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Sergio Balsamo racconta Elisa: «E’ il nostro orgoglio»

03.04.2022
6 min
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«In quello sguardo li si vede il massimo della gioia che un genitore ha nel vedere la figlia felice». La foto in apertura sta girando da una settimana sul web. Racchiude un padre e una figlia. Orgoglio. Amore. La stessa passione per la bicicletta. Sergio e sua figlia Elisa. Un’istantanea scattata qualche metro dopo l’arrivo vittorioso di Elisa Balsamo alla Gand-Wevelgem

Abbiamo deciso di farci raccontare direttamente da Sergio Balsamo quello scatto partendo dal percorso della figlia campionessa del mondo. Ripercorrendo rispettosamente i ricordi più intimi di gioia, crescita e momenti difficili. 

Il forte legame di Elisa è anche con mamma Silvia anche lei appassionata di bici
Il forte legame di Elisa è anche con mamma Silvia anche lei appassionata di bici

Un’istantanea d’amore

«Dico la verità. Noi preferiamo stare nell’ombra. Lo siamo stati fino adesso, lei è la protagonista. Chi ha fatto quella foto è stato bravo a cogliere il momento. Lei sa che noi ci siamo. Ci siamo sempre. Facciamo prima a contare le gare a cui non siamo andati che viceversa. E sono davvero poche. I genitori diventano dei punti di riferimento per qualsiasi situazione che una figlia richieda che siano belli o brutti».

Da questa affermazione che ci viene detta da Sergio pochi secondi dopo che ci ha risposto al telefono, si capisce quanto papà e mamma siano rispettosi della figlia in ogni momento della sua carriera

Papà Sergio e mamma Silvia seguono la figlia da sempre in giro per il mondo
Papà Sergio e mamma Silvia seguono la figlia da sempre in giro per il mondo

Nata sull’ammiraglia

Da ogni frase detta da Sergio spicca sempre la parola “noi”. Proprio così, nessuna frase che descriva il percorso di Elisa viene detta in prima persona. La famiglia infatti conta tre. Mamma Silvia è l’altra colonna portante della famiglia Balsamo che supporta la figlia da sempre.

«Noi ci siamo conosciuto attraverso la bici. Io ho corso fino a dilettante. Mia moglie è sempre andata in bici. Siamo direttori sportivi di terzo livello entrambi. Siamo stati diesse della SC Vigor Piasco per undici anni. In quel periodo è nata Elisa e chiaramente fin dai primi mesi l’abbiamo portata sull’ammiraglia. E’ nata sull’ammiraglia. Dietro alle gare non possono salire minori sulle macchine della carovana e noi la nascondevamo tra i sedili dove giocava spensieratamente. Era diventata la mascotte della gara».

Finestra sul passato

Parlando con il padre viene naturale chiedersi come una campionessa del mondo si sia approcciata alla bicicletta. «Noi non l’abbiamo mai forzata – racconta il papà – anzi volevamo che praticasse altri sport. L’avevamo iscritta ad uno sci club e d’inverno faceva sia fondo che biathlon. Lei cominciava ad andare in bici a marzo quando finivano le gare di sci. Era molto brava anche nel nuoto, infatti volevano che entrasse nella squadra agonistica».

Una foto di Sergio Balsamo dilettante nel 1988
Una foto di Sergio Balsamo dilettante nel 1988

«Da piccoli è importante che i bambini e ragazzi sviluppino le capacità coordinative e si divertano senza pensare ad un futuro nello sport. La prima gara che fece a sei anni è caduta e quello è stato il suo battesimo alle corse. Fino ai dodici anni faceva gare per divertirsi. C’erano i suoi cugini i suoi amici. Era una festa continua, giocavano di continuo».

Agonismo innato

Dietro a ogni campione c’è sempre una dose di agonismo che scorre nelle vene. E’ forse una delle caratteristiche che accomuna gli sportivi di tutto il mondo. «Lei è un’agonista incredibile. Se non vince – racconta Sergio – si arrabbia, ma quella è una caratteristica innata. A livello mentale su quel lato lì è sempre stata così, è un suo tratto distintivo fin da quando era piccola».

