I sei “gladiatori” di Valoti per il Giro Next Gen

07.06.2024
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La MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb è partita questa mattina per la Valle d’Aosta, regione che accoglie le prime tre tappe del Giro Next Gen. I ragazzi del team continental bergamasco, guidati in macchina da Gianluca Valoti, non vedono l’ora di iniziare

«Siamo pronti – conferma il diesse – stiamo ultimando qualche piccolo dettaglio. Oggi (venerdì, ndr) proveremo il percorso della seconda tappa. Vorremmo fare una pedalata anche sulle strade della cronometro, ma sarà difficile visto che attraversa il centro di Aosta. Tra traffico e limitazioni non credo riusciremo a fare una ricognizione anticipata, toccherà aspettare domenica mattina».

I ragazzi della MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb durante il ritiro a Sestriere in preparazione al Giro Next Gen (foto NB Srl)
I ragazzi della MBH Bank-Colpack-Ballan-Csb durante il ritiro a Sestriere in preparazione al Giro Next Gen (foto NB Srl)

Esordio complicato

Le prime tre frazioni del Giro Next Gen saranno impegnative e in qualche modo potranno già risultare decisive per la classifica generale. Toccherà partire con la concentrazione al massimo, viste le insidie del tracciato. 

«La cronometro – continua Valoti – misura otto chilometri: non sono molti, ma il percorso è tecnico. Si può perdere tra il minuto e il minuto e mezzo, ritardo che nell’economia della corsa può non risultare decisivo ma comunque importante. A nostro favore gioca lo strappo presente a metà, lì avremo modo di limitare i distacchi. Per noi è importante vedere la seconda frazione, è insidiosa e con tanto dislivello, non ci sarà un metro di pianura. Anche in questo caso non è una tappa che può risultare decisiva ma a perdere tempo ci vuole davvero poco».

La tappa numero 3 con arrivo a Pian Della Mussa potrà creare i primi significativi distacchi in classifica
La tappa numero 3 con arrivo a Pian Della Mussa potrà creare i primi significativi distacchi in classifica

Altura e ricognizioni

Al terzo giorno di corsa ecco che ci sarà il primo arrivo in salita, a Pian della Mussa. Una scalata lunga che porta dai 687 metri di Ceres ai 1751 metri dell’arrivo.

 «Questa tappa l’abbiamo vista mentre eravamo in ritiro a Sestriere (foto NB Srl in apertura) – spiega il diesse bergamasco – sembra una scalata lunga e facile sulla carta, ma non lo è. Da quel che abbiamo potuto vedere è impegnativa. Devo dire che il disegno di questo Giro Next Gen mi piace, non ci sono tapponi come quello dello Stelvio lo scorso anno. Le difficoltà sono distribuite lungo tutti e otto i giorni di gara, questo presumibilmente farà rimanere aperta la corsa fino alla fine. La scelta di allenarci a Sestriere arriva dal fatto che Livigno aveva ospitato il Giro ed avevamo paura di trovare traffico e strade chiuse. Abbiamo pedalato sulle strade piemontesi già nel ritiro di marzo e i ragazzi erano rimasti soddisfatti.

«Siamo stati tre settimane a Sestriere – dice Valoti – siamo arrivati appena dopo il Giro di Ungheria. La prima settimana è servita per scaricare e per fare ambientamento. Poi abbiamo iniziato a lavorare, la cosa che mi soddisfa di più è che i nostri preparatori, Giovine e Fusi, sono rimasti con noi tutto il tempo. Questo vuol dire che con la loro supervisione le possibilità di aver sbagliato qualcosa si sono abbassate notevolmente».

Squadra leggera

Christian Bagatin, Lorenzo Nespoli, Mark Valent, Matteo Ambrosini, Florian Kajamini e Pavel Novak. Questi i sei nomi che difenderanno i colori della MBH Bank-Colpack-Ballan al Giro Next Gen, Gianluca Valoti ci spiega le scelte.

«Abbiamo deciso – racconta – di puntare su due capitani: Novak e Kajamini, il primo è un secondo anno, mentre l’altro un terzo. Si conoscono bene e in gara comunicano tanto, trovando sempre la migliore soluzione. Lo abbiamo visto al Piva con la vittoria di Novak, coadiuvata dal grande lavoro di copertura di Kajamini. Saranno entrambi sullo stesso livello, con le ambizioni di classifica e la facoltà di gestire la gara. Non ci saranno le radio in corsa e la scelta di avere due capitani che hanno una grande complicità mi permette di stare sereno in macchina, sapranno gestirsi».

«Bagatin, Nespoli e Ambrosini – continua – saranno i diesse in gruppo, hanno una grande capacità di gestione e sanno capire le situazioni. Mi piace come interpretano la gara. La novità è rappresentata dall’ungherese Mark Valent, lui è nuovo ma si è integrato bene in squadra. E’ un corridore leggero e che stiamo scoprendo giorno dopo giorno. Purtroppo abbiamo dovuto lasciare a casa Bracalente, non per merito ma per scelta tecnica. Il ragazzo è giovane e avrà altre occasioni. Non c’è altro da dire. Siamo pronti, ora tocca a noi, ci vediamo sulle strade del Giro Next Gen!».

Sulle strade del Valle d’Aosta. Paradiso Clavalité, meta da fiaba

31.07.2023
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Da una parte all’altra della Valle d’Aosta. Continua il nostro viaggio senza fretta sulle strade del Giro della Valle d’Aosta. Dopo Pré de Pascal e Bionaz, è la volta di un altro luogo incredibile, forse il più selvaggio in assoluto mai toccato dalla corsa: la Val Clavalité.

