Le 46 ore in bici di Masnada in Spagna: il ritiro di gennaio

25.01.2025
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Continua il nostro viaggio all’interno di quelli che sono gli allenamenti dei professionisti prima che inizi la stagione. Il protagonista questa volta è Fausto Masnada, rientrato da poco dal secondo training camp con la XDS Astana Team. Ora il bergamasco si trova sul Teide insieme a Lorenzo Fortunato, i due staranno insieme fino ai primi giorni di febbraio. Una volta terminato questo secondo blocco di lavoro il “folletto dello Zoncolan” tornerà a casa per iniziare la stagione, mentre Masnada resterà sull’isola a lavorare con il gruppo delle Classiche

Fortunato e Masnada dopo il ritiro di Altea sono partiti insieme per il Teide (foto XDS Astana Team)
Fortunato e Masnada dopo il ritiro di Altea sono partiti insieme per il Teide (foto XDS Astana Team)

Dal mare al vulcano

La curiosità intorno al neo acquisto della XDS Astana è tanta, dopo cinque stagioni vissute tra alti e bassi in maglia Soudal Quick-Step è il momento di ritrovare la serenità e le sensazioni che lo avevano spinto tra i nomi da cerchiare in rosso per il futuro del ciclismo italiano. Messo da parte il secondo ritiro con la sua nuova squadra ficchiamo il naso nei lavori fatti in quei giorni spagnoli.

«Siamo stati ad Altea – ci racconta dall’alto del vulcano Teide – dal 6 al 17 gennaio. Considerando il primo e l’ultimo come dei giorni di viaggio abbiamo suddiviso gli allenamenti in tre blocchi: due triplette e una doppietta. Il tutto intervallato con due giorni di riposo».

Il secondo ritiro della XDS Astana Team è durato una decina di giorni, per un totale di 46 ore di allnemamento (foto XDS Astana Team)
Il secondo ritiro della XDS Astana Team è durato una decina di giorni, per un totale di 46 ore di allnemamento (foto XDS Astana Team)

Primo blocco

I giorni di lavoro sono stati in tutto dieci, considerando anche le due sessioni di recupero, che però sono state gestite in maniera totalmente differente. 

«Il 7, 8 e 9 gennaio – spiega Masnada – abbiamo pedalato tanto, così come nel resto del training camp. Il primo giorno, essendo vicino al viaggio, non si è caricato troppo. Abbiamo pedalato per un totale di quattro ore e mezza inserendo dei lavori di breve durata. Questi consistevano in brevi sprint dove variava la durata e la lunghezza del rapporto. Il tutto su un percorso non troppo impegnativo. Si è trattato di un risveglio muscolare. Il resto del tempo siamo stati in Z2, quella di general endurance. Eravamo divisi in gruppi da otto o dieci atleti e quando passavi in testa facevi tirate da una ventina di minuti tra la Z2 e la Z3».

«Il giorno successo – prosegue – l’8, abbiamo fatto dei test per misurare i valori e avere un piano di allenamento per il ritiro e i programmi successivi. Il 9, invece, siamo tornati a fare endurance con dei lavori in salita di media e lunga durata. In totale siamo stati in bici per sei ore e mezza, sulle salite il ritmo era quello di fat max. Abbiamo messo insieme tanto dislivello, intorno ai 3.500 metri e anche a ruota si spingeva».

I corridori del team kazako hanno lavorato molto sull’endurance (foto XDS Astana Team)
I corridori del team kazako hanno lavorato molto sull’endurance (foto XDS Astana Team)

Secondo blocco

Chiusa la tripletta iniziale i corridori della XDS Astana hanno fatto un giorno di riposo totale, la bici l’hanno presa solo per fare qualche contenuto video e riprese per il marketing. Senza stress. 

«La ripresa con gli allenamenti – dice Masnada – è stata l’11 gennaio con un’altra tripletta. In totale le ore di allenamento nei dieci giorni sono state quarantasei, la maggior parte svolte a ritmi di endurance. Anche se non sono mancati i lavori specifici. Nell’arco complessivo delle ore in Spagna un buon 20 per cento è stato dedicato a lavori. Non è stato il classico ritiro con tanto fondo e basta, ma nemmeno un ritiro da “molti lap” ovvero con solo esercizi». 

