Pogacar, Viviani e Dmt: “ciak” sulle strade di Monaco

11.02.2022
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Metti una piacevole giornata di sole a Montecarlo in compagnia, rigorosamente in bicicletta, di due grandi campioni del professionismo mondiale: Tadej Pogacar ed Elia Viviani. E’ proprio questo quanto accaduto a fine gennaio, grazie allo spunto e alla complicità di Dmt che ad entrambi i corridori fornisce le scarpe, e che in occasione di questa giornata di lavoro nel Principato ha organizzato un photo-shooting utile alla prossima promozione digitale delle calzature prodotte dal celebre brand italiano: su tutte il modello KR0.

A coordinare le sessioni foto e video in bici dei due top atleti Dmt ci ha pensato Mauro Scovenna, il marketing manager & events specialist del marchio di calzature veronese, ed il “risultato” di questo lavoro sarà presto visibile sia sulle piattaforme digital ufficiali Dmt, sito web e canali social attivi, quanto sui principali magazine online nel mondo.

Innovazione e zero compromessi

Dal 1983 Dmt lavora per ridefinire ciò che è standard con l’obiettivo dichiarato di creare qualcosa di completamente nuovo. La costante collaborazione con alcuni dei ciclisti più vincenti, ed al tempo stesso maggiormente esigenti dal punto di vista tecnico al mondo, hanno da sempre appassionano ed impegnato i tecnici Dmt sul tema dell’innovazione e su quello del miglioramento delle performance sportive. 

«All’interno dei nostri stabilimenti concentriamo i nostri sforzi e le nostre conoscenze per superare i limiti delle tecnologie esistenti e svilupparne di nuove. Siamo stati i primi a creare una scarpa da ciclismo 100% “full 3D Knit Technology”: un materiale composto da migliaia di fili che si intrecciano gli uni sugli altri, avvolgendo il piede come un calzino. Un modello estremamente leggero, traspirante e così comodo che sembra davvero di non averlo ai piedi».

Tadej Pogacar con le sue scarpe Dmt sulle strade di Montecarlo
Tadej Pogacar con le sue scarpe Dmt sulle strade di Montecarlo

La gamma? 100% calzature in maglia 

E proprio Elia Viviani, veronese anche lui come Dmt, ha sempre avuto un rapporto particolare con l’azienda del Gruppo Zecchetto. Elia ha difatti contribuito fortemente allo sviluppo della tecnologia proprietaria Dmt per la produzione di calzature in maglia: esprimendo pareri, dando giudizi, testando sia su pista quanto su strada, ridefinendo e “limando” come si dice in gergo… Il suo contributo più concreto è stato quello di aver portando dal 2018 questa tipologia di scarpa sul gradino più alto dei podi più prestigiosi.

Il resto lo hanno fatto e lo fanno tutt’oggi i tecnici dell’R&D di Dmt, “forti” di decadi di esperienza
manifatturiera e potendo contare su laboratori per i test di performance e resistenza allo stress, su un fondamentale laboratorio progettazione e di prototipazione, su ben due linee produttive in Italia e su un’altra – decisamente all’avanguardia – a Kotor Varoš, in Bosnia.

KR SL, la regina del Tour

L’ultima calzatura destinata al corsa ad essere stata presentata è stata il modello KR0: leggera, veloce ed estremamente confortevole rappresenta l’apice della performance in casa Dmt, migliorando tutte le caratteristiche dei precedenti modelli in maglia.

Le scarpe DMT KR0 sono estremamente leggere, solo 210 grammi nella taglia 42
Le scarpe DMT KR0 sono estremamente leggere, solo 210 grammi nella taglia 42

Applicando la propria tecnologia Dmt è così riuscita a creare una scarpa estremamente leggera. Allo stesso tempo la KR0 è in grado di offrire un eccellente trasferimento di energia, grazie alla suola anatomica in carbonio SL di nuova generazione. La chiusura è una Li2 BOA Fit System e ad una costruzione della tomaia integrata che si adatta perfettamente ai piedi di qualsiasi ciclista.

Ricordiamo che Tadej Pogacar ha portato ancora al successo nel luglio del 2021 in occasione del suo secondo vittorioso Tour de France il modello KR SL: la calzatura Dmt in maglia con i lacci alla quale lo stesso campione sloveno è estremamente affezionato.

