sul GPM mi fa capire che era una bella corsa. Ma si vedeva che è ancora lontano dalla propria condizione».

Per Tarozzi manca la vittoria, ma il secondo anno tra i pro’ è appena iniziato
Per Tarozzi manca la vittoria, ma il secondo anno tra i pro’ è appena iniziato

Romagna mia

Appassionato di psicologia, Tarozzi ha una parlata romagnola che lo rende genuino. Ogni suo concetto è chiaro e non lascia spazio a scuse o dubbi. Ride spesso, ma gli occhi sempre un po’ socchiusi lo rendono un ragazzo dal fare rilassato e quasi… svogliato. Vederlo in bici però dimostra tutt’altro che questo. Alla Bardiani ha trovato un ambiente giovane e serio, il posto giusto dove poter affrontare il futuro con tutti i mezzi necessari. «Mi trovo bene, parliamo tutti la stessa lingua e siamo giovani. La voglia di fare è tanta da parte di tutti».

Manuele sta bene a Faenza, andrà a convivere con la propria ragazza tra pochi mesi. La sua Romagna sembra essere un nido accogliente da cui spiccare il volo ogni volta che deve. «A breve andrò al Tour du Rwanda, dove tra due anni si faranno i mondiali, sono tutti curiosi. Poi si vedrà, non ho ancora un calendario definito, so per certo che voglio fare bene al Tour of the Alps». 

Ti piace allenarti qui? «Sì, mi alleno quasi sempre con Davide Dapporto della Technipes #inEmiliaRomagna, mio ex compagno di grande talento e con Filippo Baroncini. A volte usciamo anche la sera insieme. Ci divertiamo e facciamo quello che ci piace».

La Canyon Aeroad con cui Gaviria è tornato vincente

02.02.2023
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Il passaggio di Fernando Gaviria al Team Movistar tocca anche un aspetto tecnico del corridore, che dopo tanti anni su una bicicletta Colnago, passa a Canyon.

Cerchiamo di analizzare nel dettaglio la Canyon Aeroad CFR del velocista colombiano, bicicletta che abbiamo fotografato in occasione della Vuelta San Juan in Argentina.

Una Aeroad CFR per il velocista colombiano
Una Aeroad CFR per il velocista colombiano

«Mi trovo molto bene – ci ha detto Gaviria – la nuova bici è comoda, sono felice. Ho scelto le ruote che userò tutto l’anno. Ne abbiamo tante a disposizione, ma ho scelto quelle che mi sembrano più belle (la preferenza di Gaviria è andata alle Zipp 454 NSW tubeless, montate con pneumatici Continental Grand Prix 5000 S TR, ndr). Ho chiesto di poterle avere per tutte le tappe, in tutte le corse dell’anno».

I pulsanti da scalatore

Gli Sram Blips wireless sono una delle chicche del sistema Sram AXS e nell’ultima versione adottano il protocollo senza fili per la trasmissione dei dati. Una volta associati agli shifters possono trovare qualsiasi posizione, con una versatilità molto elevata. Gaviria li utilizza come fa normalmente uno scalatore, ovvero posizionati sotto la parte piatta/orizzontale del manubrio e non alle spalle dei manettini, come fanno invece buona parte dei velocisti e dei passisti.

Una Aeroad CFR taglia S

Tecnicamente la Aeroad in dotazione a Fernando Gaviria è la top di gamma CFR, già presente nel roster delle biciclette della compagine iberica. Ha il cockpit integrato e full carbon Canyon, quello nella versione più recente. Lo stesso cockpit prevede anche l’impiego della serie sterzo dedicata, quella che obbliga l’innesto del manubrio all’interno dello stelo della forcella, come una sorta di matriosca, il tutto a vantaggio di un comparto molto rigido. Questa soluzione ha anche permesso di eliminare le brugole esterne e il collarino dello stem, quello normalmente usato per stringere l’attacco manubrio al fusto della forcella.

C’è una trasmissione Sram Red AXS con la combinazione 54-41 e 10-33, rispettivamente per anteriore e posteriore (power meter Quarq incluso). Ci sono le ruote Zipp 454 NSW con i tubeless Continental GP5000sTR, la sezione è da 28 millimetri. Ci sono i pedali Look Keo 2 Max, ovvero quelli con la tensione a molla (senza la lama in carbonio).

