Mareczko si lascia l’inferno alle spalle e ha fame di sprint

12.02.2022
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Mareczko s’è fatto crescere i capelli, perciò quando si presenta con i ricci biondi e la mascherina, facciamo fatica a riconoscerlo.

«Li ho fatti crescere – ghigna – perché alla fine cadranno e allora tanto vale goderseli un po’».

Sono le sette e mezza di sera. Corsa. Massaggi. Meeting. Cena. Sono due giorni che proviamo a infilarci fra una cosa e l’altra, ma ogni volta s’è dovuto rimandare. Stavolta ci siamo e con tanta curiosità. Dopo il brutto finale di 2021, il passaggio alla Alpecin Fenix e la grinta mostrata sul primo arrivo. Sarà pure finito secondo alle spalle di Malucelli, ma negli occhi aveva fuoco vivo. Tutto intorno, nella hall dell’immenso hotel alle porte di Antalya, c’è il tipico andirivieni dei corridori diretti verso il ristorante alla vigilia dell’arrivo in salita.

Per Mareczko (ultimo a sinistra) è la seconda corsa con la Alpecin Fenix. Prima il Saudi Tour
Per Mareczko (ultimo a sinistra) è la seconda corsa con la Alpecin Fenix. Prima il Saudi Tour
Ieri hai detto che correre in questa squadra è tutta un’altra cosa.

Un’altra tipologia di squadra. Alla Alpecin-Fenix non ti manca niente, qualunque cosa ti serva. E poi è impostata su quello che faccio io, cioè le volate. Altre hanno gli scalatori e i gregari per la generale. Noi qua siamo venuti con un uomo che può fare classifica e tutti gli daranno una mano, ma se li guardate sono passisti adatti per tirare le volate. Per quello che devo fare io, è stata la scelta migliore.

Uscivi da un 2021 complicato, avevi ricevuto altre offerte?

Ero d’accordo che avrei parlato con la Bardiani e c’era stato un timido interesse dell’Astana, ma nel momento in cui ho avuto questa proposta, non ci ho pensato un attimo e ho cancellato tutto il resto.

Fra le perle del 2021, la vittoria su Cavendish a Gatteo nella Coppi e Bartali
Fra le perle del 2021, la vittoria su Cavendish a Gatteo nella Coppi e Bartali
E’ stato semplice lasciarsi indietro l’esclusione dal Giro e tutto quello che è successo l’anno scorso?

Sono passato con Citracca quando la CCC ha chiuso. Senza certe sorprese, saremmo andati al Giro, dando continuità al buon inizio. La vittoria al Coppi e Bartali su Cavendish e altri segnali positivi. Poi saremmo dovuti andare in Turchia e da lì al Giro, invece è iniziato il declino. Mi auguro sia una situazione in cui nessun altro debba ritrovarsi. La gente parla e non è bello. Quelli che correvano nel mio gruppo neanche sapevano chi fosse il ragazzo risultato positivo (Matteo De Bonis, ndr). Non lo conoscevamo, ma per colpa sua ci siamo andati tutti di mezzo e la stagione è diventata un calvario.

Probabilmente avete pagato anche certe scelte della squadra…

Ma la squadra a quanto mi risulta non era coinvolta in quelle cose. Quando uno ha bisogno di soldi, arriva a qualche compromesso e possono succedere questi episodi, come pure con Spreafico (corridore della Vini Zabù squalificato per tre anni, ndr). Ripeto, io quel ragazzo non lo conoscevo, ma probabilmente non aveva neppure le qualità per passare professionista.

La salita resta il grande scoglio di Mareczko (in maglia verde), ma non se ne fa un grande cruccio
La salita resta il grande scoglio di Mareczko, ma non se ne fa un grande cruccio
Torniamo al presente, quali saranno i tuoi programmi?

Li conoscono i capi, ma ce li dicono gradualmente. Io so cosa farò fino al Turchia di aprile, quindi fino a prima del Giro. Ma certo che mi piacerebbe correrlo, vorrei proprio vincere una tappa.

Una squadra con tre velocisti come Merlier, Philipsen e te: quanta rivalità interna c’è?

Nei ritiri c’è stata un po’ di competizione, ma nemmeno più di tanto, perché ci dividevano spesso in gruppi, quindi non ci sono state grandi occasioni di confronto. In corsa poi ciascuno farà il suo programma, nessun rischio di pestarci i piedi. Non è una squadra WorldTour, ma ne fa il calendario, quindi ognuno avrà il suo terreno di caccia.

Dopo il secondo posto nella tappa di apertura, amarezza e grinta per la rivincita
Dopo il secondo posto nella tappa di apertura, amarezza e grinta per la rivincita
Tappa di oggi (ieri per chi legge) con qualche strappo impegnativo e non sei arrivato allo sprint di 90 corridori. Pensi ancora di voler migliorare in salita?

La scelta di cambiare pelle è molto soggettiva. C’è chi lo ha fatto, ma ha perso spunto in volata (come raccontava lo stesso Malucelli, ndr). Spesso andare meglio in salita è anche questione di ridurre il peso e così però perdi forza. Io ho puntato tutto sulle volate, per questo nella tappa con 3.000 metri di dislivello alla fine non c’ero.

Quindi il tuo calendario sarà rapportato a questa tua caratteristica?

Esatto. Ho cominciato al Saudi Tour, poi sono qui, farò la Milano-Torino e la Coppi e Bartali, prima di tornare in Turchia. Corse in cui rientrare sempre nel tempo massimo, per giocarmi le tappe in volata. Come quella di domenica, che sarà tutta piatta.

Sul podio della prima tappa, per Mareczko un sorriso beffardo: credeva di aver vinto
Sul podio della prima tappa, per Mareczko un sorriso beffardo: credeva di aver vinto
Hai cambiato qualcosa nella posizione in bici?

La posizione è quella e funziona, non c’è motivo di cambiarla. Ma la bici è davvero super, perfetta per fare le volate.

Come la mettiamo con i rapporti? Shimano ora fa solo 52 e 54…

Ma noi abbiamo ancora il vecchio Dura Ace, per cui posso usare il 53 e il 54. L’altro giorno avevo il 54 perché l’arrivo scendeva, si ragiona di volta in volta. E anche io uso pedivelle da 170.

Com’è l’ambiente in squadra?

Molto buono e stimolante. Sono amichevoli e il fatto che il team manager e i direttori sportivi parlino italiano mi aiuta molto. Con il fiammingo sono proprio negato, semmai c’è l’inglese. C’è una grande disciplina, si fa quello che dicono loro. Ognuno ha il suo lavoro. Per questo il fatto che per ora Van der Poel sia fuori dai giochi non porta più responsabilità agli altri. Manteniamo il calendario ed è chiaro che lo facciamo al nostro meglio.

Questa la Canyon Aeroad di Mareczko, con componenti Shimano Dura Ace
Questa la Canyon Aeroad di Mareczko, con componenti Shimano Dura Ace
Ci sarà un treno per Mareczko?

