Guardini dice basta, restano i ricordi e le giuste osservazioni

14.11.2021
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Questa volta basta davvero, la malinconia è stemperata dalla rassegnazione. Già lo scorso anno Andrea Guardini era stato a un soffio dal dire basta e se non fosse stato per le due vittorie al Giro di Romania a fine 2020, lo avrebbe probabilmente fatto. Quelle due fiammate invece gli fecero cambiare idea, come ci aveva già raccontato all’inizio di questa stagione. Ma adesso, con il Covid che ha tolto di mezzo l’attività orientale di cui era il re incontrastato, trovare un motivo per andare avanti è diventato più duro delle salite di cui sono zeppe le corse europee. Per il veronese, che per costituzione fisica e natura delle fibre è uno degli ultimi velocisti puri in circolazione, questo ciclismo è diventato impraticabile.

«Ho cercato squadra fra le professional – dice – speravo che quello fra le continental fosse stato solo un passaggio, ma dopo il Covid hanno tutte mantenuto gli organici che avevano. Dopo quelle due vittorie non potevo smettere e devo dire grazie a Stefano Giuliani per avermi aperto ancora una volta le porte. Abbiamo fatto i salti mortali per avere un buon calendario, abbiamo chiuso al Giro di Sicilia. Voi non avete idea quanto pesi sulle squadre più piccole il costo dei continui tamponi…».

Andrea Guardini, Mark Cavendish, Vedelago, Giro d'Italia 2012
Giro d’Italia 2012, tappa di Vedelago: Guardini vince e Cavendish s’infuria
Andrea Guardini, Mark Cavendish, Vedelago, Giro d'Italia 2012
Giro d’Italia 2012, tappa di Vedelago: Guardini vince e Cavendish s’infuria

Scinto, amore e odio

La favola di Guardini era iniziata in pista: velocista come Bianchi e come quegli specialisti estinti che si sta cercando di ricostruire in vista delle Olimpiadi. Solo che al tempo la cultura della pista era ai minimi termini e negli anni in cui Guardini era under 23 sotto la guida di Gaetano Zanetti (2008-2010), il velodromo di Montichiari era stato appena terminato. Il richiamo della strada fu più forte, la pista non garantiva assegni a fine mese e così Andrea passò professionista con Scinto. Era velocissimo, ma sulle salite faceva troppa fatica. Un modo per passarle però Scinto lo trovava sempre, in gruppo se ne rideva, e alla fine ci scappò anche una tappa al Giro d’Italia davanti a Mark Cavendish, che non la prese proprio bene.

«Lui si arrabbiò – dice – più con se stesso. Per tenere la maglia rossa della classifica a punti, aveva voluto fare un traguardo volante che non era proprio piatto. Riuscì a vincerlo, ma spese troppo e in finale vinsi io. Un ragazzino. Quel giorno non mi ero staccato e non ero dovuto rientrare. Ma se quel Giro lo avessi finito, la maglia nera non me l’avrebbe tolta nessuno. Dio solo sa quanti chilometri feci da solo nelle retrovie. Con Scinto avevo un rapporto di amore e odio. Tante volte lo odiavo, perché mi diceva le cose in faccia. Con Luca ho formato il mio carattere…».

Andrea Guardini, Tour of Oman 2015, 2a tappa
In Oman nel 2015 vince la prima tappa e poi combatte con le salite
Andrea Guardini, Tour of Oman 2015, 2a tappa
In Oman nel 2015 vince la prima tappa e poi combatte con le salite

L’Astana e Zanini

Convinti di poterci lavorare, lo presero all’Astana, affidandolo alle cure di Zanini e inaugurando un periodo molto positivo in termini di vittorie. Furono 18 in quattro stagioni: parecchie al Tour de Langkawi, ma anche all’Eneco Tour e al Giro di Danimarca. Finché gli organizzatori disegnavano le tappe di volata pensando alla velocità, Guardini trovata pane per i suoi denti. Quando si iniziò a pensare che 2.500 metri di dislivello fosse il minimo sindacale, per lui e quelli con le sue caratteristiche, l’unico approdo felice rimasero le corse dell’Asia, fra la Malesia e la Cina. Dalla Astana passò per un anno alla UAE Team Emirates senza vincere, di lì alla Bardiani per due anni e 5 successi.

«Ormai il ciclismo è come la Formula Uno – dice – ci sono squadroni con budget enormi, per cui è praticamente impossibile combattere ad armi pari per le professional, figurarsi per le continental. L’altro giorno commentando un vostro articolo su Facebook, ho proposto il budget-cap, il tetto al budget, che hanno imposto proprio in Formula Uno, che forse sarebbe opportuno anche qua. Altrimenti la forbice è destinata ad ampliarsi ulteriormente. Se corri in una continental, non hai uno stipendio che ti permetta di pagarti i ritiri. E se devi fare le cose al 70 per cento, non ne vale più la pena. Non vinci, impossibile. E io adesso mi sento pronto per dire basta».