Dmt

Scarpe e corridori, DMT ci svela i suoi segreti

26.10.2021
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Le scarpe per i corridori sono sempre state fondamentali essendo uno degli appoggi diretti con la bici. La tecnologia ed il progresso avanzano e i materiali utilizzati sono sempre più efficaci. Ma come si coordina il lavoro di ricerca e sviluppo con quello di rifornire i team? Ne parliamo con Glen McKibben, brand director di Diamant, azienda che produce Dmt. Il suo è un lavoro di supporto costante e per seguire le esigenze dei corridori li segue in tutta Europa, dalle gare ai training camp.

«Lavoriamo da tanti anni a contatto con i corridori – inizia Glen – quel che è cambiato maggiormente nel lavoro con gli atleti sono i materiali. Anni fa si facevano le scarpe su misura, mentre ora grazie alla tomaia più morbida i corridori usano le scarpe che si trova in commercio».

Dmt collabora anche con RCS ed in onore del Giro d’Italia 2021 hanno prodotto una scarpa celebrativa
Dmt collabora anche con RCS ed in onore del Giro d’Italia 2021 hanno prodotto una scarpa celebrativa
Quindi è un lavoro più semplice?

E’ stato un lavoro di ricerca e sviluppo molto complicato per far in modo di fornire una scarpa comoda per la maggior parte degli atleti. Dico “maggior parte” perché c’è una piccola parte di loro più sensibile ai materiali che ci da un feedback per continuare a sviluppare i nostri prodotti.

Quanto è importante per voi avere una collaborazione continua con gli atleti?

E’ la base del nostro lavoro, per far uscire un nuovo modello di scarpa spesso si lavora mesi se non anni sui prototipi. Diamo ai corridori un modello di prova da usare inizialmente in allenamento e poi se tutto procede bene si portano in gara. Per evitare di essere “spiati” le camuffiamo con colori delle scarpe già in uso.

In questi casi lavorate con i corridori con maggior sensibilità o anche altre caratteristiche?

Allora, a volte per evitare di dare nell’occhio diamo le scarpe di prova a corridori un po’ meno conosciuti, diciamo che lavoriamo sottotraccia. Ci sono molti corridori sensibili ai cambiamenti e non sono sempre i più gettonati dalla stampa.

Elia Viviani è da tanti anni nel mondo Dmt e con loro ha collaborato per la riuscita di nuovo prodotti, come la tomaia utilizzata per le Kr0
Elia Viviani ha collaborato per la realizzazione della tomaia utilizzata per le Kr0
Voi lavorate a stretto contatto con grandi campioni, uno di questi è Tadej Pogacar

Il lavoro con lui è fondamentale, sia per immagine dei prodotti che per il feedback che ci dà. Abbiamo fatto molte scarpe celebrative con lui, ma anche con Elia (Viviani ndr), con cui lavoriamo da molti anni. Con Tadej Dmt ha sviluppato anche la chiusura a laccio.

Quanto è importante avere una collaborazione così lunga con un corridore?

Immensamente, come ho detto una scarpa in Dmt la lavoriamo per anni ed avere un corridore con cui portiamo avanti lo sviluppo è fondamentale. L’ultima lanciata sul mercato ha una storia di ricerca sui materiali di 3 anni.

Parliamo un po’ anche di forniture ai corridori, come fate?

Ad inizio anno diamo 3-4 paia di scarpe ad ogni corridore, consideriamo che sia il numero giusto: un paio per allenarsi e correre e due paia per le borse del freddo. Però non è che una volta consegnate le scarpe il nostro lavoro finisce, la cosa più importante sono gli incontri che facciamo nel corso della stagione. E’ raro che un corridore usi le stesse scarpe tutto l’anno, si fanno delle piccole modifiche o addirittura si propone il nuovo modello appena fatto.

Quante volte vi vedete?

Dalle 7 alle 10 volte all’anno, seguiamo molto le corse, per esempio ad inizio stagione alla Tirreno-Adriatico abbiamo avuto i primi feedback. Sono importanti anche questi incontri in corsa perchè in breve tempo raccogli più impressioni. Andiamo anche ai training camp delle varie squadre, ma quello è un lavoro dedicato ad un team.

