UAE Tour Women. Nel giorno dei ventagli con Confalonieri

12.02.2025
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I ventagli sono sempre affascinanti. Tattica e gambe, squadra e materiale: tutto si fonde e il mix diventa esplosivo… per chi guarda e per chi pedala. Nella seconda frazione del UAE Tour Women questa situazione si è verificata e ne è uscita fuori una tappa da urlo con 5 big in fuga praticamente dal chilometro zero o poco più. Pazzesco!

Maria Giulia Confalonieri è stata parte attiva della Al Dhafra Fort – Al Mirfa: 111 chilometri nel deserto. La brianzola ha contribuito all’economia della corsa. Ed è proprio lei, atleta della Uno-X Mobility, che ci porta in gruppo. Allacciate il casco, fate un lungo respiro e andiamo in corsa con Maria Giulia.

Maria Giulia Confalonieri (classe 1993) in azione al UAE Tour Women
Confalonieri (classe 1993) in azione al UAE Tour Women
Maria Giulia, una tappa velocissima quella verso Al Mirfa… In rete la foto dei ventagli nel deserto ha raccontato tanto. Tu cosa ci dici?

E’ stata una tappa velocissima, una frazione caratterizzata dal vento a volte contro, più spesso laterale a favore o a favore pieno. Siamo partite e, appena uscite dal breve trasferimento, la velocità era già altissima. Dopo poco più di un chilometro il gruppo si è spezzato. Davanti sono andate via cinque atlete, mentre dietro ci siamo ritrovate in un drappello di circa trenta unità che provava a inseguire.

E poi ancora tanti altri drappelli da quel che abbiamo visto…

Purtroppo non c’è stato subito accordo tra noi e in quei pochi chilometri con vento contrario nessuno ha voluto assumersi la responsabilità di chiudere. Così la fuga ha preso tre minuti in poco tempo. Quando abbiamo provato a ricucire, siamo arrivate a meno di un minuto, ma ormai era troppo tardi. Io sono arrivata nona, quarta del gruppetto inseguitore.

Vi aspettavate una giornata così difficile? Ormai in riunione, prima del via sapete già tutto, giusto?

Sì certo, anche perché non è il primo anno che facciamo la tappa in questa zona. Tutte le squadre sapevano che il vento avrebbe giocato un ruolo chiave. Già dai giorni prima si vedeva nelle previsioni meteo che ci sarebbe stata una situazione complicata. Siamo andate alla partenza consapevoli che quel giorno si sarebbero potuti creare ventagli. Era fondamentale stare davanti e starci sin da subito. Infatti in tantissime siamo arrivate alla partenza parecchio prima del solito… tipo granfondo! Ma anche così c’è chi stava davanti e chi dietro.

Partenza velocissima: si aprono i ventagli e scappano via in 5 tra cui Elisa Longo Borghini (in maglia tricolore)
Partenza velocissima: si aprono i ventagli e scappano via in 5 tra cui Elisa Longo Borghini (in maglia tricolore)
Chiaro…

La classifica generale ne avrebbe risentito. Magari non si sarebbe deciso il nome della vincitrice finale, ma certamente chi si fosse trovata fuori dai giochi quel giorno non avrebbe più avuto speranze di vincere. Nella tappa in salita del giorno dopo chi aveva perso 2′-3′ non avrebbe potuto più lottare per la generale, chiaramente parlo più delle scalatrici. Qualcuna ha creato qualche buco, un po’ di caos…

A livello tecnico, avete adottato accorgimenti particolari?

La maggior parte delle atlete ha montato una corona da almeno 53 denti, io avevo un 54×40. Le ruote erano per lo più alte, da 50 millimetri in su, per massimizzare l’aerodinamica e anche perché di vento laterale per davvero ce n’era poco. In generale, per gare come questa la bici aerodinamica è la scelta migliore e infatti tutte le squadre avevano questa opzione. Io ho corso con la Ridley Noah Fast, la mia bici aerodinamica di riferimento.

Cosa si prova a stare in un ventaglio così veloce? C’è una componente di adrenalina?

Nei primi minuti c’è tantissima tensione, a prescindere dalla forza di chi pedala. Tutte vogliono stare davanti e si parte come per uno sprint di 300 metri. Dopo un po’, quando le posizioni si delineano, la situazione si stabilizza un po’. Anche se bisogna comunque stare super concentrati. Quel giorno viaggiavamo a 60 all’ora e c’era con pochissimo spazio tra un manubrio e l’altro. Era una situazione ad alto rischio, ma siamo abituate. In gare così devi essere sempre vigile, non puoi permetterti distrazioni.

Il vento alzava la sabbia, un fastidio superflo secondo Confalonieri
Il vento alzava la sabbia, un fastidio superflo secondo Confalonieri
Maria Giulia, ma oggi con tante giovanissime in gruppo le atlete sanno ancora fare i ventagli?