La quarta frazione dell’ultimo VdA andava da Verrayes appunto a Clavalité e quindi da una parte all’altra della Dora Baltea. Si passava dal versante al sole, il bellissimo altopiano di Verrayes, paradiso dello sci di fondo, a quello detto “enevers” (ad ombra) alla selvaggia valle che sovrasta Fenis e che è quasi dirimpettaia del punto di partenza.

Da Nus a Fenis

La quarta frazione nella sua interezza ripercorreva una grossa fetta della parte orientale della Valle d’Aosta ed era molto lunga: 172 chilometri. Noi però ci mettiamo in sella per una quarantina di chilometri. Da Nus, paese natale di Federico Pellegrino, campione dello sci di fondo, saliamo verso Verrayes.

Non è una scalata impossibile, ma è pur sempre impegnativa. In 15 chilometri si acquistano circa 600 metri di dislivello, ma si va su a gradoni, come spesso accade su questo versante della Valle d’Aosta. La vista da lassù è magnifica. Ma è bello guardare lungo lo stesso versante e vedere i campanili affiorare tra gli alberi e tra le case col tetto a spiovente.

Da Verrayes scendiamo verso Fenis, nota per il suo castello medievale. Si tratta ormai di un simbolo della Valle. Una visita qui è assolutamente d’obbligo. 

Rafferty, Brenner e Meris sulle dure rampe di Clavalité. Da Fenis in 11 chilometri si sale di 900 metri (il Gpm è più alto dell’arrivo)
Rafferty, Brenner e Meris sulle dure rampe di Clavalité. Da Fenis in 11 chilometri si sale di 900 metri (il Gpm è più alto dell’arrivo)

Adesso si sale

Da qui, inizia appunto l’incredibile scalata di Clavalité. Questa località è davvero particolare, quasi remota se vogliamo. Pensate neanche tutti i valligiani la conoscono. Inizialmente sembra una stradina di montagna come ce ne sono tantissime in Valle d’Aosta. Poi il discorso cambia.

All’uscita di Fenis una curva immette su una strada più stretta che subito si arrampica al 10 per cento. Per alcuni chilometri si pedala con una pendenza arcigna sotto le ruote, e lecci e pioppi ai lati. La fitta vegetazione non lascia vedere un granché.

A metà salita c’è una bella spianata, un paio di chilometri, forse più, che sono una vera manna per recuperare. Ed è con questo più dolce che si va dentro le montagne. Verso Sud.

La vegetazione cambia. Ecco abeti e larici. La strada riprende a salire. Uno zig-zag a sinistra con una staccionata di legno, indica il punto più duro dell’intera scalata: sarà al 20 per cento o giù di lì. Poi le pendenza diventano più gentili, ma sempre in doppia cifra.

E’ qui che Sergio Meris si è sbarazzato di Rafferty e Brenner ed è andato a vincere il tappone del Valle d’Aosta. Ancora un paio di chilometri e si arriva ad uno slargo ricavato nel bosco. Quello è il “Gpm” il punto più alto dell’arrampicata (ufficiale) da Fenis.

Il paradiso

L’asfalto svanisce. La strada però continua. Con una svolta a sinistra s’infila nel bosco. E’ quasi buio per quanto è fitto. Ma il fondo nonostante non ci sia l’asfalto è buono: è un chilometro di saliscendi, con i funghi e le rocce di granito ai lati. Poi all’improvviso, la strada inizia a scendere con decisione. Una curva verso sinistra e… si resta senza fiato. 

Tutto si apre. Il tornante che scende verso sinistra è un balcone sulla Clavalité.

La Clavalité è un pianoro a 1.515 metri di quota. Prati verdi, cime innevate sullo sfondo, un laghetto, malghe ristrutturate secondo i vecchi dettami e i materiali della natura… Nessun traliccio, nessun segnale telefonico. Qui si è scelto per questo tipo di sviluppo. C’è solo una lingua di strada sterrata e il gorgoglio del torrente Clavalité. Unico.

Il bivacco Borroz a quota 2.150 metri. Chi ama l’avventura, qui può lasciare la bici e inforcare gli scarponi
Il bivacco Borroz a quota 2.150 metri. Chi ama l’avventura qui può lasciare la bici e inforcare gli scarponi

Oltre i 2.000 metri

E’ davvero incredibile. Sembra di tornare indietro nel tempo. Questo luogo “remoto” è ancora una volta il connubio perfetto per quello che è ormai noto come turismo slow.

Come sempre, in queste avventure in Valle, la gravel è il mezzo migliore. Una volta giunti sul pianoro, la tappa del Giro VdA si fermava 700 metri dopo la curva che si affacciava sulla conca, ma volendo si può andare ancora avanti.

Ci sono infatti altri 7 chilometri per raggiungere il bivacco Borroz a quota 2.150 metri ai piedi del Monte Glacier e, più a Ovest, del Monte Tersive che con i suoi 3.500 metri domina la Val Clavalité.

Raggiungere questa Valle è una vera esperienza. Riconcilia con la natura. Fa strano non vedere infrastrutture. Ci si ritrova in un paesaggio immacolato che vale la pena di essere scoperto e vissuto in bici. 

Sulle strade del Valle d’Aosta. A Bionaz: lago, vini e una scalata dolce

27.07.2023
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Continuiamo il nostro tour cicloturistico sulle strade del Giro della Valle d’Aosta. Dopo aver visitato Pré de Pascal, scopriamo la terza frazione, altra perla selvaggia di questa edizione della corsa under 23. Stavolta vi portiamo alla scoperta della Valpelline e di Bionaz.

Il Giro della Valle d’Aosta tocca da sempre località bellissime, ma molte, vedi Cervinia, sono già note. Mentre altre mete sono delle vere perle da scoprire. La tappa in questione misurava 138 chilometri e andava da Saint Vincent a Place Moulin, arrivando proprio alla diga di Bionaz. Quel giorno vinse il norvegese Tjotta.