Non so cosa vogliano fare, aspetterò che me lo dicano. Io ci metto il lavoro e tutto l’impegno. E continuo a correre per togliermi lo sfizio di vincere una tappa in un grande Giro. Se proprio devo dire, la mia corsa dei sogni al momento e da sempre è proprio questa.

Team Corratec: una “nuova” continental, ce la racconta Parsani

08.01.2022
4 min
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Serge Parsani torna nel mondo del ciclismo, all’età di 69 anni, con gli ultimi tre passati “a riposo” a Bergamo. Rientra in gruppo grazie a Frassi ed alla sua nuova squadra: il team Corratec, patrocinato dal comune di Montecatini Terme. Frassi esce dall’esperienza con la Vini Zabù che ha chiuso i battenti al termine della scorsa stagione.

Cosa ti ha spinto a sposare un progetto come quello di Frassi?

Sono stato contattato da lui dopo il Giro di Lombardia e mi ha chiesto di intraprendere questa nuova avventura. Ero fuori dal giro da tre anni, ma la passione è troppo forte ed appena ne ho avuta l’occasione sono tornato. Non ero però molto sicuro di ricominciare.

Come mai?

Perché avevo la mia vita tranquilla qui a Bergamo, non ero molto dell’idea di tornare a viaggiare e stare lontano da casa. Poi però Frassi mi ha detto che il mio sarebbe stato un ruolo manageriale, da svolgere dietro la scrivania.

Con Frassi avevi mai lavorato precedentemente?

No mai, ne avevo sentito parlare e lo conoscevo di nome.

Frassi (a sinistra) è il principale artefice della nascita del team Corratec
Frassi (a sinistra) è il principale artefice della nascita del team Corratec
Dovrai trasferirti in Toscana o svolgerai il tuo ruolo da casa?

Qualche volta andrò giù, ma non è necessario, ora si lavora molto a distanza. Ci siamo incontrati già a Montecatini per svolgere le visite mediche dei ragazzi a metà dicembre.

Il progetto è quello di una continental. Era quello a cui puntavate?

Non precisamente, avevamo presentato le carte, la fideiussione e la garanzia all’UCI per aprire una professional. Poi però non ci hanno dato l’autorizzazione per fare la squadra e abbiamo virato sulla continental. Avremmo preferito la prima opzione visto che ci sono più possibilità di mettersi in mostra potendo partecipare a Tirreno-Adriatico e Giro d’Italia. Molte squadre promettono agli sponsor di partecipare a queste gare anche se poi non è sempre così…

Con bici Corratec alla Vini Zabù nel 2021 ha corso anche Jakub Mareczko, oggi alla Alpecin
Con bici Corratec alla Vini Zabù nel 2021 ha corso anche Jakub Mareczko, oggi alla Alpecin
Che rosa sarà quella del team Corratec?

Abbiamo otto under 23 che dovrebbero diventare nove, cinque elite e due ex pro’. Avremmo in realtà un altro ex pro’ da aggiungere in rosa ma le regole ne prevedono solamente due, stiamo aspettando di capire se la federazione ci darà una deroga.

Gli ex pro’ chi sono?

Veljko Stojnic che era alla Vini Zabù e Dusan Rajovic, lui arriva dalla Delko Marseille.

E gli altri corridori?

Avendo chiuso la squadra all’ultimo non abbiamo una rosa estremamente competitiva. Anche tra i ragazzi under 23 abbiamo preso qualche corridore sul quale nutriamo dei dubbi. Come anche gli elite, ci sono ragazzi che fanno fatica a trovare posto nel professionismo anche a causa della mancanza di squadre.

Con la chiusura della Vini Zabù le squadre professional italiane sono tre (Eolo Kometa, Drone Hopper e Bardiani CSF Faizanè)
Con la chiusura della Vini Zabù le squadre professional italiane sono tre
Non sarebbe stato meglio aspettare un anno e costruire una squadra più competitiva puntando direttamente alla professional?

Avremmo rischiato di perdere molti sponsor ed anche qualche corridore. Una cosa è certa, da metà primavera in poi inizieremo a lavorare per fare la professional nel 2023.

Il calendario invece, lo avete delineato?

Faremo sicuramente la doppia attività distinguendo under 23 ed elite. Partiamo con la Vuelta al Tachira in Venezuela che dovrebbe partire tra una quindicina di giorni. Poi voleremo in Turchia a febbraio e ci rimarremo tre settimane. Per gli under 23 il debutto dovrebbe essere alla San Geo. Non abbiamo ancora il calendario definito perché è difficile ottenere gli inviti essendo una squadra appena nata.

La Corratec nasce a Montecatini Terme, a 20 chilometri da San Baronto, sede della Vini Zabù. Le bici sono le stesse: Corratec, sponsor tedesco che dà il nome anche alla squadra. Lo staff è rimasto praticamente identico: direttore sportivo (Frassi), massaggiatori e meccanici in primis, e come detto sono rimasti due corridori: Masotto e Stojnic. Lo stesso Parsani ha alle spalle delle stagioni con le squadre di Citracca. Si potrebbe quasi pensare che si tratti dello stesso gruppo che ha trovato un’altra veste per continuare.

Fci al lavoro per Bertazzo. E noi tifiamo tutti per lui

24.11.2021
3 min
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In questo momento sghembo, fatto di squadre che rincorrono bambini prodigi e lasciano a piedi fior di corridori, tra coloro ancora in cerca di contratto c’è anche Liam Bertazzo. Il padovano (in apertura con Mareczko, dopo averlo aiutato a vincere alla Coppi e Bartali), uno dei quattro campioni del mondo dell’inseguimento a squadre, ha corso dal 2015 fino al 2021 nelle squadre di Angelo Citracca. E così ora, visto l’esito non proprio felice di quel team, si ritrova alla ricerca di una maglia.

«A Liam stiamo cercando di dare una mano – ci ha detto Marco Villa – da campione del mondo, mi sento in dovere di aiutarlo a trovare una squadra. Ha guadagnato la qualifica olimpica, è importante. A lui nessuno ha mai regalato niente e ha avuto tanta sfortuna, compresa l’ernia del disco nello stesso periodo in cui esplodeva Milan. Bertazzo se lo merita».

La vittoria nel mondiale del quartetto a Roubaix sarà sicuramente il miglior viatico
La vittoria nel mondiale del quartetto a Roubaix sarà sicuramente il miglior viatico

Federazione al lavoro

Quel che stupisce è che Bertazzo sia l’unico di quel gruppo di pistard a non far parte di un corpo militare, come invece Scartezzini e Lamon. Ma lui pare sereno, segno che sotto traccia qualcosa si sta muovendo e che la Federazione in un modo o nell’altro si sia presa a cuore la sua vicenda.

«Non ho più l’età per entrare nei corpi – dice – e poi comunque non è che in un mese avrebbero potuto predisporre il mio ingresso. Però sono sereno, soprattutto perché la maglia iridata è una certezza che si porta via parecchi dubbi. In Federazione hanno prima sistemato i quadri tecnici, poi hanno messo mano alla mia situazione. So che stanno parlando e spero che presto possa venire fuori qualcosa. Non hanno mai mancato la parola, solo che l’anno è particolare, le squadre hanno tutte il budget tirato, quindi semmai le cose sono più complicate. Ma sono fiducioso. Come ho già detto altre volte, mi è capitato altre volte di aspettare la fine di novembre per trovare un contratto».

