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Ineos per Carapaz. Tosatto presenta la “corazzata rosa”

24.04.2022
5 min
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Una delle formazioni più attese al Tour of the Alps era la Ineos Grenadiers. La squadra, guidata nell’occasione da Matteo Tosatto, forse ha raccolto un po’ meno del previsto, però è sempre stata nel vivo della corsa.  E ci è stata con Pavel Sivakov, soprattutto, ma anche con Richie Porte. 

La corazzata britannica si prepara ad affrontare il Giro d’Italia e ancora una volta partirà con i favori del pronostico, grazie alla presenza di Richard Carapaz. E con Tosatto partiamo proprio dal corridore sudamericano.

Matteo Tosatto (classe 1974) è uno dei diesse della Ineos Grenadiers
Matteo Tosatto (classe 1974) è uno dei diesse della Ineos Grenadiers
Matteo, questo inverno eri stato di parola e avevi detto: dopo la caduta di Bernal i programmi non cambiano. Carapaz resta il nostro leader per il Giro d’Italia…

E’ così. Richard aveva visto il percorso del Giro d’Italia e gli piaceva. Ama il Giro, è il suo grande successo, visto che lo ha vinto nel 2019, e per questo si sta preparando bene. Noi siamo fiduciosi verso di lui, così come verso tutti gli altri ragazzi che ci saranno.

Carapaz però non ha corso recentemente. E’ ancora in Ecuador. Qualche giorno fa ha utilizzato la bici da crono in un autodromo. Come mai avete scelto di non farlo gareggiare sin qui?

Perché questo era il programma che avevamo deciso. Un programma che prevedeva un bel blocco di lavoro fino al Catalunya. Peccato per l’intoppo alla Tirreno dove si è ritirato perché era malato, però poi ha recuperato bene. Il programma prevedeva di tornare in Ecuador e di allenarsi in altura più a lungo possibile. E si sta allenando bene. Anche con la bici da crono. Come tutti i nostri ragazzi, anche lui la prende una o due volte alla settimana, soprattutto prima di appuntamenti importanti che prevedono prove contro il tempo. Al Giro ce ne sono due. Non sono lunghe, ma potrebbero essere decisive.

Quindi prima del Giro nessuna corsa?

No, nessuna corsa. Carapaz ha dimostrato che quando ritorna da un periodo di altura riesce ad andare subito forte. Ormai ha un protocollo collaudato. Arriva in Europa otto-dieci giorni prima dell’inizio del Giro, si ambienta per il fuso orario e la temperatura ed è pronto.

Carapaz in allenamento sulle sue strade. L’ecuadoriano arriverà in Europa tra pochi giorni (foto Instagram @jaqui.jpg)
Carapaz in allenamento sulle sue strade. L’ecuadoriano arriverà in Europa tra pochi giorni (foto Instagram @jaqui.jpg)
Al Tour of the Alps abbiamo visto una Ineos Grenadiers orfana di Geoghegan Hart: cosa è successo?

Per Tao è stato scelto un programma differente perché anche lui purtroppo si è ammalato alla Tirreno-Adriatico. Di conseguenza ha dovuto saltare il Catalunya ma ha fatto i Paesi Baschi. E così dopo questa dura corsa ha preferito allenarsi in altura. 

Dal Tour of the Alps avete avuto indicazioni importanti?

Ho visto un Pavel Sivakov che è tornato ai suoi livelli. Anche Porte sta davvero bene. E lo stesso vale per Salvatore Puccio. Siamo messi bene e possiamo fare le nostre scelte con serenità. In questi giorni post Tour of the Alps faremo il punto della situazione con i ragazzi per definire la squadra del Giro.

Quindi né Sivakov, né Porte sono sicuri di essere al Giro?

No, no… voglio dire che si sono preparati per il Giro e sono pronti. Però, come come tutti gli anni, facciamo la squadra dopo aver esaminato i dati e dopo aver parlato con tutti i ragazzi. Ma penso che avendo dimostrato una buona condizione non ci saranno problemi.

Pavel Sivakov è stato decimo al Tour of the Alps. Ha pagato un po’ l’ultima frazione breve, nervosa e sotto la pioggia
Pavel Sivakov è stato decimo al Tour of the Alps. Ha pagato un po’ l’ultima frazione breve, nervosa e sotto la pioggia
Effettivamente Sivakov non era così brillante da un po’…

Non si vedeva, perché magari non era il leader della corsa e doveva aiutare i capitani. Ma io Pavel l’ho visto fortissimo già l’anno scorso alla Vuelta, dove appunto ha corso di supporto. Quest’anno è partito più tranquillo, si è allenato bene anche lui. È rientrato dopo due settimane in altura a Sierra Nevada. E un Sivakov che sta bene per noi è molto importante.