Tra vino e “seupa”

Questa è forse la valle di Aosta per eccellenza. Si parte dal centro della città e rispetto alle altre valli laterali della Valle d’Aosta, la Valpelline è molto ampia, almeno all’inizio. Dalla città si sale dolcemente, per non dire che per alcuni chilometri neanche si sale: un po’ di pianura in Valle d’Aosta!

Ben presto ci si lascia alle spalle il “traffico” del capoluogo. Le case con giardini e molte con l’orto vicino sono forse gli aspetti che più ci hanno colpito. E anche qualche vigneto.

A proposito di vigneti, nella prima metà della Saint Vincent-Bionaz sono stati una presenza importante. E’ da qui, infatti, che vengono vini pregiati come il Clairet, della cantina Grosjean

La strada sale larga e senza fretta fino a Valpelline. Qui c’è una nota sagra a fine mese (29-30 di luglio) ed è la sagra della “Seupa di Valpelline”. Si tratta di una sorta di “zuppa”, di uno sformato, della tradizione contadina. Dicono sia una prelibatezza. Ma vista la sua composizione non troppo light meglio mangiarla al ritorno!

Fino alla diga

Oltre Valpelline la strada inizia a salire. E quando sale lo fa con decisione, ma nel complesso la scalata verso Bionaz, in tutto poco più di 30 chilometri fino alla diga di Place Moulins, è a “gradoni”: 2-3 chilometri di rampa e successiva spianata di un paio di chilometri. Alla fine è una salita perfetta per il cicloturista: è impegnativa, quindi lascia quel senso di conquista, ma non è impossibile.

All’inizio la vegetazione è variegata, poi ecco i larici, che d’autunno regalano alla Valpelline dei colori sublimi, e gli abeti. L’unico inconveniente, se dovesse fare molto caldo è che andando verso Nord si ha quasi sempre il sole sulla schiena. Le fontane però non mancano.

E poi a Bionaz, il borgo maggiore della Valpelline, nonché sede di un’importante centro di fondo e biathlon, ci sono numerosi locali a bordo strada per concedersi una sosta refrigerante.

Lasciata Bionaz, la strada si stringe un po’. Ci sono più pascoli, più rocce a bordo carreggiata e l’ambiente diventa di alta montagna. Zitti, zitti, siamo oltre i 1.600 metri di quota e la strada termina sul filo dei 2.000 metri (1.979) della diga.

Il lago di Place Moulin dalla parte opposta alla diga. Guardate che colori in autunno. Tutta quest’area è nel territorio di Bionaz
Il lago di Place Moulin dalla parte opposta alla diga. Guardate che colori in autunno. Tutta quest’area è nel territorio di Bionaz

Ancora più su

A quel punto, se si ha una bici gravel si può continuare a pedalare sulle sponde del lago Place Moulins.

La stradina, molto frequentata dagli escursionisti, è dolce ma ondulata e porta al rifugio Prarayer. E’ uno sterrato che volendo si può fare anche con la specialissima, ma non è il massimo.

La lunghezza di questo segmento gravel è di 4,4 chilometri. Lo scenario però è superbo: le acque turchesi del lago, il bianco del ghiacciaio de Dent d’Hérens, un over 4.000 metri, che separa questa valle da Cervinia, le cascate spumeggianti che si gettano nello specchio d’acqua. Giunti al rifugio la strada termina. Da lì inizia il regno dei camosci.

Questa, tanto più che vicinissima ad Aosta, è stata forse la sorpresa più grande di questa edizione del Giro della Valle d’Aosta. Sembra incredibile che una valle tanto bella sia così relativamente poco nota. Un itinerario quindi perfetto da scoprire con lentezza.

Sulle strade del Valle d’Aosta. Andiamo in Val Veny

25.07.2023
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COURMAYEUR – Pedalare è sempre bello, farlo in luoghi particolarmente suggestivi lo è ancora di più. Specie se poi su quelle strade ci sono passati i corridori. E quest’anno il Giro della Valle d’Aosta ne ha toccati di luoghi affascinanti. Tra questi c’è Pré de Pascal, in Val Veny.

La Val Veny è alla testa dell’intera Valle d’Aosta. Si trova a Courmayeur, alle pendici del Monte Bianco. Da una parte c’è la Val Ferret, dall’altra appunto la Val Veny e di fronte il Gigante a chiudere la Valle e a separare l’Italia dalla Francia.

Ma la Val Veny, ancor più della Val Ferret (forse per via delle sue pendenze più impegnative), è ancora più selvaggia: una valle “vecchio stile”.

Sotto lo sguardo del Bianco

Salendo in bici e mettendoci “sulle ruote” dei ragazzi, ripercorriamo dunque la seconda frazione (qui anche la traccia e l’altimetria) dell’ultimo Giro della Valle d’Aosta, che appunto andava da Courmayeur a Pré de Pascal.

Dapprima si scendeva verso Aosta, poi un volta raggiunto il capoluogo si faceva l’inversione di rotta. In particolare ripercorriamo gli ultimi 60 chilometri o poco più. Il nostro viaggio parte quindi da Verrogne.

Verrogne è un borgo situato sulla sinistra orografica della Valle d’Aosta a circa 1.500 metri di quota. E’ un punto particolarmente panoramico. Dalle sue stradine a mezza costa si vedono ora la città, ora le altre vette della Valle. E’ da qui che si ha una particolare visuale del Bianco e della sua vetta.

Queste stradine sono relativamente più dolci di molti scalate della zona. Sono meno trafficate e consentono di vivere un ciclismo anche slow… se vogliamo.

Campanili, tetti di ardesia, prati da sfalcio e, nelle zone più basse anche i vigneti, si alternano senza sosta. Tra questi paesini, dopo un po’ di saliscendi si arriva a La Salle. E’ questo un borgo dove fermarsi per fare una sosta, degustare una bevanda fresca e magari potersi imbattere nella stella di casa, Federica Brignone, regina delle nevi e vincitrice della Coppa del mondo di sci alpino qualche inverno fa. 