Bertazzo ha partecipato a due Giri d’Italia: nel 2016 (foto) e nel 2018
Bertazzo ha partecipato a due Giri d’Italia: nel 2016 (foto) e nel 2018

Preparazione olimpica

La Federazione è già intervenuta in passato per aiutare uno dei suoi atleti di riferimento della pista, mediante un supporto offerto alla squadra di club che lo ha tesserato.

«Le Federazioni – spiega Renato Di Rocco, presidente Fci nei casi in cui l’intervento è stato disposto – percepiscono dal Coni dei fondi per la preparazione olimpica e hanno praticamente l’obbligo di usarli per i propri atleti. Ricordo che nel caso di Bertazzo abbiamo dato noi un contributo alla società, pari a metà dell’ingaggio o giù di lì. E’ una prassi abbastanza consolidata, con la quale abitualmente si supportano gli atleti di interesse olimpico. Si fa per tutti, sono borse a loro disposizione. In teoria si è ragionato sull’ammissione ai corpi militari per tutti i ragazzi della pista. Poi è chiaro che uno come Ganna si sia chiamato fuori e così pure Liam. Diciamo che non è difficile, parliamo di cose che si sono sempre fatte».

Ed è probabilmente questo il fronte su cui la Fci sta lavorando per trovare a Bertazzo una sistemazione all’altezza dei risultati che ha finalmente raggiunto, dopo anni di rincorse, lavoro e sfortuna. In questo momento sghembo, fatto di squadre che rincorrono bambini prodigi e lasciano a piedi fior di corridori, pensare che Liam possa rimanere a piedi dopo aver vinto un mondiale e aver centrato la qualificazione olimpica sarebbe davvero una bestemmia.

Frassi, diesse silenzioso nella rinascita di Bertazzo

30.10.2021
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«Siamo campioni del mondo! E’ nostro», urlava Liam Bertazzo a Francesco Frassi al telefono ancora col fiatone per quei fantastici 4.000 metri sul parquet di Roubaix. Poco dopo lo stesso padovano aveva ringraziato il suo tecnico ai nostri “microfoni”. «Ho trovato un tecnico che ha creduto in me. Quasi un papà», ci disse Bertazzo.

E riavvolgendo il nastro dei nostri ricordi di questa stagione ci siamo ricordati che Frassi veramente ci parlò di Bertazzo già lo scorso febbraio. Parlò di lui in un giorno che andammo in ritiro dalla Vini Zabù ed eravamo in ammiraglia con Francesco. «Bertazzo – disse – con le sue caratteristiche è in grado di portarti fuori a 60 all’ora. Ottimo per Mareczko».

E Bertazzo addirittura lanciò i suoi compagni all’imbocco delle salite durante quell’allenamento, poi da buon pistard che pesa almeno 15 chili in più dei suoi compagni “metteva la freccia” e saliva del suo passo.

Francesco Frassi (classe 1979) è stato un ex corridore. E’ ammiraglia con i pro’ dai tempi dell’Amore & Vita
Francesco Frassi (classe 1979) è stato un ex corridore. E’ ammiraglia con i pro’ dai tempi dell’Amore & Vita

Quella sera a Roubaix

Bertazzo aveva parlato di un bel rapporto con il diesse alla Vini Zabù e che una buona fetta di quel successo era anche la sua. Per la sua vicinanza, per il supporto morale.

«Io tratto tutti allo stesso modo – racconta Frassi – sia il corridore che vince che quello che magari arriva dietro o è in difficoltà. E inevitabilmente quest’ultimo si avvicina. Nasce un bel rapporto.

«La prima volta che diressi Bertazzo fu alla Sanremo del 2019 e poi alla Coppi e Bartali. Successivamente in Colombia cadde nella cronosquadre e si ruppe i denti. Da lì iniziò il suo calvario con la schiena. Doveva venire in Argentina nel 2020 alla Vuelta a San Juan ma decise di operarsi. Poi ancora ci fu il lockdown. Infine prese il Covid. Insomma fino a quest’anno lo avevo visto molto poco. Anche perché nei ritiri che facevamo spesso lui arrivava dopo o andava via prima per via degli impegni su pista. Tuttavia notai subito che era molto educato, disponibile. Mi piaceva».

Alla Vini Zabù all’inizio dell’anno si era impostato il treno per Mareczko (foto Instagram)
Alla Vini Zabù all’inizio dell’anno si era impostato il treno per Mareczko (foto Instagram)

Nel treno per Kuba?

Frassi, 42 anni, toscano, è tecnico già dal 2009. Aveva messo su una squadra giovanile con suo papà Roberto. E’ stato cittì dell’Albania, diesse all’Amore & Vita ed è arrivato alla corte di Citracca nel 2019. Col Covid di mezzo ha avuto poche occasioni per stare con i ragazzi della Zabù. Però quest’anno con l’arrivo di Mareczko c’era nuova linfa. C’erano begli stimoli. E in questo progetto Bertazzo era chiamato ad un bel ruolo. Un passista potente come lui, un pistard, ci sta alla grande in un treno per un velocista. Ma tra il dire e il fare…

«Liam era molto considerato pensando al treno per Kuba. In più avere certi obiettivi gli era buono anche per la pista, visto che di fatto non correva su strada da due anni e sappiamo quanto conto ormai». 

«Avevamo ipotizzato per la volata Gradek, Bertazzo, Stacchiotti e Mareczko. Liam era un bel po’ che non sgomitava e forse non era il caso di fargli fare l’ultimo uomo. Con questa idea andiamo alla prima corsa. Dopo 20 chilometri torna indietro all’ammiraglia e mi fa: io non me la sento di ricoprire quel ruolo, non ho le gambe. Lavoro prima e tengo la corsa chiusa».

La giornata di freddo in Croazia che a marzo aveva riportato Bertazzo sull’orlo baratro
La giornata di freddo in Croazia che a marzo aveva riportato Bertazzo sull’orlo baratro

Baratro sfiorato

«Io rimasi zitto e cercai di assecondarlo. E Kuba vinse… Qualche giorno dopo in Croazia, alla seconda tappa dell’Istrian Spring Trophy vedo che fa una fatica enorme. Liam si stacca e rientra. Si stacca e rientra. Fino a che non resta dietro definitivamente e in malo modo. Lo guardo e mi fa: non vado avanti. Aveva dolori fortissimi alla schiena. Li vicino c’era un punto di rifornimento dove c’era uno dei nostri meccanici che lo riporta al bus. Quando ripasso prima dell’arrivo in salita (i bus erano ai piedi della scalata finale, ndr) lo vedo fuori dal bus già cambiato e sale in ammiraglia. Sale e si mette a piangere. Disperato, mette le mani avanti: vi prego fatemi correre, non abbandonatemi. Io l’ho consolato dicendogli che in fin dei conti eravamo solo a marzo, che ci sarebbero state altre occasioni. Cos’altro potevo fare? Restò con noi, si parlò dopo cena e gli dissi di andare a casa. Di farsi trattare la schiena e che sicuramente era stato il freddo».