Siete una delle corazzate della carovana. Tanti uomini, una grande possibilità di scelta. E questo vale per i tecnici ma anche per i corridori. Alla luce di tutto ciò Carapaz ha chiesto un uomo specifico? Uno di fiducia?

Da quando lo conosco posso dire che è un ragazzo molto serio. Un ragazzo che si fida delle persone che lavorano attorno a lui. E se un coach o un altro direttore sportivo gli dice che ci sono questi determinati uomini a lui va bene. Si fida, sa che sono i migliori che possiamo mettergli a disposizione. Quindi no: non ha specificato che lui vuole il corridore “X” o “Y”. Richard vuole una squadra di supporto, quello sì. Dal canto nostro, noi gli stiamo mettendo in piedi un team che al Giro lavorerà solo per lui.

Puccio sempre più uomo squadra. Stando alle parole di Tosatto avrà lui “le chiavi” della Ineos Grenadiers al Giro
Puccio sempre più uomo squadra. Stando alle parole di Tosatto avrà lui “le chiavi” della Ineos Grenadiers al Giro
In una squadra così e con un uomo che punta senza mezze misure alla maglia rosa, un Salvatore Puccio ci sta bene. A parte il fatto che lui sta bene ovunque! 

Vero – ride Tosatto – il discorso di Puccio vale sempre. Non perché è italiano, ma “Salva” negli ultimi anni ha dimostrato che quando è chiamato in causa è sempre pronto. È un leader, un leader nel suo lavoro. Anche lui ha avuto molta sfortuna ad inizio stagione: malattie, infortuni, un problema al ginocchio… Adesso è rientrato ed è in buona condizione. Deve migliorare ancora un po’ ma è un percorso normale. E sicuramente sarà pronto per il Giro.

Ultima domanda: Porte gregario di lusso o avrà anche ambizione di classifica?

Gregario di lusso.

Risposta secca, ormai non capita spesso…

Ma è così: a domanda ho risposto! E poi Carapaz è uomo che dà garanzie.

Albanese: la vittoria è matura. Ma Basso va oltre…

23.04.2022
5 min
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Vincenzo Albanese, undicesimo alla Sanremo, davanti nelle tappe più difficili, davanti in quelle veloci… sette top ten dall’inizio dell’anno: al corridore della Eolo-Kometa manca solo la vittoria.

Al Tour of the Alps il campano ha dovuto alzare bandiera bianca dopo due frazioni. Prime avvisaglie di uno stato influenzale e, visti i tempi, giustamente non si è voluto rischiare. La squadra perciò lo ha mandato a casa, tanto più che correrà anche alla Vuelta a Asturias (29 aprile – 1° maggio).

Ivan Basso aveva fatto un raid nella gara dell’Euregio proprio nel giorno del suo ritiro e con lui abbiamo parlato di Albanese, della sua crescita e delle sue possibilità.

Ivan Basso (a sinistra) con il diesse Biagio Conte. Il team manager varesino ha seguito solo la tappa di Villabassa
Ivan Basso (a sinistra) con il diesse Biagio Conte. Il team manager varesino ha seguito solo la tappa di Villabassa
Ivan, dicevamo: ad Albanese manca solo la vittoria…

Anche nelle prime tappe gli ho detto di provarci. Ed è stato bravo. Gli manca la vittoria: ma a mio modo di vedere ha da parecchio tempo un rendimento che per me vale molto di più. Le vittorie arriveranno. E saranno anche vittorie importanti, perché è un corridore che che sta crescendo molto, sotto tutti i punti di vista. 

Sappiamo che tu hai sempre creduto molto in lui. Bacchettandolo anche su impegno, peso… avevi capito il suo grande potenziale. E adesso sta uscendo?

La prima caratteristica in cui doveva migliorare era la continuità. La continuità ti dà autostima e l’autostima ti porta ai risultati. Albanese è un corridore che non si limiterà ad andare in fuga o a vincere gare di medio livello. Ha le caratteristiche e l’età giusta (25 anni, ndr) per puntare alle grandi corse. Prendiamo la Milano-Sanremo di quest’anno. Era convinto già dall’inverno che potesse fare bene. E con un pizzico di coraggio in più, un posizionamento migliore all’ingresso del Poggio e senza la caduta di Giacomo Nizzolo avrebbe potuto lottare tranquillamente per arrivare nei primi dieci.