Negli ultimi anni la situazione è migliorata, ma si vedono ancora ragazze che non sanno bene come affrontarli. Il problema è che durante la stagione ci sono poche occasioni per esercitarsi veramente con i ventagli. Qualche classica come la Gand-Wevelgem o la Dwars door Vlaanderen offre opportunità per affinare la tecnica, qualche gara in Spagna, ma non sono molte le occasioni per correre con queste condizioni. Il vento laterale è un elemento che si incontra solo in alcuni contesti e quindi non tutte hanno l’esperienza necessaria per gestirlo al meglio.

A livello di watt e frequenza cardiaca, quanto si spinge nei momenti più duri?

Nei primi minuti, quando scoppia il ventaglio, tutte sono al limite delle proprie capacità. Si sta sulle zone alte della potenza sostenibile, da Z5 in sù… Anche dopo, il ritmo rimane alto. E anche chi nel ventaglio riesce a stare a ruota continua comunque a spingere forte. Nonostante la velocità altissima, la tappa è stata molto impegnativa dal punto di vista fisico e anche dello stress.

Chiaro, lo stress…

Devi limare, guardare le altre, la strada… devi girare bene e tenere il ritmo. Quello incide moltissimo.

Con quel vento e stando nel deserto, la sabbia si sentiva sulla pelle? Era fastidiosa?

Nella seconda e nella quarta tappa la sabbia si è sentita parecchio, ma quando sei in gara non ci fai troppo caso. Sei talmente concentrata che questi dettagli passano in secondo piano.

A destra si nota Maria Giulia all’arrivo di Al Mirfa: 111 km alla media strabiliante di 48,407 km/h, tra le più alte di sempre tra le donne
A destra si nota Maria Giulia all’arrivo di Al Mirfa: 111 km alla media strabiliante di 48,407 km/h, tra le più alte di sempre tra le donne
Si riesce a bere e mangiare regolarmente in un contesto così?

Bisogna trovare il tempo: il momento giusto te lo devi cercare. Con tappe così impegnative, si punta molto su gel e malto in borraccia, più pratici da assumere in situazioni concitate. E questo è un bel vantaggio rispetto al passato. Ma è fondamentale alimentarsi, altrimenti la benzina finisce.

Presa bassa o alta? Quale posizione sul manubrio preferisci nel ventaglio?

Dipende dal momento. Quando si va davanti a tirare, la presa bassa aiuta con l’aerodinamica. Ma se sono in mezzo al gruppo preferisco tenere le mani sopra, così ho più controllo e posso reagire più velocemente agli imprevisti. Inoltre, essendo non molto alta, mi aiuta ad avere una visuale migliore della corsa davanti a me.

Se chiudi gli occhi e pensi a quella tappa, qual è l’immagine che ti rimane impressa?

La partenza fulminea. Siamo uscite dal trasferimento e anche la macchina della giuria ha dato subito il via forte. Di solito si parte a 30-35 chilometri orari, invece ci siamo trovate subito a velocità massima. Il primo pensiero è stato mantenere la posizione e tenere ben saldo il manubrio.

Raccagni: i due podi e il racconto dei primi mesi in Belgio

22.03.2023
7 min
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Uno dei nostri italiani all’estero ha iniziato la stagione con il piglio giusto: si tratta di Andrea Raccagni Noviero (in apertura a destra). Con la maglia della Soudal Quick Step Devo Team ha già trovato due volte la via del podio. Due bei risultati che danno fiducia nel suo percorso, ancora lungo, di crescita. Insieme a Raccagni leviamo la tenda al sipario del neonato Devo Team, guardando dietro le quinte della squadra più importante del Belgio

«Le prime gare sono andate sorprendentemente bene – racconta da casa – la prima era una gara 1.2, quella di domenica una corsa del calendario nazionale. Però sono risultati inaspettati, l’anno scorso avevo già fatto un po’ di esperienza in prove del genere, ma non ero in grado di correre da protagonista. Quest’anno, invece, riesco ad essere pronto e performante, considerando che nelle corse 1.2 abbiamo trovato anche squadre professional».

Raccagni arriva da due anni fra gli juniores alla Work Service
Raccagni arriva da due anni fra gli juniores alla Work Service
Cosa è cambiato dallo scorso anno?

Gli allenamenti sono cambiati e tanto. La squadra ha un unico preparatore di riferimento ed è davvero in gamba. E’ soprattutto grazie a lui se ora dopo 150 o 170 chilometri riesco a fare buoni numeri. 

Hai lavorato tanto in inverno?

Ci siamo concentrati molto su allenamenti e recupero. A dicembre e gennaio ho messo nelle gambe tante ore, e per migliorare ancora di più sono andato in ritiro da solo in Spagna. 

Cosa è cambiato negli allenamenti?

I volumi direi, faccio tante ore rispetto all’anno scorso, sono molto più controllato. Il preparatore carica l’allenamento su Training Peaks e io me lo ritrovo sul Garmin, è tutto molto semplice. Mentre pedalo ho una linea che si muove sullo schermo e io devo rimanere nei parametri indicati.

Raccagni (a destra) dopo il podio ottenuto domenica alla Zuidkempense Pijl-Gp Wilfried Peeters, ds della Soudal (al centro)
Raccagni (a destra) dopo il podio ottenuto domenica alla Zuidkempense Pijl-Gp Wilfried Peeters, ds della Soudal (al centro)
Hai lavorato in palestra?