«Nelle uscite dell’11, 12 e 13 – prosegue a raccontare – ci siamo dedicati a esercizi diversi, come under e over e sul VO2Max. Nel primo caso si tratta di ripetute a due diverse intensità: in Z3 e in Z5. Per concludere anche gli ultimi due giorni, il 15 e il 16, abbiamo tenuto lo stesso piano di allenamento».

Nella seconda parte del ritiro sono stati introdotti alcuni lavori in salita (foto XDS Astana Team)
Nella seconda parte del ritiro sono stati introdotti alcuni lavori in salita (foto XDS Astana Team)

In velodromo

Durante i giorni di Altea i corridori del team XDS Astana hanno trovato anche il tempo di andare in velodromo a fare degli studi sulla posizione da cronometro. 

«Il secondo giorno di riposo – conclude Fausto Masnada – non è stato totalmente defaticante. Abbiamo approfittato della vicinanza con il velodromo di Valencia e siamo andati in pista a girare con le biciclette da cronometro. Ci siamo concentrati sullo studio del coefficiente aerodinamico insieme agli ingegneri. Per ogni posizione facevamo una media di 50 chilometri orari per sedici giri. Io ho provato quattro o cinque posizioni diverse, quindi alla fine ho fatto un’ora e mezza a buona velocità. Non è come fare un allenamento intero, perché con la bici da crono si sta in giro di più, ma non siamo stati fermi. Alla fine ho recuperato una volta tornato a casa, nei quattro giorni prima di ripartire alla volta del Teide».

Ciclismo e VO2Max: 11 domande a Michele Dalla Piazza

30.10.2023
5 min
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VO2Max, una voce e un acronimo che spesso ritroviamo nei protocolli di allenamento e menzionato quando vediamo delle prestazioni da extraterrestre. Cosa è, a cosa serve e come si misura?

Siamo andati dal dottor Michele Dalla Piazza, persona estremamente autorevole in materia, studioso e profondo conoscitore delle tecnologie legate al training moderno.

La valutazione del VO2Max, alla base del training (foto Iens’Art content&agency)
La valutazione del VO2Max, alla base del training (foto Iens’Art content&agency)
Che cos’è il VO2Max?

“V” sta per volume al minuto, “O2” sta per ossigeno e Max è palesemente massimo. Il VO2Max è la massima portata di ossigeno che il nostro corpo riesce a trasformare in energia utile alla contrazione muscolare, per un determinato periodo di tempo. Pedalare all’intensità di VO2max richiede il massimo supporto con l’integrazione di diversi elementi fisiologici del nostro corpo, tra i quali la ventilazione polmonare che consente lo scambio gassoso tra l’ambiente e il nostro sangue, il quale verrà pompato e distribuito in tutto il corpo grazie al cuore.

Un valore che mostra fino a che punto possiamo arrivare?

Il VO2Max descrive il limite massimo di ossigeno che riusciamo a catturare dall’ambiente, trasportarlo ai muscoli e quanto questi ultimi riescono a trasformarlo in potenza meccanica.

Monitoraggio costante durante la prova (foto Iens’Art content&agency)
Monitoraggio costante durante la prova (foto Iens’Art content&agency)
Non è solo questione di polmoni…..

Decisamente no. Quantità di sangue e la sua concentrazione di emoglobina, un cuore grande e un’elevata frequenza di battiti al minuto. Sono tutti fattori che contribuiscono ad un sangue ricco di ossigeno che nutre le cellule periferiche coinvolte nello sforzo. Queste ultime daranno il loro massimo per tenere testa all’intensità VO2Max che solitamente non si riesce a sostenere per più di 4 o 5 minuti.

Possiamo considerare questo valore la vera cilindrata del motore dell’atleta?

Teoricamente è così. Più il VO2Max è alto, più siamo performanti in uno sport di resistenza. Non è detto che chi ha il VO2Max più alto sia anche vincente, ci sono molti altri fattori in gioco.

La mascherina, strumento iconico per il test VO2Max (foto Iens’Art content&agency)
La mascherina, strumento iconico per il test VO2Max (foto Iens’Art content&agency)
Come si misura?

L’unità di misura del VO2max è la quantità di millilitri di ossigeno misurati in un minuto (ml/min-ndr). Non di rado viene presentata normalizzandola con la massa corporea. Per normalizzare si intende fare ml/min diviso i chilogrammi di massa corporea (ml/min/kg-ndr), un dato che ci consente di confrontare il VO2max tra atleti con pesi corporei differenti. Nel caso specifico del ciclismo si misura in laboratorio. Conoscendo la differenza tra la quantità di ossigeno inspirata ed espirata si riesce ad ottenere la quantità di ossigeno che utilizza il nostro corpo per pedalare.