Elisa Balsamo emula la foto del padre a dimostrare il piacere di stare in sella e il legame fra loro
Elisa Balsamo emula la foto del padre a dimostrare il piacere di stare in sella e il legame fra loro

Da allenatori a genitori

Un passaggio importante per la crescita di un’atleta, ma in generale della pratica sportiva nell’adolescenza, è sicuramente come viene vissuto lo sport dalla famiglia.

«Abbiamo capito presto che a lei bastava allenarsi poco per vincere – spiega papà Sergio – e abbiamo sempre voluto tutelarla in rapporto alla sua età. Lei si confrontava con altre ragazze e posso assicurare che si allenava la metà. Usciva in bici un’ora al giorno e poi si dedicava allo studio. Vedevamo che a lei piaceva e che voleva impegnarsi. Dal nostro lato non l’abbiamo mai caricata di agonismo o aspettative. Ci limitavamo ad assecondarla e accompagnarla. Mamma natura ha pensato a darle un’abilità che non aveva bisogno di altro». 

Dopo le Olimpiadi amare di Tokyo Elisa si è focalizzata sui mondiali di Leuven
Dopo le Olimpiadi amare di Tokyo Elisa si è focalizzata sui mondiali di Leuven

Una mentalità devastante

Che Elisa sia forte ormai lo si capisce dall’arcobaleno che cintura la sua maglia Trek-Segafredo. Ma per un’atleta che conquista questo tipo di risultati i motivi dei successi vanno oltre al fisico.

«A livello fisico è forte. Secondo noi a livello mentale è davvero incredibile. Se si mette qualcosa in testa non glielo togli. Una cosa che ci ha impressionato è stato il periodo post Olimpiadi di Tokyo. E’ uscita da quell’esperienza distrutta. Non per la caduta. Ma mentalmente era a terra. E’ arrivata a casa e non voleva sentire parlare di bici. Non l’ha toccata per una settimana. Alla domenica ha resettato la mente e si è focalizzata su un nuovo obiettivo. Il mondiale. In quattro settimane ha preparato un campionato del mondo di 160 chilometri dopo aver passato gran parte dell’ultimo periodo in pista. Siamo rimasti impressionati». 

Crescita graduale

Il palmares di Elisa inizia ad essere sempre più ricco di classiche e successi di spessore. Tutti questi risultati però sono arrivati in maniera costante con una continua crescita delle prestazioni.

«Lei di anno in anno è cresciuta – dice papà Balsamo – senza bruciare tappe o con exploit casuali. Fortunatamente ha trovato un preparatore come Davide Arzeni che l’ha capita fin da subito. Tant’è vero che lei quando è passata juniores ci siamo subito tirati indietro e ci siamo messi dietro le quinte».

Le vittorie costanti nella sua crescita naturale del talento fino ad arrivare al mondiale di Leuven
Le vittorie costanti nella sua crescita naturale del talento fino ad arrivare al mondiale di Leuven

«Ovviamente sempre a sua disposizione perché è lei la prima a venirci a domandare. Una cosa che ci dava fastidio quando facevamo i direttori sportivi, erano i genitori che si intromettevano tra atleti e allenatori. Per tornare ad Arzeni, lui la pensa come noi. Sia come ore in bici che come preparazione. Le ha dato un carico di lavoro che non è straordinario. Anzi, lavora spesso in pista per i lavori specifici. Alla Valcar l’hanno fatta crescere con calma e serenità e questo ha giovato al suo percorso. A completare il cerchio, tre anni fa ha preso una nutrizionista che l’ha aiutata a fare un ulteriore salto di qualità». 

Vivere il presente

Siamo ormai alla chiusura di una telefonata che ci ha fatto percorrere i passaggi più intimi che due genitori hanno vissuto nella carriera della figlia. Una domanda sul futuro per quanto scontata è però doverosa.

