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Mondiale gravel, figuraccia scongiurata? Parla Panighel

14.09.2023
7 min
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Il 7-8 ottobre ancora in Veneto avrà luogo il secondo mondiale gravel della storia. Il primo lo organizzò e anche bene Filippo Pozzato nel 2022. Sembrava dovesse andare così anche quest’anno, dato che l’assegnazione era biennale, invece nel cuore dell’estate qualcosa non è andato come si pensava. Nessuno sa bene come e perché, ma la PP Events del vicentino ha ricevuto una lettera di disdetta da parte dell’UCI. La Federazione italiana si è affrettata a scrivere in un comunicato di non averne responsabilità, mentre il diretto interessato al momento ha scelto di non dire nulla, concentrato sulle sue corse di fine stagione.

Comunque sia, il mondiale gravel 2023 è passato nelle mani di Pedali di Marca, organizzazione trevigiana che fa capo a Massimo Panighel, organizzatore di mondiali Marathon e referente per le tappe dolomitiche dell’ultimo Giro d’Italia. E così dai sentieri di Asiago in cui par di capire che fosse tutto pronto, la sfida si svolgerà sulle colline del Prosecco, avendo però appena due mesi per mettere insieme tutto. Abbiamo intercettato Massimo Panighel, appena uscito dalla banca in cui lavora.

Alla presentazione di Gravel in the Land of Venice, Panighel con il presidente veneto Zaia
Alla presentazione di Gravel in the Land of Venice, Panighel con il presidente veneto Zaia
Quando hai saputo ufficialmente che c’era da mettere mano al mondiale gravel?

Il 4 agosto. E non è vero, come dice qualcuno, che Panighel lavorasse sotto traccia dall’inverno, perché davvero non ne sapevo nulla. Il 2-3 agosto, durante una riunione con il Comitato provinciale per parlare della riforma dello sport, ho chiesto al presidente provinciale se ci fossero notizie: se il mondiale gravel lo avrebbero fatto ad Asiago oppure a Cortina, perché girava anche questa voce. E lui ha fatto un sorriso strano, che ora posso interpretare diversamente. Avevo sentito qualche voce un mese prima, alla Dolomiti Superbike, ma nulla di più. Il primo passaggio ufficiale è stato due giorni dopo quando mi ha chiamato Peter Van den Abeele dell’UCI, mentre ero in vacanza ad Auronzo.

Che cosa significa mettere in piedi un mondiale in così poco tempo?

Prima c’è stato il percorso, che andava disegnato. Ci penso tutte le mattine e tutte le sere quando vado a letto, abbiamo 20-25 giorni di tempo. L’UCI ha visto il percorso l’ultima settimana di agosto. Lo abbiamo disegnato cercando di stare nei limiti che ci hanno imposto, cioè 60 per cento di sterrato e 40 di asfalto. Il tutto, dovendo anche assecondare le richieste dei sindaci, per passare dove hanno piacere o necessità che si passi. Però è un bel percorso.

Fatto come?

Si parte dal Lago delle Bandie, dove c’è stato il mondiale di ciclocross del 2008, poi si passerà una prima volta a Pieve di Soligo e faranno un primo anello nella zona di Revine Laghi, Tarzo e San Pietro di Feletto. Un altro passaggio sul traguardo di Piave di Soligo e si farà un secondo anello nella zona classica del Prosecco, fra Pieve di Soligo e Valdobbiadene. La lunghezza sarà sui 160-170 chilometri per gli uomini con circa 1.800-2.000 metri di dislivello. Quello delle donne lo stiamo ridisegnando adesso, perché abbiamo dovuto fare dei tagli, sarà sui 140 chilometri con 1.600 metri di dislivello. Ma il problema non è tanto per le categorie elite, il fatto è che bisogna disegnare tre percorsi per le categorie master e questo sarà davvero impegnativo. Come sarà un bel lavoro trovare e gestire i volontari, trovare le ambulanze… Non è così semplice.