E questa sella Fizik?

Dal punto di vista dell’impatto estetico la vicinanza con il modello Fizik Luce, specifica per le donne, è reale, ma con una copertura che accosta il prodotto alla versione Vento Argo 00. La sella utilizzata da Gaviria è leggermente spoilerata verso il retrotreno, ha un canale per lo scarico prostatico e non fa parte della categoria delle selle corte.

Le Pinarello Dogma F Disc 2023 di Ganna e Bernal

27.01.2023
5 min
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La Pinarello Dogma F rimane il punto di riferimento per i corridori del Team Ineos-Grenadiers, una bicicletta che si è sviluppa quasi completamente proprio sotto l’egida del team britannico.

Alla Vuelta San Juan in Argentina abbiamo curiosato e documentato quelle di Bernal e di Filippo Ganna. E spuntano anche i nuovi dischi freno Shimano Dura Ace e la nuova sella Fizik Antares Vento Open usata dal corridore colombiano, con una larghezza posteriore di 140 millimetri. Abbiamo chiesto anche al meccanico Matteo Cornacchione.

Le Pinarello del team presentano delle differenze rispetto a quelle del 2022?

No, dopo aver iniziato ad usare le Dogma F Disc nel 2022, queste stesse versioni sono state confermate anche per la stagione che è appena iniziata. Cambia la livrea cromatica, che si è adeguata alla colorazione delle maglie. Qualche variazione invece è stata fatta sui componenti.

Ci puoi dare qualche dritta?

Shimano ci ha fornito i nuovi dischi dei freni, che abbiamo iniziato a provare in questo periodo e useremo con maggiore frequenza al ritorno in Europa. Abbiamo avuto un aggiornamento su diversi modelli delle selle Fizik e ad esempio quella che usa Bernal è da considerare un aggiornamento della Antares Open. Nel periodo invernale, proprio in collaborazione con Fizik abbiamo effettuato diverse prove con tutti i corridori. Trasmissioni Shimano a 12 velocità e tubeless Continental per tutti, montati su ruote Dura-Ace con profili compresi tra 60 e 50 millimetri.

Tubeless per tutti, anche per gli scalatori?

Si, è una scelta condivisa con i corridori e una linea presa dal team. Stiamo provando una soluzione che prevede la sezione differenziata tra anteriore e posteriore, rispettivamente 25 e 28 millimetri del tubeless, con adeguamento delle pressioni. Stiamo ultimando alcune analisi di questa combinazione eseguite anche in galleria del vento. La configurazione per il tubolare è quasi sparita.

Tubeless Continental da 25 per l’anteriore
Tubeless Continental da 25 per l’anteriore
Non vedremo più i tubolari?

Difficile, magari per qualche arrivo in salita particolarmente duro e complicato. E’ anche una questione di feeling dei corridori stessi, che utilizzando sempre i tubeless, a casa e in gara, nei test e nella corse di preparazione, si adattano a quel sistema. E poi i dati a nostra disposizione parlano chiaro, i tubeless sono veloci ovunque.

Selle nuova e post incidente. Bernal ha cambiato la posizione in bici?

Non ha cambiato posizione, è rimasto, o meglio è tornato ad usare quella che aveva nel periodo pre-incidente. E’ stato fatto qualche cambiamento sugli equipaggiamenti, come ad esempio le scarpe e la posizione delle tacchette, ma si tratta di dettagli. Il suo è stato comunque un percorso progressivo e di ritorno alla forma e mobilità ottimale. Lo stesso discorso è valido anche per la bici da crono.

Che taglia di telaio usano Bernal e Ganna?

Ganna ha una Pinarello Dogma F 59,5. Bernal ha una 53 con reggisella dritto zero off-set.

In Argentina c’è Guardini: fa il meccanico della nazionale

21.01.2023
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Andrea Guardini ha appena finito di gonfiare la ruota davanti della Dogma di Lamon. Il box della nazionale italiana è il primo, la luce sulle teste è forte. Villa è in un angolo a parlare con Luigino Moro, mentre il velocista che ha smesso un anno fa prende le misure col nuovo incarico.

«Quando ho letto l’avviso che cercavano un meccanico per una trasferta di venti giorni in Argentina – sorride Guardini – ho mandato lo screenshot a mia moglie e le ho chiesto se potevo dare disponibilità. Lei ha risposto subito: cosa aspetti? Se ti prendono vai…».