Papà Balsamo ci risponde così: «Non faccio voli pindarici, ci piace vivere nel presente. Quello che vogliamo noi è vederla sorridente e felice come in questo periodo. Vedere una figlia che fa quello che le piace, che si impegna e non le pesano i sacrifici per questo sport è il massimo. Due genitori non possono chiedere di meglio. Per il resto, tutto quello che arriva è un regalo. Non si sente superiore e sa che quello che raccoglie è dovuto per la maggior parte alla squadra che le dà la possibilità di giocarsi le sue carte».

Simone Consonni riceve l’abbraccio di Brembate di Sopra

14.11.2021
4 min
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Era il 4 agosto quando Simone Consonni, insieme ai suoi compagni dell’inseguimento a squadre (Milan, Ganna e Lamon), ha conquistato l’oro olimpico. Pochi mesi dopo Simone ha ribadito il successo sulla pista di Roubaix. Ha aggiunto al suo palmares anche la medaglia d’argento nella madison, conquistata accanto ad Elia Viviani. Sempre ai mondiali di Roubaix c’è stata un’altra Consonni che si è messa in luce, Chiara. L’atleta della Valcar infatti si è aggiudicata l’argento nella stessa disciplina del fratello: l’inseguimento a squadre.

Nel tripudio generale c’è stato però un paese che ha gioito un po’ di più: è il comune di Brembate di Sopra, dove sono nati i due atleti. Da quella mattina di inizio agosto hanno iniziato a campeggiare sui muri del paese cartelloni celebrativi che sono aumentati di pari passo ai successi ottenuti. Ieri pomeriggio, nella splendida cornice della polisportiva, si è svolto l’evento: orgoglio brembatese. Un premio istituito per i cittadini che si sono contraddistinti nel loro campo. La prima edizione non poteva vedere un vincitore diverso da Simone Consonni.

La famiglia Consonni al completo, insieme ad Alice la fidanzata di Simone (la seconda da destra)
Simone e Chiara con i genitori e Alice, la fidanzata di Simone

Gli esordi

La polisportiva comunale conta numerose strutture e molti campi da gioco. E’ proprio qui che Simone ha dato i primi colpi di pedale nella categoria G1, più precisamente nell’associazione ciclistica Brembate Sopra. Iniziando a macinare i metri e la strada che lo avrebbe condotto ai suoi successi futuri.

I ricordi di chi lo ha seguito nei suoi esordi tra le strade del suo paese è ancora nitido. Giuseppe Mazzoleni, vice presidente della società in cui Simone correva da piccolo ha un ricordo particolare. «Un giorno, era alle prime pedalate, ricevo una chiamata in cui mi dicono che era caduto. Ci allenavamo su una piccola strada dietro il paese, arrivo sul posto e mi rassicuro delle sue condizioni e vedendo il casco ci rimango di sasso. Era completamente distrutto, aperto, non oso neanche immaginare che volo abbia fatto».

La premiazione

Gli ospiti si susseguono, tutti legati allo sport ed al territorio bergamasco che rendono omaggio e ringraziano Simone Consonni. Le parole più significative le esprime Daniele Belotti, Deputato e componente della commissione cultura, scienza ed istruzione: «Quella di Tokyo è un’olimpiade che si è svolta a porte chiuse e la vittoria di Simone, un ragazzo bergamasco, ha un doppio significato: sportivo e sociale. La sua vittoria ha rilanciato il territorio e la sua comunità che tanto ha sofferto in questi mesi.»

L’ospite della serata è notevolmente emozionato nel ricevere gli applausi scroscianti dei propri concittadini. Esordisce così Simone: «Tornare dove tutto è iniziato è strano, un tuffo nei ricordi. Avere un impianto così bello e funzionale è stato importante per la mia crescita». Simone ora vive a Lallio, a pochi passi dalla sua Brembate. «Quando ero piccolo non mi preoccupavo dei risultati, quel che mi piaceva era correre con i miei amici.»