Quali risposte avete avuto dai Comuni, dai territori, avendo così poco preavviso?

Ottime, perché fortuna vuole che Fabrizio Cazzola, che è Consigliere federale e fa parte del gruppo ristretto che sta lavorando al mondiale, è di quelle zone quindi conosce benissimo le persone che contano. Un’altra figura cardine è il presidente del Comitato provinciale, Giorgio Dal Bo’, che con la Prefettura e la provincia di Treviso sta portando avanti il discorso delle autorizzazioni. Gli stessi Comuni si sono impegnati a chiedere i permessi nei confronti dei privati, i cui terreni saranno attraversati dai percorsi.

L’organizzazione è in mano a Pedali di Marca?

Diciamo che Pedali di Marca è il referente presso l’UCI, ma abbiamo cercato di fare un comitato di lavoro esteso, coinvolgendo tutte le società della provincia di Treviso, fra cui quella di Lucio Paladin, papà della Soraya. C’è bisogno di tutti, non si può pensare che una sola persona faccia il mondiale, ci vuole la collaborazione di tutto un territorio.

Pensi che ci sarà anche una ricaduta in termini di promozione del territorio?

L’anno scorso, quando venne fuori che Pozzato avrebbe organizzato il mondiale per due anni, ci incontrammo. Io sto portando avanti da tre anni con la Regione Veneto un progetto che si chiama Gravel in the Land of Venice. Abbiamo fatto 80 percorsi nel Veneto dedicati al gravel, più o meno impegnativo, dagli argini alla pianura, la laguna, le colline, la montagna. Proposi di unire le forze, in modo che la gente venisse a vedere il campionato del mondo, ritrovandosi in un territorio dove c’è la possibilità di fare pedalare. Però non se ne fece nulla. La risposta a questa domanda è che se il territorio capisce di avere delle potenzialità, allora il ritorno c’è.

Se lo scorso anno il… pezzo forte era Peter Sagan, quest’anno ci sarà anche Van Aert
Se lo scorso anno il… pezzo forte era Peter Sagan, quest’anno ci sarà anche Van Aert
Di quali potenzialità parliamo?

In quegli 80 percorsi, abbiamo mappato 6.000 chilometri di gravel, ma probabilmente potrebbero essere molti di più. Bisogna capirlo. La Toscana ne ha fatto un business, perché ormai le Strade Bianche sono un’icona, che non ha neppure bisogno di presentazione. Qui avremmo un territorio che è altrettanto valido, ma per avere un ritorno bisogna cogliere l’occasione, non dipende da Panighel. Però facciamo un po’ fatica. Ho visto anche che le tappe del Giro d’Italia a livello personale sono state una bellissima esperienza, ma siamo certi che abbia avuto un ritorno adeguato?

Qual è la tabella di marcia per i giorni che restano?

E’ come quando arriva una fattura con scritto “pagamento a vista”. Spero di fare l’ultimo sopralluogo e chiudere i percorsi nel prossimo fine settimana, cercando anche di accontentare le richieste di Golazo Cycling, la società belga che lavora con l’UCI. Una tabella di marcia vera e propria non la so indicare, perché è tutto urgente. Ci dividiamo i compiti, ognuno porta avanti il suo. Il discorso dell’assistenza sanitaria non è una cosa di poco conto, perché l’evento va avanti per due giorni. Si dovranno gestire circa 500 volontari. Poi c’è la parte della logistica. Va preparata la guida tecnica internazionale per l’UCI. C’è il discorso hotel. C’è tutto il fronte della comunicazione, c’è da trovare lo speaker. Non so chi abbia avuto la bella idea di dare in giro il mio numero, per cui mi stanno arrivando richieste per le iscrizioni che invece gestisce Golazo. Spero che alla fine vada tutto bene e che qualcuno ci dica se non altro che abbiamo fatto un bel lavoro.

Per comunicazione intendi anche quella verso gli utenti?

