Bastianelli, atleta e mamma: la salute dei figli è preziosa

27.10.2024
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Questo articolo è nato a Zurigo, aspettando la partenza delle donne junior. Si parlava di salute dei corridori con il dottor Corsetti, quando Marta Bastianelli ha terminato la telefonata con suo marito Roberto ed è tornata da noi. Avevano appena concordato che la figlia Clarissa, dieci anni compiuti a maggio, facesse la visita di idoneità agonistica e non quella dal pediatra (le due sono insieme in apertura nella foto Instagram). Per il ciclismo e la danza sarebbe bastato, ma i suoi genitori avevano ritenuto di farle sostenere la prova più impegnativa.

Da lì è nato un discorso su questo argomento, che ci eravamo proposti di riaprire, così eccoci qua. L’occasione è propizia anche per farci aggiornare da Marta sulla bimba in arrivo, dopo l’annuncio dato attraverso un video molto commovente su Instagram. La nascita è prevista per marzo, pertanto la romana ha vissuto tutto il 2024 da collaboratrice del cittì Sangalli tenendo per sé il segreto. Solo quando lo ha annunciato, si è capito perché la sera non avesse bevuto nulla con lo staff o le mille sfumature che prendono senso sapendo cosa c’era dietro.

La visita di idoneità permette di conoscere meglio la salute e i mezzi del bambino (foto Varese Sport)
La visita di idoneità permette di conoscere meglio la salute e i mezzi del bambino (foto Varese Sport)
Marta, perché a Clarissa la visita di idoneità dei corridori veri?

Perché secondo me, per chi fa sport deve essere una routine, come ad esempio i controlli di salute che uno fa nella vita. A volte ci si ricorda di farli quando si ha un problema e questa è la cosa più sbagliata, perché la sanità ci insegna che la prevenzione è il primo rimedio. Ed è così anche per i bambini, soprattutto in adolescenza. Gli organi crescono, il cuore cresce come cresce anche la fatica, quindi anche quando faceva nuoto, Clarissa ha sempre fatto l’idoneità agonistica. Forse è una nostra esagerazione, non lo so, ma io credo tantissimo nella prevenzione e che per lei possa essere una scuola importante per il futuro. In alcuni Paesi addirittura la visita non è obbligatoria neppure per i professionisti, perché ricordo lo stupore di alcune ragazze che venivano in squadra con noi ed erano stupite, mentre per noi era la normalità.

Tu l’hai mai trovata un’esagerazione?

No, proprio mai. Soprattutto con tutto quello che sta succedendo negli ultimi anni, con vari problemi e morti misteriose. Forse queste visite di idoneità possono essere un campanello d’allarme, l’indicazione di un problemino che preso in tempo si risolve facilmente. Su questo, sono super d’accordo con la tutela della salute che l’Italia impone ai suoi atleti. Basta pensare a tutti gli esami che facciamo quando andiamo alle Olimpiadi. A volte anche noi ci meravigliamo di quanti siano, però poi ti rendi conto che sono cose che a te rimangono e che altrimenti avresti dovuto farle in forma privata. A volte da una semplice visita di idoneità di un bambino, si possono riscontrare problematiche o addirittura capire che potrà essere un campione perché la prova da sforzo esprime numeri importanti. Insomma, la visita ben fatta dovrebbe essere naturale, ma spesso come tante cose in Italia, non lo è…

Marta Bastianelli ha seguito tutta la stagione della nazionale in appoggio a Sangalli. Qui a Zurigo con Erica Magnaldi
Marta Bastianelli ha seguito tutta la stagione della nazionale in appoggio a Sangalli. Qui a Zurigo con Erica Magnaldi
Quando parlavi con le compagne che nei loro Paesi non sono obbligate alla visita, ti sembrava che avessero la consapevolezza che potesse essergli utile?

Secondo me, essendo cresciute con quella cultura, non si ponevano il problema. Mi ricordo di ragazze straniere che hanno scoperto di avere dei problemi grazie alla visita fatta dai nostri dottori e che avrebbero potuto prevenirli o affrontarli prima che diventassero cose più serie. Forse in questo momento, visto che anche le squadre straniere stanno prendendo l’abitudine di fare l’idoneità internamente a inizio stagione, anche gli atleti meno abituati stanno entrando nell’ottica. Ma ricordo che i primi tempi per loro era veramente strano.

Tu l’hai sempre fatta sin da bambina?