E per le scarpe celebrative come vi organizzate?

Nel caso più recente che è quello di Pogacar al Tour le prepariamo prima (foto apertura). Per lui abbiamo addirittura preparato sia quelle gialle che quelle a pois, ci siamo detti: «Male che vada, vince la classifica degli scalatori» (dice con una lieve risata Glen, ndr). Alla fine ha vinto tutte e due le classifiche, una doppia vittoria anche per noi di Dmt che abbiamo usato tutte e due le scarpe preparate.

Alberto Contador è un punto di appoggio fondamentale per lo sviluppo delle scarpe Dmt, che fornisce le scarpe alla Eolo-Kometa
Alberto Contador è un punto di appoggio fondamentale per lo sviluppo delle scarpe Dmt
Lavorate anche con la Eolo-Kometa e di conseguenza con Contador…

Alberto è fondamentale per noi per due motivi: il primo è la sua grande esperienza nel ciclismo ed il secondo che è anche un “modello” molto seguito. Spesso gli diamo delle scarpe da provare ed il suo feedback è importante anche per lavorare bene con il team. Insomma, se una scarpa te la consiglia Contador ti fidi, sia che tu sia un professionista sia che tu sia un amatore.

Le vostre chiusure sono Boa, prendono parte allo sviluppo?

Boa è partner di sviluppo a tutti gli effetti. Mandiamo loro i disegni dei modelli che vogliamo progettare così ci dicono se le loro chiusure sono applicabili su quel modello. Una volta accordato tutto e parte la produzione del modello ci forniscono tutti i materiali necessari.

Dmt

Knit: dal filo alla scarpa, viaggio nel cuore di Dmt

28.06.2021
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Se si va sul sito di Dmt si leggerà in apertura: “Per la prima volta tutta la collezione Dmt utilizza la tecnologia Engineered Knit: nessun compromesso per nessuna specialità, ma il massimo per tutte”.

Prima di spiegare cosa sia questa tecnologia, vi diciamo che è quella che ha fatto cambiare marcia al brand veronese, tanto che non produce più solo per il ciclismo ma anche per altri sport e per la moda, che ha elevato la qualità dei suoi prodotti e che li ha resi innovativi.

Qualità massima

Dmt ci ha aperto le porte della sua azienda: dall’amministrazione alla produzione, dallo stoccaggio alle rifiniture. Con il brand director Glen McKibbben abbiamo fatto un viaggio entusiasmante che spesso ci ha stupito. E’ impossibile immaginare quanti passaggi ci siano dietro la fabbricazione di un modello, quante chicche, quante attenzioni. E più la gamma del prodotto è elevata e più i passaggi sono numerosi.

«Si può fare una stima – ci ha detto il patron Dmt, Philippe Zecchetto – perché sono davvero molti e cambiano sia in base alla gamma che alle colorazioni, visto che i modelli oggi sono anche personalizzabili, comunque si può arrivare a 150 passaggi».

La scarpa usata da Pogacar lo scorso anno al Tour prima di indossare la maglia gialla
La scarpa usata da Pogacar lo scorso anno al Tour prima di indossare la maglia gialla

Knit: dal filo alla scarpa

Quattro capannoni, uno più grande dell’altro, ognuno con delle specifiche destinazioni d’uso: la “corazzata” Dmt lavora a pieno regime con doppio turno. Per l’innovativa tecnologia Knit l’investimento è stato enorme. Ci sono decine e decine di macchinari il cui prezzo oscilla dai 30 ai 70 mila euro l’uno.

Ma cos’è Knit? Riassumendo al massimo potremmo dire che è quella tecnologia grazie alla quale si passa da un filo alla scarpa finita! In mezzo però c’è il mondo. E che mondo. 

Bisogna partire dal presupposto che una scarpa Dmt non ha cuciture e questo vale ormai anche per i modelli non top di gamma, e non solo per le Kr1 o Kr. A cambiare sono semmai i materiali. In ogni caso partendo da questo presupposto, una scarpa Dmt con tecnologia Knit è composta sostanzialmente da tre parti: tomaia, suola e legatura, sia essa con il sistema Boa che con quello a lacci, tanto caro a Tadej Pogacar.