«E andò proprio così. Da lì i messaggi s’intensificarono e il rapporto tra noi divenne più forte. Lui mi scriveva e anche io gli facevo parecchie domande, perché un pistard di quel livello non lo avevo mai avuto ed ero curioso. Man mano Liam stava meglio. Iniziai a dirgli: abbiamo un sogno di una notte di mezza estate. Pensando al fatto che le Olimpiadi di Tokyo le avremmo viste di notte».

Bertazzo nella tappa degli sterrati all’Adriatica Ionica Race: il momento dello scarto decisivo
Bertazzo nella tappa degli sterrati all’Adriatica Ionica Race: il momento dello scarto decisivo

Un ultimo step

Le cose miglioravano. Liam riusciva a fare buone prestazioni sia in pista che su strada, ma la paura per l’incidente nella cronosquadre del Colombia era ancora forte e alla fine la resa non era ottimale in gruppo. I mesi passano e la Vini Zabù va in ritiro a Livigno, dove c’è anche il suo Bertazzo ma con la nazionale di Marco Villa.

«E lì me lo sono goduto perché ero sì il suo diesse, ma non in quel momento – riprende Frassi – scherzavamo, lo osservavo da vicino… Senza contare che in allenamento spesso ci incontravamo. Quante risate con lui e con Jonathan Milan che era in camera con lui».

«Scendiamo da Livigno e nella tappa degli sterrati all’Adriatica Ionica Race all’improvviso ecco un Bertazzo diverso – riprende Frassi – Tutto il giorno in testa a tirare. Addirittura ad un certo punto il gruppo si spezza. Lui si sfila e riporta dentro il drappello di Mareczko. Viene in ammiraglia e mi fa: oggi vinciamo con Kuba. Capito? In testa sugli sterrati. Tira come un forsennato sino ai meno cinque. Si sposta, quando te lo rivedo là davanti. Kuba era rimasto un po’ isolato e Liam lo tira fino ai 500 metri! Peccato solo che poi Viviani abbia vinto per un centimetro… La tappa finiva non lontano da casa sua e Liam invitò me e Thomas Gil, altro diesse a casa sua a cena. Mi disse: sono tornato!».

A Tokyo massima serietà, pur sapendo di aver fatto quasi certamente la riserva
A Tokyo massima serietà, pur sapendo di aver fatto quasi certamente la riserva

I messaggi da Tokyo…

A quel punto ci sono solo le Olimpiadi nella testa di Liam. Lui e Frassi si tengono in costante contatto. 

«Aveva una grinta pazzesca nei giorni dei Giochi. Si sapeva che probabilmente non sarebbe stato titolare, ma lui mi diceva: io fino ad un’ora dal via ci credo e mi comporto come se dovessi correre. Pensate che serietà».

«Quando poi è atterrato di ritorno dal Giappone, ci siamo incontrati in un bar e gli dissi, forse anche in modo un po’ troppo diretto: adesso però voglio l’iride da titolare sennò non conta nulla tutto questo lavoro. Così eccolo nel quartetto in semifinale. Credevo che fosse un premio che voleva dargli Villa. Liam però qualche giorno prima della finale mi aveva detto che avevano fatto una prova un po’ particolare con Milan partente. E mi disse che aveva fatto un buon lavoro».

Bertazzo a Roubaix: il sogno si è avverato… Subito dopo ha condiviso la gioia con Frassi
Bertazzo a Roubaix: il sogno si è avverato… Subito dopo ha condiviso la gioia con Frassi

E la gioia di Roubaix

E siamo arrivati al giorno del mondiale. L’ho vista da casa ed è stata un’emozione bellissima. Quando poi, dopo pochissimi minuti dal termine, ancora prima di salire sul palco, vedo il suo numero che mi chiama quasi non ci credevo: «Siamo campioni del mondo».

E adesso? La speranza è di continuare ad allenare il suo pupillo, ma… ci sono tanti ma: «In Vini Zabù viviamo giorni di grande incertezza. Dopo quel che è successo non è facile per Angelo Citracca trovare sponsor e andare avanti. Vedremo».

Luca Scinto, Turchia 2017

Un bel lampo di Scinto prima delle Feste

18.12.2020
4 min
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Luca Scinto sta cucendo la squadra per il 2021. Non è facile e probabilmente lo sarà sempre meno. Un po’ perché i giovani migliori ormai prendono altre direzioni, puntando dritti sul WorldTour costi quel che costi. E un po’ perché non è semplice ripartire dopo anni in cui s’è andati in giro agitando la bandiera di Visconti. Difficile dire se sia stata più singolare la voglia del siciliano di tornare sempre nella stessa squadra o quella della squadra di insistere sempre con lui. Le frizioni degli ultimi mesi suggeriscono che forse si è cercata una riconciliazione di troppo. Ma siccome in certe dispute è bene non infilarsi e siamo certi che Scinto a Visconti voglia (a suo modo) davvero bene, il discorso cambia strada e torna sul 2021 della Vini Zabù. La squadra deve ancora definire il marchio delle bici. E Luca, che è uomo di mondo e sa che una delle prime regole per stare in gruppo è dissimulare la fatica, prende in mano il discorso e mette Mareczko sulla parte più esposta della bandiera.

Jakub Mareczko, Guanxi Tour 2019
L’obiettivo per Mareczko è migliorare in salita per arrivare meglio alle volate
Jakub Mareczko, Guanxi Tour 2019
Mareczko, obiettivo migliorare in salita
Sarete tutti per lui?

Da Kuba ci aspettiamo che porti le vittorie. Chiaro che faremo un calendario professional, mentre per il resto siamo appesi agli inviti. Abbiamo gli stessi obblighi degli squadroni, ma non gli stessi diritti. Cominceremo dall’Argentina, poi andremo a Mallorca. Non sappiamo se andremo al Giro d’Italia e speriamo che Lang ci inviti al Polonia. Chiaro che una tappa al Giro con Mareczko sarebbe come fare bingo.

Pensi che sarete invitati?

Fammi pensare in grande, in questo momento non voglio tralasciare nemmeno una possibilità. E sempre in questo momento, se ci lasciano soli non fanno un favore al ciclismo italiano. E comunque, tornando all’inizio, non saremo solo per Mareczko. Credo molto in Simone Bevilacqua, che ha bisogno di integrarsi di più, ma ha qualità. C’è Stacchiotti. Credo in Gradek, che ha 30 anni e arriva dalla CCC. C’è Schneiter, che è stato 7° al piccolo Lombardia, è cresciuto con Hirschi e ha 22 anni. Stojnic ne ha 21. Dai giovani qualcosa si tira fuori…

Sei diverso dallo Scinto che motivava i corridori fino quasi a renderli nevrotici…

Non si può più fare il preparatore e il direttore insieme. E’ complicato e ci sono troppe responsabilità. Poi però, quando siamo insieme ad allenarci, lo stile Scinto viene fuori. E viene fuori anche in corsa. Per il resto sono più tranquillo e maturo. Mi hanno accusato di essere troppo protagonista, non c’è problema. Eccomi! Mi occupo del lato tecnico e della parte economica si occupa Citracca, come è giusto, dato che la società è sua.