Paolo Arrigoni, presentatore dell’evento e brembatese Doc, ha un ricordo altrettanto inedito di Simone. Di quando aveva solamente 9 anni: «All’epoca facevo l’educatore all’oratorio estivo – esordisce Paolo -. Un lunedì mattina Simone arriva tutto triste. Chiedendogli cosa avesse mi rispose che alla gara del giorno prima era in testa per la prima volta ma per colpa di una segnalazione sbagliata ad una rotonda prese una via errata e da primo finì ultimo. I bambini dell’oratorio lo presero in giro ed io gli dissi per consolarlo: tranquillo Simone, un giorno loro ti guarderanno vincere una gara in televisione».

La giunta comunale ha voluto premiare anche Chiara per i traguardi raggiunti quest’anno e nella sua carriera
La giunta comunale ha premiato anche Chiara per i traguardi raggiunti quest’anno

Spazio anche a Chiara

Nella serata, diventata uno slalom tra i ricordi di tutti coloro che hanno visto crescere Simone, c’è spazio anche per Chiara. Infatti, la giunta comunale non poteva non dare un riconoscimento anche a lei per gli altrettanti successi ottenuti. Tra l’altro lei vive ancora nella sua Brembate.

«Quando eravamo piccoli ero molto gelosa di Simone – esordisce ridendo Chiara – quando i nostri genitori andavano alle sue gare e non alle mie mi arrabbiavo molto. Crescendo è diventato un punto di riferimento e un fratello maggiore taciturno ma sempre presente ed il nostro rapporto è davvero fantastico».

Che poi continua: «A Brembate sto bene e mi piace vivere il paese, le poche volte che sono a casa mi fermo a fare colazione in qualche bar prima di partire per i miei allenamenti».

Bergamo, un altro iride: con Villa alle radici della Balsamo

11.10.2021
7 min
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«Ho l’abitudine di studiare – dice Villa – e avevo previsto che il ciclismo femminile avrebbe vissuto un’escalation. Ho provato a fare due conti, ma il WorldTour sarebbe stato un passo troppo lungo. Così ho letto bene le newsletter dell’Uci e ho visto che gli inviti si baseranno sul ranking, per cui per quello siamo tranquilli. Non essendo nel WorldTour, il solo modo per farsi notare è fare attività intensa. Si tratta comunque di un investimento».

Bergamo iridata

Due maglie iridate nella stessa provincia. A trenta chilometri dalla casa della Colpack e di Baroncini, nella stessa pianura bergamasca che ribolle aziende e ciclisti, si trova infatti la Valcar, primo sponsor della Valcar-Travel&Service, casa di Valentino Villa ed Elisa Balsamo. A un certo punto, nei giorni del Giro d’Italia Donne, sembrava che la squadra fosse a un passo dal WorldTour, poi non se ne è fatto più niente. E così adesso, a fronte di alcuni elementi di spicco che cambiano aria come la campionessa del mondo, Guazzini e Alzini, il presidente è alle prese con un bel dilemma e lo vedi che gli costa pensieri faticosi. Andare avanti a oltranza, oppure accettare la proposta del giusto squadrone WorldTour e lasciarsi inglobare? Il tempo di concordare di darci del tu, dunque, e si comincia. 

La Valcar è un’azienda che si dedica alle lavorazioni di precisione sui metalli, Villa è uno dei due soci
La Valcar è un’azienda che si dedica alle lavorazioni di precisione sui metalli, Villa è uno dei due soci
Non deve essere facile…

Ho una mia visione e il brutto vizio di non vivere il presente, ma di pensare al futuro. Penso che fra 2-3 anni, le squadre come la nostra non ci saranno più. Per il bene di questo movimento, l’abbinamento tra squadre WorldTour maschili e team femminili funzionerà. Credo che alla fine dovrà abdicare anche la SD Worx e lo vedo come un bene per le atlete. Poi servirà creare una categoria U23 come quella degli uomini in cui far crescere le ragazze, mentre ad ora questo ruolo lo svolgiamo noi e le squadre come noi.

Siete stati avvicinati da qualche squadra?

Abbiamo avuto due trattative. Una con la Uae, ma si è arenato tutto sul fatto che non siamo ancora WorldTour e che non abbiamo una dimensione troppo internazionale. So che poi sono passati alla Alé. Poi abbiamo avuto contatti con la Ef Pro Cycling, con cui sembrava quasi fatta, ma si è fermato nuovamente tutto. Se penso alla nostra squadra, la vedo allineata con un team maschile, senza però perdere tutta la filiera delle giovanili. Ragione per cui chiedo di essere io a dirigere l’eventuale nuova realtà.