Knit “interviene” in quella che è la parte più difficile, vale a dire la creazione della tomaia. Questo pezzo unico è fabbricato da quei macchinari che vi dicevamo. Per i modelli di alta gamma ogni macchinario produce due tomaie l’ora, qualcuno in più per quelli di gamma inferiore. La tomaia che ne esce è un “monoscocca”, tanto per restare in tema ciclistico, un pezzo unico che viene poi “saldato” a caldo con particolari resine sulla suola in carbonio (anch’essa oggetto di moltissimi studi anatomici). L’unica cucitura presente è quella sul tallone, dove in pratica si va a chiudere la tomaia e ad ottenere la scarpa stessa.

La tomaia (aperta) che esce dai macchinari: questo è il fulcro della tecnologia Knit
La tomaia (aperta) che esce dai macchinari: questo è il fulcro della tecnologia Knit

Chiusure inglobate

Il punto di forza di Knit però non si “limita” all’assenza di cuciture e al peso ridotto, ma anche al fatto che nella tomaia stessa sono già creati i canali per il passaggio della chiusura e le rispettive asole. In questo modo la scarpa è davvero un tutt’uno, un pezzo unico che garantisce così una calzata comoda e redditizia.

Bisogna poi sapere che per ottenere la certificazione Boa (il sistema di chiusura con rotella graduata) le asole dove passa il cavo devono avere determinati angoli di entrata e di uscita, altrimenti Boa non dà la possibilità di essere montato ufficialmente. Le tomaie dei modelli Dmt rispettano tali richieste e infatti la chiusura è ottimizzata.

Per filosofia aziendale, ogni prodotto è sempre sviluppato in anteprima con atleti professionisti. E possibilmente atleti di vertice. In passato c’è stato Contador, adesso ci sono Elia Viviani, specie per quel che concerne la pista, e Tadej Pogacar. Tutti cercano le scarpe strette e reattive e vanno in continuazione a stringerle prima degli sprint, Tadej con i lacci che chiaramente in corsa non può stringere ha vinto allo sprint la Liegi! E lasciamo stare il Tour…

Pogacar Parigi
Pogacar in giallo a Parigi con le sue Dmt Kr Tdf
Pogacar Parigi
Pogacar in giallo a Parigi con le sue Dmt Kr Tdf

Comfort e prestazioni

Ed è proprio qui che la visita al centro Dmt ci ha aperto un mondo. 

«Tutti – dicono in Dmt – ricercano una scarpa leggera e rigida, cioè che non disperda forza, ma bisognerebbe chiedersi: questa è anche confortevole? Alla lunga l’assenza di comfort incide sulla prestazione? E ancora: siamo sicuri che la scarpa debba essere tutta rigida? Oppure deve essere rigida in determinati punti (suola in carbonio) e lasciare respirare il piede in altri (tomaia)?».

Domande alle quali siamo riusciti a dare una risposta. Tra pochi giorni scatta il Tour de France. Pensiamo a quelle tappe nel sud della Francia in cui ci sono 35 gradi e l’asfalto è ad oltre 50 gradi. Un piede, che già di suo sotto sforzo produce calore, con la suola in carbonio che non lo disperde s’infuoca. E se vi aggiungiamo una tomaia che lo tiene stretto perché la scarpa deve essere rigida il piede scotta. Molti atleti hanno lamentato il problema del surriscaldamento. Con una tomaia in tessuto questo ostacolo viene aggirato totalmente. 

Inoltre, la tomaia in tessuto favorisce la circolazione, di conseguenza ne guadagna anche la prestazione. E nel ciclismo dei “marginal gains” non è poco. Non ci sono punti di pressione.

L’assenza di cuciture all’inizio dà l’effetto ciabatta – come in Dmt stessa ci hanno detto – ma bastano un paio di ore e si avverte la differenza: quanto il piede sia più libero e al tempo stesso stabile e pronto alla spinta.