Andrea è uscito dal gruppo con l’amaro in bocca, convinto di meritare ancora una chance. Invece di colpo si è fermato tutto. Fine delle gare, dei voli, della frequentazione del gruppo in cui aveva vissuto per una vita, con il Covid di mezzo a rendere tutto più difficile. Per cui immaginate la sorpresa nel trovarlo seduto su un muretto davanti all’hotel di San Juan in cui alloggiano le WorldTour e la nazionale italiana.

Andrea Guardini è nato a Verona nel 1989. E’ stato pro’ dal 2010 al 2021
Andrea Guardini è nato a Verona nel 1989. E’ stato pro’ dal 2010 al 2021
Come sei diventato meccanico?

Ho imparato da autodidatta, anche guardando i video di GCN, perché hanno il potere di spiegare le cose in modo molto semplice. Poi in realtà la passione della meccanica l’ho sempre avuta da fin da ragazzino. Mi ricordo che da G2-G3 smontavo le rotelline del cambio per pulirle bene e le rimontavo. Tante volte magari facevo anche dei danni, ma la volta dopo ci riprovavo.

La nazionale come è arrivata?

E’ arrivata tramite Carlo Buttarelli (già meccanico della pista azzurra, ndr), che mi aveva parlato della possibilità di lavorare a giornata e che la nazionale comunque aveva bisogno di qualcuno in pista. Metti insieme meccanica e pista, le mie due passioni, impossibile non accettare.

Hai corso anche tu in pista, hai una consapevolezza speciale, no?

Dall’officina riesci a capire tutte le dinamiche che ci sono dietro, anche in una gara su pista e anche negli allenamenti, che da fuori è difficile capire. L’ambiente è cambiato tantissimo da quando c’ero io da ragazzino. I rapporti, la tecnologia, la pista al coperto. Però è proprio bello vedere l’evoluzione della pista e il settore velocità che sta rinascendo.

Lo stesso Villa ha convenuto sul fatto che un ex pro’ con esperienza su pista potrebbe essere utile al suo gruppo
Lo stesso Villa ha convenuto sul fatto che un ex pro’ con esperienza su pista potrebbe essere utile al suo gruppo
Ti rivedi magari in un corridore com Predomo?

Mi rivedo sì, Predomo è un ragazzino com’ero io, magari fossi nato in questi stessi anni. Ho avuto a che fare con loro da settembre, mentre avevo incominciato a fare giornate a Montichiari da giugno. A settembre, ottobre e fino a dicembre ho fatto i vari raduni. E Giovanni Carini, che è il meccanico responsabile della nazionale, mi ha dato la certezza che farò di sicuro un certo numero di giornate, perché alla fine non siamo poi in tanti

Hai detto che ti senti come tornato a casa.

Ritrovare le facce che vedevi tutti i giorni, l’ambiente, il tuo ambiente, anche se non sei più corridore. E’ come sentirsi a casa dall’altra parte del mondo. Tutto questo mi mancava tanto, soprattutto viaggiare. In due anni di pandemia, tra l’altro, ci avevano già bloccato a casa senza poter girare il mondo. A mia moglie l’ho detto subito. La prima cosa che ho pensato quando c’è stata l’opportunità di venire qui è stata: “Okay, vado al caldo, riprendo un volo di 14 ore che è da una vita che non lo faccio e ritorno a respirare il mio ambiente”.

La chiamata in nazionale è arrivata grazie all’imbeccata di Cottarelli
La chiamata in nazionale è arrivata grazie all’imbeccata di Cottarelli
Hai detto anche che pensavi di saper lavare una bici, invece…

Lo dovete chiedere ai maestri. E comunque bisogna lavarle bene e velocemente. Bisogna capire anche come fare. Quindi piano piano sto imparando anche tutti i trucchetti del mestiere.

Non potresti ambire a un ruolo tecnico in pista?

E’ la prima cosa che mi ha chiesto Quaranta. Se avessi il secondo livello, potrei aiutarlo negli allenamenti con derny. Ho sempre detto che non avrei mai fatto il direttore sportivo, ma il tecnico della pista è un’altra cosa. Ho il primo livello, cercherò di lavorare anche su questo. E chissà che prima o poi non ci scappi qualcosa…

EDITORIALE / Come cambia il mestiere del corridore

16.01.2023
5 min
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Trent’anni fa Sergio Neri scrisse un testo dedicato ai corridori, tracciando la linea guida del loro mestiere. Era denso di valori come viaggio, scoperta, ispirazione, carattere, dedizione, impegno, gusto per la fatica, rinunce fatte per sostenere l’impegno di uno sport che non è gioco, ma la perfetta metafora della vita. Il mestiere del corridore.

