Strettoie, vento, borracce: in avanscoperta con Algeri

13.03.2022
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Parte l’ultima tappa della Tirreno-Adriatico, prosegue il nostro viaggio dietro le quinte. Oggi con Vittorio Algeri, uno di quei direttori sportivi cui spesso tocca il singolare compito, a metà fra la staffetta e l’osservatore, di andare in avanscoperta. Li vedi partire davanti, soprattutto nelle giornate di vento o salita. Le ammiraglie che anticipano il gruppo e dalla testa della corsa segnalano il vento ed eventuali difficoltà che i corridori si troveranno sotto le ruote.

Vittorio Algeri in avanscoperta per il Team Bike Exchange, con la seconda ammiraglia
Vittorio Algeri in avanscoperta per il Team Bike Exchange, con la seconda ammiraglia

«Un’abitudine che c’è da tanto – dice Algeri, direttore sportivo del Team Bike Exchangediciamo almeno degli ultimi dieci anni. Non si fa sempre, solo quando serve ed è possibile. Soprattutto al Giro d’Italia. Avere qualcuno davanti è sempre importante per le condizioni del tempo, il vento, gli intoppi dell’ultimo momento. Ci sono talmente tanti ostacoli adesso, che è sempre meglio vedere, capire come funziona».

Come comunichi con la prima ammiraglia?

Di solito con i messaggi whatsapp. Scriviamo che al chilometro tot si gira a destra e c’è il vento che arriva da sinistra. Oppure che c’è una salita nel centro abitato o la strada è molto stretta. Tutte queste cose insomma, che fanno parte del nostro lavoro.

Da dentro la macchina riesci a valutare bene il vento?

Il vento si vede dagli alberi e dalle eventuali bandiere. Speriamo sempre che ci sia qualche bandiera (ride, ndr). Il rischio di ventagli è sempre dietro l’angolo. Avevo una tecnica per vedere da che parte tirasse il vento, annodavo un filo di lana all’antenna della radio. Alcuni hanno l’anemometro? Può essere uno strumento utile.

Quanto sei avanti rispetto al gruppo?

Intorno ai 5-6 chilometri, al massimo 10. Stando troppo avanti, il traffico sarebbe ancora aperto. Ti devi fermare a tutti i semafori. Invece stando più vicino, trovi le strade già chiuse.

Ti è mai capitato di segnalare qualcosa che sarebbe stato davvero pericoloso?

Più di una volta. Non mi ricordo in quale gara, capitò che una macchina avesse perso del gasolio in una curva. Ho avvisato dietro perché stessero attenti e passassero a destra. Sono segnalazioni che fanno anche gli organizzatori e grazie alle radioline riusciamo a comunicarle tempestivamente ai nostri corridori. Ecco, l’uso delle radioline io l’ho sempre inteso come strumento di lavoro e anche tattico. Ci sono tante persone contrarie e per certi versi forse è giusto. Però io le ho sempre intese come uno strumento di lavoro.

Il rifornimento dall’ammiraglia può essere dispendioso, così si ricorre a punti fissi
Il rifornimento dall’ammiraglia può essere dispendioso, così si ricorre a punti fissi
Gli attacchi con i ventagli quindi nascono quando da davanti segnalate il vento giusto?

In questo soprattutto, il maestro è stato Manolo Saiz ai tempi della Once (direttore sportivo spagnolo attivo dal 1989 al 2006, ndr). Lui è stato il primo ad avere la macchina davanti di poco. Era maniaco di queste cose ed era anche uno spettacolo. Appena c’era un po’ di vento, metteva la squadra a tirare, perché aveva corridori molto forti e poteva permetterselo. E’ stato il primo che appena c’era una piccola possibilità di fare i ventagli, li faceva.

Che cosa si segnala oltre alle chiazze di gasolio?

Gli incroci. Le rotonde… E’ diventato un problema. Ci sono talmente tanti ostacoli… Se poi andiamo in Paesi come l’Olanda e la Svizzera, fra spartitraffico, fioriere e rotonde, c’è di tutto e di più. Bisogna stare molto attenti anche in macchina, perché gli ostacoli sono molteplici e questa è un’altra delle cose risolte grazie alle radioline. Non abbiamo più bisogno di andare in mezzo al gruppo a parlare con i corridori. Un’altra cosa molto pericolosa sono i dossi. I corridori li saltano via, alzano le bici e saltano. Con la macchina non lo puoi fare. E se tu fossi in gruppo con dei corridori dietro, dovresti frenare e sarebbe un’altra cosa molto pericolosa.

I dossi rialzati sono fra i pericoli da segnalare, per i quali è bene che l’ammiraglia non sia in gruppo
I dossi rialzati sono fra i pericoli da segnalare, per i quali è bene che l’ammiraglia non sia in gruppo
Nel finale vai via oppure racconti anche gli ultimi chilometri?