Come hai vissuto il mondiale? 

Il venerdì Davide (Arzeni, diesse del team, ndr) era qui e poi è partito in macchina. L’ho invidiato. Io ho visto la corsa con mia madre, la prima tifosa e la più anziana della squadra. Se devo dire, per Elisa avevo già gioito agli europei. Quando l’ho vista fare tante volte e bene quella salita così dura dopo un’estate tutta in pista, ho capito che ai mondiali non l’avrebbero staccata. Non sono un tecnico, ma a forza di guardarle, capisco da come si muovono sulla sella e dai loro atteggiamenti in bici se stanno bene o male.

Marta Cavalli ha corso con la Valcar-Travel&Service dai 13 ai 23 anni, poi è passata alla Fdj. Villa ne ha un grande ricordo
Marta Cavalli ha corso con la Valcar-Travel&Service dai 13 ai 23 anni, poi è passata alla Fdj
Sei uno dei pochi presidenti che si occupano direttamente delle bici delle atlete…

Vengo dal mondo dei millimetri. Alle corse studio le bici degli altri. Ho passato qualche ora con Colnago, con Marra di Fsa e Colleoni di Veloflex a parlare di tecnologia dei loro componenti. Sono arrivato al punto di realizzare per Cannondale dei forcellini al Cnc. Nella mia azienda conosco tutti i ruoli, idem nella squadra. Conservo le immagini dei primi test di Elisa. E oggi quando osservo le nuove atlete, un po’ d’occhio l’ho sviluppato anche io.

Elisa Balsamo.

Elisa è… Elisa (Valentino si commuove, ndr). Devo molto a lei. Al di là dei risultati, è sempre stata una ragazza comprensiva, capace di rinunciare al suo compenso per migliorare la squadra. Vi ho già raccontato di quando si tagliò lo stipendio, no? Quando arrivò, le dissi: «Tu sei Ronaldo e vieni alla Valcar». Ma le dissi anche che per un anno avrebbe corso in una squadra ridimensionata. Avevamo inserito ragazze giovani che crescessero con lei e fossero in grado di starle accanto nei 3-4 anni successivi. E ha funzionato benissimo. Vinse il mondiale in pista il primo anno e quello su strada al secondo.

Come si sposa questa dimensione familiare con quella del WorldTour?

Siamo il baluardo del ciclismo italiano. Ma se il lavoro di Davide e Valentino deve andare avanti, allora il nome della squadra deve cambiare. Non posso fare certi investimenti e mi dispiace parlarne, ma c’è una realtà di cui devo tenere conto. 

Chi è Davide Arzeni?

Davide è la persona giusta per gestire questa fase di passaggio. Siamo appassionati di ciclismo a 360 gradi, osserviamo con la stessa attenzione la junior e la numero uno al mondo. Ci piacciono la pista, il cross e la strada, anche per dare alle ragazze modo di assecondare le loro passioni. Con Arzeni formiamo una bella coppia. Quando parliamo, ci capita di completare l’uno le frasi dell’altro. Non c’è mai diversità di vedute, la nostra forza è questa. Arriviamo sempre uguali alla conclusione, sempre con il bene della squadra per la testa. 

Vanno via dei pezzi importanti.

Se avessimo potuto, le avremmo tenute tutte. Ma adesso ci aspettiamo la maturazione della Consonni e della Gasparrini, con un occhio di riguardo per le new entry come Anastasia Carbonari e per le ragazze che vorrebbero venire.

Guazzini e Alzini lasciano entrambe la Valcar-Travel&Service: la prima va alla Fdj Nouvelle Aquitaine, la seconda alla Cofidis
Guazzini e Alzini lasciano la Valcar-Travel&Service: la prima va alla Fdj , la seconda alla Cofidis
Ad esempio chi?