E’ quello che stavo per dire. E’ un’abitudine che mi porto dietro dalla mia famiglia. Quando ero piccola, quindi parliamo di vent’anni fa, la mia squadra negli allievi chiedeva l’idoneità agonistica. Per me è stata sempre alla base di tutto. E anche quando sono diventata professionista, ogni anno facevo l’ecodoppler, anche se è obbligatorio ogni due. Ho sempre avuto la cura e la curiosità di sapere se tutto andasse bene. Nel mezzo ho avuto la prima gravidanza, il fisico cambia. E poi in questo periodo, la vita ci insegna che purtroppo ci sono problemi che nascono da un mese all’altro. E soprattutto chi pratica sport impegnativi, sbaglia a non pensarci. E’ un fatto di cultura. A Clarissa magari non serviva nemmeno, ma credo sia qualcosa che si debba portare dentro e che possa insegnare un domani anche ai suoi figli.

Le visite più approfondite spettano agli atleti olimpici. Qui il marciatore Massimo Stano (foto CONI)
Le visite più approfondite spettano agli atleti olimpici. Qui il marciatore Massimo Stano (foto CONI)
Ti capita mai di parlarne con i genitori dei suoi compagni di squadra?

Io penso che loro conoscano il mio modo di pensare e vedendomi ancora come una sportiva agonista, pensano che sia dovuto a questo. Probabilmente alcuni di loro vanno a fare la visita dal pediatra, però questo secondo me dovrebbe essere un punto fermo fissato dal sistema sanitario. Che indichino degli obblighi che poi nelle famiglie diventino una routine. Tra l’altro fino a 18 anni il certificato agonistico è gratuito, quindi non dovrebbero proprio esserci problemi. Capisco che tanti scelgano un medico piuttosto di un altro per motivi economici, senza capire che accettando di spendere meno, ricevono una visita di livello inferiore. Ripeto: nel pubblico per i minori è gratuito e ci sono società che preferiscono la visita fatta alla ASL, perché sanno che nel privato possono capitare idoneità non sempre affidabili.

Finita la gravidanza, pensi che continuerai a fare tutti gli anni l’idoneità agonistica?

Direi proprio di sì. Magari non vado più in bici, ma mi ero messa a fare un po’ di nuoto e delle camminate. Non siamo tutti uguali, io al primo dolorino vado a farmi controllare, forse perché lo sportivo professionista non può permettersi di essere superficiale e perdere giorni di allenamento e gare per aver sottovalutato un sintomo. La salute è una cosa importante. Perciò continuerò sicuramente a farla, anche se non sarò più un’agonista. Di questo sono sicura.

EDITORIALE / Cuori a rischio, chi risparmia sull’idoneità?

14.10.2024
5 min
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Il primo segnale davvero drammatico fu il malore che colse Colbrelli il 21 marzo del 2022. Chi lo vide cadere sul traguardo della prima tappa del Catalunya pensò che non ci fosse più niente da fare, invece il massaggio cardiaco salvò la vita al bresciano che interruppe subito l’attività. Un mese dopo, si fermò Gianmarco Garofoli per una miocardite. Dovette ricorrere a un intervento che dopo qualche mese gli permise di riavere l’idoneità. Quello che però fu raccontato come un semplice malore, pochi giorni fa è stato descritto da suo padre come un principio di infarto a 20 anni. Qualcosa di simile al malore che di recente si è portato via Simone Roganti, che ne aveva 21.

A dicembre 2020 venne fermato per miocardite Diego Ulissi. Nel 2021 l’ablazione cardiaca toccò a Viviani e l’anno precedente a Cipollini. Lorenzo Masciarelli ha scoperto di avere una pericardite grazie a un incidente stradale. Lo hanno ricoverato per un braccio dolorante senza sapere sul momento che gli stavano salvando la vita.

Si è andati avanti di caso in caso, segnandoci la fronte quando qualcuno se ne andava senza motivazioni apparenti. Come Dario Acquaroli, ex campione del mondo di MTB, morto per un malore ad aprile 2023, mente stava passeggiando sulla sua bici. La morte di Silvano Janes agli europei gravel di ieri ad Asiago potrebbe confluire nello stesso contesto. E’ come se dopo il Covid sul mondo si sia abbattuta un’ondata di virus cardiaci che, se non diagnosticati, portano alla morte. E se questo è vero, in che modo è aumentata l’attenzione di medici, società e atleti per tutelare davvero la salute?