L’ultimo chilometro è il più importante, soprattutto nei casi di arrivi in volata. Anche l’autista del bus che arriva parecchio tempo prima, lo mandiamo a vedere l’ultimo chilometro, a descrivere la curva. Se è meglio impostare la volata a destra piuttosto che a sinistra. Il vento e l’eventuale pendenza della strada. I 2 chilometri finali sono molto importanti, è necessario che i corridori sappiano tutto.

Se ogni squadra manda un’ammiraglia, davanti ci sarà un bel traffico?

Adesso c’è anche un altro motivo per cui si va avanti con tante macchine. Ha iniziato un po’ di anni fa sempre la Sky. Avendo spesso il leader della corsa, avevano per tanti chilometri la squadra in testa al gruppo. E allora, piuttosto che mandare un corridore in coda per prendere le borracce e costringerlo poi a risalire, si sono inventati di mandare avanti due o tre macchine per fare dei “bottle point”, così li chiamano: punti borracce. Se la squadra in testa ne ha bisogno, un’ammiraglia davanti si ferma e li aspetta. E’ nata come loro idea e adesso è un’abitudine per tutte le squadre che cercano di adeguarsi. 

L’antenna sull’ammiraglia permette i collegamenti con i corridori
L’antenna sull’ammiraglia permette i collegamenti con i corridori
Quindi altri punti di rifornimento da terra?

Esatto, un supporto che si somma al rifornimento della macchina, che si fa dai 30 chilometri fino agli ultimi 20 o 10, dipende dai percorsi. E visto che l’UCI ora ci lascia liberi di fare il rifornimento da terra dove vogliamo, ci sono anche queste ammiraglie davanti che si fermano e assistono la squadra.

Insomma Algeri, quando si viaggia là davanti, il tempo passa bene o si muore di noia?

Io sono sulla seconda ammiraglia, quindi sono col meccanico, perché la seconda in caso di una fuga, aspetta e si mette dietro. Poi ci sono altre ammiraglie che a turno fanno dei tagli dove si può per assistere i corridori in più punti possibili. Non sono da solo, la giornata passa bene. Non ci si annoia mai…

Simon Yates e un’ossessione chiamata Giro d’Italia

19.02.2022
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Per Simon Yates passano gli anni, ma non cambia l’obiettivo. Nel 2022 lo scalatore britannico punterà ancora al Giro d’Italia. Quello tra Simon e la Corsa Rosa è un conto aperto che va avanti ormai da 4 anni, quello che sta per iniziare è il quinto alla ricerca della vittoria. Quando a metà della scorsa stagione, dopo il terzo posto conquistato alle spalle di Bernal e Caruso, avevamo chiesto a Vittorio Algeri se quella di Yates non fosse diventata un’ossessione la risposta fu un timido: «Potrebbe essere». 

Da un anno e mezzo, il corridore della Bike Exchange Jayco, è seguito anche da Marco Pinotti che vuole aiutarlo a conquistare il suo personale santo Graal, a forma di trofeo senza fine. Come un saltatore in alto Yates cambia la rincorsa ma non l’altezza dell’asticella…

Il Giro d’Italia 2018 sembrava poter incoronare il britannico, ma alla fine la spuntò Froome
Il Giro d’Italia 2018 sembrava poter incoronare il britannico, ma alla fine la spuntò Froome
L’obiettivo del 2022 rimane il Giro?

Sì, cambia però l’avvicinamento. I giorni di corsa rispetto al 2021 non variano, è differente però la distribuzione. Il grande obiettivo dei primi mesi di gare è la Parigi-Nizza, corsa che non è mai riuscito a vincere (arrivò alle spalle di Soler nel 2018 per soli 4 secondi, ndr). 

L’anno scorso fece Tirreno-Adriatico, Catalunya e Tour of the Alps…

Sì, infatti al Tour of the Alps era troppo avanti di condizione e al Giro d’Italia non ha mai avuto un picco di forma, è stato costante. Questo lo si intuisce anche dai risultati, fece bene dopo l’ultimo giorno di riposo a Sega di Ala, sintomo che avesse bisogno di riposo per assimilare gli sforzi fatti. Analizzando i dati e le sue sensazioni abbiamo capito che forse gli mancasse anche un po’ di base per il recupero, quindi si è deciso di cambiare approccio.

Nel 2021 il principale obiettivo dei primi mesi fu il Tour of the Alps, poi vinto
Nel 2021 il principale obiettivo dei primi mesi fu il Tour of the Alps, poi vinto
Ora Simon è impegnato alla Ruta Ciclista del Sol, il suo debutto per il 2022, poi cosa farà?