C’è una decina di straniere che ci hanno scritto e fra le motivazioni hanno indicato l’ambiente di squadra. Osserviamo i risultati, ma senza dimenticare l’umanità delle persone. Per questo alla fine si crea un bel rapporto. Mi sono commosso quando ho visto la Cavalli vestita con la maglia Fdj. Marta venne da noi a 13 anni e se ne è andata a 23. Si deve lavorare e qualcosa verrà fuori.

Con grande fede nella divina provvidenza?

Fiducia cieca. Mio padre era contadino e mi diceva che il campo coltivato può non dare frutti, mentre uno che non hai considerato può dartene in quantità. Avevo 7-8 anni quando accadde che un campo coltivato e concimato non diede pomodori, mentre quello accanto lasciato quasi incolto ne fece a quintali. Un’esperienza che mi ha segnato. E’ il mio modo di cambiare le cose, il mio invito alle persone che ho accanto pe spiegargli come cambiare le cose: «Fate, fate, fate!».

Anastasia Carbonari è l’ultima arrivata nella Valcar-Travel&Service
Anastasia Carbonari è l’ultima arrivata nella Valcar-Travel&Service
Dino Salvoldi.

Una volta non convocò una mia ragazza e lo presi di petto. Poi andai in un’azienda in cui un imprenditore voleva licenziare un operaio, che però era bravissimo e faceva produzioni di altissima qualità. E non feci che dirgli di tenerlo, perché uno che era capace di certi risultati, meritava di essere tenuto. Quando uscii mi venne il flash, pensando a Salvoldi.

E cosa facesti?

Lo chiamai e gli dissi che uno come lui, con tutti i risultati che faceva, non doveva essere criticato. E aggiunsi che non lo avrei mai più attaccato.

E se nei prossimi giorni arriva un team WorldTour e vi propone di unirvi?

Sacrificherei anche domattina il nome Valcar&Travel Service, se servisse a dare un futuro alla squadra.

Sorride sincero. Il cuore è per le ragazze prima ancora che per il nome della sua azienda. Valentino è anche andato in pensione con il sogno di occuparsi a tempo pieno della squadra, ma c’è una forza neanche troppo invisibile che lo tiene legato all’azienda. Dirigenti come lui sono alla base dello sport italiano, capaci di fare miracoli. Se WorldTour sarà, che i nuovi non facciano rimpiangere i vecchi. A questo però forse dovrebbe pensare la stessa Federazione che poi sfoggerà le medaglie. Una stretta di mano, il nostro viaggio continua.

Tutta Chiara, fra medaglie e risate

12.10.2020
4 min
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C’è stato un periodo in cui Chiara Consonni era soltanto la sorellina di Simone. La cosa non la faceva impazzire. Ma siccome certe cose non si possono dire, la biondina che spesso ride continuava ad allenarsi e correre. E correndo, le capitava sempre più spesso di vincere.

Chiara Consonni, europei 2020
A Fiorenzuola 2020, vittoria nell’eliminazione
Chiara Consonni, europei 2020
A Fiorenzuola 2020, vittoria nell’eliminazione

Con quattro mondiali e quattro europei, oggi Chiara Consonni – che corre con la Valcar-Travel & Service – è una delle colonne portanti del ciclismo femminile in Italia. E mentre le sue compagne del quartetto sono fiere di rivendicare la loro preferenza per la pista, lei si fa una risata e dice di essere 50 e 50. Perché la pista è bella, ma la strada lo è ugualmente.

«E’ sempre difficile decidere – dice Chiara – perché ho vinto tanto anche su strada. Sono emozioni che ricordi a lungo, sensazioni diverse, due mondi opposti. Diciamo che del nostro gruppo sono la meno schierata».

Sarà difficile alla fine della nostra chiacchierata dire se siano state più le parole o le risate. Perciò si va avanti nel segno del buon umore che di questi tempi è merce preziosa.

Chiara Consonni, Plouay 2020
Va forte anche su strada: qui terza a Plouay 2020
Chiara Consonni, Plouay 2020
Va forte anche su strada: qui terza a Plouay 2020
Chiara, che effetto fa essere uno dei pilastri del quartetto?