«Quando penso agli anni in Belgio con Ballerini – ha ricordato Andrea Tafiricordo il tanto tempo passato insieme a parlare. A spiarci fra noi per capire le scelte tecniche che facevano gli altri corridori. Era bello. Non avevamo lo stress di oggi. Ogni volta che parlo con Bettiol, me lo conferma. Devi essere super concentrato e non basta. E’ cambiato il modo di allenarsi e di correre. Prima ci divertivamo di più, si aveva uno spirito diverso. Ormai però il ciclismo è cambiato, è andato avanti come il mondo».

Con la stagione 2023 in partenza da Australia e Argentina, vogliamo soffermarci su una somma di pensieri che si sono formati nelle ultime settimane, parlando di preparazione, punteggi, vincoli e vite di corridori.

Tafi ha messo a confronto il ciclismo romantico dei suoi anni con quello sfrenato di oggi
Tafi ha messo a confronto il ciclismo romantico dei suoi anni con quello sfrenato di oggi

Come Nibali e Valverde

La vita da corridore nel testo di allora era un fluire faticoso e poetico. E’ ancora così, oppure essere corridori è un asfissiante star dietro a tabelle e rigidità?

Madiot ha parlato del paradosso di Pinot, che ha rifiutato vari strumenti per andare più forte. Come i ritiri in altura cui si è rassegnato un paio di anni fa. Che pur professando la sua voglia di normalità, condivide gli allenamenti su Strava. E che, quando uno degli sponsor della squadra è andato a consegnargli l’orologio per monitorare il sonno notturno, lo ha guardato come fosse un marziano.

Chi ha smesso anzitempo probabilmente non è riuscito a tenere in mano il filo del discorso, lasciando che il mondo fuori si imponesse del suo mondo interiore. Lo ha raccontato benissimo Dumoulin, spiegando come da un certo punto abbia cominciato a perdere il controllo della sua carriera.

I corridori che invece sono durati di più, come ad esempio Nibali o Valverde, sono nati da una base più consapevole. Hanno imparato a dire qualche no. Condividevano la stessa genialità e hanno capito che le fondamenta del lavoro sono rimaste le stesse. Sono cambiati invece il contesto, le velocità, le esigenze e la visione dello sport.

Alla Vuelta del 2022, l’omaggio del gruppo per Valverde e Nibali, alle ultime corse della carriera
Alla Vuelta del 2022, l’omaggio del gruppo per Valverde e Nibali, alle ultime corse della carriera

La fase di passaggio

Se nascevi corridore un tempo, i valori raccontati da Sergio Neri li avevi cuciti addosso. Se sei nato corridore nella fase di passaggio, potresti esserti trovato nei guai. A metà fra il ritmo romantico raccontato da chi c’era e la spinta vertiginosa di chi è già allo step successivo.

E se nasci corridore oggi, preparati per una carriera ad alta velocità, non necessariamente lunghissima. Avrai tanti referenti e pochissimo tempo per ambientarti, ma ti sembrerà normale.

Le eccezioni si chiamano campioni. Evenepoel, Pogacar e Van Aert sembrano capaci di restare in sella senza togliere troppo alla loro normalità. Dipende tutto dalla velocità del processore, da quel che si considera normale e quello che non lo è, quello che è necessario e quello di cui si può fare a meno. Come dare in mano lo stesso smartphone a un sedicenne e insieme a un cinquantenne. Magari il più giovane non saprà spiegarti il perché di certe funzioni o da quali esigenze siano nate, ma è certo che saprà usarlo subito e meglio e con automatismi pazzeschi, senza bisogno del manuale.

Evenepoel e Pogacar: oltre al lato tecnico, la loro grandezza sta nella naturalezza con cui vivono lo sport
Evenepoel e Pogacar: oltre al lato tecnico, la loro grandezza sta nella naturalezza con cui vivono lo sport

Il grosso errore è valutare il presente volendolo uguale al passato. Al massimo, a essere davvero bravi, si può ridisegnare il presente senza dimenticare il passato. Lasciarlo invece in mano agli interessi particolari significa non avere una progettualità e tantomeno il controllo della situazione.

