La Roubaix incombe, oggi tocca alle donne! L’Inferno del Nord ha un fascino tutto suo, fatto di attese, “misteri”, volti infangati, pietre, lotte, velodromo… E tutto questo è accompagnato da un rituale. Nei due giorni precedenti, per esempio, tutte le squadre vanno in avanscoperta dei settori in pavè.
Noi questi rituali che precedono la Parigi-Roubaix, ma anche che li seguono, li abbiamo rivissuti con Sonny Colbrelli. La sua vittoria è ancora viva nelle nostre menti. Negli occhi passano ancora le immagini che lo vedono all’attacco, fino alla volata vincente contro Van der Poel e Vermeersch.


Sonny, come hai vissuto l’avvicinamento alla tua Roubaix?
In modo unico direi, pochi la vivono così. Era ottobre, era la penultima corsa della stagione e quindi c’era un clima un po’ diverso dal solito, almeno da quello che mi raccontavano. Io l’ho presa in modo molto easy, scanzonato. Ridevo coi compagni. Ho vissuto quelle ore di vigilia con la massima tranquillità. Non dico che fossi appagato dalla stagione, ma ero già soddisfatto.
Un approccio diverso dunque… Tu sei riuscito a dormire, per esempio?
Sì, sì… e poi si sapeva che avremmo disputato una Roubaix con pioggia e fango come non accadeva da anni. E questo mi piaceva. Da corridore, quando tieni particolarmente ad una corsa e per quanto dici di non pensarci, la testa finisce sempre lì, pensi a come andrà, al risultato… e riposare non è facile. E soprattutto quelli che stanno bene, già al mattino li vedi “sfiniti”, con le gambe molli. Per me invece è stato tutto diverso. Scherzavo con i compagni. Ci siamo presi in giro fino al momento del via. Questa tranquillità credo sia stata la mia arma vincente.
Quando facesti la ricognizione?
Il giovedì e il venerdì. Il giovedì facemmo i primi 150 chilometri, il venerdì gli ultimi 100.
E che impressioni hai avuto dopo quei test?
Pensavo: «Ma che cavolo ci faccio io qua!»


Ma come! E per fortuna che l’hai anche vinta…
Giuro! Io il pavè non l’avevo mai fatto. Sì, in una tappa del Tour, ma quando inizi a fare più tratti, più ravvicinati e anche più duri come la Foresta di Arenberg o il Carrefour de l’Arbre cambia tutto. Dalla tv non ci si rende conto quanto sia difficile pedalare lì sopra. Ma quella ricognizione è stata importante per me. Non avevo l’esperienza di chi aveva corso la Roubaix già 5-6 volte. E’ stata importante per capire le pressioni delle gomme e per individuare una velocità di crociera.
Velocità di crociera?
Sì, quella velocità che puoi tenere per 4′-5′ o anche di più se il settore è più lungo, una velocità costante. E l’ho capito subito. Quando ho provato l’Arenberg per la prima volta, sono entrato dentro con una velocità come se non ci fosse un domani. A metà settore ero fermo a bordo strada!
E il setup della bici quando lo avete fatto con il tuo meccanico?
Tra giovedì e venerdì, soprattutto. Il mio meccanico era Alan Dumic. Ho fatto due volte la Foresta, una volta con una pressione e una volta con un’altra. E ho deciso dopo il secondo passaggio. Alla fine ho scelto la bici che utilizzavo sempre (la Merida Reacto, ndr), ma con un manubrio tradizionale anziché integrato. Ho alzato appena la posizione delle leve per essere più comodo, poi doppio nastro con gel e basta.


Ricordi come passasti il sabato?
Con grande tranquillità. Una sgambatina leggera e poi, come ripeto, con grandi risate.
Okay, la corsa sappiamo come andata! E del post gara cosa ci dici?
E’ stato come entrare in una lavatrice! Una bolgia. Ricordo che quella notte non ho dormito. Ero in camera con Mohoric. Sono stato sul letto a cercare di rispondere ai messaggi. Solo su WhatsApp avevo 870 messaggi. Ho risposto a poco più di 400, quasi la metà. Sui social idem. Sonny, Sonny, Sonny… tutti cercavano Sonny. Non dico che non me la sono goduta, ma di certo mi sono ritrovato sballottato a destra e sinistra.
Passando a discorsi più tecnici: per esempio il “protocollo” post gara tra massaggi, alimentazione… come è stato?
E’ saltato tutto. Pensate che il primo massaggio dopo la Roubaix l’ho fatto due giorni dopo la corsa. Alla vigilia del Gran Piemonte, che era l’ultima gara dell’anno. Ricordo che il massaggiatore quando mi toccò le gambe mi disse che le fibre muscolari erano distrutte. Anche perché nei due giorni successivi non toccai la bici. Il mercoledì, alla vigilia del Gran Piemonte, feci giusto un’oretta. La corsa non andò neanche malissimo. Ma quando arrivò il momento della volata, ai 200 metri mi alzai sui pedali e mi sedetti subito. Mi dissi: «No Sonny, lascia fare. Per il tuo bene!».
La sera della vittoria di Roubaix avete festeggiato?
Sì, ma non in modo eccessivo. Restammo in hotel con i compagni, anche perché ci eravamo spostati a Charleroi in un albergo vicino all’aeroporto e in giro non c’era un granché. Dopo la cena, ci facemmo 2-3 birrette e poi tutti a letto.