Sì, ho messo su un po’ di massa, però alternando varie attività. In palestra sono andato molto in inverno, fino a tre volte a settimana. Il giorno più duro durante la preparazione era il mercoledì: tre ore di bici, un’ora in palestra e la sera corsa.

Quindi anche tanta corsa a piedi? Come mai?

Riesci a fare volume, io la facevo principalmente a bassa intensità. Poche volte mi sono ritrovato a fare delle ripetute. La corsa poi ti aiuta a sviluppare anche la forza, ed è una buona alternativa alla palestra. 

Hai aumentato l’intensità in bici?

No. Quando faccio intervalli di lavoro come il VO2Max o i 30-30 non sono mai al massimo dello sforzo. Però, quando poi mi trovo in corsa e devo andare a tutta, riesco ad avere wattaggi migliori. 

E sul recupero?

Ho un orologio, ed il preparatore, tramite uno strumento, collegato a Training Peaks, monitora le ore, i battiti e la variabilità cardiaca. In questo modo riesce sempre a sapere come ho dormito e se ho recuperato nella maniera giusta. Più dormi e meglio stai, e di questo me ne accorgo anche quando salgo in bici. Per esempio: ieri sono tornato all’una di notte dal Belgio ed ho dormito solo sette ore. Se oggi dovessi fare una gara non riuscirei a performare al meglio. 

Correre al Nord è differente, la gara viene gestita in maniera più aggressiva dai corridori
Correre al Nord è differente, la gara viene gestita in maniera più aggressiva dai corridori
Come sei riuscito a migliorare il ciclo del sonno?

In Belgio si hanno ritmi di vita diversi, si cena molto presto, capita che alle 19 siamo già a tavola. Una volta finito di cenare, c’è ben poco da fare quindi si va a letto prima. Anche la notte prima delle corse riesco a dormire otto o nove ore. Complice il fatto che le gare partono sempre intorno a mezzogiorno, ed in Belgio in un’ora e mezza sei ovunque. 

Come si organizzano le corse: trasporti, bici e tutto il resto?

Per me è un po’ diverso, perché io prendo l’aereo ogni settimana da casa per andare in Belgio a correre. Di solito parto il sabato mattina e torno la domenica sera. Quando arrivo però è tutto perfetto: ho già la bici pronta per la sgambata e un pulmino che mi porta all’hotel. Gli altri ragazzi, quelli belgi, sono più autonomi.

Un trattamento da professionisti insomma…

Siamo sicuramente seguiti in maniera perfetta, però non è tutto così estremizzato. Per esempio, sul lato dell’alimentazione siamo molto liberi. Le gare che andiamo a fare non hanno tanto dislivello, per cui possiamo avere qualche chilo in più, uno o due, sia chiaro. Lo stesso preparatore ci dice che è meglio, così da non arrivare tirati alla fine ed avere più potenza da scaricare sui pedali.

Raccagni ha colto il primo podio in Olanda, alla Dorpenomloop Rucphen, sua terza gara stagionale
Raccagni ha colto il primo podio in Olanda, alla Dorpenomloop Rucphen, sua terza gara stagionale
In corsa come vi comportate?

Non abbiamo mai un capitano designato, ognuno può giocarsi le proprie occasioni. In gara dobbiamo comunicare tanto ma questo non è un problema. Domenica abbiamo attaccato tutto il giorno, non puntiamo a controllare la corsa ma a porci sempre in vantaggio, mettendo un uomo in fuga o anticipando i velocisti. Il mio compagno, Jonathan Vervenne, proprio domenica, ha vinto con una sparata negli ultimi cinque chilometri. 

I percorsi ed il modo di correre sono nuovi per te?

Come detto qualcosa avevo già provato gli anni scorsi, ma non con così tanta varietà. La difficoltà maggiore sono i ventagli, è un continuo aprire il gruppo. Molte volte i diesse, nelle riunioni prima della gara, ci dicono di spezzare il gruppo anche dopo solamente 20 chilometri. Quando si può fare la differenza è sempre bene cogliere l’occasione, ti ritrovi in vantaggio e gli altri devono inseguire. Poi rientrano sempre, perché dopo pochi chilometri le ammiraglie non fanno barrage, ma per farlo mettono nelle gambe una fatica incredibile. Una volta che ti stacchi, per qualsiasi motivo, è difficile che rientri in cinque minuti, anzi, spesso ci metti chilometri e chilometri. 

Ti è capitato di trovarti ad inseguire il gruppo?

Urca! Nelle prime cinque gare ho forato quattro volte e ne sono caduto una. Quando sei all’inseguimento del gruppo è una faticaccia. Si è sempre con la gamba in tiro, la corsa di domenica l’ho finita con 285 watt medi. La domenica precedente, dove sono arrivato terzo anche in quel caso, ho finito con 300 watt medi.

Si è piazzato alle spalle di Laurenz Rex (1°) e di Gianluca Pollefliet (2°)
Si è piazzato alle spalle di Laurenz Rex (1°) e di Gianluca Pollefliet (2°)
Cosa hai capito da queste prime esperienze?