Questa prima corsa serve per assimilare i lavori fatti in preparazione invernale. All’arrivo della seconda tappa si è visto come negli ultimi 200 metri abbia mollato, vuol dire che è ancora un po’ appesantito dal carico di lavoro fatto in altura fino a pochi giorni fa. I prossimi impegni saranno Parigi-Nizza e Volta a Catalunya, poi un periodo di altura ed infine una corsa proprio a ridosso del Giro.

La Corsa Rosa non rischia di essere un’ossessione? Soprattutto dopo così tanti anni di tentativi? Anche Simon soffre il freddo e il Giro non è mai clemente con il tempo.

Sono tutte considerazioni giuste, però, alla fine è una corsa che non ha vinto, come la Parigi-Nizza. Simon è un campione e come tale vuole tentare dove non è riuscito. 

Cambiare obiettivo?

Alla fine la Vuelta, che è una corsa non adattissima alle sue condizioni, l’ha vinta. Cambiare obiettivo vorrebbe dire andare al Tour de France (pausa di silenzio, ndr). Non dico che non sia alla sua portata, ma corridori come Pogacar e Roglic sono difficili da battere. Soprattutto se si considerano le lunghe cronometro che ci sono. Per come è disegnato il Giro, direi che è più alla sua portata.

La seconda tappa a Budapest è una cronometro, avete lavorato anche in questo campo?

Si è lavorato molto anche in galleria del vento perché abbiamo visto che in questi anni si è allontanato dai suoi diretti rivali. Stiamo lavorando molto con lui, alla fine il Giro d’Italia di quest’anno anche per parterre è davvero più abbordabile…

L’anno scorso è arrivato al Giro con la condizione non al meglio, dopo aver raggiunto il picco al Tour of the Alps
L’anno scorso è arrivato al Giro con la condizione non al meglio, dopo aver raggiunto il picco al Tour of the Alps
Simon quest’anno farà 30 anni, quali sono i parametri e i campi su cui lavorare per migliorare, se ancora possibile?

Più si va avanti con l’età più aumenta la resistenza, a discapito della forza nel breve periodo. Lui a differenza del fratello (Adam, dal 2021 alla Ineos, ndr) non è uno che può far bene nelle corse di un giorno. Nelle corse a tappe di una settimana ha dimostrato di essere stra competitivo. Potrebbe concentrarsi su quelle e fare il cacciatore di tappe ai grandi Giri. 

Quante stagioni potrà ancora lottare per la classifica generale?

Penso che per un paio d’anni, minimo, potrà ancora lottare per le corse a tappe. Alla fine con il passare dell’età migliori sotto alcuni aspetti, vedi Caruso che l’anno scorso ha fatto la sua miglior stagione a 34 anni…

Da Burgos all’europeo, la via di Simon Yates per tornare grande

04.08.2021
5 min
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Il 2018 sembrava essere l’anno della consacrazione per Simon Yates. Il britannico nelle prime due settimane del Giro d’Italia impressionò tutti con la sua condizione che sembrava lanciarlo verso la conquista della maglia rosa. Poi la famosa tappa del Colle delle Finestre fece cadere nel baratro il corridore dell’allora Mitchelton-Scott. I primi scricchiolii arrivarono già il giorno precedente con arrivo a Prato Nevoso dove perse 30 secondi da Froome, vincitore di quel Giro.

Quell’anno però conquistò la Vuelta e sembrava essersi ripreso definitivamente, tuttavia negli anni successivi non è più riuscito a riconfermarsi. Anche in questo 2021, dopo il Tour of the Alps i segnali erano incoraggianti, ma poi al Giro non è andata come ci aspettavamo. Ci facciamo raccontare gli ultimi anni di Simon da quello che è stato il suo diesse, Vittorio Algeri, le fragilità di quello che è un talento mai completamente esploso.

Buongiorno Vittorio, vorremmo capire cosa può lasciare nella testa di un corridore quel che è successo nel 2018 al Giro.

Partiamo dal presupposto che la condizione era strepitosa, Simon aveva una gamba impressionante. Stava vivendo una situazione stimolante e si è fatto prendere dall’emozione, arrivando a spremersi troppo nelle prime due settimane. Il contraccolpo psicologico è stato forte, per lui il Giro è diventata poi un’ossessione ed ha voluto riprovarci negli anni successivi.

Lo stesso anno si ripresentò alla Vuelta, vincendola in maniera netta. Nel 2019 non diede seguito ai risultati ottenuti, come mai?