Hai parlato di continuità: anche per questo lo state facendo correre così tanto?

Abbiamo inserito il Tour of the Alps per volontà sua. E quando un corridore inizia a conoscersi e si confronta con i tecnici e con i preparatori, nel limite delle possibilità è giusto assecondarlo. E poi tutto ciò è coerente con quello che noi abbiamo in mente per lui. Purtroppo abbiamo avuto, nel secondo giorno di gara, dei segnali dalla sua salute che non ci hanno convinto fino in fondo. Quindi abbiamo preferito non rischiare proprio perché abbiamo davanti 40 giorni importanti tra pre-Giro e Giro d’Italia.

A Fiera di Primiero Albanese (quasi un velocista) è arrivato a ruota di Bardet e Pello Bilbao. Segno che la gamba c’è
A Fiera di Primiero Albanese (quasi un velocista) è arrivato a ruota di Bardet e Pello Bilbao. Segno che la gamba c’è
Hai parlato di Giro d’Italia. Dando uno sguardo alle tappe ce n’è qualcuna che secondo te potrebbe essere più adatta alle sue caratteristiche?

Allora, il punto è innanzitutto come correre. L’anno scorso noi della Eolo-Kometa abbiamo fatto il nostro primo Giro d’Italia, cercando di correre da protagonisti centrando la fuga. Quest’anno abbiamo una squadra più attrezzata ed è inevitabile che dobbiamo fare meglio.

E cosa vuol dire fare meglio?

Fare meglio vuol dire provare a fare una top ten nella generale con Lorenzo Fortunato. Per crescere ha bisogno di misurarsi con i migliori: lo sta già facendo ed è stato autore di un inizio di stagione convincente. Per Vincenzo, invece, ci sono almeno dieci tappe adatte. “Alba” è un atleta che ci può garantire il risultato e nel risultato metto anche la vittoria, sia con una fuga sia nel finale con i migliori.

Un corridore del genere però deve imparare a gestire la squadra. Ha nelle corde queste capacità?

Se in questi mesi ha acquisito sicurezze e il rispetto dei compagni, è perché ha dimostrato di andare forte. I compagni ti aiutano quando tu dimostri di avere le qualità per essere aiutato. Qualità sia umane che professionali. E poi abbiamo due uomini in squadra che sono maturi e hanno grande esperienza: Francesco Gavazzi e Diego Rosa. Loro ci mettono il mestiere, ma anche le gambe. Non fanno da chioccia. Ci aiutano in modo concreto. Aiutano i giovani ad andare in fuga, vanno in fuga con loro, aiutano a vincere. Ci provano loro stessi e indirettamente fanno lavorare i ragazzi… Questo è quello che stiamo vedendo con loro due e anche con Maestri.

Albanese durante un ritiro a Sierra Nevada. Dopo il ritiro al TOTA dovrebbe andare alla Vuelta a Asturias (foto Instagram)
Albanese durante un ritiro a Sierra Nevada. Dopo il ritiro al TOTA dovrebbe andare alla Vuelta a Asturias (foto Instagram)
Tornando ad Albanese e alla sua crescita fisica e mentale, c’è stato un momento di questo inverno che ti ha colpito nella sua preparazione, nei suoi allenamenti?

Più che degli allenamenti, mi ha colpito un giorno una sua telefonata. Mi scrisse se mi poteva parlare. Nella telefonata successiva mi disse: «Guarda Ivan, io ho bisogno che tu mi aiuti a tirar fuori quello che io sento di avere, ma che non riesco fino in fondo. Non mi pesa allenarmi, non mi pesa fare attenzione al cibo, non mi pesa andare in ritiro, però c’è quel qualcosa di invisibile che non va». Ovviamente con tutti i collaboratori e lo staff della squadra abbiamo cercato di aiutarlo. Il fatto che sia lui il primo a voler cambiare marcia è un ottimo segnale. Sa che si è espresso al di sotto delle sue aspettative e ora non basta più.

Nessun limite?

Vincenzo Albanese è un corridore che può fare molto di più. Un corridore che ci potrà rappresentare quando ci saranno dei mondiali e degli europei da passisti veloci. E’ un corridore come Trentin, come Colbrelli, come Nizzolo, anche se lui è un po’ più veloce. Insomma, vale questi atleti.

Bardet mette gli occhi sul Giro. E Kamna su Villabassa

20.04.2022
4 min
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Lo aveva detto ieri alla stampa francese. «Quando ho deciso di fare il Giro d’Italia? A novembre». E lo aveva detto con un sorrisetto malizioso Romain Bardet, mentre riagganciava il pedale e si dirigeva verso il bus a fine tappa. Una scena, ma soprattutto un sorriso che ci aveva colpito non poco. A volte un’espressione dice più delle parole.