L’interesse di chi?

La tecnologia serve, ma non è tutto. Anche parlando di posizione in sella, si è capito nei giorni scorsi che i sistemi di posizionamento sono utili, ma l’osservazione dell’atleta lo è di più. Se di questo è consapevole chi gestisce la formazione degli atleti più giovani e permette loro di crescere ascoltando la testa prima che i suoi stessi ordini, l’approccio con le loro carriere sarà di vera consapevolezza.

Per questo bisognerebbe stare attenti nel trasformare lo sport di base in un laboratorio al servizio del professionismo: ci sono anche altre esigenze. Gli interessi delle squadre (che puntano a monetizzare i punteggi dei propri talenti), gli interessi dei gruppi sportivi WorldTour (che fanno di tutto per accaparrarsi gli atleti migliori) e gli interessi degli agenti (che guadagnano sulla somma delle percentuali) non distolgano dall’interesse primario: quello del corridore.

Riparte dall’Australia anche Aleotti: talento italiano che corre alla Bora-Hansgrohe a metà fra gregariato e le sue chance
Riparte dall’Australia anche Aleotti: talento italiano che corre alla Bora a metà fra gregariato e le sue chance

Che siano destinati a vivere in un ciclismo romantico oppure matematico, il dato oggettivo che resta è uno solo: troppi passano, tanti smettono e altrettanti non hanno la carriera che avevano lasciato intuire. Villella è andato forte nell’italiana Liquigas, si è perso nelle squadre straniere in cui è andato dopo.

Il pretesto per cui ciò accade è il principio per cui sia giusto dare a tutti la possibilità di partire e di provarci. Guai pensare di porvi un freno. Ma ci siamo chiesti se davvero tutti siano pronti per riceverla o se ne abbiano davvero bisogno.

Grenchen è dietro l’angolo. L’avvicinamento di Villa

19.12.2022
5 min
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Da Grenchen a… Grenchen, la rotta della nazionale di Marco Villa verso l’europeo è appena cominciata. A poco meno di due mesi dalla rassegna continentale su pista, una parte della pattuglia azzurra è stata impegnata due giorni fa sull’anello del Tissot Velodrome nel Track Cycling Challenge, gara di classe 1 che assegna punti per il ranking in vista del mondiale (in apertura foto Jasmin Honold).

Un’altra parte del gruppo italiano, guidato da Ivan Quaranta era invece in Portogallo ad Anadia per una prova di classe 2 col medesimo obiettivo. Prima di queste due corse, il cittì Villa aveva radunato a Calpe undici uomini e sei donne per gettare le basi all’appuntamento svizzero. Il programma di avvicinamento appare intenso. L’8 febbraio, data di inizio degli europei, non è poi così lontano. Interessante quindi fare il punto della situazione col tecnico cremasco.

Il cittì Villa seguirà un programma dettagliato per gli europei 2023
Il cittì Villa seguirà un programma dettagliato per gli europei 2023
Marco come sono andate queste ultime settimane di lavoro?

Bene, ma dobbiamo crescere. In Spagna abbiamo pedalato solo su strada perché il velodromo di Valencia non ce lo hanno potuto dare a causa di lavori di manutenzione. A Montichiari invece si è allenato il gruppo dei velocisti. Nelle prove di questi giorni abbiamo ottenuto risultati in linea con il nostro stato di forma. Sono comunque gare che bisognava fare. E sono tutti punti necessari per mantenere o migliorare il nostro posizionamento internazionale.

Abbiamo visto qualche nome nuovo…

Sì, esatto. Il gruppo è consolidato, ma volevo fare degli inserimenti. Tra gli uomini c’erano Ursella, Delle Vedove e Colosio, mentre tra le donne ho chiamato Basilico e Vitillo.

Cosa prevede la preparazione d’ora in poi?