Ghirotto, dieci Giri in moto Rai

07.10.2020
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Nella carovana del Giro d’Italia, Massimo Ghirotto rappresenta ormai una colonna portante. Vive ogni tappa da dieci anni, in sella alla moto di Radio Rai. Ex corridore, dopo diverse esperienze come commentatore radio a cavallo del 2000, un giorno Antonello Orlando, Giovanni Scaramuzzino e il caporedattore Riccardo Cucchi gli fanno la proposta: «Massimo te la senti di salire in moto?». «Perché no, risposi io», racconta il padovano. «Il ciclismo lo conosco e qualche esperienza col microfono l’ho fatta. Mi butto».

Ghirotto arriva da noi con l’attrezzatura da moto ancora in mano. Ci sediamo su un muretto a bordo strada ad Agrigento. Alle nostre spalle gli operatori della logistica smontano le transenne e di fronte invece il sole tramonta sul Mediterraneo. Questo non è un luogo casuale. Qui, nel 1994 Massimo rischiò di diventare campione del mondo, dopo una lunga fuga.

Giro d’Italia 2020, Massimo Ghirotto dopo la tappa arrivata ad Agrigento
Massimo Ghirotto dopo la tappa di Agrigento
Massimo, salire in moto significa tornare ogni giorno in gruppo?

Eh sì, vivi delle immagini e delle situazioni da così pochi metri che mi rivedo corridore. Anch’io vedevo queste moto che ci giravano intorno.

Cosa ricordi delle prime volte?

L’inizio non fu facile. La radio è bella, ma micidiale perché ha i tempi. E se non riesci a rispettarli e a fare tutto bene in quello spazio è un problema. Ho trovato giornalisti come Emanuele Dotto che mi hanno aiutato, che sono stati maestri. Professionisti gentili e molto aperti. Perché, credetemi, ci vuole molto poco ad andare in difficoltà

Spiegaci meglio…

Solitamente hai tra i 30 e i 50 secondi per il tuo intervento. E in quel lasso di tempo devi sviluppare il tuo concetto in modo chiaro e corretto. A volte appena chiudi il microfono ti rendi conto di qualche errore: un nome sbagliato, una frase che non scorreva bene. Inoltre se c’è un tema tecnico devi essere bravo a spiegarlo in poco tempo.

Ricordi un momento particolarmente difficile?

Ah sì! Fu proprio al primo Giro. Eravamo in Romagna, nella tappa che arrivava a Cesenatico e che vinse Manuel Belletti. All’epoca ero sulla moto 2, quindi dietro al gruppo. Mi chiama la regia e mi dice: Massimo vai avanti che la moto di Scaramuzzino si è rotta. Così piombammo sulla fuga, ma andai nel panico perché non avevo le informazioni dei fuggitivi. Cercai di arrangiarmi come potevo. Ad un certo punto nel fuorionda chiamai la regia e dissi loro di coinvolgermi il meno possibile. Capirono la situazione e mi diedero sostegno. Da lì però ho capito tante cose e mi sono organizzato meglio.

Gli appunti del “Ghiro” scritti in moto dietro ai comunicati stampa che emette la macchina d’informazione
Gli appunti del “Ghiro” scritti in moto
E adesso come gestisci il tuo lavoro?

Con questi (ed indica lo smartphone ciondolandolo tra pollice ed indice, ndr) tutto è più facile. A metà tappa vado nella macchina di radio informazioni e prendo i fogli dei comunicati. Inizio a leggerli e poi nel retro scrivo i miei appunti. Con lo smartphone ricostruisco la corsa e studio i corridori. Sapete, mi sono preparato un foglio Excell con tutti i partecipanti del Giro. Su ognuno posso cliccare e finisco sulla loro pagina di Wikipedia.

Quindi non segui tutta la corsa?

No. Noi entriamo in diretta solitamente alle 15, magari in altre tappe possono cambiare gli orari. Ma in base all’inizio della diretta prendo la tabella oraria del Garibaldi (il librone del Giro su cui c’è TUTTO, ndr) e con il motociclista arriviamo un po’ prima nel punto dove passerà la corsa e nell’orario stabilito. Mi cambio ed entro in gara.

Rispetto ai tuoi tempi cosa è cambiato nel gruppo?

Poco. Una strada, una bici e un corridore: l’essenza del ciclismo è ancora questa. Sono cambiati i materiali, ci sono le radioline, nuove tecnologie… ma alla fine resta l’atleta che fatica. Forse i corridori si conoscono un po’ meno rispetto a noi. Il ciclismo era meno globalizzato e noi eravamo sempre gli stessi. Quindi sapevamo quello che sarebbe caduto in quel tratto di strada, quello che sarebbe andato in fuga, quello che avrebbe fatto lo sprint.

