Gran finale a Roma e Viviani ci porta nel fascino dell’ultima volata

01.06.2025
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Per il terzo anno consecutivo, Roma aspetta il Giro d’Italia. L’ultima tappa di un Grande Giro ha sempre un fascino particolare. Se guardiamo il tutto dalla prospettiva del ciclista, soprattutto del velocista, vincere le altre frazioni conta tantissimo, ma l’ultima è speciale. Ha qualcosa in più e per arrivarci, tanti stringono i denti. Pensate a coloro che stanno affrontando l’ultima settimana del Giro d’Italia fra salite lunghissime e pendenze da incubo, senza prospettive di classifica e di vittoria in queste frazioni riservate a scalatori e a chi punta alla classifica (Pedersen e Groves, per esempio) pensando solo all’ultima volata, quella di Roma: quella odierna.

Viviani svetta al traguardo finale di Madrid alla Vuelta 2018, battuti Sagan e Nizzolo
Viviani svetta al traguardo finale di Madrid alla Vuelta 2018, battuti Sagan e Nizzolo

Perché c’è sempre tanta attesa per l’ultimo traguardo? Elia Viviani ne ha vissuti ben 11 (6 al Giro, 3 al Tour, 2 alla Vuelta) e proprio nella corsa spagnola si è anche aggiudicato la frazione finale, quella di Madrid nel 2018. «Ma il mio grande rammarico – ammette – è stato non esserci riuscito a Roma, lo stesso anno, battuto da Sam Bennett. Quello è stato il mio anno speciale, al di là dei risultati olimpici. E vincere a Roma è stata l’unica cosa che mi è realmente mancata».

Perché l’ultimo traguardo è così speciale?

E’ l’obiettivo di tutti, ha qualcosa in più perché ha realmente il sapore della conquista. E’ l’ultimo giorno, significa che ci sei arrivato, che hai superato indenne le durissime tre settimane. Arrivare alla fine è l’obiettivo che unisce tutti, il primo come l’ultimo della classifica. Poi, per il velocista, ha qualcosa in più, perché se vinci sei parte della festa finale, di quel podio dove ci sono tutti i migliori, in un’atmosfera unica, in uno scenario clamoroso, che sia a Roma, a Parigi, a Madrid.

Lo sprint di Roma al Giro 2018, Elia è tutto sulla destra, al centro strada Bennett mette la ruota davanti
Lo sprint di Roma al Giro 2018, Elia è tutto sulla destra, al centro strada Bennett mette la ruota davanti
La volata finale in che cosa cambia rispetto alle altre?

E’ profondamente diversa da quelle d’inizio Giro. Innanzitutto perché molti velocisti te li sei persi per strada, è sempre così e già per questo sai di essere stato bravo ad arrivarci. Ma fisicamente non sei più quello di tre settimane prima, hai perso molta esplosività, hai meno chilogrammi di peso e anche i muscoli si sono consumati. Diciamo che agli inizi si parte davvero tutti alla pari, alla fine bisogna supplire con altro, con il mestiere.

Tecnicamente la costruzione dello sprint cambia?

Non tanto, si lavora sempre con il treno che ti porta fino alle battute finali. Cambiano i componenti, però in effetti c’è qualche cosa di diverso. L’importanza di quel traguardo stravolge un po’ le gerarchie in squadra, ecco quindi che magari vedi la maglia gialla del Tour che si mette a tirare per lo sprinter. Un po’ come come successe a Cavendish con Thomas, suo grande amico che due anni fa gli ha fatto da ultimo uomo.

Il passaggio di Montmartre (qui ai Giochi 2024) cambia l’ultima tappa del Tour 2025: volata addio?
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Che cosa ricordi della volata vittoriosa di Madrid?

Non tutto funzionò alla perfezione. Il treno si era sfaldato anzitempo e mi ritrovai a dover lanciare la volata da lontano. Riuscii in una grande rimonta e ricordo che il primo pensiero fu alla scommessa che avevo fatto con Lefevere: il giorno del secondo riposo mi aveva promesso che se avessi vinto a Madrid mi avrebbe lasciato libero per il resto della stagione, significa che potevo chiudere anzitempo. Era stata una stagione tanto bella quanto stressante, quella vittoria fu la ciliegina sulla torta. Poi fu emozionante salire sul podio, io insieme a coloro che aveva conquistato le maglie, con i fuochi d’artificio tutti intorno. Fu davvero magico.

Ora nell’ambiente si discute sulla scelta degli organizzatori del Tour d’inserire per tre volte la salita di Montmartre nella tappa finale, si dice che la corsa perde fascino…

E’ vero, a me l’idea non piace e spero che sia solo per quest’anno, per celebrare le Olimpiadi della scorsa stagione. Potevo essere d’accordo nel prevedere un passaggio prima dell’ingresso nel circuito finale, ma così il significato della corsa viene svilito. So che i corridori non sono contenti, in gruppo se ne parla. Così si cerca di far emergere i corridori da classiche, ma la tappa finale era altro. Inoltre, pochi hanno evidenziato il fatto che così la frazione diventa più pericolosa, tutti vorranno stare davanti e aumenta il rischio di cadute. Figurarsi poi se malauguratamente dovesse piovere…

Per Viviani si profila un’intensa estate, con il ritorno alla Vuelta Espana all’orizzonte
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Ora dove ti vedremo?

Ho finito il mio primo blocco di gare a Dunkerque. Ora sto rifiatando e preparando il secondo blocco con una corsa il 15 giugno in Olanda e il 22 la nuova classica del WorldTour a Copenaghen, città dove sono stato spesso per i mondiali su pista e che amo particolarmente. Ci tengo a esserci e a fare la mia figura su quelle strade. Poi c’è il campionato italiano e una serie di gare che dovrebbero portarmi nelle condizioni migliori alla Vuelta, dove chissà che non possa replicare la gioia di Madrid…