Simone Bevilacqua, Tour de Langkawi 2019
Bevilacqua nel 2019 ha vinto una tappa a Langkawi. Miglior risultato 2020 il 7° agli italiani
Simone Bevilacqua, Tour de Langkawi 2019
Bevilacqua vittoria a Langkawi nel 2019
Dove è finito quello Scinto che si innamorava dei corridori e faceva chilometri e chilometri per seguirli?

C’è ancora, continuo ad aiutare i ragazzi che me lo chiedono. Però ho anche capito che i corridori non sono miei, bensì dei procuratori. E alla fine, se spingi per convincerli a fare qualcosa che al momento gli è scomodo, ti vedono come quello che gli va contro e fa l’interesse della squadra. Io sono amico loro, quando vogliono capirlo.

Le regole del ciclismo sono sempre le stesse?

Se qualcuno non le ha cambiate, direi di sì. Al corridore chiedo di allenarsi. Poi di tornare a casa, pranzare perché qualcuno gli fa trovare il pranzo. Riposarsi. Fare i massaggi. E pensare al giorno dopo. Ogni altra cosa è sottratta alla vita da atleta. Sarà uno schema antico, ma fino a prova contraria è l’unico che funziona e consente di avere carriere durature. Se invece ti alleni, salti il pranzo prendendo solo un po’ di proteine e poi il pomeriggio sei in giro e la sera a cena fuori, secondo me non funziona.

Mareczko e la salita.

L’obiettivo è che migliori. Sono in contatto con il Centro Mapei, con cui si prepara. Ho parlato con Massimo Induni che lo segue e gli ho detto che cosa vorrei e dove vorrei portarlo. Non ci credo che non possa migliorare e superare certe salitelle. Sono certo che mi darà ascolto.

Sembra in corso uno scontro fra tradizione e il nuovo che avanza…

L’anno scorso in Argentina, il direttore di una squadra WorldTour venne da me e disse che aveva visto i miei corridori allenarsi la mattina, prima della tappa che partiva alle 16. Gli ho risposto che eravamo giù per allenarci e mettere fieno in cascina per quando fossimo tornati in Europa. Per questo li avevo mandati a fare un paio d’ore. E lui mi ha guardato sbalordito, dicendo che se lo avesse proposto ai suoi, lo avrebbero preso per matto.

I tuoi ti hanno mai preso per matto?

Basta che mi prendano seriamente e che mi rispettino. Se un atleta vuole crederci, gli do il massimo. Perché sono convinto che il modo migliore perché alla fine si torni tutti a casa soddisfatti è lavorare come una squadra. Se ognuno tira dalla sua parte, si rompe il giocattolo. Perciò rimbocchiamoci le maniche. Il 17 gennaio si riparte dall’Argentina.

Manuel Bongiorno

Allenamenti e corso da ds, Bongiorno non molla

08.12.2020
4 min
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Date una squadra a questo scalatore. Si potrebbe aprire così questo articolo con Manuel Bongiorno. Il corridore toscano, per la seconda volta in carriera, si trova in bilico. Il primo ricordo che abbiamo di lui, e della sua tenacia, risale alla mitica Sanremo del 2013, quella della neve. Quando la corsa fu bloccata ad Ovada, come tutti, si rintanò congelato nel camper della Bardiani. Arrivati in Liguria nonostante il suo peso leggero, la corsa non adatta a lui e mani e piedi ancora tremanti Manuel voleva ripartire. Fu Roberto Reverberi a tirarlo per la “giacchetta” e a dirgli: «Ma dove vai? La stagione è ancora lunga».

Alti e bassi, delle buone prestazioni in salita ma nell’inverno di tre anni fa finì in una Continental (Sangemini-Mg. KVis). Si offrì di fare il passaporto biologico a sue spese nel caso arrivasse una chiamata dal grande ciclismo. Invece le cose andarono peggio e restò del tutto a piedi. Fu grazie all’aiuto di Giovanni Visconti, compagno di allenamento che lo vedeva andare forte, che rientrò alla corte della Vini Zabù (allora Neri-Sottoli). 

Quando lo raggiungiamo al telefono, Bongiorno sta seguendo il corso per direttori sportivi, “Cattedra on line”, indetto dalla Fci.

Manuel Bongiorno
Manuel Bongiorno (30 anni) mentre segue il corso della Fci su Zoom
Manuel Bongiorno
Bongiorno (30 anni) durante il corso Fci su Zoom
Ed è interessante questo corso?

Tante cose noi atleti già le sappiamo, però… si ripassano. Ho già il secondo livello. Oggi (ieri per chi legge, ndr) si parla si resistenza. Alla fine è un’opportunità che ci dà la Federazione. Poi, sapete che c’è: io mi alleno la mattina e il pomeriggio sono sempre libero, tanto più in questi periodi con le varie chiusure, pertanto c’è questa occasione e la colgo.

Veniamo al punto: sei ancora senza squadra?

Sì, sono ancora senza contratto. Sto cercando e sto aspettando alcune risposte. Da parte mia posso dire che sto facendo tutto al 100% per preparami bene. Ho voglia di fare il corridore, di farlo ancora per qualche anno. So che posso dare molto.

Aspetti risposte, sul piatto c’è anche il rinnovo con la tua attuale squadra?

Ci spero. Io mi sono trovato bene alla Vini Zabù-Ktm, c’è un bel gruppo di lavoro inoltre la sede del team è vicina a casa mia. Angelo (Citracca, ndr) non lo ringrazierò mai abbastanza, anche Visconti. Tutti loro, anche Scinto, mi hanno dato fiducia. Mi hanno fatto tornare a correre dopo l’anno di stop e se non dovessi restare capirei le esigenze della squadra. Di questi tempi fare un team è davvero difficile. Però voglio essere fiducioso. E’ un anno particolare e qualcosa si può ancora sbloccare. Certo, sono consapevole che è già dicembre, ma tutto è spostato un po’ in avanti.

Quando dici che cerchi lo fai con i tuoi procuratori? Ti seguono ancora i Carera?

No, non ho un procuratore e forse questo è penalizzante. Però anche io dovevo portare un minimo di risultati per propormi a qualcuno.

Sei onesto e consapevole. Cosa ti è mancato quest’anno?

Ero partito bene con due top ten in Malesia, dove non ero ancora al top, quindi ero fiducioso. Poi è arrivato il lockdown e sinceramente non so cosa sia successo. E’ stata un’annata davvero strana. Due preparazioni, due stagioni in una con velocità diverse. Se fosse stato l’anno scorso ti avrei detto: guarda ho lavorato male su quell’aspetto. Ma quest’anno proprio non saprei. Ho fatto tutto quel che dovevo fare. In gara ero sempre lì, lì… ma poi mancava l’ultima botta.