E’ importante. Se sbagli, il tuo errore condiziona tutti. Preferisco il quartetto a uno scratch, dove corri per te solo. Il fatto che non ci fossero Paternoster e Balsamo si poteva sentire se non fossimo un gruppo allargato e affiatato. Corriamo insieme da tanto. Forse soltanto Silvia Zanardi era un nuovo innesto, ma era anche la più motivata di tutte.

Siete così amiche?

Siamo un bel gruppo, ma viviamo lontane, per cui ci frequentiamo solo in bici. Solo con Martina Fidanza capita di vedersi, perché viviamo nello stesso paese e allora magari si esce a cena.

Le vittorie sono tutte belle?

Non ci si abitua mai, vincere è sempre più bello.

Si riesce anche a fare analisi degli errori?

Gli sbagli sono sempre quelli, li notiamo nel momento stesso in cui li facciamo. Per questo all’inizio si festeggia e poi si fa il punto. Di solito accade quando facciamo defaticamento sui rulli e, ancora a caldo, ci raccontiamo come è andata. Se passa troppo tempo, gli errori si dimenticano e si pensa solo a fare festa.

Chiara Consonni, europei 2020
Agonismo, forza fisica e sempre un tocco di femminilità
Agonismo, forza fisica e sempre un tocco di femminilità
Ti capita di allenarti con Simone?

Praticamente mai. Ci vediamo. Ci sentiamo. Se ho un problema in bici o nella vita scrivo a “Simo”, lui è il mio riferimento. Ma per il resto è sempre in giro, non ci incrociamo mai. 

Che effetto fa essere uscita dalla sua ombra?

Ammetto che all’inizio un po’ mi desse fastidio essere considerata soltanto sua sorella, ma ora mi faccio meno problemi. Un po’ forse perché ho raggiunto la mia dimensione. Magari adesso sarà lui ad essere riconosciuto come il fratello di Chiara.

Dalla pista alla strada.

Da Fiorenzuola al Fiandre e poi a De Panne. Poi i campionati italiani, infine se la fanno, la corsa nel finale della Vuelta. Non è facile passare da pista a strada. Sono sforzi completamente diversi. Per questo dalle gare al Nord non è possibile aspettarsi tanto, perché di certo ho perso distanza e ritmo gara. Però morivo dalla voglia di fare il Fiandre.

Martina Fidanza, Chiara Consonni, Elisa Balsamo, Letizia Paternoster, Doha 2016
Già insieme a Doha 2016: Fidanza, Consonni, Elisa Balsamo iridata e Paternoster
Martina Fidanza, Chiara Consonni, Elisa Balsamo, Letizia Paternoster, Doha 2016
Doha 2016, Fidanza, Consonni, Balsamo iridata e Paternoster
Perché?

Perché il primo anno sono caduta due volte. E la seconda volta mi sono ritrovata da sola ai piedi di un muro. L’ho fatto in mezzo a due ali di folla che mi incitavano, erano tutti per me. Credo sia stato il momento più emozionante da quando corro in bici. Come essere in fuga, con l’accortezza di non alzare le braccia sul traguardo…

Che inverno prevedi per Chiara Consonni?

La stagione è stata breve ma intensa, quindi magari mi fermerò per il solito mesetto e poi ci darò dentro subito. Il programma per il prossimo anno è di iniziare subito forte, quindi ci sarà da menare. E francamente non vedo l’ora.

Cavalli, la bimba che imitava Cavendish

23.09.2020
4 min
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Marta Cavalli è stata una delle “sorprese” della nazionale di Dino Salvoldi ad Imola. Tuttavia per la ragazza della Valcar la maglia azzurra non è certo una novità. In pista infatti ha raggiunto traguardi importanti specialmente nell’inseguimento a squadre, non ultimo il titolo europeo a Fiorenzuola. Ed anche al Giro Rosa Iccrea la 22enne lombarda è stata tra le migliori: buoni piazzamenti di tappa e seconda azzurra dopo Elisa Longo-Borghini nella generale. Conosciamola meglio.