Giro 2016, Guillestre – Sant’Anna di Vinadio. Nibali completa la rimonta su Kruijswijk e va in rosa
Giro 2016, Nibali verso la rimonta su Kruijswijk
Da quando sei sulla moto Rai chi è il corridore che più ti ha colpito?

Facile, Nibali. Vincere il secondo Giro come ha fatto lui non è stata cosa da poco. Anche noi tecnici lo davamo per spacciato. Vincenzo invece in due tappe ha ribaltato la situazione. E mi piace questa sua capacità di non sottovalutarsi mai. Evidentemente si conosce così bene che sa quando non deve mollare. In quel Giro fu l’unico a restare lì con le gambe e con la testa. E alla fine ci è riuscì. Anche come ha vinto la Sanremo senza essere al top. Stiamo parlando di un ragazzo che ha vinto i tre grandi Giri e questo dovrebbe bastare. Andiamo a vedere i nomi di chi ci è riuscito. Devi tirare giù Merckx, Anquetil, Gimondi, Hinault, Contador… E poi è sempre coi piedi per terra, modesto. Dà una bella immagine di sé

Ci sono dei momenti intensi coi corridori, in cui li inciti, vi guardate?

Cerco di farli stare tranquilli e concentrati. Anche perché non posso avvicinarli troppo per regolamento. Semmai li affianco per studiare il volto e capire come stanno. Piuttosto mi muovo tra le ammiraglie, con i direttori sportivi, molti dei quali sono stati corridori con me e sento il loro pensiero.

Giro d’Italia 2014, da Ponte di Legno a Val Martello. Nairo Quintana prenderà la maglia rosa accumulando vantaggio nella discesa dallo Stelvio.
Giro 2014, Quintana prenderà la rosa in fondo allo Stelvio.
In dieci Giri ne hai viste di situazioni e di corridori. Ci racconti come andò il “caos” della discesa dello Stelvio nel Giro 2014, quello di Quintana?

Quel giorno ci fu un errore della giuria e dell’organizzazione. Nessuno capì davvero se il tempo era stato neutralizzato o no. Il regolatore delle moto (era Marco Velo, ndr) iniziò a fare cenno di andare piano con le braccia, ma non ci furono comunicazioni ufficiali. Nairo Quintana non fece un attacco vero,  andò giù regolare per i fatti suoi, mentre dietro c’era chi si fermava, chi si cambiava perché nevicava. Una volta a valle ci si rese conto della frittata.

Alberto Contador con la sua andatura ciondolante sulle strade del Giro 2015
Contador e la sua andatura ciondolante
Diamo un po’ di giudizi tecnici: chi ti è piaciuto di più?

Tra gli scalatori Alberto Contador. Il suo stile era unico. Era un ondeggiare sui pedali molto elegante. Quel modo di mulinare i pedali. In generale mi piace molto Elia Viviani: un ragazzo che si muove bene, si prende le sue responsabilità e ammette quando sbaglia. Mentre il vero funambolo era Robbie McEwen, un bel limatore. E Caleb Ewan è sulla sua strada.

Filippo Ganna nella cronometro di Monreale. Il piemontese ha stregato il “Ghiro”
Nella crono di Monreale Ganna ha stregato il “Ghiro”
E a cronometro?

Fino a questo Giro avrei detto Tom Dumoulin. Quando vedo un ragazzo che fa velocità, che è composto, mi esalto. Inoltre Tom aveva la maglia di campione del mondo. Ma poi è arrivato Filippo Ganna! Pippo mi ha davvero stregato. Bello, potente, composto, mulinava il 60×11. L’ho seguito e sono rimasto affascinato dalla sua posizione. Questo busto perfettamente allineato con l’asfalto. Io metto il computerino che uso in bici sulla moto così ho dei dati a me più familiari. E vedere che per più volte ha superato i 100 all’ora e lui è rimasto fermo sulla bici è stato unico. Non a caso nelle mie pagelle alla radio, la sera gli ho dato 10 e oro!