Qui i più temerari che vogliono seguire alla lettera le strade del Giro della Valle d’Aosta possono arrampicarsi fino ai 1.416 metri di Les Places, altrimenti si può seguire dritti sulla strada principale per Courmayeur. 

In Val Veny

Giunti a Courmayeur, il cui centro storico merita senza dubbio una visita, in borgata Entrelevie si attacca la Val Veny. A segnarne l’ingresso “ufficiale” è l’innesto della Dora di Veny in quella Baltea. Basta seguire il torrente dunque.

Lo scenario cambia dopo poche centinaia di metri. All’inizio se vogliamo è anche un po’ “tetra”, questa valle ma si ha sin da subito l’idea della grande montagna. A sinistra i boschi ripidi del Mont Chetif, la nostra meta in un certo senso, e a destra i bastioni poderosi del Monte Bianco. 

E’ qui che il Gigante d’Europa propone due dei suoi ghiacciai più importanti: la Brenva e il Miage. In particolare si pedala proprio sotto la Brenva.

Prima di attaccare la vera scalata finale, poco dopo essere entrati in valle c’è subito una perla da scoprire: Notre Dame de la Guérison. Si tratta di un santuario mariano vero e proprio riferimento per pellegrini, turisti e soprattutto alpinisti. Sono davvero tanti i voti degli amanti della montagna d’alta quota. Una volta, il ghiacciaio della Brenva arriva a quasi al Santuario.

Polenta con salsiccia al sugo: una delle prelibatezze locali
Polenta con salsiccia al sugo: una delle prelibatezze locali

Come Golliker… quasi

Poco dopo, ma già nel cuore della Val Veny a Plan Ponquet, tra abeti, tavoli in legno per un pic nic e il suono spumeggiante della Dora di Veny, con una svolta a sinistra si attacca la salita che porta a Pré de Pascal.

La catena ci mette un attimo a salire sui rapporti più corti. Le pendenze aumentano rapidamente. Si va quasi sempre oltre il 10 per cento con punte che sfiorano il 20. Per fortuna non dobbiamo avere la stessa fretta che aveva Joshua Golliker in occasione della sua prima vittoria qualche settimana fa.

Bisogna pensare che questa non è più una strada ad “alto scorrimento”, ma una strada di alpeggio. Si sale tra i boschi, la carreggiata è più stretta ed ecco perché ci sono tali pendenze… Sostanzialmente è una strada forestale, tanto è vero che una volta giunti alla meta diventa sterrata.

La scalata è relativamente chiusa dagli alberi. A circa 300 metri da Pré de Pascal però si esce dal bosco. Sembra di toccare con un dito il Monte Bianco, tanto la prospettiva inganna. La meta finale è una radura. Qualche gioco per i bambini, un prato verdissimo, delle mucche e delle case in pietra, una delle quali è il ristorante Pré de Pascal. La seconda frazione del Giro della Valle d’Aosta si concludeva proprio lì. Disponendo di una bici gravel, si potrebbe anche continuare a salire.

Il Lago di Combal segna la testa della Val Veny. Anche questa meta merita una visita
Il Lago di Combal segna la testa della Val Veny. Anche questa meta merita una visita

L’alternativa

Tornando invece a Plan Ponquet, procedendo sulla strada principale, solitamente chiusa al traffico veicolare, ci si può inerpicare fino al magnifico la Lago Combal. Per arrivarci le pendenze, lo diciamo, non sono proprio gentili, ma il panorama una volta in cima giustifica la fatica!

In pratica, si arriva alla stessa quota di Pré de Pascal (poco più di 1.900 metri), ma la valle all’improvviso diventa pianeggiante. E’ qui che si possono vedere dei laghetti glaciali, come quello del Miage e quello più ampio e acquitrinoso del Combal dove si specchia il Monte Bianco. E’ un vero paradiso.

Volendo, in val Veny proprio a Pré de Pascal, presso l’omonimo hotel-ristorante che si nota nella foto di apertura, si può anche dormire. La cucina è quella tipica di montagna che da decenni la famiglia Scalvino-Borettaz porta avanti con passione.

Del Toro, un messicano nel gotha degli under 23

24.07.2023
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VALTOURNANCHE – Isaac Del Toro è la tranquillità fatta ciclista. Il messicano ha tutti i ritmi lenti e tranquilli tipici della sua terra. Si prepara con lentezza, fa le cose con calma e con il sorriso. Ma di certo non è lento in bici. Il corridore del Monex Pro Cycling Team è infatti arrivato terzo nella classifica generale del Giro della Valle d’Aosta (in apertura foto Facebook – Monex Pro Cycling Team).

Del Toro fa parte di quella combriccola di ragazzi seguiti da Piotr Ugrumov. Sono di stanza a San Marino ed è lì che si allenano e imparano ciclismo. In Valle d’Aosta Isaac è rimasto con un solo compagno dopo una tappa e da solo dopo la seconda. Tutto quindi è stato farina del suo sacco. Anche se i ragazzi e lo staff lo hanno supportato alla grande, se non altro moralmente oltre che nella logistica dei rifornimenti in corsa.

Isaac Del Toro il 27 novembre 2003, deve ancora compiere 20 anni

Protagonista in Valle

Del Toro e i suoi compagni arrivano in Europa a fine febbraio e ripartono a settembre. Hanno la “casetta”, come molte squadre under 23, e lì vivono insieme, cucinano, si allenano.

Isaac ha fatto un numero nel giorno della vittoria di Meris e del super attacco di Rafferty, solo che la sua azione è rimasta più nascosta in quanto era nelle retrovie. In pratica verso Clavalité il messicano ha recuperato oltre 2′ alla testa della corsa, mostrando un grande passo in salita e anche una grande abilità in discesa. Insomma, un corridore vero.