La Vuelta del 2018 fu la sua rivincita, fece capire di non essere un fuoco di paglia. Il problema fu che arrivò stanco a fine stagione ed ebbe poco tempo per recuperare. A gennaio iniziò subito la preparazione per il Giro e arrivò prima della Corsa Rosa già scarico. Lì sbagliò la squadra, dovevamo ragionare di più, prendere tempo e preparare il Giro in maniera diversa.

Sul podio del Giro 2021: puntava a vincere, ha avuto grandi giorni come ad Alpe di Mera e crolli inattesi
Sul podio del Giro 2021: puntava a vincere, ha avuto grandi giorni come ad Alpe di Mera e crolli inattesi
Invece nel 2020?

L’anno scorso prese il Covid, probabilmente sull’aereo che lo ha portato a Palermo. Alla seconda tappa già avevamo segnali di malessere ed infatti all’ottava risultò positivo al tampone. Il Covid interruppe la sua stagione, che di conseguenza finì lì. 

Quest’anno al Tour of the Alps ha dato segnali incoraggianti, anche se poi non è riuscito ad esprimersi a quei livelli al Giro

In questo Giro d’Italia ha sofferto tanto il freddo, eravamo partiti con l’idea di nasconderci nelle prime settimane ed uscire nei momenti cruciali. Una delle tappe evidenziate sul calendario era quella di Cortina, dove però il meteo ha penalizzato tanto Simon, che soffre troppo il freddo. Anche a Sega di Ala e Alpe Motta speravamo in prestazioni più convincenti, credevamo di riuscire a recuperare più margine.

Simon Yates ed Egan Bernal sullo Zoncolan: il britannico per un giorno fa tremare la maglia rosa
Simon Yates ed Egan Bernal sullo Zoncolan: il britannico per un giorno fa tremare la maglia rosa
Con un clima migliore, Simon avrebbe preso più condizione, migliorando giorno dopo giorno?

Sì, non è matematico ma l’obiettivo era quello, arrivare al top nella settimana decisiva.

Ma visto che soffre così tanto il freddo non sarebbe meglio puntare su corse calde come Tour o Vuelta? Non è che questa ossessione del Giro lo abbia penalizzato troppo?

E’ una considerazione giusta, non gli ha fatto bene quell’esperienza (Giro 2018, ndr) e avrebbe voluto mettersela alle spalle con un trionfo. Forse invece di insistere così, sarebbe stato meglio cambiare corsa, così da prendere più sicurezza dei propri mezzi

Al Giro del 2018 iniziò a calare nella terza settimana, sul Finestre il blackout
Al Giro del 2018 iniziò a calare nella terza settimana, sul Finestre il blackout
Da quel che ci racconta sembra che il momento cruciale per Simon sia stato il Giro 2019, quando c’era uno spazio per inserirsi tra i campioni degli anni precedenti e quelli di ora.

Sì, senza dubbio, non era minimamente pensabile che il livello si alzasse in così poco tempo. Tuttavia, quell’anno per Simon sarebbe dovuto essere quello dell’incoronazione, ma così non è stato.

La divisione da Adam gli ha fatto bene oppure no?

Simon e Adam sono molto diversi, ma si stimolavano molto in allenamento ed in gara, avevano uno spirito competitivo che li portava a migliorarsi a vicenda. Senza il fratello Simon si è sicuramente trovato più peso sulle spalle, dovuto anche al fatto che alcuni corridori, come Hamilton e Chaves, non hanno reso come ci si aspettava. 

Adam e Simon alla Vuelta del 2018 corsa insieme. Da quest’anno Adam è alla Ineos Grenadiers
Adam e Simon alla Vuelta del 2018 corsa insieme. Da quest’anno Adam è alla Ineos Grenadiers
Per concludere, quali saranno i prossimi appuntamenti per Simon, ha delle corse nel mirino?

Ora è a Burgos (nella prima tappa, corsa ieri, Yates è arrivato 19° con un ritardo di 13” dal vincitore di giornata Planckaert), si sta preparando per il mondiale e per il campionato europeo. Al momento è difficile dire quali saranno gli altri obiettivi, la Vuelta è fuori discussione, dato che ha fatto Giro e Tour.

Un lampo di Simon Yates che (forse) preoccupa Bernal

22.05.2021
3 min
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Nelle note del mattino, Marco Saligari in diretta aveva usato parole intelligenti. Si ragionava sulla tattica di Simon Yates, visto andare fortissimo al Tour of the Alps, e sul fatto che rispetto al 2018 stesse vivendo un Giro più tranquillo, per venire fuori meglio nella terza settimana. «Può darsi – aveva detto Saligari — ma usare una tattica prudente non significa staccarsi, al massimo significa non contrattaccare. Ma se nelle tappe delicate perdi le ruote, forse significa che non hai le gambe».