E’ un problema, perché la gente potrebbe aver preso impegni diversi. Ci fosse stato almeno il secondo mese a disposizione, sarebbe stato diverso, ma il secondo mese a disposizione era agosto ed era tutto fermo. E’ chiaro che più vai avanti e più diventa difficile gestire ad esempio le prenotazioni. Magari c’è il belga che ha aveva prenotato una settimana a Peschiera del Garda, e ora deve disdire, magari perdendo la caparra. Per questo ci sono cose che non capisco.

Panighel ha spiegato che con Gravel in the Land of Venice sono stati mappati 6.000 chilometri di percorsi
Panighel ha spiegato che con Gravel in the Land of Venice sono stati mappati 6.000 chilometri di percorsi
Quali cose?

Ho firmato altri contratti con l’UCI. A fine settembre 2023 avremmo dovuto pagare la prima rata per il mondiale Marathon che organizzeremo nel 2026. L’abbiamo posticipata, dovendo pagare quella del mondiale Gravel, ma in ogni caso so benissimo che se ritardi un giorno, ti chiamano subito. In queste cose non si affonda da soli, ci sono anche altre componenti. Forse ci saranno sotto questioni politiche che a me sfuggono, io da uomo di sport sto dando una mano per venirne fuori.

Non resta che lavorare?

Quello che stiamo facendo. Noi abbiamo anche un mondiale nel 2026. C’è un velodromo a Spresiano che speriamo prima o dopo abbia conclusione, in cui si dovrebbe svolgere un mondiale su pista. Stiamo lavorando tanto col gravel, perché è una disciplina emergente che porta tanta soddisfazione, in fondo basterebbe che ognuno facesse bene il proprio compitino. Io provo a fare il mio e intanto lavoro anche in banca. La tipa di Golazo non voleva crederci, ho dovuto spiegarle che ho una moglie e dei figli da far mangiare e tutto il resto per me è volontariato. Ma non sono convintissimo che ci abbia creduto… 

EDITORIALE / Vuelta, un altro giorno su cui riflettere

04.09.2023
4 min
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Era veramente impraticabile l’arrivo di ieri alla Vuelta? Ed è possibile che la decisione sia stata presa sulla base delle immagini social e televisive, senza che un ispettore di percorso e un giudice fossero sul posto per verificare?

In questo ciclismo che va così forte, sembra che alcune componenti siano ancora troppo lente, portando il ridicolo fino ai vertici più alti dello sport. Al Giro d’Italia si decise di moncare la tappa di Crans Montana sulla base di richieste non documentate, non mostrando le foto in possesso a chi aveva il compito di vigilare sul percorso. Al Giro Next Gen alcuni video su Instagram provocarono la squalifica dei corridori attaccati alle ammiraglie, mentre la Giuria aveva già omologato l’arrivo. Così anche questa volta si è neutralizzato il finale senza che un organo ufficiale del ciclismo internazionale si sia preso la briga di andare a verificare. E questo non va bene. Anche perché i corridori della Vuelta hanno poi proseguito fino al traguardo senza alcun problema. L’espressione di Kuss nella foto di apertura denota stupore: forse neppure il leader della Vuelta ha capito il perché della decisione.

Sulla stessa base sarebbe stata azzerata forse la tappa vinta da Quintana sul Terminillo nel 2015 e si sarebbero messe in discussione anche le Tre Cime di Nibali nel 2013. Non vogliamo dire che i corridori debbano andare al martirio e correre in qualunque condizione, ma pretendiamo scelte adottate su basi oggettive.

Così la strada alcune ore prima dell’arrivo. Nonostante la pulizia, la corsa è stata neutralizzata (immagini cyclinguptodate)
Così la strada alcune ore prima dell’arrivo. Nonostante la pulizia, la corsa è stata neutralizzata (immagini cyclinguptodate)

Social, la giuria parallela?