«Sì – racconta  il classe 2003 – è andata bene verso la Clavalité, è stata la giornata più dura. Sono stato spesso davanti ma non sono andato in fuga, credevo che dopo la prima discesa tecnica gli arrivassimo vicino e che il gruppo chiudesse, invece non è andata così. Ma lo devo accettare: le corse sono anche queste».

E Del Toro ci ha provato anche verso Cervinia. L’attacco “cattivo” che ha messo in difficoltà Rafferty è stato il suo. Non si era arreso anche se consapevole che non era facile scalzare l’irlandese. Una reazione e una continuità di rendimento davvero importanti.

Del Toro marcava stretto Rafferty in maglia gialla. Isaac è andato forte fino a fine Valle d’Aosta (foto A. Courthoud)
Del Toro marcava stretto Rafferty in maglia gialla. Isaac è andato forte fino a fine Valle d’Aosta (foto A. Courthoud)

Corridore moderno

Del Toro scalatore, Del Toro discesista: che tipo di corridore è dunque questo atleta? Di certo è di quei fisici moderni: alti, filiformi. Un po’ alla Vingegaard se vogliamo.

«Io – spiega Isaac – non so se sono questo o quello. Io sono un ciclista e sono felice così. Penso ad andare forte ovunque… se posso anche negli sprint». Il suo team manager Alejandro Rodriguez, ex biker professionista, ci spiega che Del Toro è bravo anche negli sprint a ranghi ristretti.

Divertimento è la parola d’ordine, ma anche serietà e consapevolezza. Ci dicono infatti che Isaac è preciso nelle sue sedute di allenamento. Sa che nessuno gli regalerà nulla. Di professionismo non parla – anche se abbiamo avuto la sensazione che non ne volesse parlare, che è diverso – dice che per ora nessun team professionistico si è fatto avanti, ma aggiunge anche che è fiducioso.

Il messicano prima di salire sul podio del VdA. Si era ben comportato anche al Sibiu Tour

Sulle orme del fratello

La storia di Isaac, anche se Oltreoceano, è molto simile a quella di tanti altri ragazzi. Lui vive nella parte a Nord del Messico.

«In un luogo di mare, non lontano dal confine con gli Stati Uniti. Ho iniziato intorno ai 12 anni. Andava in bici mio fratello Angel, che è di due anni più grande di me. Ricordo che lo guardavo pedalare e mi piaceva molto. Così ho pensato che sarebbe stato bello anche per me.

«All’inizio non ci pensavo molto però. La bici era lì. Io pensavo alla scuola, agli amici. Poi quando ho compiuto 15 anni, ho visto che c’era un opportunità importante e mi sono impegnato molto».

Isaac ci parla del piacere di correre e di farlo in Europa soprattutto. Anche perché sono ormai tre anni che corre solo nel Vecchio Continente. In Messico ci si torna solo per recuperare e per allenarsi con temperature migliori all’inizio dell’inverno.

«Da voi in Europa il livello è più alto – spiega Del Toro – e la mentalità è diversa, più professionale. Certo, è duro, ma il ciclismo vero è quello europeo ed è qua che bisogna insistere».

Dal Giro al Valle d’Aosta, i ragazzi di Gannat non sbagliano più

17.07.2022
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Non appena scatta la Marsigliese Lenny Martinez posa a terra il premio e porta la mano sul petto. Il giovane francese ha vinto il Giro della Valle d’Aosta. Stavolta sulla sua strada non ha trovato nessun Leo Hayter. Stavolta la squadra di Jerome Gannat ha corso alla perfezione (foto in apertura di Alexis Courthoud).

E lo ha fatto soprattutto oggi verso Cervinia. Una gestione della corsa degna di una WorldTour. La fuga tenuta nella mira, un occhio totale della corsa e nel finale un ritmo regolare in salita. Tutti uniti, tutti compatti.

Raccani e Calzoni: bravi

Si pensava che dopo la bella rimonta di ieri di Simone Raccani nella scalata finale, l’azzurro potesse provarci. Potesse sferrare un attacco. Ma vista la fatica e la durezza di questi cinque giorni valdostani il corridore della Zalf Euromobil Desirée Fior ci ha confessato che era meglio difendere il podio.

Come a dire: meglio non svegliare il can che dorme.

Anche perché davanti c’era il bravo e coraggioso Walter Calzoni. Il bresciano della Delio Gallina – Ecotek Lucchini Colosio, che vestiva per l’occasione i colori della nazionale, era nella fuga buona. Verso Cervinia era rimasto solo con l’inglese Oscar Onley. Peccato che ai quattro chilometri dall’arrivo il corridore della Development Team Dsm lo ha staccato.

«Ho dato tutto – ha detto Calzoni – ma sull’ultimo cambio di ritmo proprio non ce l’ho fatta. Non so a quante pedalate e con quanti watt salivo, io non ho né potenziometro, né conta pedalate. So che mediamente usavo un 39×17-19 a seconda dei tratti e non appena la strada è spianata un po’ nel finale ho messo il 53, ma non è bastato».

Lenny Martinez (classe 2003) festeggia. Il Valle d’Aosta è suo. Il francese che ci riuscì prima di lui fu Pinot nel 2009. A sinistra, Thompson
Martinez (classe 2003) festeggia. Il Valle d’Aosta è suo. Il francese che ci riuscì prima di lui fu Pinot nel 2009.

Passeggiata Martinez

Calzoni e Onley arrivano davvero provati. Chi invece arriva sereno e tranquillo è Lenny Martinez. E con lui Reuben Thompson. Ridono, si abbracciano. La maglia gialla alza le braccia sulla linea d’arrivo.

