La Palazzago di Tiralongo, bandiera del Sud e dei giovani

27.04.2022
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Ai piedi del palco del Gran Premio Liberazione di Roma, qualche minuto prima che la corsa partisse, Paolo Tiralongo si aggirava incuriosito in sella a una bicicletta bianca. Qualche minuto prima avevamo incrociato anche Leonardo Giordani, suo compagno nei dilettanti e poi alla Fassa Bortolo, che incontrando Olivano Locatelli, suo diesse dei primi tempi, gli aveva chiesto come mai non lo avesse mai portato alla corsa romana. Essendo lui di Roma. E Locatelli gli aveva risposto di non aver mai voluto rischiare che rimanesse coinvolto in qualche caduta. Stessa cosa per lo scalatore siciliano, che infatti ammetteva di essere sulle porte di un insolito debutto.

Il debutto 2022 è avvenuto come da tradizione alla Coppa San Geo (foto Facebook)
Il debutto 2022 è avvenuto come da tradizione alla Coppa San Geo (foto Facebook)

Palazzago di giovani

Classe 1977, professionista dal 2000 al 2017, tre tappe vinte al Giro e poi preparatore e diesse di Aru fino al 2020, dallo scorso anno Paolo guida il Team Palazzago in cui crebbe da under 23 prima di spiccare il volo. Erano certamente altri tempi, la squadra aveva altre ambizioni, mentre oggi è ripartita da un gruppo molto giovane.

«Ragazzi giovani – precisa Tiralongo – tutti o buona parte del Sud Italia. Primi e secondi anni, abbiamo soltanto un quarto anno e un elite. Un quarto anno che è un ragazzo marocchino: vive in una comunità e ha fatto un cammino un po’ particolare. Mi ha ispirato fiducia, l’ho preso e ha fatto solo poche corse, perché adesso è fermo con la broncopolmonite.

Il Team Palazzago al foglio firma della Milano-Busseto. Da sinistra D’Aniello, Tebaldi, Carrer, Manenti e Aliano (foto Facebook)
Palazzago alla Milano-Busseto. Da sinistra D’Aniello, Tebaldi, Carrer, Manenti e Aliano (foto Facebook)
Come mai questa scelta di ripartire da ragazzi del Sud?

Perché in tanti mi chiamano. Principalmente primi anni cui non danno la possibilità di andare avanti e magari tra questi, chissà, potrebbe esserci un nuovo Nibali o un buon corridore. Non è giusto che tutti questi ragazzi vengano portati alla categoria juniores e poi lasciati senza un futuro. Bisogna dargli la possibilità di provarci davvero.

Per una squadra così fortemente bergamasca è una scelta nuova.

Io penso che quando parliamo di ciclismo, non si debba pensare al bergamasco o al siciliano. Siamo tutti uguali e se si vanno a prendere i corridori stranieri, nel 2022 bisogna ancora farsi problemi a prendere ragazzi del Sud?

Il 20 febbraio, durante il ritiro di Sorrento, la visita graditissima di Fabio Aru (foto Facebook)
Il 20 febbraio, durante il ritiro di Sorrento, la visita graditissima di Fabio Aru (foto Facebook)
Secondo Scinto, i corridori giovani sono gli unici ormai ad ascoltare il direttore sportivo.

Un direttore sportivo dovrebbe avere qualcosa da insegnare e i ragazzi hanno certamente qualcosa da imparare. Devono anche imparare ad ascoltare. Non sempre si possono indovinare le cose, ma l’esperienza non manca e chi ascolta va avanti. Quelli che fanno di testa loro, non imparano dagli sbagli e alla fine si perdono per strada.

Abbiamo visto una foto di Aru in ritiro con voi.

A Fabio mi lega per prima cosa una grandissima amicizia, che c’è stata dall’inizio alla fine. Lui ha seguito il suo cammino, ognuno di noi ha deciso e fatto la sua carriera, ma l’amicizia è superiore a tutto questo.