Tra Natale e Capodanno faremo dei richiami a Montichiari. A gennaio torneremo in Spagna per un’altra sessione su strada con donne e under 23 uomini, poi nuovamente lavori in pista. Nel frattempo il 10 gennaio partiremo per l’Argentina dove correremo la Vuelta San Juan dal 22 al 29. Aggregati a noi ci saranno anche Viviani e Ganna che poi faranno la gara con la Ineos. Abbiamo scelto di partire presto perché avremo la possibilità di lavorare in pista. Laggiù grazie alle conoscenze di Giovanni Lombardi, potremo girare sul nuovissimo anello di San Juan, che deve essere ancora inaugurato. Abbiamo fatto un programma ben dettagliato e non è stato semplice allestirlo.

Qual è stata la difficoltà maggiore?

Far incastrare tutto è sempre più complicato. I nostri ragazzi, uomini e donne, sono sempre più patrimonio delle squadre di club ed è normale che alcuni team non vogliano privarsi per troppo tempo dei loro atleti. Per fortuna ed anche per merito, il nostro sistema è ormai collaudato e riusciamo ad organizzare sempre tutto al meglio.

Dopo quasi tre anni, per effetto del covid, si torna a correre a febbraio una manifestazione importante. E’ cambiato qualcosa nella preparazione?

E’ normale che ci siano meno riferimenti. Fino a 15/20 giorni fa avevamo atleti ancora in vacanza. Per il momento infatti non abbiamo ancora guardato i tempi sul cronometro. Di buono c’è che per gli europei tutte le nazionali partiranno alla pari. Fino al 2020 a febbraio c’erano i mondiali e ti dovevi scontrare con nazionali, tipo le oceaniche, asiatiche e sudamericane, che avevano sfruttato la loro estate per prepararsi. Quindi per noi il lavoro e di conseguenza i risultati erano molto più difficili da fare.

Cosa rappresentano per la nazionale di Marco Villa questi europei?

Tanto. E’ la prima prova di qualifica olimpica. Le altre saranno le tre prove di Nations Cup ed infine il mondiale di Glasgow il prossimo agosto. Per Tokyo 2020 avevamo dieci prove mentre ora non puoi permetterti di sbagliare quasi nulla. In Europa poi c’è una maggiore concorrenza rispetto agli altri continenti. Germania, Gran Bretagna, Svizzera, Danimarca, Francia, Belgio e probabilmente me ne dimentico qualcuna, sono tutte nazionali che sanno come si vincono medaglie. E’ per questo che non stiamo lasciando nulla al caso. Vogliamo fare bene all’europeo.

Ad oggi come vedi il tuo gruppo?

Eh (breve sospiro tipico di Villa, accompagnato da un sorriso, ndr). Ve lo dirò a gennaio, quando vedremo come staremo.

Niente Argentina, i team ripiegano su Mallorca

13.01.2022
5 min
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Il Covid ci sta mettendo lo zampino nuovamente. E speriamo che si sia fermato solo alla Vuelta a San Juan, originariamente in programma dal 30 gennaio al 6 febbraio. E’ qui, dall’Argentina, che sarebbe dovuta ripartire la stagione agonistica di molti team, alcuni grandi, alcuni grandissimi, altri più piccoli come quelli locali.

La tappa sudamericana era ormai diventata un riferimento per molti atleti per iniziare la propria stagione agonistica. Il fatto che sia “saltata” come intacca i programmi dei team? Quanto incide ai fini della preparazione? Ne abbiamo parlato con alcuni tecnici: due preparatori e due diesse.

Paolo Slongo, in Argentina ai tempi dell’Astana quando si correva a San Luis. Dietro, Pizzorni, addetto stampa del team a quei tempi
Paolo Slongo, in Argentina ai tempi dell’Astana quando si correva a San Luis

Slongo: stop sì, ma per tutti

Iniziamo da Paolo Slongo, che molto spesso ha aperto le danze a quelle latitudini, soprattutto ai tempi di Nibali.

«Noi – spiega il preparatore della Trek-Segafredo – avevamo un gruppo in cui c’erano soprattutto velocisti. L’idea era di farli partire con una corsa in più in vista del UAE Tour, la prima gara WorldTour dell’anno. E lavorare al caldo sarebbe stato importante. Però è anche vero che come salta per noi, salta anche per gli altri e nessuno ne trae vantaggio».

«A questo punto credo che dirotteremo su Mallorca, che non era in programma e lì recupereremo delle giornate di gara per qualche corridore. Quindi cambia sì, i programmi cambiano un po’ ma tutto è ben gestibile. Se invece dovessero saltare anche le corse del mese di febbraio si complicherebbero le cose. Ma anche in questo caso resto dell’idea che salterebbero per tutti».