Abi Dhabi Tour 2015, Andrea Guardini, Daniele Bennati, Tom Boonen
Abi Dhabi Tour 2015, Guardini si lascia alle spalle Daniele Bennati e Tom Boonen
Abi Dhabi Tour 2015, Andrea Guardini, Daniele Bennati, Tom Boonen
Abi Dhabi Tour 2015, Guardini si lascia alle spalle Daniele Bennati e Tom Boonen

L’anima dilaniata

Questa volta c’è lucidità, l’anno scorso c’era la paura. Ma tutto sommato, con una bimba di due anni e mezzo che ormai capisce tutto, una casa pagata in Valpolicella e con i risparmi giusti per guardarsi intorno senza paura del futuro, in un giorno di fine stagione Andrea si è guardato allo specchio e ha preso la decisione.

«Prima o poi si deve scendere di sella – dice – e imparare un mestiere. Ho smesso con tanta voglia di stare in bici e continuare a farne il mio lavoro. Voglio prendere la tessera da guida cicloturistica. Un pizzico di rammarico c’è, ma non mi sono dilaniato l’anima come l’anno scorso, quando non riuscivo a concepire di non trovare una sistemazione adatta al caso mio. Ora smetto con serenità. Mi hanno chiuso l’Asia, circa il 60 per cento del mio calendario con almeno 30 volate l’anno adatte a me. Qui rimane Cavendish, ma anche lui si era perso e c’è voluta la Deceuninck-Quick Step per ridargli smalto. Stando così le cose, ho perso il mio potere contrattuale, non cercano più il velocista puro, ma uno che sia resistente. Uno come Grosu, che merita di andare avanti perché è più completo di me, anche se probabilmente meno veloce. Non è una decisione presa a cuor leggero…».

Mister Langkawi

L’Oriente gli mancherà, ne parla come di una seconda patria e solo chi è stato a correre laggiù o c’è andato per raccontarne le gare può capire la passione della gente su quelle strade umide e caldissime.

«Ho vinto cinque volte la tappa di Kuala Lumpur al Malesia – dice – come cinque volte Parigi al Tour, facendo le ovvie proporzioni. Smetto con un piccolo record di 24 tappe vite al Tour de Langkawi. La cosa bella di laggiù è che quando passi, vedi intere scolaresche a bordo strada, ti rendi conto della passione di un’intera Nazione. Mi dispiace non esserci più tornato dal 2019, se avessi potuto scegliere una corsa in cui dire addio, avrei scelto quella. Mi sono divertito tantissimo. Quando arrivavo al foglio firma, mi chiamavano “Mister Langkawi”».

Ormai i percorsi sono diventati molto duri e arrivare in volata era improbabile
Ormai i percorsi sono diventati molto duri e arrivare in volata è sempre più difficile

La Roubaix e la galera

Nel raccontare aneddoti, salta fuori quella volta con la Uae in cui si ritirò durante la Roubaix, ma siccome non c’era posto sull’ammiraglia dei massaggiatori, gli fu detto di andare al traguardo in bici. Sfinito com’era e volendosi risparmiare i tratti in pavé, impostò la destinazione sul Garmin e si mise a pedalare. Le auto gli suonavano all’impazzata. Finché arrivò un furgone della Gendarmerie, che lo fermò.

«Va bene eroe dell’Inferno del Nord – gli disse il gendarme – ma lei sta pedalando in autostrada».

Lo caricarono a bordo. Lo portarono al commissariato. Ma Andrea non aveva documenti e neppure il cellulare: era tutto sul pullman a Roubaix. Perché lo rilasciassero, serviva qualcuno che venisse a garantire per lui. Per fortuna ricordò a memoria il numero di sua moglie e riuscì a chiamarla. E lei, contattando su Facebook le mogli di altri corridori della squadra, alla fine trovò il riferimento di un massaggiatore e quello andò a liberare il malcapitato corridore arrestato in autostrada. Cui l’indomani Het Nieuwsblad dedicò un’intera pagina.

Per costruire il futuro, Andrea riparte dalla famiglia e dalla casa in Valpolicella (foto Instagram)
Per costruire il futuro, Andrea riparte dalla famiglia e dalla casa in Valpolicella (foto Instagram)

Sono schegge che il tempo metterà in ordine, perché possa raccontarle a sua figlia e agli amici. Cala il sipario, restano nella memoria i primi articoli a casa sua. La cameretta con le coppe dei primi successi. Sua madre. I suoi occhi buoni che in volata diventavano quelli del peggior felino. E i tanti chilometri in cerca di fortuna, fino a diventare come Marco Polo, l’uomo dell’Oriente. In qualche modo anche “Guardia” ha fatto un pizzico di storia di questo sport. Se un giorno passeremo dalle sue parti in Valpolicella, davanti a un bicchiere di vino, siamo certi che altri aneddoti da raccontare salteranno ugualmente fuori. Per ora, buona fortuna Andrea. E buona strada.