Il direttore sportivo insegna, i ragazzi devono imparare ad ascoltare. Qui Tiralongo alla Milano-Busseto (foto Facebook)
Il direttore sportivo insegna, i ragazzi devono imparare ad ascoltare (foto Facebook)
E Tiralongo a che punto è della sua carriera?

Per me è una passione che cerco di trasmettere ai ragazzi più giovani, perché mi piace lavorare con loro. E magari chissà, in un futuro troverò un campioncino. Però bisogna pazientare e metterci sempre la passione.

Pazienza, la parola magica…

Non ce l’hanno in molti. Si passa troppo presto, ma io ci sono stato tanti anni di là, ormai è difficile anche stare in gruppo. Penso a Romano. E’ passato a 21 anni (alla Bardiani, ndr) e Dio sa quante volte gli abbiamo suggerito di aspettare. Non è andato bene ed è tornato con noi. Ha vinto quattro corse, s’è piazzato per 16 volte nei dieci, ma non lo hanno più voluto e alla fine ha smesso. Ne è valsa la pena?

Nel 2021 Romano, tornato alla Palazzago ha vinto 4 corse (qui una tappa al Giro di Romagna), ma non è riuscito a passare di nuovo
Nel 2021 Romano, tornato alla Palazzago ha vinto 4 corse, ma non è riuscito a passare di nuovo
Di cosa hanno bisogno i ragazzi del Sud rispetto al Tiralongo dei primi tempi?

Sicuramente di assistenza e gare, perché al Sud di gare non se ne fanno. Hanno bisogno di ritiri. Hanno bisogno delle montagne, perché in Puglia montagne vere non ci sono e io ho dei pugliesi che per allenarsi vanno a Matera o sul Gargano. E hanno bisogno di persone che creino un movimento anche al Sud, perché giù si possono fare tutte le gare che vogliamo. Si va a correre in Olanda, in Belgio, in Germania e in Francia e non si viene a correre al Sud?

Li tieni in ritiro a Bergamo?

Li tengo in ritiro. Ho anche l’appoggio di un grandissimo amico a Sorrento e andiamo spesso al suo Hotel Residence Le Terrazze, così ho modo di raggrupparli tutti. E poi abbiamo un ritiro fisso a Bergamo, grazie al presidente Ezio Tironi, colonna portante del Team Palazzago, che ci sostiene da sempre.

Pietro Aliano in azione alla Milano-Busseto (foto Facebook)
Pietro Aliano in azione alla Milano-Busseto (foto Facebook)
Ragazzi giovani significa che vanno ancora a scuola?

Esatto. E io sono uno che dà priorità alla scuola, perché è giusto che maturino bene. Adesso è obbligatoria fino a 16 anni, ai miei tempi era diverso. Perciò prima la scuola e poi da giugno fino a ottobre, se hai la testa puoi fare il corridore al 100 per cento. E se hai i mezzi puoi venire fuori.

Tiralongo saluta la Uae e ritorna a Palazzago

02.02.2021
4 min
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Paolo Tiralongo scende dall’ammiraglia della Uae Team Emirates, come pure Maurizio Piovani in questo scorcio di 2021, e torna in quella che dopo aver lasciato la Sicilia è stata la sua seconda casa, il Velo Racing Team Palazzago. Il Tira sale in ammiraglia, al fianco del suo ex compagno di squadra Salvatore Commesso.

«Eh sì – racconta Paolo – la sede è a un chilometro da casa mia. Qui sono di casa. Il mio cancello è ad Almenno, ma la mia cucina è a Palazzago! Tanto per dire che sono proprio sul confine. Questa squadra ce l’ho nel cuore. Ci ho corso da juniores e poi da dilettante ed è qui che ho conosciuto Commesso».