Lorenzo Masciarelli, in ospedale per un incidente stradale, ha scoperto una pericardite potenzialmente letale
Lorenzo Masciarelli, in ospedale per un incidente stradale, ha scoperto una pericardite potenzialmente letale

La difesa che manca

E’ un tema delicato da maneggiare. Da molte parti infatti, più che il Covid si incolpano i vaccini, ma non esiste ancora, a quanto ci risulta, un nesso dimostrato di causa/effetto. In attesa che degli studi vengano portati a termine ed evitando di perderci in chiacchiere, in che modo si tutela la salute di chi fa sport?

Abbiamo la pelle d’oca nel renderci conto della difformità di regolamento a livello internazionale. I medici sportivi parlano fra loro. E l’osservazione anche ironica che vede gli italiani vittime nei congressi internazionali arriva spesso dalla Gran Bretagna. Oltre la Manica infatti, la visita di idoneità non è obbligatoria e ugualmente il tasso di mortalità dei loro atleti è di pochissimo superiore al nostro: perché fare tante visite, dicono, se poi gli esiti sono identici?

Il punto è proprio questo. Il sistema italiano va difeso con ogni mezzo possibile, ma va reso affidabile (in apertura l’Istituto Riba di Torino, eccellenza nazionale). Avremmo il modo per ridurre a zero la percentuale, non trattandosi per fortuna di numeri elevatissimi, ma rinunciamo a farlo. Spendiamo migliaia di euro dal dentista per avere un bel sorriso e ci accontentiamo o pretendiamo che una visita di idoneità agonistica costi meno di una pulizia dei denti. E’ normale?

La visita di idoneità che duri meno di 40 minuti non può essere ben approfondita (foto Gruppo Cidimu IRR)
La visita di idoneità che duri meno di 40 minuti non può essere ben approfondita (foto Gruppo Cidimu IRR)

Le idoneità regalate

Il medico italiano di una squadra WorldTour ci ha raccontato che le visite che esegue privatamente nel suo studio durano fra 40 e 50 minuti. Un altro ci ha detto che per rendersi conto di come sia possibile fare tutto bene e anche in modo rapido, abbia cronometrato una visita, fermando il cronometro a 38 minuti. Nei loro studi non si spende meno di 120 euro. Sono visite importanti, fanno la differenza fra vivere e morire, quindi è giusto che abbiano un costo.

Qual è la qualità o la profondità di una visita di 20 minuti, pagata fra 50 e 90 euro, di cui il medico percepisce a dir tanto il 50 per cento? Con quale tranquillità d’animo egli può rendere abile un atleta di qualunque età, sapendo di non aver fatto il meglio e che, qualora quello morisse, ne dovrebbe rispondere penalmente? E come è possibile che la Federazione dei medici sportivi ritenga accettabile l’idoneità agonistica rilasciata in appena 20 minuti?

Per i giovanissimi occorrono le stesse attenzioni dei più grandi: sbagliato risparmiare sulla salute (photors.it)
Per i giovanissimi occorrono le stesse attenzioni dei più grandi: sbagliato risparmiare sulla salute (photors.it)

La salute dei figli

Probabilmente ai livelli più alti dello sport il problema è relativo, seppure non sia difficile andare con la memoria alle morti di Lambrecht, Nolf, Myngheer, Goolaerts e quelli che hanno perso la vita per malori improvvisi. Nonostante la normativa UCI preveda di eseguire ad anni alterni l’ECG con prova da sforzo e l’ecografia cardiaca, sono sempre di più le squadre che li impongono annualmente e gli atleti che chiedono di farli. Quel che lascia con l’amaro in bocca è invece l’atteggiamento di tanti genitori nelle categorie giovanili.

Si vuole spendere poco, anche se si parla della salute dei propri figli, preferendo semmai vuotarsi le tasche per la bici più leggera. Ci si accontenta di visite di idoneità poco più approfondite di una pacca sulle spalle. Si chiede al dottore di fare presto. Le società fissano appuntamenti presso studi convenzionati in cui si eseguono batterie di test senza il minimo approfondimento. E’ facile rendersi conto che l’approssimazione di certe visite sia legata alla poca attenzione da parte degli utenti, soprattutto delle famiglie dei più piccoli. Perché certe abitudini cessino, sarebbe sufficiente non frequentare più gli studi in cui si lavora con superficialità. Invece si va avanti con la mentalità italiana per cui un ristorante è buono se per 20 euro ti riempie la pancia, senza guardare la qualità di quel che si butta giù. Forse però, parlando di cuore e sopravvivenza, sarebbe meglio puntare su un… ristorante con qualche stella in più.