«Una passeggiata oggi», lo incalziamo. Con grande onestà, senza fare lo sbruffone, non dice di sì, ma china il capo come a dire: «Sì è stato facile. Abbiamo controllato».

Eppure voci dirette dal gruppo dicono che quando si è spostato Pickering, oggi stakanovista in testa al gruppo, Lenny dicesse a Germani: «Più forte. Andiamo, andiamo…». 

Gannat, il diesse, e forse Germani stesso, lo hanno tenuto a bada. «Ieri – dice Gannat – non ero io sulla loro bici e non so quanto abbiano controllato, ma so che non bisognava assolutamente aggiungere altro vantaggio. Andava bene così.

«Abbiamo rivisto dai dati che Raccani ha ripreso 1’08” nell’ultima salita, ma non c’era bisogno di fare di più una volta rimasti da soli. Volevamo attaccare prima dell’ultima salita e lo abbiamo fatto un po’ dopo con Thompson. Martinez, si ricordava di quanto successo nella terza tappa del “baby Giro” e quindi non ha voluto esagerare».

Jerome Gannat è il direttore sportivo dell’Equipe Continentale Groupama-Fdj
Jerome Gannat è il direttore sportivo dell’Equipe Continentale Groupama-Fdj

Gannat da WorldTour

E proprio Gannat ci ha raccontato della gestione di questa tappa, ma se vogliamo di questo intero Valle d’Aosta. Nelle prime frazioni ha lasciato un po’ di spazio anche agli altri ragazzi, poi con l’arrivo dei tapponi finali spazio agli scalatori puri. E massima concentrazione sulla classifica generale.

«Anche oggi abbiamo controllato – spiega Gannat – Non volevamo che andasse via una fuga pericolosa. Non abbiamo fatto aumentare troppo il vantaggio e solo quando sono iniziate le salite finali ed eravamo al sicuro, abbiamo mollato un po’. All’inizio dovevano lavorare Paleni e Pickering, ma sono andati oltre. Poi nel finale poteva attaccare chiunque e noi dovevamo essere pronti. Non dovevamo correre alcun rischio».

E infatti dal Saint Pantaleon in poi il distacco della fuga è aumentato. Ma a quel punto il percorso non nascondeva più insidie come vento, fondovalle, strappi. C’era solo salita e discesa e con gli uomini che aveva Gannat tutto era più facile.

Un’azione e una gestione una tattica degna del team WorldTour, da parte della Groupama-Fdj

Il grande caldo ha caratterizzato l’edizione numero 58 del Valle d’Aosta. Anche oggi più di 35° nel fondovalle (foto Alexis Courthoud)
Il grande caldo ha caratterizzato l’edizione numero 58 del Valle d’Aosta. Anche oggi più di 35° nel fondovalle (foto Alexis Courthoud)

Lezione Giro U23?

Dal Giro d’Italia U23 al Valle d’Aosta si è visto un bel cambiamento. I francesi erano stati accusati di aver sprecato molto nella corsa rosa, di aver corso alla garibaldina… Una piccola lezione?

«Sì e no – ribatte Gannat – Io non credo che al Giro abbiamo corso male. Semplicemente sulla nostra strada abbiamo incontrato un Leo Hayter superiore. E poi bisogna considerare il percorso. Qui avevamo cinque tappe dure di montagna, al Giro solo due. Nonostante tutto abbiamo cercato di essere molto aggressivi».

Però il giorno dell’attacco di squadra verso Peveragno potevano cercare alleanze. Qualcuno lo avrebbero trovato pronto a dargli una mano. 

«Alleanze? I miei alleati sono i miei corridori».

Germani come Van Aert

I suoi corridori sono alleati nel bene e nel “male”. Proprio Martinez, per esempio, ieri era finito un po’ in coda al gruppo e subito era scattata la bagarre. Ma Lorenzo Germani in particolare aveva tolto le castagne dal fuoco. E visto come va, visto quanto tira e che sa anche vincere scatta il paragone con Van Aert.

«Lorenzo come Wout Van Aert? Eh – ride Gannat – Sì, sì, in effetti ci può stare. Per me Lorenzo è un riferimento in corsa. Legge la gara, sa stare in gruppo, ha i tempi giusti. Quest’anno ha fatto un grande salto, anche fisicamente è cresciuto molto. E’ un atleta molto prezioso per la Groupama-Fdj. E ha già una buona esperienza internazionale. E’ una priorità per noi».

«In generale dico che non bisogna dimenticare che siamo una squadra di formazione, di crescita dei ragazzi. Gestire le fughe, valutare i tempi… fa parte del lavoro della nostra squadra. E oggi per esempio devo dire che sono stati perfetti».

«Ieri invece – conclude Gannat – un piccolo errore lasciando partire un grande gruppo di 25 corridori. Dovevamo chiudere prima e avremmo speso meno. L’obiettivo in questo Valle d’Aosta è sempre stata la classifica generale. Ed è un obiettivo che abbiamo raggiunto».

Pila Bikeland, un’estate tra divertimento e relax

05.07.2022
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Un luogo dove divertirsi, stare con la famiglia e conciliare la passione per le due ruote in mezzo alla natura. Pila Bikeland apre le porte alla stagione estiva con iniziative e servizi dedicati agli appassionati della bici in tutte le sue discipline. Un contesto immerso tra le montagne della Valle d’Aosta che abbraccia i ciclisti dai più grandi ai più piccini che vogliono godersi ogni momento di divertimento e relax.

La neve si è sciolta e ha fatto riaffiorare il colore verde dei prati profumati dai fiori che rendono questo luogo un paradiso per ogni turista. Un’occasione per distaccarsi dalla frenesia della città e provare l’esperienza di una vacanza attiva. 