Ai 300 metri dall’arrivo, lo scatto di Bernal, che guadagna 11 secondi
Ai 300 metri dall’arrivo, lo scatto di Bernal, che guadagna 11 secondi

900 lunghissimi metri

La svolta c’è stata a 900 metri dall’arrivo, che a riguardare le immagini sono durati una vita. Simon Yates ha risalito il gruppo sulla destra, in piedi e con le mani sopra. Li ha guardati un secondo, mentre davanti c’era ancora Dani Martinez ed è partito secco. Bernal se la sentiva e si è subito accodato, mentre alle loro spalle la testa del gruppo si sfocava alle spalle.

«Ho sentito le gambe che stavano meglio – commenta il britannico – hanno ricominciato a girare. Sono felice per la prestazione, anche se Bernal ad ora è imbattibile. Speravo di uscire da questa giornata con una classifica come questa e anche se è difficile, continuerò ad attaccare, provando a prendermi la maglia rosa».

Sul traguardo, l’umore di Yates nettamente migliore che nei giorni scorsi
Sul traguardo, l’umore di Yates nettamente migliore che nei giorni scorsi

La grande illusione

Bernal è furbo. E siccome non lascia niente di intentato e tantomeno cade nell’errore di sottovalutare gli avversari, gli è bastato uno sguardo per vedere Evenepoel staccato e Vlasov in difficoltà. E a quel punto, per mettere anche Yates al suo posto, negli ultimi 300 metri ha piazzato uno scatto che il capitano della Bike Exchange ha pagato con 11 secondi di distacco sulla riga.

«Oggi era una tappa test – spiega Vittorio Algeri, diesse del team – aspettavamo questa risposta, perciò stamattina c’era l’attesa dei giorni importanti. Quello che è successo o che non è successo finora si deve probabilmente al fatto che ci aspettavamo tutti di più, dopo averlo visto vincere al Tour of the Alps. Ci siamo resi conto che lui andava forte e che lì c’erano comunque Vlasov e altri rivali che sono qui. Ma non c’erano Bernal e questa Ineos, che hanno un livello superiore».

All’arrivo la maglia rosa è rimasta per un paio di minuti a riprendere fiato
All’arrivo la maglia rosa è rimasta per un paio di minuti a riprendere fiato

La fiducia ritrovata

Il risultato di giornata riapre la porta sulla classifica. Yates è salito al secondo posto a 1’33” da Bernal, Caruso resiste al terzo posto a 1’51” e poi c’è Vlasov a 1’57”.

«E’ chiaro che ogni giorno fa storia a sé – saluta Algeri – per cui non si può dare per certo che lunedì a Cortina il risultato sarà altrettanto buono, ma neppure si può escludere. Il fatto di avere una partenza meno spinta del 2018 era uno dei fattori che volevamo raggiungere e indubbiamente questo è successo. Oggi si è ricominciato a vedere il Simon che conosciamo e che ci aspettavamo, soprattutto un corridore che aveva bisogno di fiducia. E adesso ce l’ha. E’ tornato al pullman con un bel sorriso. Tanto è stato fatto, ma tanto c’è da fare. Bernal per ora bisognerebbe lasciarlo stare, ma ci proveremo sino alla fine».

La via di Yates alla maglia rosa. Parla Algeri

03.05.2021
4 min
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Tutti per Simon Yates, sorride Algeri. Il Team Bike Exchange è pronto a stringersi attorno al suo capitano, reduce dal successo nella classifica generale all’ultimo Tour of The Alps e grande favorito per l’imminente Giro d’Italia. Fra gli addetti ai lavori che la pensano così, il vincitore dell’edizione 2000 e attuale opinionista Rai Stefano Garzelli.

Test a Montalcino

Per saperne di più, abbiamo chiesto a Vittorio Algeri, direttore sportivo dal 2012 della formazione australiana, come procedono gli ultimi preparativi per la campagna in rosa del ventottenne di Bury, a meno di una settimana dal via. Il Giro inizierà il prossimo 8 maggio con la cronometro (8,6 chilometri) che si snoderà nel centro di Torino.

Vittorio Algeri, 68 anni, diesse del Team Bike Exchange
Vittorio Algeri, 68 anni, diesse del Team Bike Exchange

«Stiamo terminando gli ultimi preparativi – ha risposto Algeri – ci sono ancora un sacco di cose da sistemare per noi dello staff, mentre i corridori sono praticamente pronti. Da corridore ho corso 8 Giri d’Italia, mentre ho perso il conto di quelli fatti da ds. Stavolta sarò in ammiraglia soltanto nelle prime tappe e poi durante tutta l’ultima settimana, mentre il resto della Corsa Rosa verrà seguita dai miei colleghi australiani.