«Bisogna cambiare i piani e negli ultimi anni ci siamo abituati. Li abbiamo rivisti tante volte. L’allenamento diventa fondamentale e si simulerebbe di più il ritmo gara. Tra lavori di gruppo e dietro moto si trasformano alcuni allenamenti in vere tappe.

«Noi già eravamo in ritiro e lì avevamo la possibilità di lavorare in gruppo. Magari chi doveva andare in Argentina anziché fare una settimana in meno di ritiro per partire alla volta di San Juan, resta fino alla fine».

L’aumento dei casi Covid ha indotto le autorità locali a fermare la corsa

Cucinotta: tutto sotto controllo

Più o meno dello stesso parere di Slongo è Claudio Cucinotta. Per il preparatore dell’Astana tutto è ancora sotto controllo…

«Alcuni dei nostri corridori avrebbero dovuto riprendere dall’Argentina, ma anche per altre squadre è così. Vediamo se ripartire dal Saudi Tour o dall’Oman, come gare alternative. Ma non bisogna essere  troppo preoccupati. Il calendario è folto sin da febbraio e alla fine si tratta d’iniziare una settimana o dieci giorni dopo. In più noi non saremmo andati con una squadra di big.

«La preparazione per ora resta quella di base. Non andremmo a rimpiazzare quel periodo con della qualità, ma facendo appunto ancora della “base”. Tanto più che per San Juan nessuno sarebbe andato per finalizzare. Magari qualcuno avrebbe dovuto fare qualcosa di più ed era leggermente più avanti, ma ripeto, cambia poco… Se salta solo l’Argentina. Rimescoleremo un po’ i vari partecipanti nelle varie gare».

Miguel Florez, vince sull’Alto del Colorado per l’allora Androni Giocattoli
Miguel Florez, vince sull’Alto del Colorado per l’allora Androni Giocattoli

Spezialetti: allenarsi e vincere

«Cosa cambia senza l’Argentina? Beh, per fortuna noi avevamo già dato l’okay alle gare di Mallorca, Vuelta Murcia e Costa de Almeria – dice Alessandro Spezialetti, diesse della Drone Hopper – il problema sarebbe stato se non ci fosse stato Mallorca. In generale comunque dispiace visto che sono due anni che l’annullano.

«Per noi è una gara importante, facciamo spesso bene ed abbiamo anche vinto come con Florez in un arrivo in salita. Era importante per mettere giù chilometri e iniziare a correre e magari anche a vincere.

«In più quest’anno si doveva andare giù una settimana prima ed era l’ideale per allenarsi al caldo, accumulare, come ho detto, chilometri, insomma sfruttare il buon clima e le alte temperature per fare un buon allenamento. Ci sarebbe stato solo da stare un po’ attenti al ritorno con il freddo che c’è ancora da noi e poi era buona anche perché il fuso orario è abbastanza ridotto, solo quattro ore in una settimana si recupera subito».

La Drone Hopper rispetto ai team WorldTour partiva con qualche velleità in più. Alla fine la Vuelta San Juan è una ghiotta occasione per mettersi in mostra in una gara che ha molta visibilità proprio perché ci sono le squadre WorldTour, le quali però (forse) non sono ancora al top.

«Partivamo per sfruttare qualche occasione – aggiunge Spezialetti – queste erano le nostre velleità. Avremmo portato tre scalatori e tre ragazzi per fare le volate».

La Israel Start-Up Nation era presente nell’edizione 2020. E vinse la prima frazione con Barbier
La Israel Start-Up Nation era presente nell’edizione 2020. E vinse la prima frazione con Barbier

Cozzi: Mallorca, un bell’aiuto

Infine parola a Claudio Cozzi, direttore sportivo della Israel Start-Up Nation, una delle 24 squadre che sarebbe stata al via di San Juan.

«Dal punto di vista della preparazione cambia molto poco – dice Cozzi – mentre incide di più sulla rotazione dei corridori, anche perché non si è ancora sicuri che si svolgeranno Saudi Tour e Oman, questo potrebbe essere un problema.