Insomma rischiamo di rivedere gli spettri dell’inverno 2017-2018?

Il rischio c’è. E lo tengo in considerazione. Quest’anno ci sono a piedi corridori di spessore. Se si riunissero si potrebbe fare un team di ottimo livello.

Manuel Bongiorno
Nel 2012 Bongiorno vinse il tricolore U23 davanti a Formolo e Sbaragli
Manuel Bongiorno
Nel 2012 tricolore U23 su Formolo e Sbaragli
Però non molli…

Sto facendo tutto quello che c’è da fare. Spero ancora che qualcosa possa smuoversi. Il mio lavoro mi piace e comunque proprio perché spero di trovare un contratto ho il dovere professionale di farmi trovare pronto, in forma. Anche perché seppure dovessi smettere, tirare avanti qualche settimana in più non mi cambierebbe nulla.

Hai già un “piano B”?

“Ni”, questo corso da direttore sportivo va bene. Già ci pensavo prima a seguire questa strada, figuriamoci adesso. Il mio intento è quello di rimanere nell’ambiente. L’anno che ne sono rimasto lontano ho sentito molto la mancanza. Per adesso non posso che vivere alla giornata e la pandemia ci impone di farlo. C’è tanta gente, non solo nel ciclismo, che non ha certezza di continuare il suo lavoro.

Domattina (oggi) però uscirai in allenamento, con il “gruppo toscano”…

Certo. Visconti, anche se ha cambiato squadra è qui in Toscana, poi ci sono Sbaragli, Sabatini, Wackermann… Io avendo finito prima sono un po’ più avanti, gusto ieri ho iniziato i primi lavori specifici sulla forza.

Giovanni Visconti, San Baronto 2020

Discorsi nel bosco, seguendo Giovanni

07.12.2020
6 min
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Visconti ci aspetta vestito per il bosco. L’accordo era proprio questo: si parla mentre si cammina, anche se purtroppo non è più tempo di funghi. Parcheggiata nel giardino, Terminator e le sue gomme cattivissime aspettano solo noi. Giovanni ha chiamato così la piccola Suzuki comprata un paio di giorni fa da un cacciatore di Pomarance, dopo aver fatto qualche giro su quella di Chiarini, gran maestro di bosco e tartufi.

In breve, le immagini della mattina con Visconti

Salendo da Casalguidi, la sua casa è sulla destra. San Baronto è assorta in un silenzio che sa di solitudine. Le ultime quattro settimane per il palermitano sono state un frullatore di emozioni, a partire dalla firma con la Bardiani-Csf e di una scelta che per la seconda volta nella carriera lo porterà via da Scinto, Citracca e la Vini Zabù-Ktm. Inutile dire che la scelta abbia messo in crisi i rapporti con il toscano.

Giovanni Visconti, Paolo Bettini, Giro d'Italia 2008
Visconti tricolore, Bettini iridato: è il Giro d’Italia 2008
Giovanni Visconti, Paolo Bettini, Giro d'Italia 2008
Visconti tricolore, Bettini iridato al Giro 2008

La schiacciata del “Lomba”

Katy si affaccia per un saluto, mascherina e un tocco di gomito. I ragazzi sono a scuola, il tempo sembra reggere. Nel bar in cui ci fermiamo per il primo caffè e la schiacciata del “Lomba” da portare via, la foto di Visconti e Bettini, rispettivamente in maglia tricolore e maglia iridata, sembra quasi un invito a cominciare.

«Alla Quick Step fu un bel periodo – dice – e mi aveva voluto proprio Betto. Accadde a San Sebastian. Ero alla Milram, mi venne accanto in un tratto tranquillo nei primi 50 chilometri e mi disse: “Giovane, mi piacerebbe averti in squadra il prossimo anno”. Ero gasatissimo. Si aprivano delle prospettive bellissime e a fine anno firmai. Feci due stagioni. Vinsi il campionato italiano e presi la maglia rosa, ma ugualmente presi la decisione di tornare a casa. Prevalse la voglia di un ambiente familiare, anche se quella era la fantastica Quick Step degli italiani. Ero legatissimo a questo posto e feci un passo indietro. Tanti si sono chiesti perché. Bettini ogni volta alza gli occhi al cielo. Io dico che ormai è andata. Ho fatto una dignitosa carriera che si ferma a dignitosa. Siamo stati insieme per così tanto tempo, che forse abbiamo dato troppe cose per scontate».

Giovanni Visconti, San Baronto 2020
Prima di riprendere con la bici, camminate nei boschi anche in cerca di funghi
Giovanni Visconti, San Baronto 2020
Prima della bici, camminate nei boschi intorno casa

L’ultimo passo

Il fuoristrada segue rumorosamente uno stradello nel bosco e fra gli alberi si riconosce la piana verso il Monte Serra. Dice che quando è limpido, si vede il faro di Livorno. Poco fa abbiamo incrociato sua madre che dal paese tornava verso casa.

Che cosa avete dato per scontato?

Io che avrei dovuto avere il rinnovo del contratto già a giugno ed ero certo che non mi avrebbero tirato fino a novembre, perché pensavo di meritare un altro trattamento. Scinto invece ha dato per scontato che sarei rimasto a qualunque condizione, senza considerare che in questi ultimi due anni ho tenuto insieme la squadra. Se fossi restato, sarebbero rimasti anche altri. Non era scontato che lo facessi. Per questo quando ho letto una sua intervista secondo cui mi hanno strapagato, sono rimasto male. E’ brutto sentirlo da uno che si proclamava mio fratello. Che vedeva il mio nervosismo per la situazione e che mi diceva «Fai bene a muoverti, a cercare una sistemazione». E che da anni provava a dirmi «Anzi, se ti riesce, portami con te».

Giovanni Visconti, europei 2020, Plouay
Giovanni ha corso gli europei vinti da Nizzolo e poi anche i mondiali di Imola
Giovanni Visconti, europei 2020, Plouay
Ha corso gli europei di Nizzolo e i mondiali di Imola
Perché tornare anche dopo il Bahrain? Che cosa c’è in questa squadra?

Un richiamo. La sento come casa, non lo posso negare. In Bahrain non stavo bene, le comunicazioni arrivavano via mail, io non sono così. Ma mi rendo conto che tante cose non sono andate per il verso giusto. Ho sbagliato a permettere che il rapporto si incanalasse a questo modo. Speravo andasse meglio. Era giusto tirarmi così a lungo? Per questo mi sono mosso.

Cambio di strada

Giura di aver visto un fungo, ma il freddo ormai si è abbattuto sul monte e semmai è rimasto qualcosa al coperto delle foglie. Per questo gira con il suo bastone e le smuove, oramai più per abitudine che per la convinzione di trovarci qualcosa. 

Quando è saltato fuori Reverberi?

Bruno mi aveva già cercato all’inizio del Giro. Con Roberto scherzavamo da tanto che prima di smettere avrei corso con loro. Ma siccome chiedevo a tutti la stessa cifra, sul momento si era fatto indietro.