Esistono protocolli diversi?

Ci sono diverse teorie. Alcuni affermano che il vero massimo consumo di ossigeno si ottiene con un test che porti l’atleta gradualmente ad esaurimento, in un tempo compreso tra gli 8 ai 12 minuti. Il carico di lavoro tiene conto del sesso, età e fitness. Ci sono esperti del settore che ritengono corretto misurare il VO2Max anche con modalità di test più brevi o più lunghi. Personalmente direi che il test da 8 a 12 minuti è il protocollo per la misurazione VO2Max psicologicamente meno difficoltoso per l’atleta.

Il test mette a dura prova a prescindere dallo stato di forma (foto Alpecin-Deceuninck Stefan Rachow)
Il test mette a dura prova a prescindere dallo stato di forma (foto Alpecin-Deceuninck Stefan Rachow)
Immaginando la scala valori di un corridore, dove posizioniamo il suo VO2Max?

Il VO2Max è un valore utilizzato anche per definire lo stato di salute di una persona. Nel ciclismo professionistico troviamo fenomeni che superano gli 80 ml/min/kg. Solitamente i valori oscillano da 70 a 80 ml/min/kg, comunque elevati in confronto alla popolazione mondiale. Per entrare nelle categorie professionistiche è importante avere un VO2Max relativamente elevato, maggiore di 70 ml/min/kg.

Ma allora quale è il valore che può fare realmente la differenza?

L’efficienza metabolica lorda (chiamata anche gross efficiency). E’ la capacità di produrre potenza meccanica sui pedali a parità di ossigeno consumato. I professionisti presentano una LT2 (zona di intensità del training) molto più elevata e un’importante dipendenza dal metabolismo dei grassi anche ad alte prestazioni di potenza. E’ un aspetto molto importante sia per i giri a tappe che per gare molto lunghe come le classiche del nord.

Il grafico che descrive lo sforzo
Il grafico che descrive lo sforzo
E’ possibile sapere in anticipo fino a dove quell’atleta potrà portare il suo VO2Max?

Il VO2Max di un atleta professionista maturo solitamente non varia più del 5% lungo l’arco della stagione. In base all’età, all’antropometria, al sesso ed altri aspetti fisiologici si riesce ad abbozzare un punto di arrivo. Usare il condizionale è d’obbligo. La genetica fa la sua parte e le risposte agli stimoli allenanti sono diverse. Tutti siamo portati a migliorare il nostro VO2Max con l’allenamento, ma non tutti siamo portati a raggiungere valori da atleta professionista.

Ci sono dei fattori esterni che influiscono sul VO2Max?

Vivere ed allenarsi ad intensità moderata, con intensità al di sotto della zona LT1, in altura dai 1.500 ai 4.000 metri. Ma attenzione, molti corridori e nuotatori hanno riferito di aver perso la forma e il recupero fisico ottimale durante il periodo di gare a causa dell’allenamento e della vita in altitudine. La causa: in altura non riuscivano a sostenere le stesse intensità affrontate al livello del mare. E’ certo che l’esposizione all’altitudine aumenta le capacità di trasporto dell’ossigeno nel sangue. L’ambiente contribuisce a modificare la nostra genetica, ma se si è portati geneticamente ad aver un alto VO2Max sarà più facile raggiungere alti valori in confronto alla popolazione mondiale.

Il VO2Max si sviluppa principalmente in giovane età (foto Tornanti_cc)
Il VO2Max si sviluppa principalmente in giovane età (foto Tornanti_cc)
C’è una fascia di età dove il VO2Max raggiunge il suo massimo?

Nel caso di ragazzi o ragazze che praticano agonismo, la statistica mostra una finestra temporale compresa tra i 10/11 e 15/17 anni per le femmine, dai 11/12 fino ai 20 anni per i maschi, dove si toccano i picchi maggiori di VO2Max. Dai 20 anni in su sembra ci sia un decadimento simile negli atleti e nei soggetti sedentari. I primi mantengono un VO2Max più elevato dei secondi per tutto l’arco della vita. Se l’individuo sedentario adulto decide di allenarsi potrà aumentare il suo VO2Max, ma mai come se si fosse allenato durante la pubertà.