«Noi abbiamo stilato un calendario fino alla fine di febbraio e, poiché ci sono di nuovo delle incertezze abbiamo parlato a tu per tu con i corridori e lo faremo ancora in questo ritiro. Sfrutteremo al massimo dei training camp anche in altura, Teide o Etna. Training camp che avevamo già programmato, ma che abbiamo atteso a confermare. A quel punto stabiliremo le date con i corridori.

«Inizieremo a correre a Mallorca e poi seguiremo il programma spagnolo. In particolare la gara sull’isola si gestisce molto bene. E’ una challenge: cinque giorni di gara, due per gli sprinter, tre un po’ più mossi. Andremo lì con un numero maggiore di corridori e cercheremo di farne correre il più possibile».

Remco Evenepoel, Vuelta San Juan 2020

San Juan scalda i motori, svelati i dettagli

20.12.2020
3 min
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Mentre la Colombia annunciava l’annullamento del Tour Colombia 2.1, dall’Argentina è arrivata tramite Roberto Amadio che la Vuelta San Juan si farà (in apertura Remco Evenepoel, vincitore nel 2020). Sarà certo un’edizione più controllata da tutti i dispositivi anti Covid quindi sicuramente meno calorosa delle edizioni cui eravamo abituati, ma chiamerà comunque ad un primo confronto dei campioni di fama indiscussa. Un po’ perché partire al caldo fa sempre bene. E un po’ perché alcuni di loro hanno un evidente bisogno di mettere chilometri nelle gambe e rinviare il debutto troppo avanti significherebbe partire in qualche modo a handicap

Roberto Amadio, Mario Scirea, Vuelta San Juan 2020
Roberto Amadio con Mario Scirea, che con lui collabora, alla Vuelta San Juan 2020
Roberto Amadio, Mario Scirea, Vuelta San Juan 2020
Roberto Amadio con Mario Scirea alla Vuelta San Juan 2020
Tutto incanalato nella giusta direzione?

Sembrerebbe davvero di sì. Stiamo lavorando. Abbiamo elaborato un protocollo Covid abbastanza importante. E alla fine abbiamo accettato la soluzione dell’autodromo di El Villicum, che sarà completamente chiuso al pubblico e ci permetterà di mantenere la bolla. All’interno inoltre c’è una clinica per ogni evenienza. In sostanza, l’unico arrivo fuori dall’autodromo sarà quello in salita al Colorado, ma anche lassù ci saranno misure stringenti.

Come sarà gestita la logistica delle squadre?

Dormiranno in tre hotel, anche lì con l’obbligo di rimanere dentro se non per allenamenti e andare alla corsa. Come organizzazione metteremo a disposizione personale aggiuntivo che possa fare la spesa e tutto quello di cui i team possano avere bisogno in città.

Tamponi come al Giro d’Italia?

Chiederemo di effettuare il primo nelle 72 ore precedenti alla partenza. Si volerà con un aereo in comune per tutta la corsa da Parigi a Ezeiza, lo scalo di Buenos Aires. Poi appena atterrati, si farà un tampone rapido e di lì si creerà la bolla. Due giorni prima della gara altro giro di tamponi e poi valuteremo giorno per giorno l’evolversi della situazione. Se ci sarà un caso isolato, abbiamo trovato una clinica privata che si è messa a disposizione per accoglierlo.

Peter Sagan, Vuelta San Juan 2020
Peter Sagan è uno dei corridori più affezionati alla Vuelta San Juan
Peter Sagan, Vuelta San Juan 2020
Anche quest’anno ci sarà Peter Sagan
Fin qui la logistica, veniamo ora ai partecipanti…

Ci sarà ancora una volta un bel gruppo. Avremo Sagan e Froome. Ci sarà Viviani con la Cofidis, poi Ganna, Moscon e Leonardo Basso. E poi ci saranno i pistard azzurri con Villa, in preparazione per le Olimpiadi.

Avete mai pensato di non farcela?

Un momento difficile c’è stato a settembre, quando il virus in Argentina aveva ripreso davvero forte. Poi però sono ripartiti anche loro. Nell’autodromo hanno già organizzato tre gare, come a Imola da noi a fine luglio, e c’è stata la conferma che si riesce davvero a controllare tutto. L’unica limitazione che ci è stata imposta e che tutto sommato si potrà gestire sarà limitare la presenza della stampa internazionale, dato che non si potrà parlare direttamente con i corridori. Ma ci siamo attrezzati anche per questo e produrremo immagini e contenuti su richiesta.