Che correre davanti è fondamentale, perché se ti trovi dietro nel momento sbagliato sei finito. Meglio stare sempre nelle prime posizioni, prendi un po’ di vento ma è preferibile al rincorrere. In gruppo non si sta bene, non c’è la fase tranquilla di corsa, “colpa” anche dei percorsi. 

Che percorsi hai trovato?

Oltre al vento, che più vai verso l’Olanda più aumenta, tante curve e strade strette, è un continuo rilanciare. Non facciamo molto dislivello ma la fatica è sempre tanta, le corse vengono dure a seconda di come le interpreti. In gruppo non si sta mai bene, i velocisti devono avere una grande resistenza. E anche se rimangono attaccati sprecano tanti uomini per restare in gruppo o per chiudere sulle fughe. Domenica il mio compagno ha fatto un’azione incredibile negli ultimi cinque chilometri, che ha messo nel sacco tutti i velocisti. E’ partito ed è arrivato al traguardo con tre secondi di vantaggio, è rimasto sempre a quella distanza. Quegli ultimi cinque chilometri li abbiamo fatti a 52 di media e lui davanti era da solo, con cinque, massimo sette, secondi. 

In queste gare c’era anche Delle Vedove, ti sei confrontato con lui?

Sì, avendo lo stesso procuratore, siamo spesso in contatto. Proprio domenica mi raccontava di come alla Intermarché abbiano un modo di correre differente. Loro lavorano per un uomo solo, il velocista, che domenica era proprio lui. Noi alla Quick Step partiamo con diverse opzioni, anche perché non è facile capire cosa succederà poi in corsa. 

Raccagni (a sinistra) sulle pietre del Nord ha ritrovato Delle Vedove (al centro), suo compagno di team nel quartetto iridato a Tel Aviv (foto Uci)
Raccagni (a sinistra) al Nord ha ritrovato Delle Vedove (a sinistra) suo compagno nel quartetto iridato a Tel Aviv (foto Uci)
Tu sei arrivato anche a giocarti la vittoria alla Dorpenomloop, com’è stato?

Tostissimo. E’ stato il podio più importante dei due conquistati, perché la corsa era una 1.2, proprio per questo gli avversari erano fortissimi. Il ragazzo della Intermarché che ha vinto, Laurenz Rex, corre nella WorldTour, ha fatto gare come la Volta a Andalucia. Siamo arrivati in tre a giocarci la vittoria in volata: il ragazzo della Intermarché, uno della Lotto Dstny ed io, ma gli altri due erano più forti. 

Un bell’inizio insomma, che dà fiducia.

Assolutamente. Anche perché la squadra è contenta e mi sta dando tante occasioni per mettermi in mostra. Mercoledì non dovevo correre la Younger Coster Challenge, ma visto che sto andando bene la squadra mi ha dato fiducia e continuerà a farlo se ne darò la motivazione. 

Emirati, si corre nel deserto: ventagli in agguato…

12.02.2023
4 min
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Dici UAE Tour e pensi ai ventagli. Quest’anno in corsa non ci sono solo gli uomini, negli Emirati Arabi Uniti si stanno dando battaglia le donne (nella foto di apertura) e giusto l’altro ieri il vento e i ventagli l’hanno fatta da padroni. Atlete sparse ovunque. Sabbia che tagliava le grosse lingue d’asfalto del deserto.

Scenari tosti, scenari che conosce bene, molto bene, Daniele Bennati. L’attuale cittì era stato leader della nazionale nel famoso mondiale del Qatar nel 2016. E a dargli i gradi di capitano furono soprattutto la sua capacità di correre nel vento e la sua dimestichezza con certi territori.

Bennati con a ruota diversi belgi (tra cui Boonen) al mondiale del 2016. “Benna” era un riferimento anche per gli avversari
Bennati con a ruota diversi belgi (tra cui Boonen) al mondiale del 2016. “Benna” era un riferimento anche per gli avversari
Daniele, partiamo proprio da quel mondiale: cosa ricordi di quella di quella corsa? 

In realtà non ero il leader della squadra, ero il regista designato da Davide (Cassani, ndr). Ero il suo uomo di fiducia, quindi in quell’occasione avevo il compito di guidare la squadra, soprattutto dal momento in cui fossimo entrati nel deserto. C’era un punto in cui si girava a destra e si sapeva che il Belgio avrebbe potuto fare la differenza.

Ecco, hai detto praticamente tutto: “Si girava a destra, c’era il deserto”… Basta una curva perché cambi tutto. Come si corre da quelle parti? E quanto è importante la squadra?

Innanzitutto bisogna avere delle caratteristiche particolari per correre in quelle condizioni. Io ero un po’ uno specialista. Tutti avevano quasi il timore del sottoscritto quando si affrontavano quelle tappe e quel tipo di gare. Pertanto ero anche un punto di riferimento per il gruppo e infatti me ne ritrovavo anche dietro di gente a controllarmi! Poi con l’età, non ero un ragazzino, avevo acquisito tanta esperienza. Sembra banale, ma nel vento non è solo una questione di gambe. E’ anche e soprattutto una questione di esperienza: sapersi muovere in quei frangenti, saper cogliere l’attimo giusto per entrare in testa nella curva decisiva prima che si crei il ventaglio decisivo….