Per chi è alla ricerca di adrenalina pura Pila Bikeland è il contesto giusto
Per chi è alla ricerca di adrenalina pura Pila Bikeland è il contesto giusto

Divertimento nella natura

Avvolti dal panorama dei Quattromila, Pila rappresenta un luogo dove ogni desiderio su due ruote è realizzabile. Grazie alla comodissima telecabina Aosta-Pila si può lasciare la macchina nel capoluogo Valdostano ed in meno di 20 minuti raggiungere la vetta. Le sue innumerevoli piste e il bike park sono il contesto giusto per vivere l’adrenalina sulla propria pelle. Sentieri per volare giù a capofitto fra i boschi e i prati per un’avventura senza tempo. 

Poi la Pump Track all’arrivo della telecabina ad accesso gratuito, con obbligo di casco e protezioni noleggiabili direttamente in quota. Un’infinità di discipline rivolte al divertimento tra cui eMTB, DH ed enduro. Infine, la seggiovia Chamolé che porta all’ampia rete di piste cross-country ed enduro, e ai numerosi sentieri grazie ai quali è possibile scoprire il comprensorio, che caratterizzano la conca di Pila, tra boschi e pascoli, accompagnati dallo skyline mozzafiato sui Quattromila.

I sentieri sono rivolti anche alle famiglie con tratte pedalabili immerse nella natura
I sentieri sono rivolti anche alle famiglie con tratte pedalabili immerse nella natura

Eventi per tutta l’estate 

A valorizzare Pila e a renderla un luogo di caratura internazionale questa estate sarà teatro di due importanti gare sportive: All Around eMTB Race sabato 9 luglio e le finali della iXS Downhill Cup dal 9 all’11 settembre.

Inoltre la prima domenica del mese di agosto ci saranno gli MTB Kids Open Day con i maestri delle scuole di MTB di Pila AOSTA VALLEY FREERIDE e THREE SEASONS, accompagnati da Francesco Colombo, local hero e pluripremiato atleta di downhill. Una giornata con gli esperti per carpire tutti i segreti della disciplina e divertirsi lungo la flow trail e i trail del bikepark.

Sono disponibili corsi per grandi e piccini di tutti i livelli sulle rampe e sentieri della Bikeland
Sono disponibili corsi per grandi e piccini di tutti i livelli sulle rampe e sentieri della Bikeland

Noleggio per tutti

Pila fa della sua accoglienza e predisposizione ad assecondare ogni tipo di richiesta in ambito delle due ruote il suo punto di forza. Infatti sono presenti due noleggi di mountain bike e accessori, ognuno dedicato a un settore diverso. Alla partenza della seggiovia Chamolé si trova il noleggio dedicato al downhill a enduro, freeride e XC. Mentre all’arrivo della telecabina si trova il Pila E-Bike Center, completo di un ampio equipaggiamento di e-mtb da enduro. Al suo fianco la pump-track, aperta sia agli adulti che ai piccini, con possibilità di noleggio bici per i biker di alle prime armi.

Per chi non vuole pensieri o arriva da lontano è possibile noleggiare online la bici che si desidera, senza rischiare così di rimanere senza. Ad accompagnare i ciclo turisti e non solo ci sono le due scuole di MTB a Pila che offrono proposte molto interessanti sia per singoli che per piccoli gruppi, con lezioni individuali e possibilità di accompagnamento per escursioni in eBike.

Non solo bici ma anche trekking per chi vuole conoscere il territorio a 360 gradi
Non solo bici ma anche trekking per chi vuole conoscere il territorio a 360 gradi

Sentieri e adrenalina

Laghetti alpini, passando tra boschi profumati e pascoli di alta montagna dove vivono le famose “Reine”, delle vere e proprie regine tra le mucche valdostane. Tanta natura incontaminata dall’uomo in grado di fare distaccare il turista da ogni legame con la città e il relativo stress.

Tra i sentieri che percorrono questi luoghi c’è il Commencal flow trail, una tappa imperdibile per chi decide di passare le vacanze estive a Pila. Un contesto particolarmente indicato per le famiglie e adatto a tutti i biker, principianti ed esperti. La partenza è posta dalla seggiovia Chamolé, di lì parte questa bellissima pista, entusiasmante e divertente da percorrere rigorosamente in discesa, che attraversa tutto il comprensorio.

Per chi invece non vuole rinunciare all’adrenalina, Pila Adventure Park è il posto giusto. Grandi e piccini possono infatti scegliere tra cinque percorsi di differente difficoltà e ben quaranta piattaforme. Ponti tibetani, passerelle sui tronchi, teleferiche e ponti di rete, per una vacanza all’insegna del divertimento in sicurezza e in mezzo natura. 

PilaBikeland

Il Giro a Cogne apre la porta su una grande estate di bici

19.05.2022
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A Cogne c’è voglia di Giro, di estate, vacanze e ciclismo. La tappa di domenica 22 maggio suonerà come una sorta di immensa campana a festa, dando il via alla bella stagione.

«Una tappa da gestire bene» spiega Paolo Mei, speaker del Giro e orgogliosamente “cognein” come si chiamano gli abitanti del paese che costituisce la porta al Parco del Gran Paradiso.

Cogne è la porta del Parco del Gran Paradiso, che festeggia quest’anno il secolo di vita
Cogne è la porta del Parco del Gran Paradiso, che festeggia quest’anno il secolo di vita

Preparata da lontano

Per prepararsi al meglio, il Comitato di tappa ha cominciato da lontano, esponendo il Trofeo Senza Fine già durante le vacanze natalizie, di fronte al Municipio illuminato di rosa (foto di apertura). 

Da gennaio, sui canali Instagram e Facebook del Comune sono state pubblicate le Pillole Rosa, post che hanno scandito il conto alla rovescia con aneddoti e curiosità relativi al ciclismo e alla Valle d’Aosta. Il clou però andrà in scena nel weekend.