In questo caso non si tratta neppure di avere un protocollo per le condizioni avverse unificato e indeformabile, si tratta di portare nelle organizzazioni e in chi le sovrintende lo stesso professionismo che si pretende negli atleti e nei gruppi sportivi. Invece continuiamo a vedere percorsi disegnati senza apparenti criteri tecnici (come la cronosquadre di questa Vuelta) e decisioni prese per non doverne discutere dopo l’arrivo, come se chi è chiamato a prenderle abbia sul collo il fiato di rivendicazioni che non è sicuro di poter sostenere. Come se nella scuola il preside togliesse di mezzo le materie più spinose, per non subire le lamentele di alunni e genitori. E anche questo non va bene.

L’organizzatore ha il diritto di proporre il percorso e il dovere di disegnarlo secondo i criteri tecnici previsti dai regolamenti dell’UCI. L’UCI a sua volta ha l’obbligo di verificarlo. Può capitare che condizioni imprevedibili rendano il percorso impraticabile, ma la decisione di cambiarlo richiede ben altra presenza sul terreno. Altro che social…

La presenza di fango sull’asfalto interessava solo l’ultima rampa. Era davvero impossibile arrivare?
La presenza di fango sull’asfalto interessava solo l’ultima rampa. Era davvero impossibile arrivare?

UCI inadeguata o pigra?

La settimana scorsa, Salvatore Puccio fu purtroppo portatore di una profezia infausta, parlando di regolamenti, di chi dovrebbe prendere le decisioni e delle conseguenze drammatiche di gestioni troppo disinvolte.

Al via della Vuelta, a causa della pioggia e delle troppe curve della crono di Barcellona, De Plus è finito all’ospedale con l’anca fratturata. Quel percorso era sbagliato e la pioggia lo ha teso pericoloso. L’arrivo di ieri era davvero impraticabile? Kamna, Sobrero e i primi otto dell’ordine di arrivo lo hanno affrontato senza problemi, gli altri hanno concluso la corsa in anticipo. Sin dalla vigilia, l’ultimo chilometro (solo quello) appariva invaso dal fango, ma al momento del passaggio della corsa, la strada era pulita. Secondo alcuni, il problema riguardava anche il breve tratto di discesa prima dell’ultimo strappo: scivoloso, secondo Evenepoel, che ha ben accolto la neutralizzazione degli ultimi 2 chilometri. Un punto di vista piuttosto prevedibile il suo, considerando che nell’ultimo chilometro al 12 per cento, il belga avrebbe dovuto difendersi da altri attacchi di Roglic.

Quel che stona è il criterio attraverso il quale si è deciso di modificare il finale. L’UCI drena milioni di euro a tutti gli organizzatori, forse sarebbe il caso che destinasse maggiori risorse per gestire simili situazioni. Non si può accontentare tutti, ma non è improvvisando o chinando ogni volta il capo che si rende il ciclismo più affascinante.

Gazprom cancellata da dirigenti dilettanti: lo sfogo di Renat

12.07.2022
5 min
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Renat Khamidulin chiama dalla Russia, dove sta giocando con suo figlio di tre anni. Tornerà in Italia dopo il 20 luglio e annuncia qualche novità, ma si capisce che la chiusura della sua Gazprom RusVelo abbia lasciato ferite che non si sono ancora cicatrizzate.

La squadra ha fatto ricorso al TAS di Losanna contro il ritiro del titolo sportivo che gli ha impedito di ripartire. Originariamente era stata chiesta una decisione d’urgenza, ma non ne sono stati ravvisati gli estremi e si è intrapresa la strada del giudizio ordinario. E mentre i suoi corridori più o meno faticosamente si vanno sistemando, Renat è fermo e si guarda intorno.

Renat è tornato in Russia, a giugno ha partecipato alla White Nights Marathon di San Pietroburgo (foto Instagram)
Renat è tornato in Russia, a giugno ha partecipato alla White Nights Marathon di San Pietroburgo (foto Instagram)

«Prima di ragionare di qualsiasi cosa – dice in un sottofondo di bimbi al parco – voglio aspettare il verdetto del Tas. La procedura va avanti. Non so se sarà veloce, di certo non prenderà il tempo di un tribunale ordinario, ma qualche mesetto ci vorrà. E poi pensiamo di ripartire, certo. Ma non prima di aver capito se quello che ha fatto l’Uci sia stato illegittimo o se il mondo sia davvero cambiato. Adesso che riesco a guardarlo dal di fuori, mi chiedo se davvero questo sia professionismo…».