Ventaglio, forse la parola chiave…

La mia prima gara da quelle parti la feci nel 2002: era il Tour of Qatar ed era la prima edizione. E per tanti anni ho sempre fatto Qatar e Oman, Qatar e Oman… Quindi a febbraio andavo là e ci restavo quasi un mese. E sì, laggiù la difficoltà maggiore è quella dei ventagli. Ed è molto più problematico rispetto a quando si creano in Francia o in Italia.

Perché?

Perché da noi è una situazione variabile, non tutti sanno quando e come può avvenire. Da quelle parti invece, in quella determinata tappa, tutti sanno che quando si arriva al “chilometro X”, a quella tale curva, il gruppo si spacca.

Prima dei punti nevralgici, dove si sa che girerà il vento, c’è una vera lotta per le posizioni. Una volata continua
Prima dei punti nevralgici, dove si sa che girerà il vento, c’è una vera lotta per le posizioni. Una volata continua
Come fa a spaccarsi il gruppo se tutti lo sanno?

Ritorno al discorso che facevo prima: non basta una grande condizione, ma anche la capacità di muoversi in certe situazioni. Le gambe ci vogliono sempre, sia per farsi trovare davanti nel punto X, sia per rimanerci una volta che si è aperto il ventaglio. E poi serve la squadra, altro fattore fondamentale. Perché tu puoi essere forte da solo, ma se non hai due, tre o anche quattro compagni di squadra che viaggiano sulla tua stessa lunghezza d’onda non è facile. O sei Cancellara, che aveva una potenza enorme, oppure Sagan che rientra da solo nel ventaglio buono  – e va vincere il mondiale – o si fa dura. Devi avere il supporto di qualche compagno. Saper sfruttare gli altri non è così facile.

Quindi il punto X, quella curva… diventano un po’ come quando si avvicina un settore di pavè della Roubaix o un muro del Fiandre, c’è una volata…

Sì, sì, c’è un tatticismo vero e proprio. Mettiamo che prima di arrivare al punto X c’è vento contrario, è chiaro che tu non puoi stare davanti, devi sfruttare i tuoi compagni. Il problema è che lo sforzo maggiore lo fai nel chilometro prima di arrivare al punto X. In quel momento è una volata continua e una guerra di posizioni, perché se entri nel punto X, trentesimo o quarantesimo sei già fuori. Devi essere nelle prime 15 posizioni. Sono quelli che per primi si mettono a ventaglio, ma posto per tutti non c’è sulla strada e per forza di cose qualcosa succede. Quel chilometro dunque è una sorta di arrivo.

Secondo te i rapporti super lunghi di oggi incidono tatticamente?

Faccio una premessa: io non sono d’accordo con questi rapporti così lunghi per una questione di sicurezza. Si va troppo forte. Comunque sì: incidono assolutamente. Quando hai vento favorevole e laterale, se hai il 58, il 56 cambia parecchio, hai qualche possibilità in più di stare davanti. Ma poi, ripeto, devi avere gamba e ti devi saper muovere.

Pasqualon: «I ventagli? possono cambiare tutto…»

12.05.2021
3 min
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Nelle corse italiane il problema dei ventagli è meno frequente che nel Nord Europa o ancor più in Francia, dove nella prima settimana del Tour si registrano spesso distacchi importanti e fratture decise nel gruppo anche in frazioni apparentemente poco influenti sulla classifica. E’ però una variabile pur sempre presente, un rischio del quale bisogna tenere conto anche in una frazione come quella da Modena a Cattolica, in presenza di forte vento.

Andrea Pasqualon (Intermarché Wanty Gobert) ha costruito tutta la sua carriera all’estero, in Belgio e sa quanto i ventagli siano pericolosi e come affrontarli: «E’ un fattore che richiede grande concentrazione, per questo quando corri gare come il Tour non puoi distarti un attimo. I ventagli nascono da folate di vento laterali: se sei anche parzialmente coperto rimani attaccato a chi è davanti, ma se c’è anche poca luce si forma un vortice che ti costringe a fare il doppio della fatica, così ti stacchi».

Come fare per evitare problemi?

Molto intanto dipende dall’ampiezza della sede stradale: più è larga, più sono i corridori che riescono a rimanere nella prima parte, ma il problema resta se c’è anche un buco di pochi centimetri nella fila tra una ruota e l’altra, se l’aria passa, allora si forma la frattura. Con il vento trasversale è fondamentale intanto avere una buona gamba e poi iniziare a girare, controllare sempre la propria posizione nel gruppo. Se sei fuori ventaglio, non riesci mai a recuperare e esaurisci rapidamente le energie, per questo si accumulano distacchi importanti.

Ventagli Dorelan 2021
I ventagli non accadono solo al Tour: il vento forte è una variabile da considerare sempre
Ventagli Dorelan 2021
I ventagli non accadono solo al Tour: il vento forte è una variabile da considerare sempre
Può capitare anche al Giro?