A fare da contorno all’arrivo della tappa ci saranno una pista di pump track e un muro di arrampicata sportiva, allestito dal Corpo degli Alpini nella piazza del paese. Banchetti enogastronomici e stand di vari sponsor locali.

Sabato pomeriggio si svolgerà il raduno ciclistico Pedala Aspettando il Giro 2022, con partenza da Pont Suaz e arrivo a Cogne con rilevamento dei tempi nel tratto di salita da Aymavilles a Cogne. A seguire, Notte Rosa con la presenza delle Birre del Gran San Bernardo che per l’occasione hanno realizzato una speciale lattina commemorativa.

Il Giro arriva di Cogne domenica 22 maggio, dopo le salite di Pila, Verrogne e l’arrivo a Lillaz
Il Giro arriva di Cogne domenica 22 maggio, dopo le salite di Pila, Verrogne e l’arrivo a Lillaz

Il weekend rosa di Cogne si estenderà poi per tutta la settimana successiva con attività che si protrarranno sino al 29 maggio attraverso accompagnamenti in Mtb o E-Mtb su più suggestivi percorsi della Valle, inaugurazione della nuova pista di Mtb di Lillaz, proiezione del film Wonderful Loosers e infine la ventiduesima edizione della storica Granfondo Granparadiso Bike e la sua pedalata enogastronomica.

Tre salite vere

La tappa, dunque. «La prima salita dopo la partenza da Rivarolo – spiega Paolo Mei – sarà Pila dal versante più duro di Charvensod. Non si arriva in cima, si scollina all’Antenna, come la chiamiamo in Valle, poi si scende su Gressan e sarà una discesa tecnica e piena di curve.

«La salita successiva di Verrogne ha pendenze molto impegnative. E’ la Strada dei Salassi, tutta esposta al sole, che il Giro ha già affrontato ed è molto frequentata anche dagli amatori. Dopo un primo tratto impegnativo, va su per gradoni e anticipa una discesa stretta e tecnica che potrebbe ispirare qualche attacco».

«E poi c’è la salita finale – prosegue Mei – che inizia un chilometro prima del Castello di Aymaville e si può dividere in due parti. La prima, più impegnativa, che ha pendenze fino al 12 per cento. Poi dal bivio di Ozein diventa più dolce. Si cambia lato della valle, salendo 600 metri in 15 chilometri. Si andrà su a più di 30 all’ora. L’ultimo tratto in cui provare ad andarsene è dentro Moline, ai meno 3 dall’arrivo, su una rampa al 5-6 per cento. L’arrivo è 4 chilometri dopo il centro di Cogne, a Lillaz, meta estiva e invernale per le sue cascate. D’inverno per arrampicare, d’estate per rinfrescarsi. Per il vincitore, come sfondo d’eccezione ci sarà il Monte Bianco».

Campioni e sapori

Cogne significa più mountain bike che strada, ma in entrambi i casi propone colori e sapori eccezionali. Da queste parti arrivò il Giro d’Italia del 1985, che applaudì Andy Hampsten a Valnontey, in Val di Cogne. Poi per due volte il Giro delle Regioni. Nel 1998 vinse Ruggero Marzoli in maglia Colpack, sull’arrivo di Cogne centro che sabato assegnerà il traguardo volante. L’anno successivo toccò al francese Fedrigo, che all’arrivo di Gimillan precedette Ivan Basso in maglia iridata U23. Poi nel 2008, vittoria dell’ucraino Anatoliy Pakhtusov e lo scorso anno il tedesco Georg Steinhauser a Valnontey: entrambe tappe del Giro della Valle d’Aosta.

«Oltre al ciclismo – prosegue Mei, ambassador appassionato del suo paese – ci sono altri sport come l’ultra-trail, visto che a Cogne passa il Tor de Geants, e lo sci di fondo che a febbraio 2019 vide un’edizione memorabile della Coppa del mondo, con Chicco Pellegrino e De Fabiani, entrambi valdostani, primo e secondo. Ma tra i grandi eventi si ricorda anche la messa del 21 agosto 1994, celebrata da Papa GIovanni Paolo II, che era solito andare in vacanza a Le Comb, sul prato di Sant’Orso».

L’eredità delle miniere

A conferma del fatto che Cogne sia un paradiso per biker, il Consorzio degli Operatori Turistici Valle di Cogne ha mappato sette itinerari, scaricabili all’apposito link.

Si tratta di percorsi che si snodano nel Parco del Gran Paradiso (unico 4.000 totalmente in suolo italiano): da quelli più blandi ad altri più impegnativi. Fra questi, spiccano i due legati alle Miniere.

Il primo sale da Cogne, costeggia il Museo della Miniera presso il villaggio dei Minatori, arriva fino a Gimillan e da qui fino all’alpe Tsavanis a 1.870 metri. Il secondo va alla riscoperta delle origini di Cogne fino all’Alpe Taveronna e poi fino al complesso di Colonna, a quota 2.400 metri, dove ammirare le costruzioni dell’antica miniera di magnetite.

«Le Miniere di Colonna – spiega ancora Paolo Mei – sono state chiuse nel 1979 e hanno regolato l’economia del Paese».

La storia dell’estrazione di magnetite parrebbe risalire già ai tempi dei Salassi e dei Romani. Le miniere rappresentano una bella testimonianza di quella che è stata per diversi anni una delle maggiori fonti di reddito per gli abitanti. Tutt’oggi sono ben visibili i resti delle teleferiche per il trasporto del materiale, la funivia per i passeggeri che da Cogne arrivava a Colonna e numerosi fabbricati. Gli addetti alla miniera potevano infatti usufruire dello spaccio, della biblioteca e persino di un cinematografo.

Capito tutto? Appuntamento a Cogne il 22 maggio. Il Giro vivrà uno dei suoi giorni cruciali, non potete perderlo. Poi sarà tempo di estate e vacanze in bicicletta.