Marta Cavalli
Ad Imola ha trovato la maglia da titolare
Ad Imola ha trovato la maglia da titolare
Marta, quando e come hai iniziato a pedalare?

Ad 11 anni, un po’ per gioco e un po’ perché vedevo il Giro, il Tour insieme a papà e poi imitavo Mark Cavendish in cortile mentre faceva le volate. Mio padre, appassionato, ha assecondato questo mio interesse e mi ha portato al C.C. Cremonese, la squadra locale, dove ho iniziato a gareggiare. Da qui l’impegno è andato a crescere fino ad arrivare alla Valcar.

E hai capito subito che il ciclismo potesse essere più di un gioco?

Fino da juniores lo vedevo solo come un divertimento. In più non che andassi molto bene, avevo paura del gruppo, non vincevo… e più di qualcuno tra i tecnici mi disse che il ciclismo non era per me. Però vedere le altre che miglioravano e vincevano mi fece scattare una molla. Così iniziai anche io ad essere più puntigliosa, ad allenarmi di più e arrivarono le prime soddisfazioni. E’ al secondo anno elite che ho capito che il ciclismo era la mia strada.

Qualcuno mi disse che il ciclismo non era per me. Però vedere le altre che miglioravano e vincevano mi fece scattare una molla.

E le prime gare con le grandi come andarono?

Gli esordi nel World Tour furono devastanti! Mi sono ritrovata con campionesse tipo Vos, Van Vleuten, ho preso delle batoste che la metà bastavano! Però mi sono anche detta: così non vado avanti, adesso mi ci metto al cento per cento. Adesso non sono ancora tra quelle 10-15 top rider, mi manca qualcosa, ma l’obiettivo è quello di far parte di quel ristretto gruppo di atlete.

E cosa ti manca?

Le variazioni di ritmo in salita. Quando una Longo-Borghini o una Van Vleuten attaccano, la differenza la sento. Hanno un altro ritmo. Però anche se mi stacco devo dire che cerco subito il mio passo e quasi sempre riesco a cavarmela limitando i danni. Ci sono alcuni aspetti che miglioreranno da soli col tempo, come la resistenza e la capacità di allenarsi o tenere certi sforzi e altre che invece sulle quali devo proprio lavoraci su, come appunto il cambio di passo in salita.

Dove ti alleni?

Io vivo a Formigara, un paesino della Bassa, in provincia di Cremona. Lì è tutta pianura e spesso per trovare della salita o faccio molte ore oppure prendo la macchina e mi sposto verso l’Appennino piacentino. E lì faccio lavori specifici. 

Cavalli
Marta Cavalli corre con la Valcar dal 2017. Passerà alla FDJ Nouvelle
Marta corre con la Valcar dal 2017
Ti alleni sola? E chi ti segue?

Sì, il più delle volte da sola, però con la nazionale e la squadra spesso facciamo dei ritiri, andiamo anche in pista. Mi allena Davide Arzeni, che è anche il direttore sportivo della Valcar. 

C’è una compagna che ti ha fatto da chioccia?

Fino allo scorso anno avevamo in squadra Dalia Muccioli. Lei è davvero brava. Sempre disponibile e sempre pronta a darmi consigli.

Hai parlato della pista, tu vanti una bella storia con il parquet…

E’ lì che ho iniziato a raccogliere i risultati più importanti, tra cui l’oro europeo nell’inseguimento a squadre (era il 2017 e lo ottenne con Martina Alzini, Elisa Balsamo e Francesca Pattaro, ndr). Questo risultato fu poi anche quello che mi aprì la porta tra le elite e alla Valcar. La pista è un vecchio amore e in vista delle Olimpiadi da questo inverno mi ci concentrerò per bene. Anche la strada mi piace. A conti fatti dico che la passione tra le due è 50-50!

Ti aspettavi la convocazione da parte di Salvoldi?

Non me l’aspettavo però ci speravo. L’anno scorso stavo bene ma non fui convocata. Due anni prima il circuito era troppo duro per le mie caratteristiche. Questo è stato l’anno buono per far parte del gruppo azzurro.