Sì, anche se da noi le strade sono meno strette e quindi ci si fraziona di meno – sottolinea Pasqualon – ma una giornata ventosa può esserci, costeggiando il mare, dipende da che direzione ha il vento. In Belgio, Olanda e Francia è più frequente. Se capita è possibile che i primi due gruppi si ricongiungano, già per il terzo è molto più difficile.

Tu come ti trovi con il vento?

Bisogna saperlo domare, saperci giocare e io ho acquisito sufficiente esperienza per farlo. Non bisogna mai essere impreparati, soprattutto se c’è qualche corridore che punta alla classifica non può distrarsi, rischia di compromettere tutto. Ora comunque, con le strumentazioni in possesso dei direttori sportivi, c’è maggiore possibilità di controllo.

In che modo?

Sui loro apparecchi elettronici hanno app che segnalano la direzione del vento praticamente in tempo reale, possono quindi basare le strategie in tal senso e comunicarle alla squadra tramite le radioline. Il vento diventa così un ulteriore motivo tattico.

Questo è il tuo primo Giro?

Sì – risponde felice Pasqualon – per me è l’obiettivo della stagione, il momento più importante, dopo una lunga carriera all’estero tenevo ad esserci, finalmente la nostra squadra è nel World Tour e quindi posso coronare questo sogno.

Stavolta il maestro è Ballan: lezione sui ventagli

28.01.2021
5 min
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Da un passista ad un altro. Dalla doppia fila ai ventagli. Qualche giorno fa con Mario Scirea avevamo parlato della doppia fila, stavolta con Alessandro Ballan parliamo dei ventagli, altra “figura” splendida del gruppo. Forse la più difficile ed accattivante da mettere in atto. E anche divertente da vedere.

Servono gambe, esperienza e in certe situazioni anche un po’ di coraggio, come vedremo. Un argomento intrigante che, come lo gettiamo sul tavolo della discussione fa accendere l’iridato di Varese 2008.

Alessandro Ballan in azione nel vento
Ballan in azione nel vento
Alessandro, parliamo di ventagli…

Una mia qualità – così la chiama Alessandro – che poche volte ho mancato in carriera. Quando se ne apriva uno, Ballan c’era!

E come si apre un ventaglio?

Prima di tutto devono esserci le condizioni giuste, a partire da un buon vento, diciamo dai 30 chilometri orari in su. E il vento deve essere laterale o comunque né perfettamente “in faccia”, né a favore. Oggi le squadre mandano avanti delle auto per conoscere le condizioni del percorso e quindi tramite la radio i corridori sanno cosa li attende. Per questo già molti chilometri prima in gruppo inizia la bagarre per stare davanti. C’è nervosismo, ci sono cadute.

Ci si prepara insomma. E poi?

Se il vento per esempio arriva da sinistra chi decide di aprire il ventaglio accelera forte e si sposta sulla sinistra e protegge gli altri corridori che si mettono a fianco più o meno a metà bici.

La tipica posizione del gruppo spezzato in ventagli
Il gruppo spezzato in ventagli
Quanti ne protegge?

Dipende dalla larghezza della strada e da quel che vuol fare: se portare un attacco o se proseguire regolari. Se vuol attaccare cerca di portare più corridori possibili sul bordo della strada, di lasciarli scoperti. E quindi si sposta più verso il centro della carreggiata. A quel punto dietro chi è furbo e ha gamba deve aprirne subito un altro e restare a tiro. Se c’è un attacco di squadra, per esempio, quel team lascerà lo spazio per sette, otto corridori. E’ essenziale scegliere la ruota del corridore giusto.

Uno che nel vento ci sa fare o che ha una squadra che lavora per lui…

Io in queste situazioni cercavo Boonen, Cancellara… sapevo che gente così non restava fuori. Servono forza e astuzia. E poi tutti devono collaborare nel ventaglio. Per due motivi. Primo: non girando rischi di restare a bordo strada o scivolare dietro. Secondo: se si accorgono che fai il furbo magari attaccano ancora. Quando si apre un ventaglio di solito è perché c’è un attacco. Nella testa del corridore c’è di prendere vantaggio e di arrivare il più possibile vicini al traguardo. Poi da lì si vedrà. Posso dire che sono pochi quelli che fanno i furbi nei ventagli.

Nella carriera di Ballan c’è un ricordo particolare legato ai ventagli?

Qatar 2010, era la mia prima volta da quelle parti nonché la prima gara della stagione. Al via c’era un vento contrario assurdo. Andò via una fuga di cinque corridori che dopo 15 chilometri aveva 24′ di vantaggio! Noi dietro andavamo a 14 all’ora, davanti forse a 25. Ad un certo punto c’era una curva a destra e sapevamo che sarebbe cambiato tutto, che si sarebbe rotto il gruppo con quel vento e iniziò la bagarre per stare davanti. Io cercai subito Cancellara, lo presi ma non eravamo in ottima posizione. E così accadde che il gruppo si spezzò, restammo dietro. Fabian fece una progressione assurda, ma poi saltò. Mi ritrovai a 20-30 metri dal primo ventaglio. Feci una fatica immane per chiuderli. Ma ce la feci. Lì davanti eravamo undici passistoni, c’era Boonen, Burghardt… In un attimo la fuga tornò a 5′.