Il campione del Team Dsm anche oggi è stato uno dei protagonisti. Nel giorno di Lennard Kamna, Romain e Arensman si sono comportati benone. Sono stati sempre nel vivo della corsa: attivi sul Furcia, la scalata più dura di tutto il Tour of the Alps, e nel finale hanno anche provato a chiudere sulla fuga.

Dopo un lungo marcarsi con Amador (sullo sfondo) Lennard Kamna vince la terza tappa del Tour of the Alps a Villabassa
Dopo un lungo marcarsi con Amador (sullo sfondo) Lennard Kamna vince la terza tappa del Tour of the Alps a Villabassa

Sorpresa e tranquillità

Dopo l’arrivo, mentre vaga per i vicoli della splendida Villabassa alla ricerca del suo hotel, riusciamo a fare una bella chiacchierata con lui. Davvero disponibile e sorridente.

Il francese, come noi stessi abbiamo scritto pochi giorni fa, non doveva esserci alla corsa rosa e invece con un post su Instagram ha stupito tutti.

«E’ stata una decisione presa con la squadra durante l’inverno – racconta Bardet – ma ho scelto di non dirlo a nessuno, così avrei potuto lavorare bene e in tranquillità. Ho passato un buon inverno, ho fatto una buona preparazione, anche in Mtb e un po’ in gravel, tutte cose che servono.

«Crono? Sì, anche quella, ma per fortuna ce ne sarà poca!».

Sensazioni okay

La frazione di oggi è stata forse un po’ meno scoppiettante di quel che ci aspettava, almeno per quel che riguarda l’alta classifica, ma al tempo stesso è stata molto combattuta. La fuga ha impiegato oltre 50 chilometri per partire. E Kamna tra i tanti scatti e controscatti è stato sia tra i più attivi nel cercarla, ma anche uno degli ultimi ad aggregarsi al drappello di testa.

Mentre dietro, tra gli uomini di classifica, il vero forcing c’è stato “solo” sul Furcia. E lì i migliori sono rimasti tutti davanti, Bardet incluso.

«Anche oggi in salita – riprende Bardet – le sensazioni delle mie gambe sono state buone. Ci abbiamo provato e va bene così. E poi è la squadra del Giro e quindi è importante fare certe azioni», il riferimento è alla menata (tardiva) nel finale.

Bardet sembra un altro. Sembra il ragazzo dei tempi migliori per come si è mosso sin qui. Terzo nella prima frazione alle spalle di Bilbao e secondo, ancora dietro Pello, ieri. Che possa essere lui l’outsider che non ci si aspetta per questo Tour of the Alps e ancora di più per la corsa rosa?

«Il Giro, in generale, ma questo in particolare, è molto adatto alle mie caratteristiche – continua Bardet – Poca crono, tanta salita. E’ molto impegnativo, soprattutto nell’ultima settimana. E sarà importante farsi trovare in forma sin dall’inizio con l’Etna, il Blockhaus, la tappa di Torino… Credo bisognerà stare attenti anche alla frazione di Napoli».

«Caspita Romain – gli facciamo notare – te lo sei studiato bene il percorso!». E lui sempre con quel sorrisetto: «Sì, sì… ho studiato tutto!».

I media francesi stanno seguendo da vicino Romain Bardet
I media francesi stanno seguendo da vicino Romain Bardet

I francesi e il Giro

Dopo Pinot, ecco dunque un altro francese che s’innamora del Giro. Questi ragazzi crescono, come è normale del resto, col mito del Tour. Passano i primi anni da pro’ impostando una stagione “tourcentrica” e poi scoprono che c’è anche dell’altro.

«Sicuramente c’è un bell’ambiente in Italia. Lo scorso anno è stato molto, molto bello. E credo che tra i grandi Giri il Giro d’Italia sia il migliore per me con il tipo di salite che ci sono».

Riavvolgendo il nastro, dal fatto che Bardet non abbia preso parte alle classiche (dovrebbe fare la Liegi) e abbia invece disputato la Tirreno, qualche segnale si poteva captare. Quando preparava il Tour il suo avvicinamento era sempre stato differente: più corse di un giorno nella prima parte di stagione, la Parigi-Nizza, il Catalunya. Quest’anno invece ha corso solo l’UAE Tour e la Tirreno appunto.

Noi siamo contenti che il Giro d’Italia possa avere un altro protagonista di nome. Un Bardet forte e motivato è garanzia di spettacolo.