«La squadra arriverà a Torino mercoledì sera, al termine di una giornata in cui effettuerà la ricognizione in vista dell’undicesima tappa, sulle strade bianche di Montalcino. Sarà una di quelle più delicate. Simon ha fatto la Strade Bianche per conoscere un po’ il terreno, però purtroppo è caduto e non aveva potuto finirla. Comunque, il percorso è diverso, per cui è importante che lo veda. Non è certo duro come il pavé, ma è pur sempre insidioso».

Al Giro del 2018 iniziò a calare nella terza settimana, sul Finestre il blackout
Al Giro del 2018 iniziò a calare nella terza settimana, sul Finestre il blackout

Sega di Ala: durissima

Insomma, ogni dettaglio è stato preso in considerazione e il terreno per attaccare non mancherà per Simon. Qualche idea se l’è già fatta, come conferma il suo ds bergamasco.

«Già a Sestola c’è un arrivo esigente, non è una salita durissima, ma sarà un primo test per vedere anche chi sono gli avversari. I miei colleghi australiani hanno visionato tutte le tappe e qualcuna di quelle di salita l’hanno provata anche i corridori. Il giorno dopo la conclusione del Tour of the Alps, ad esempio, Simon e alcuni altri compagni hanno scalato il Passo di San Valentino e la successiva Sega di Ala (in apertura, nella foto Mosna), traguardo della 17ª tappa. Sono rimasti impressionati soprattutto da quest’ultima ascesa, che han trovato davvero molto dura».

Mikel Nieve sarà l’uomo in più per la salita, basco di 36 anni
Mikel Nieve sarà l’uomo in più per la salita, basco di 36 anni

Conferme in corsa

La differenza grande rispetto al passato per il Team Bike Exchange è che la sua punta di diamante è più tranquilla che mai, merito delle ulteriori conferme ricevute al Tour of the Alps.

«E’ il primo anno che Simon arriva al Giro disputando una gara subito prima – prosegue Algeri – io sinceramente gliel’avevo consigliato già in altri anni, in cui aveva preferito l’altura e la scelta di questa stagione sembra si sia rivelata buona. Ha conosciuto una parte degli avversari che troverà sulle strade del Giro, ma soprattutto ha scoperto se stesso, la propria condizione e oliato i meccanismi di squadra. Simon lo vedo tranquillo come non mai, perché sa di poter far la differenza quando conta».

Un super team

E tutto l’organico della formazione australiana ruoterà tutto intorno a lui. «La squadra è attrezzata per tutti i percorsi. Abbiamo corridori come Nieve e Schutlz che sono una sicurezza in salita. Per le tappe pianeggianti, potrà fare soprattutto affidamento su Hepburn, Juul Jensen e Kangert. Quest’ultimo ha una grande esperienza e potrà proteggerlo da ulteriori insidie». Completano la rosa altri due gregari pronti a sacrificarsi per il proprio capitano come Scotson e Meyer. 

Kangert è stato la spalla di Nibali e Aru all’Astana, ora è con Yates
Kangert è stato la spalla di Nibali e Aru all’Astana, ora è con Yates

Rosa a Milano

Alla quarta partecipazione consecutiva al Giro, Simon vuole vestirsi ancora di rosa, ma stavolta sul podio finale di Milano. Aveva indossato il primato per 13 giorni nel 2018 e lo aveva visto sfumare a causa di una crisi nella tappa regina dell’ultima settimana, con l’attacco decisivo di Chris Froome sul Colle delle Finestre.

«Nel 2019 poi, per cercare di rifarsi, è arrivato troppo stanco al Giro, esagerando con la preparazione – spiega Algeri – mentre lo scorso autunno la condizione era migliore, ma si è messo di mezzo il Covid. Deve fare tesoro di queste esperienze e, se non succederà nulla a livello di cadute o salute, se la può giocare. Non ci interessa prendere la maglia presto, perché il Giro è lungo e si rischia di arrivare in debito di ossigeno nell’ultima settimana, che è quella determinante. Il segreto dei grandi Giri non è andare fortissimo un giorno, ma essere sempre lì».

Gemelli Yates, uguali per modo di dire! Algeri racconta

31.03.2021
4 min
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Gli Yates sfuggono alla regola, come fu in epoca recente anche con gli Schleck, secondo cui tra due fratelli che corrono uno va forte e l’altro fa numero. Sarà perché sono gemelli? I due britannici vanno come le moto e adesso che Adam è passato alla Ineos Grenadiers avranno finalmente modo di misurarsi. E se inizialmente è parso strano che si siano separati, adesso la novità inizia a sembrare ghiotta. Pur essendo gemelli, quali sono le differenze fra loro? Lo abbiamo chiesto a Vittorio Algeri, che li ha accolti alla Orica-GreenEdge nel 2014 e li ha visti crescere.