Ventagli nel Qatar 2017: la sabbia è un ostacolo ulteriore
Ventagli nel Qatar: la sabbia è un ostacolo ulteriore
Una super azione…

Non è finita. Perché ad un tratto il percorso girò ancora e il vento divenne a favore. E la velocità schizzò in alto. Boonen diede una sgasata impressionante. Io andai per buttare giù l’11 ma già era in canna. Allora pensai: forse sto col 39. Invece no, c’era il 53! Controllai il computerino… andavamo a 80 all’ora. Giravo a vuoto i pedali. Tom poi ne diede un’altra e toccammo gli 83 in pianura! Non lo dimenticherò mai.

E la fuga?

Non ricordo chi vinse ma uno di loro arrivò con un minuto, bravissimo. Gli altri quattro li riprendemmo. Sono situazioni anche stressanti comunque: vai fortissimo, sfiori i guard rail, tiri su lo sporco, sei al limite, sei attaccato agli altri, non è facile bere…

Vero, anche alimentarsi è difficile…

Una volta all’ultima tappa di un De Panne, c’era vento ed ero rimasto davanti. Ma stavo andando in crisi di fame, la tappa era lunghissima. Un ds americano, poco esperto, mi chiama alla radio: vieni a mangiare, mi diceva. Io gli rispondevo che non si poteva. E lui insisteva. Alla fine all’ingresso di un paesino, pensando fosse più coperto, mi lascio convincere e vado all’ammiraglia. Appena escono dal caseggiato riaprono il gas… e io resto solo. Al traguardo ero furioso, ma questo ci dice quanto è importante non scivolare indietro con i ventagli.

C’è una cadenza migliore da tenere in queste situazioni?

Dipende dal corridore. In quei momenti spingi e basta. Semmai andare agili ti serve prima per risparmiare qualcosa, per mettere “in tasca quella moneta”, che ti servirà dopo appunto.

Mondiali Doha 2016 sempre in Qatar, dietro i corridori sul ciglio della strada
Mondiali Doha sempre in Qatar, dietro i corridori sul ciglio della strada
Ci si allena per i ventagli?

No, almeno ai miei tempi. Io andavo bene perché ero portato, ma di fatto i primi ventagli li ho visti e imparati da professionista. Da dilettante in Veneto non capitava mai, forse qualche volta quando si correva nel veneziano, ma era poca cosa. Non è come per belgi e olandesi che ce l’hanno nel Dna.

Però la Deceuninck-Quick Step al Giro, nella tappa di Brindisi, ha aperto i ventagli senza troppi specialisti. Insomma senza la “cavalleria pesante da Nord”…

In quel caso conta molto la motivazione. Il primo che apre il ventaglio si sacrifica, fa una volata vera e propria e mette gli altri in fila indiana. Poi di sicuro loro hanno anche una grande gestione di squadra e avranno avuto dei tecnici che precedevano la corsa che hanno informato al dettaglio corridori e ammiraglia.

Pellaud: re (furbo) dei traguardi volanti

26.10.2020
5 min
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«Non ho mai cercato le fughe per la pubblicità». Basterebbero queste parole per capire che Simon Pellaud è un corridore tutto di un pezzo: furbo e intelligente.

Lo svizzero-colombiano dell’Androni Giocattoli è stato uno dei protagonisti del Giro del d’Italia. Lo abbiamo imparato a conoscere con le sue tante fughe. Ha divorato i traguardi volanti, tanto da vincerne la speciale classifica. E soprattutto ha sempre corso con cognizione di causa. Mai un’azione banale. Persino quando si staccava.

Pellaud e i suoi tifosi prima della crono di Milano
Pellaud (classe 1992) con i suoi tifosi prima della crono di Milano
Pellaud e i suoi tifosi prima della crono di Milano
Simon Pellaud, classe 1992

In corsa con la testa

Prima della crono finale racconta: «Per me la fuga è sempre un momento ponderato. Non la cerco per la pubblicità o per lo sponsor. Gianni Savio ci dice di essere sempre protagonisti. E lo facciamo. Ma la mia idea è sempre quella di arrivare».

Simon è serio, schietto. Pulito quando parla. Mostra una decisione che si riscontra in sella. La sera prima delle tappe prendeva il Garibaldi e se lo studiava, per capire se davvero valesse la pena attaccare oppure no.

Voleva partire piano nella prima settimana, perché fino all’ultimo era incerto del suo Giro. Era caduto al Giro dell’Emilia. Alla Tirreno-Adriatico e al Giro dell’Appennino ancora aveva problemi alla schiena e persino di memoria in seguito al trauma cranico che aveva riportato.

«Faccio fatica a concentrarmi – confida Pellaud a Savio – non so se potrò esserci. Gianni però mi ha tranquillizzato. Mi ha detto che potevo fare la prima settimana piano».

Ma non è andata proprio così. Nella tappa di Villafranca Tirrena, quarta frazione, Simon è già davanti e già da solo.