Giovanni Visconti_Giro 2020_ Etna
Il secondo posto sull’Etna è stato l’occasione più grande di Giovanni nel 2020
Giovanni Visconti_Giro 2020_ Etna
Il 2° posto sull’Etna l’occasione più grande del 2020
Perché la tua dignitosa carriera si ferma a dignitosa?

Perché questo mi hanno permesso le mie potenzialità. Con più fortuna, qualcuno di quei 40 secondi posti sarebbe stato una vittoria. Ne ho 9 fra Giro, Vuelta e Tour e allora il bilancio forse sarebbe diverso. Non so se rimanendo alla Quick Step sarei diventato un uomo da classiche, come diceva Bettini. A primavera non vado, forse potevo vincere il Lombardia. Nel 2008 arrivai quarto, ma non si corse per me. Sono un corridore per l’estate, ma l’estate più schifosa è stata proprio questa.

Un fatto di cuore

Negli ultimi chilometri verso l’Etna aveva la morte in faccia. Poi era subentrata la rassegnazione di aver capito che l’altro lo aveva fregato fingendosi sfinito e poi staccandolo. Ci sono corridori popolari per le vittorie e altri per la generosità, la forza di rialzarsi e lottare contro la sfortuna. Giovanni è uno di loro, per questo gli vogliono bene.

Sei uno degli italiani più seguito sui social.

E’ dura interagire con tutti, ma il ciclista è umile e non può permettersi di non rispondere. Ho spedito 300 euro di maglie autografate e video di auguri. Sono fortunato ad essere qui. A 37 anni sono ancora nel giro della maglia azzurra e so che un’immagine vincente mi aprirà le porte quando smetterò. Altrimenti sparisci. Ma io so che cosa voglio fare dopo aver smesso.

Giovanni Visconti, San Baronto, bici Cipollini del 2011
In casa ha ancora il telaio con cui corse da campione italiano nel 2011, rivincendo il tricolore
Giovanni Visconti, San Baronto, bici Cipollini del 2011
Con questa bici, Giovanni corse nel 2011 da tricolore
Che cosa vuole fare Visconti?

Il cittì della nazionale. Forse prima farò il direttore sportivo, ma come passaggio. Il mio sogno è guidare la nazionale.

Quali sono i tratti del cittì?

Deve avere passione sfrenata per il ciclismo, che deve essere stato la sua vita. Deve conoscere il ciclismo di oggi. Deve essere avanti a livello tecnico. E deve anche avere polso, per cui i corridori al momento giusto devono percepire il distacco. Ho un modello in testa: Franco.

La ripartenza graduale di Visconti su una gravel, in attesa della Cipollini Dolomia
La ripartenza in gravel aspettando la Dolomia da strada
Dal vostro punto di vista Ballerini era così?

A Stoccarda avevo il muso lungo. Avevano messo fuori Di Luca e nonostante ci fossimo Nibali ed io di riserva, Franco aveva chiamato Tosatto. Venne da me con lo sguardo duro. «Giovanni – mi disse – togliti quel muso. Non hai capito che semmai avrebbe corso Vincenzo?». Mi ammazzò, mi aprì gli occhi, mi fece bene. Un commissario tecnico deve essere così.

Giovanni, pensi di aver firmato il tuo ultimo contratto?

Credo di sì, sicuro per un anno e poi vediamo se vado bene di immaginare il secondo. Se devo correre nel 2022 è perché sarò andato forte nel 2021. Alla Bardiani è tutto organizzato come in una WorldTour. Me ne stupisco, ma forse è la normalità.

Luca Wackermann

Wackermann: «Al Giro per riscattarmi»

04.12.2020
3 min
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La maggior parte di noi ricorda Luca Wackermann dopo l’incidente al Giro. Avevamo parlato con lui su queste pagine web, proprio su quell’accaduto, ma certo come non ripartire da quel 6 ottobre sul lungomare di Villafranca Tirrena?

«L’incidente è ormai alle spalle – commenta Luca – ma ancora oggi ho dei buchi in proposito. L’ultimo ricordo è l’istante prima di prendere la transenna in faccia. E anche dei giorni successivi non tutto è lucido. Posso dire che poteva andare peggio. I 20 giorni dopo l’incidente, a casa, sono stati duri. Avevo un gran mal di testa e non potevo fare sforzi».

Luca Wackermann, caduta Villafranca Tirrena, Giro d'Italia 2020
La caduta di Wackermann a Villafranca Tirrena, Giro d’Italia 2020
Luca Wackermann, caduta Villafranca Tirrena, Giro d'Italia 2020
La caduta di Wackermann a Villafranca Tirrena, Giro d’Italia 2020

Re del Limousin

Il 2020 di Luca era partito bene e ripartito benissimo. Prime corse tra Argentina (foto in apertura) e il calendario italiano e dopo il lockdown Sibiu Tour in Romania e Tour du Limousin in Francia.

«Già in Romania mi sentivo bene. Ho fatto 5° nella tappa in salita e 6° nella generale. Al Limousin invece… me la sono sentita la vittoria. La gamba c’era e quel tipo di percorso mi piaceva. Sapete quelli ondulati, con tante salite in successione che non ti fanno rifiatare? Era così! Poi nelle corse successive mi sono messo a disposizione di Visconti».

Da qualche settimana Wackermann ha ripreso a fare sul serio. Lo stacco per lui è stato davvero totale. Bici, palestra e fisioterapia non mancano in queste sue giornate di tardo autunno.

«Eh sì, faccio anche fisioterapia perché tra le tante cose ho preso una forte botta alla schiena, tanto che all’inizio sembrava mi fossi rotto il bacino. La zona lombo-sacrale mi dava problemi e quindi sto lavorando su di essa. Poi in generale certi “interventi” d’inverno, quando ho più tempo, li faccio sempre».

Luca Wackermann
Luca in allenamento con gli (ex) compagni della Vini Zabù
Luca Wackermann
Luca in allenamento con gli (ex) compagni della Vini Zabù

Pignolo come Basso

La sua carriera riparte dalla Eolo-Kometa. E di fronte il 28enne milanese ha una pagina tutta scrivere.

«Dopo il Giro ancora non conoscevo il mio futuro. Sì, sapevo di questo progetto che stava per nascere, conoscevo Ivan Basso e anche alcuni dello staff e dell’organico, però tutto si è concretizzato più in là. Con la Vini Zabù Ktm ero in scadenza e non si è mai parlato concretamente di un rinnovo».

Wackermann dovrebbe andare d’accordo con Basso. Anche Luca sembra essere abbastanza pignolo in fatto di alimentazione: l’avena al mattino, la pasta di farro al rientro dall’allenamento, il riso meglio della pasta… 

«Però prima di entrare nel clou della preparazione e della stagione, mi piace cucinare e di questi periodi un po’ di spazio per mangiare me lo ricavo. Spesso cucino con la mia bimba, Aurora. Il mio piatto forte è la pizza. Nel fine settimana preparo l’impasto per fare quella napoletana».