Lo scatto di Simon Yates verso Prati di Tivo è stato un bel segno di vitalità
Lo scatto di Simon Yates verso Prati di Tivo è stato un bel segno di vitalità
Sono proprio uguali?

Mica tanto. Adam è più estroso e al limite anche nervoso. Simon è più calmo e riflessivo. Adam a volte esplode. Sono sempre stati così, ma fra loro vanno d’accordo, pur essendo sempre in competizione. Se uno vince, l’altro cerca di pareggiare subito i conti. Ricordate quando nel 2018 Simon vinse alla Parigi-Nizza e il giorno dopo Adam andò in fuga e vinse alla Tirreno-Adriatico a Filottrano? Fra loro è sempre così.

Simon sembrava più vincente…

Simon sembrava il predestinato, ma Adam ripeteva che avrebbe vinto grandi corse anche lui. Al Catalunya ci è riuscito e si è lasciato indietro anche il fratello, ma va detto che Simon ha perso le corse spagnole di inizio stagione e ha bisogno di fare chilometri.

Scattano entrambi in salita con il lungo rapporto.

Adam ha sempre esagerato. La sua prima corsa con noi fu in Argentina. Nella settimana che precedeva la gara, seguendolo in allenamento non facevo che dirgli di andare più agile. Poi però vinse la classifica dei giovani, quindi evidentemente quei rapportoni non li pagò.

Adam Yates ha vinto il Catalunya, precedendo i compagni Porte e Yates
Adam Yates ha vinto il Catalunya, precedendo Porte e Yates
Simon è più agile?

Agile è un parolone – sorride Algeri – e comunque hanno i loro allenatori che li guidano. Piuttosto spero che Simon abbia risolto i suoi problemi e possa tornare quello del Giro 2018. Ha doti importanti. L’anno scorso era preparato bene per il Giro, poi saltò fuori la positività al Covid. Quest’anno ha corso la Tirreno senza preparazione. A Prati di Tivo ha attaccato bene, ma si è visto che in finale gli è mancata la base. E a Castelfidardo ha avuto i crampi per lo stesso motivo.

Era prevedibile che si sarebbero separati?

Secondo me era nell’aria e credo che Ineos abbia fatto una bella offerta. In più qui al Team Bike Exchange nel frattempo era tornato Matthews, per cui il budget si è stretto.

Ricordi quando dissero che non sarebbero mai andati al Team Sky?

Ci ho pensato (Algeri ride, ndr), ma cambiare idea ci può stare. Il primo pensiero quando Adam disse che sarebbe andato là, fu che sarebbe andato a tirare per gli altri. In realtà fino a questo momento ha avuto le gambe per imporsi ed essere lui uno dei leader. Sono contento se riuscirà a confermarsi a quel livello, altrimenti ci saranno logiche di squadra da seguire, come è normale.

Simon e Adam alla Vuelta 2018 corsa insieme: Adam si riconosce per la cicatrice sul mento
Insieme alla Vuelta 2018: Adam si riconosce per la cicatrice sul mento
Lo vedi adatto ai grandi Giri?

Sulla carta si è sempre pensato che fosse Simon il più adatto alle tre settimane, in cui bisogna sapersi gestire in modo più oculato. Adam può vincere bene il Catalunya, anche se sempre con noi fece un bel Tour nel 2016, arrivando 4° in classifica dietro Froome, Bardet e Quintana, ma a soli 37″ dal secondo posto. E sempre quell’anno vinse la maglia bianca. Sarei curioso di vederlo partire come leader, per capire come regge la responsabilità.

Mentre Simon?

Simon deve mettere chilometri nelle gambe. Non so se al Catalunya abbia sofferto il fatto di stare dietro al fratello – chiude Algeri – spero solo che torni ai suoi livelli. Così poi vederli uno contro l’altro sarà ancora più divertente.

Valentino Sciotti

Sciotti, il ciclismo costa poco e rende bene

10.10.2020
2 min
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Valentino Sciotti, il signor Vini Fantini, si aggira per le partenze e fra i pullman come nel giardino di casa. I suoi marchi sono sulla maglia di Israel Startup Nation e Vini Zabù-Ktm. E il prossimo anno, se tutto va come pensa, i Vini Fantini saranno anche sulla maglia di Chris Froome. Impossibile non fregarsi le mani. Un po’ perché il ciclismo è la sua grande passione. Ma soprattutto perché tra i soldi spesi e quelli ricavati, il rapporto è così vantaggioso da chiedersi come mai anche altri non si precipitino sulla torta a due ruote.

damiano_cima_giro19
Al Giro d’Italia del 2019, la vittoria di Damiano Cima a Santa Maria di Sala
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Al Giro d’Italia del 2019, la vittoria di Damiano Cima a Santa Maria di Sala
Perché si investe sul ciclismo?