«La sera avevo visto la salita di Portella Mandrazzi. Con le caratteristiche di quell’ascesa sapevo che si sarebbe faticato in gruppo. Ci sarebbero stati tira e molla. Mi hanno detto che la planata successiva era impegnativa. E allora tanto valeva far fatica davanti. Senza contare che in discesa non ho rischiato, ho deciso io il passo».

Pellaud
Nei finali di tappa si staccava per risparmiare energie
Pellaud
Nei finali si staccava per risparmiare energie

Passato nel WorldTour

Pellaud ha corso per due anni nella Iam, squadra WorldTour e si vede. Si gestisce in modo professionale. E’ consapevole delle proprie possibilità e di quelle del suo team. Sa dove può arrivare e dove no.

«Alessandro Bisolti mi dice sempre: come mai un corridore come te non è nel WorldTour? Prenderesti più soldi, faresti altre corse. Io però all’Androni sto bene. Ho un contratto, faccio le mie gare e posso permettermi di staccarmi. Voi siete i primi ad intervistarmi. Chi sarebbe mai venuto a parlare con un corridore che in 21 tappe non è mai arrivato con il tempo dei primi, neanche nelle volate. Perché ai 5 chilometri mi rialzavo. Risparmiavo energie. Fare 150° staccato o 70° in gruppo cosa mi cambiava? Però in questo modo avevo più possibilità di fare bene il giorno dopo. In un altro team non lo avrei potuto fare».

Ma la sua analisi non si ferma qui. E si lega molto bene al discorso di Portella Mandrazzi.

«Noi e le altre squadre non WorldTour in gruppo non siamo rispettati. Siamo in settantesima, ottantesima o centesima posizione del gruppo. Non possiamo lottare. E allora siamo nel mezzo e ogni volta facciamo gli elastici. E’ anche uno sforzo mentale. Oppure restiamo indietro se si spezza il gruppo. In questo Giro finché Almeida ha avuto la maglia rosa, in tutte le discese, ma proprio tutte, Iljo Keisse della Deceuninck-Quick Step le ha sempre prese davanti e le ha fatte a tutta. Lo faceva per non far correre rischi ad Almeida, ogni volta il gruppo in qualche punto si spezzava. Cosa possiamo fare noi se attaccano anche in quei momenti?».

Pellaud nei ventagli con De Gent
Verso Brindisi i ventagli: eccolo a ruota di De Gent
Pellaud nei ventagli con De Gent
A ruota di De Gent nei ventagli verso Brindisi

Ventagli anticipati

Eppure Giovanni Ellena, uno dei ds dell’Androni, ci aveva detto che i ragazzi erano stati bravi nel giorno dei ventagli di Brindisi. Erano riusciti ad arrivare tutti all’arrivo e avevano portato Cepeda, il meno esperto, al sicuro. 

«Vero, ma io mai e poi mai sarei stato dietro oppure a metà del gruppo con quelle condizioni. Quel giorno ho lottato come un pazzo non per andare in fuga ma nel trasferimento, per essere in prima linea al chilometro zero. E ho fatto bene, perché appena si è abbassata la bandierina è partito Thomas De Gent e io gli sono andato dietro. Qualche classica l’ho fatta e so come funziona. So come corrono i belgi e cosa sanno fare i Deceuninck con il vento. Quindi ho pensato che sarebbe stato meglio essere avanti, a prescindere dalla fuga, intanto non ero dietro al gruppo».

Obiettivo traguardi volanti

Simon lo abbiamo conosciuto la prima volta in inverno in Argentina. Era lì per trovare la condizione. Ci sembrò concreto. 

Questo era il suo primo Giro, ma aveva già fatto due Vuelta. Nella terza settimana è andato forte, ma Simon esalta soprattutto la seconda. In fuga verso Cesenatico e verso Monselice: due tappe molto dure.

Pellaud in fuga
A Cesenatico si è fatto sorprendere in discesa
Pellaud in fuga
A Cesenatico si è fatto sorprendere in discesa

«Quel giorno quando Ulissi ha vinto la seconda volta ho faticato tantissimo per prendere la fuga. Ero stato fuori tutto il giorno prima, spendendo molto nella tappa della Nove Colli. Verso Monselice ero in mezzo e vedevo che un Cofidis non riusciva a chiudere. Così l’ho puntato, l’ho saltato e mi sono aggregato al drappello di testa. E’ stata una fatica tremenda. Però significava anche stavo bene, dopo lo sforzo del giorno prima. Inoltre potevo difendere la classifica dei traguardi volanti. 

«Quello è stato un obiettivo nato quasi per caso. La prima volta che potevo vincerlo ero in fuga con Marco Frapporti e glielo lasciai. Poi strada facendo ho capito che lì si poteva prendere qualcosa. Così ci ho puntato. Per noi dell’Androni Giocattoli salire sul podio di Milano era importante».

La stagione di Pellaud però non è finita. Si chiuderà domenica prossima al campionato nazionale svizzero. Dopodiché Simon prenderà il volo per la sua seconda patria, la Colombia. «Almeno – conclude – laggiù non prenderò il freddo e potrò preparare al meglio la prossima stagione».

E noi lo aspettiamo di nuovo sulle strade del Giro.