Conti va all’Astana: grandi motivazioni, ma risalita dura

08.11.2021
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Conti va all’Astana. Lo aspettano Martinelli che l’ha fortemente voluto e Orlando Maini che l’ha guidato nei primi anni di professionismo e lo chiamava “il cinno” che in bolognese significa “il bimbo”. Conti va all’Astana perché lì dove stava non avrebbe tirato più fuori un ragno dal buco. E’ sempre difficile dire per quale motivo un ragazzo di talento perda inesorabilmente la strada, ma il suo è stato per un paio di anni di troppo il caso più lampante. E quando in certe squadre passa il concetto che forse ti sei un po’ adagiato, è un attimo ritrovarsi a tirare e poi basta.

«In realtà – dice il romano che vive a Monaco – non mi hanno mai limitato. Però è chiaro che quando vai a correre e in squadra hai gente come Ulissi, Hirschi, Pogacar e Rui Costa, ti tocca fare il gregario. E io lo ammetto che mi sono adagiato. Prima nel ruolo di gregario, che in squadra faceva anche comodo. Mentre negli ultimi due anni ho mollato la presa, mi sono lasciato andare. Era necessario cambiare…».

Il finale di stagione non è stato dei migliori, serviva voltare pagina
Il finale di stagione non è stato dei migliori, serviva voltare pagina

Novembre in Valpolicella

L’approccio è maturo, Valerio ha sale in zucca e alla fine, ambizioso com’è sempre stato, il primo a… rosicare per prestazioni non all’altezza era proprio lui. Voltare pagina era una necessità impellente e alla fine l’ha fatto. In questi giorni e per tutto il mese, Conti, la sua compagna e la figlia Lucrezia nata a Monaco il 4 settembre, si sono trasferiti in Valpolicella. Michela è di qui e da queste parti ci sono spazi superiori a quelli del piccolo appartamento monegasco. E mentre i nonni materni si godono la nipotina, il corridore di casa ha ripreso ad andare in palestra e sulla mountain bike.

Perché cambiare?

Perché dopo otto anni, sempre con le stesse persone e gli stessi programmi, gli stimoli erano calati. Cambiare squadra significa tornare un po’ indietro, avere qualcosa da dimostrare. Come quando sei neoprofessionista. Ritrovo Maini e già abbiamo iniziato a ridere, perché con lui il buon umore è assicurato. Sono tutti italiani e questa serie di cose mi sta riportando una bella motivazione. Conosco bene la nutrizionista, con cui lavoravo in passato. Mi piace poter parlare di tutto liberamente, relazionarmi con le persone sulla base delle sensazioni e non dei numeri. Anche alla Lampre era così, poi sono arrivati i soldi ed è cambiato tutto. Ma lo stesso, la risalita non sarà facile.

Si scioglie il terzetto: in Uae rimangono Formolo e Ulissi
Si scioglie il terzetto: in Uae rimangono Formolo e Ulissi
Cosa c’è di difficile?

Quando molli, tralasci tanti aspetti. C’è da lavorare su tutti i punti, dall’alimentazione alla palestra, passando per la bici e l’allenamento. Ma mentre negli ultimi tempi salivo sulla bici che ero già stanco mentalmente, ora ho voglia di allenarmi.

Cosa ti chiede l’Astana?

Martinelli mi conosce bene e mi ha voluto. Sa che la base è buona, perché ho corso per tanti anni nelle categorie giovanili con suo figlio Davide. Vogliono che adesso mi metta in luce, anche se i programmi si faranno in ritiro e da quello si capirà tanto. Ma se potessi esprimere un desiderio, mi piacerebbe correre qualche classica in più. In questi anni, avevo davanti così tanti campioni, ne ho fatte sempre poche. E poi il Giro, che per me resta speciale.

La maglia rosa del 2019 può essersi ritorta contro?

E’ stata una fase bellissima, che mi ha fatto capire tante cose, ma non penso che mi abbia cambiato, nel bene o nel male. Certo da quei giorni le aspettative sono state più alte, ma ora voglio rialzarmi e ripartire da lì.

La mano della piccola Lucrezia in quella di Valerio: il 4 settembre Conti è diventato papà (foto Instagram)
La mano della piccola Lucrezia in quella di Valerio: il 4 settembre Conti è diventato papà (foto Instagram)
Nel 2020 è mancato Antonio Fradusco tuo tecnico da ragazzino e tuo consigliere fisso…

Antonio mi dava sempre consigli, mi è stato accanto fino al 2019 e credo che quell’anno, il migliore da quando corro, sia stato per lui una grande soddisfazione. Mi scriveva tutti i giorni, era una presenza fissa e magari aver perso un riferimento così in qualche modo l’ho pagato. Non voglio trovarmi la scusa, si vive al presente, ma anche se Martinelli e Maini sono della stessa pasta, uno come Fradusco non lo troverò più.

Nel frattempo è arrivata una bambina.

Non dirò come tanti che mi ha stravolto la vita, ma è bellissimo rientrare a casa e capire che lei c’è. E ho la fortuna che Michela sia una mamma eccezionale. E’ una bellissima novità. E’ tutto bellissimo. Per questo nuovo inizio non potevo chiedere uno scenario migliore.