Ci ha sempre messo l’anima. Ecco Tiralongo con la ferita all’occhio alla Vuelta 2015
Solo il medico lo fermò alla Vuelta 2015: lui avrebbe continuato

Dai saluti all’ammiraglia

«Dopo la mia carriera da professionista ho fatto subito tre anni a tutta, ma sinceramente avevo bisogno di riposarmi, volevo un anno sabbatico, guardarmi un po’ attorno. Alla Uae ho ancora le porte aperte, mi sono lasciato bene con Gianetti e tutti gli altri, ma mi serviva altro».

E così ecco l’occasione di tornare alle origini. Da una telefonata di auguri e saluti è nata una proposta concreta. Secondo Paolo perché nella sua vita e nelle cose che ha fatto ha sempre dato il massimo.

«Ci ho messo l’anima e per questo ho mantenuto buoni rapporti con tutti. Mai avuto uno screzio con corridori prima e colleghi poi».

Come tra i pro’

Tiralongo parla poi di questo suo impegno nel team di patron Ezio Tironi.

«In sede sono sempre passato – racconta Tiralongo – sia da corridore che dopo. Chiedevo dei ragazzi, m’informavo. Spesso in passato mi allenavo anche con loro. Giusto adesso stiamo preparando le ultime cose in vista del raduno che faremo a Sorrento, in Campania. Stiamo facendo i tamponi, abbiamo trovato un hotel che ci garantisce la bolla e andiamo laggiù anche perché abbiamo quattro atleti campani. Poi bisognava cambiare aria. Quelle strade le conosco. Dovevamo dare una scossa.

«Mi piace molto lavorare con questi ragazzi. In un certo senso è più bello rispetto ai pro’, anche se in UAE io avevo tutti giovani. Ma qui ti chiedono sempre qualcosa di più, sono più curiosi. Di là ti ascoltano, ma in qualche modo sono già arrivati».

Il “Tira” paragona i due mondi. Qui deve spigargli tutto dalla A alla Z, come dice lui: «Bisogna spiegargli il ciclismo. Allenamenti, recupero, alimentazione. Tante indicazioni… Sto cercando di portare un metodo più professionale. Per esempio alcuni li ho mandati da una nutrizionista. Devono capire che ognuno ha il suo ruolo, che ci sono tante figure. Per esempio adesso stiamo facendo i programmi come i professionisti. Lavoriamo con le email e non più con i pezzi di carta. Individuiamo gli obiettivi, stiliamo il calendario… 

«Non che ci siano i gruppi delle classiche, dei grandi Giri come nei pro’… qui il calendario è uno, è chiaro, la squadra la fai in base a chi va più forte. Se quel ragazzo se lo merita è giusto inserirlo. Però abbiamo cambiato il metodo di lavoro».

Il Velo Racing Team Palazzago in allenamento sulle strade bergamasche
La Palazzago in allenamento sulle strade bergamasche

I dogmi del Tira

«In squadra abbiamo 17 ragazzi, non pochi. Cinque sono di primo anno e loro bisogna lasciarli un po’ più liberi, hanno ancora la scuola. Poi ci sono sei elite e gli altri sono tutti under 23. Ancora non li conosco tutti. I nomi li sto imparando adesso, anche perché neanche li ho tutti sotto mano. C’è chi è all’estero, chi vive al Sud…

«I primi anni sono molto curiosi, ti fanno domande e vogliono sapere il perché di questo o quell’allenamento. In generale molti si allenavano a casaccio, non dico che voglio inculcargli il concetto dei numeri, adesso si allenano ognuno con i propri valori, ma quando sarà il momento gli farò fare degli allenamenti tipo gara, saranno più liberi.

«Ho tre dogmi – conclude Tiralongo – serietà, professionalità e passione. In particolare la passione se non ce l’hai è meglio che resti a casa. Vittorie e risultati sono una conseguenza. Se tutte e tre queste cose convivranno insieme allora i ragazzi arriveranno al dunque».