Voglia di riscatto

«Partirò per il ritiro domenica sera. Andremo in Spagna e lì decideremo il calendario delle gare. Immagino inizieremo a correre a fine gennaio-febbraio. Se dovessimo fare il Giro mi dovrò guadagnare il posto in squadra, non sarà facile. Ma il Giro 2021 è un po’ il mio pallino. Vorrei esserci per dimostrare quello che non ho potuto fare quest’anno. E sì che ce ne sono state poi di fughe. Il mio obiettivo quest’anno era, prima di tutto, arrivare a Milano e poi entrare in qualche “fugaccia”. Già il giorno dopo la mia caduta c’era la tappa di Camigliatello che ha vinto Ganna: quella poteva essere buona. Eh sì, resta un po’ di rammarico, la gamba era buona. Nella prima tappa ad Agrigento avevo fatto quinto».

La valigia per il ritiro di Oliva non è ancora pronta ma: «L’emozione c’è. Quando si cambia squadra e si riparte è un po’ come il primo giorno di scuola».

Dopo la frattura Garosio vuol ripartire a tutta

02.12.2020
4 min
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Il 2020 di Andrea Garosio sarà senza dubbio indimenticabile, sia per aspetti non troppo divertenti, sia perché è andato a convivere con la sua fidanzata, Arianna. Il corridore lombardo era arrivato alla Vinzi Zabù Ktm dalla Bahrain Merida. Nonostante fosse passato da una WorldTour ad una Professional le motivazioni non gli mancavano. Anzi, per certi aspetti erano anche più grandi.

Andrea Garosio
Andrea Garosio con la fidanzata Arianna sul lago d’Iseo
Andrea Garosio
Andrea Garosio con la fidanzata Arianna

Covid e convivenza

Subito le prime corse in Argentina e poi in Europa al Laigueglia, ma poi…

«Poi però è arrivato il covid. Tutti dentro casa. Il giorno in cui è iniziato il lockdown era il mio primo giorno di convivenza. Incredibile». In poche parole Andrea ha fatto un “0-100” in 24 ore! Una storia al limite del tragicomico. E certamente non è stato facile. Però lo stesso Garosio ammette che l’essere andato via dalla casa dei suoi lo ha fatto maturare.

«Ci siamo ritrovati subito chiusi in casa. Inoltre Arianna essendo di Treviso non è mai uscita neanche per la spesa, in quanto se l’avessero fermata l’avrebbero rispedita in Veneto. Così uscivo io, oppure ci portava la spesa mio padre, perché poi anche io ho preso il covid. Sono stato male ma per  fortuna non ho avuto problemi respiratori. Quando poi tutto è finito non ho potuto neanche raggiungere gli altri in ritiro in altura. La procedura era lunghissima per me. Ho fatto solo un miniraduno con la squadra in Toscana e poi sono iniziate le corse».

Il sogno rosa

Lo scalatore ha avuto più difficoltà di molti colleghi a ripartire. Il covid magari per chi è forte e giovane non è rischioso, ma certo non va d’accordo con lo sport ad alti livelli. Anche Ciccone come abbiamo visto ha avuto i suoi bei problemi.

«Non stavo bene alla ripresa delle corse, poi però da metà agosto in poi ho iniziato a stare sempre meglio. La svolta c’è stata al Giro dell’Emilia (foto in apertura, ndr). Stavo sempre meglio e mi andava bene questa crescita graduale, perché nella mia testa c’era il Giro. Scinto e Citracca mi avevano detto che probabilmente ci sarei stato. Poi però alla Coppi e Bartali sono caduto. Mi sono rotto una spalla. Però l’ho finita, nonostante il dolore, proprio perché avevo una buona gamba. Il fatto è che non ho saputo subito della frattura, ci è servita una risonanza, dalla lastra non si vedeva. Era un osso interno, che collega braccio, spalla e collo. Alla fine anche se sapevano che sarei andato via, credo mi avrebbero portato al Giro. Con Lorenzo Rota hanno fatto così.

«Quei giorni prima del Giro sono stati duri. Erano belle giornate e mi veniva voglia di uscire. Così un giorno insieme alla mia “morosa” ho preso l’ebike e siamo andati a fare un giro sul lago Iseo, a Montisola. Ho provato ad alzarmi sui pedali ma sentivo dolore. Alla fine quando il Giro è partito è andata meglio. A quel punto mi sono messo l’anima in pace. Ormai è andata, mi sono detto». Sotto sotto, nonostante la frattura Garosio non aveva perso del tutto la speranza.

Nuove sfide

Tramite i suoi procuratori, i Carera, Garosio ha trovato posto alla Bardiani Csf. Il suo contratto con la Vini Zabù era in scadenza e la stessa Bardiani aveva mostrato interesse nei suoi confronti.

«Ammetto che all’inizio ero un po’ titubante. In fin dei conti alla Vini Zabù mi trovavo bene e correvo sempre. Poi però ho firmato e va bene, sono contento.

Andrea Garosio
Garosio nella crono del San Juan in Argentina, spronato da Scinto in ammiraglia
Andrea Garosio
Garosio al San Juan in Argentina, spronato da Scinto in ammiraglia

«Sì, la Bardiani si è rinforzata parecchio e non me l’aspettavo. Ci faremo notare e immagino ci sarà una sana competizione per aggiudicarci un posto alle corse. Ci sono Visconti, Battaglin, Rivera. E molti che conosco: Carboni, Gaburro, Tonelli con cui mi alleno quasi sempre… La mia idea è che essendomi fermato prima degli altri, sono un po’ più avanti con la preparazione e quindi vorrei partire già forte. Poi mollare un po’ ed essere in forma per aprile-maggio quando ci sarà il Tour of the Alps e il Giro d’Italia. La mia idea è di dare caccia alle corse singole o alle tappe».

Occhio a Hirschi

Stando a casa, nel clou della stagione, Garosio si è potuto fare ancora meglio un’idea dei suoi colleghi. Un conto è stare in corsa, un conto è vederli da fuori… ma con l’occhio di chi solitamente fa parte di quel gruppo.


«Chi esce forte da questa stagione? Beh, Masnada e Ballerini sono due corridori che hanno fatto vedere belle cose: alte prestazioni e costanza di rendimento. E anche Ulissi, alla fine lui c’è sempre. E’ stato un anno particolare nel quale i vecchietti hanno patito un po’ e i Pogacar e gli Evenepoel ne hanno approfittato. Però adesso bisogna vedere come riprenderanno, anche mentalmente, se si confermeranno. Vale anche per Bernal. A sensazione Hirschi, che fa parte di coloro che escono forte da questa stagione, non avrà grossi problemi a riconfermarsi. Bernal ritornerà, ma non so se riuscirà a rivincere subito il Tour. Lui e Pogacar hanno altre pressioni adesso. Geoghegan Hart invece lo vedo meglio: in quella squadra ha tutto quel che gli serve, è gestito bene e poi è forte. Lo ricordo l’anno scorso al Giro. Era caduto. Era messo davvero male però è andato avanti parecchio».