Sia per passione sia per tornaconto. Ma di sicuro è l’investimento che rende di più a livello sportivo. In termini di costo/contatto sono i soldi spesi meglio.

C’è differenza fra la resa di una professional e di una WorldTour?

Hanno entrambi dei ritorni molto buoni. I numeri sono diversi e il tipo di esposizione è diverso. Quindi l’uno o l’altro, ciascuno nel suo, non fa un’immensa differenza.

Quanto rende partecipare al Tour de France?

Se tu pensi che una gara come il Tour raggiunge più di un miliardo di persone e tu vendi un bene di largo consumo, che si presta ad essere consumato da una platea molto ampia, capisci bene che davvero non ci sia un investimento che abbia un costo più basso.

Ci sono termini concreti di riscontro?

Io ho aperto parecchi mercati grazie al ciclismo. Ho aperto la Turchia, ne ho aperti tanti in Sudamerica. In Belize non mi volevano nemmeno ricevere perché il mio interlocutore era in campagna elettorale. Ma appena ha letto il nome Fantini, ha chiesto alla segretaria di informarsi se fosse quello del ciclismo.

E quando lei ha detto di sì?

Il tipo è arrivato di persona, si è presentato. E ha cominciato a dire: «Io sono un fan, sono un appassionato». Si è girato verso la segretaria e ha detto: «Questi vini li voglio dentro».

Da sponsor, c’è una vittoria che le è rimasta dentro?

Sull’Etna c’è andato vicino Visconti, ma sicuramente quella dell’anno scorso di Damiano Cima. E’ stato un giorno da prendersi l’infarto.

Dispiaciuto di non avere più una squadra tutta sua?

Non ho rimpianti. Lo sponsor deve fare lo sponsor, il team manager il team manager e via dicendo. Io ho altre preoccupazioni. Devo dare il 100 per cento di me stesso per il resto. Arriverà Froome? Penso di sì, si deciderà a breve.

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Yates: Algeri svela il mistero del 2019

04.10.2020
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Incontro per caso con Vittorio Algeri, tecnico della Mitchelton-Scott, alla partenza della tappa di Alcamo. L’imminente arrivo di Agrigento un paio di anni fa avrebbe solleticato la fantasia del suo Simon Yates. Ricordate il Giro vinto poi da Froome? Yates annichilì tutti nelle prime due settimane, poi iniziò a vacillare e alla fine venne spinto giù dalla classifica proprio da Chris e dalla sua impresa sul Colle delle Finestre.

Simon abbozzò, Vittorio fece la sua analisi. Digerirono la sconfitta, poi Yates andò alla Vuelta e la vinse. Salvò la stagione, ma nelle sue gambe rimase un carico di fatica che avrebbe dovuto smaltire. Tuttavia non lo fece.

Simon_Yates_Giro2020
Nella tappa di Agrigento, adattissima a lui, è rimasto coperto dietro i compagni
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Nella tappa di Agrigento, adattissima a lui, è rimasto coperto dietro i compagni

«Dopo allora – dice Algeri – Yates ha cambiato preparatore. Quando un corridore fa una stagione così impegnativa, poi deve avere il tempo di recuperare. Il corpo umano non è inesauribile. Invece a gennaio era già a tutta, pronto a lavorare per trovare più resistenza nelle tre settimane. Il guaio è che se fai certi lavori su un organismo fresco, la condizione migliora. Se lo fai su un ragazzo già in crisi, ottieni il risultato opposto».

Yates: esplosività a rischio

Si spiega così l’opaco 2019 del fenomenale Simon Yates, dice Algeri, che lo scorso anno iniziò il Giro con il secondo posto nella crono di Bologna. Poi sparì dai piani alti. Ricomparve a Courmayeur, con un secondo posto. Poi l’indomani a Como, con il terzo. Ma da uno così ti aspettavi la vittoria, invece alla fine chiuse con l’ottavo posto. Poi andò al Tour. Vinse la tappa di Bagneres de Bigorre e quella di Foix, ma chiuse la classifica al 49° posto.

«Dal 2018 – prosegue Algeri – abbiamo fatto tesoro di tante esperienze. Ci siamo resi conto delle forze che abbiamo sprecato e capito che se si punta alla terza settimana, nelle prime due è bene stare tranquilli. Per cui, unitamente al cambio di preparatore, Yates ha capito anche di doversi nascondere. A Bologna l’anno scorso si è salvato, perché le doti di esplosività le ha sempre avute. Eppure, con quel tipo di lavoro, stava perdendo anche quelle. Era necessario fermarsi e ripartire. Quello che abbiamo fatto».