Che cosa intendi?

Non è un mondo professionistico se una società che investe soldi non guadagna, non è protetta e non ha la sicurezza che i soldi investiti non li perderà per fattori esterni come è successo a noi. Sto leggendo quello che succede in America e siamo totalmente fuori strada. Basta guardare come lavorano le altre leghe. Prendiamo il Tour…

Che cosa succede al Tour?

Erano tutti preoccupati per i tamponi. E se trovano positivo Pogacar con tutti gli interessi che smuove e magari è totalmente asintomatico, lo mandano a casa? Non voglio sminuire l’entità del Covid, ma trovo incredibile che non si siano studiate soluzioni per i vari casi. Nel professionismo, si sarebbe dovuto fare. Come trovo irrispettoso quello che succede in tutto questo scambio di sponsor.

Finché è stata in gruppo, la Gazprom si è segnalata per la sua compattezza
Finché è stata in gruppo, la Gazprom si è segnalata per la sua compattezza
Parli della Soudal con Quick Step?

Esatto e la Lotto si ritrova senza sponsor. Come fai a programmare? Oppure il nostro caso. C’è il discorso della guerra, possiamo farci poco. Credono che fermandoci hanno fatto male al presidente della Russia? Non credo che Putin sappia nulla del ciclismo, a lui non hanno fatto male. Ma vi assicuro che hanno fatto male a Canola.

Dei corridori non si è preoccupato nessuno…

Le stesse richieste del CPA non sono state nemmeno prese in considerazione. Devo pensare che tengono il sindacato per far vedere che c’è, ma è impotente? Andate a guardare l’hockey americano. Le grandi squadre investono 80 milioni, le piccole 40. Ma se toccano i diritti delle più piccole, si ferma tutto finché non si trova una soluzione. Non gioca più nessuno. Questo è professionismo, non è un divertimento. All’UCI invece sono dilettanti e difendono le loro creazioni. Quanto interesse c’è stato sui campionati europei giovanili? Nessuno, ma loro sono lì a farsi belli. Mi ricorda il discorso di Tinkov…

Sull’inutilità di investire?

Oleg diceva che non serve investire, se non torna indietro niente. Uno che investe deve sapere cosa ci guadagna, altrimenti è inutile lamentarsi del fatto che non ci sono sponsor. Eppure l’UCI pretende di mettere sulle nostre maglie i suoi loghi, grandi quanto dicono loro e senza pagare niente. E da qui si capisce che non è professionismo.

Gazprom cancellata, ma Makarov, parte dell’UCI Management Committee e decisivo nelle ultime elezioni, è ancora al suo posto
Gazprom cancellata, Makarov, parte dell’UCI Management Committee e decisivo nelle ultime elezioni, è ancora al suo posto
E nonostante questo, pensi di ripartire?

I corridori hanno capito che la nostra era una società sicura, ma di certo abbiamo perso immagine e dobbiamo pensare bene a come ripartire. Serve un cambio di sistema, perché mi troverei davanti alla stessa gente che mi ha cancellato senza accettare di parlarmi.

I corridori hanno capito e di te parlano un gran bene…

E questo mi fa piacere, perché hanno ricevuto pressioni affinché parlassero male della squadra. Si deve cambiare. Il ciclismo ha un potenziale enorme, ma è lo sport più povero. L’idea della super lega diventerebbe attuale a patto di far saltare questo sistema. E succederà quando arriverà una persona più forte di quelli di Aigle. Perciò per ora mi godo la famiglia e quando torneremo sarà per fare bene. Non potrò riprendere tutto il mio gruppo, ma io non ho lasciato nessuno per la strada…

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EDITORIALE / L’UCI prolunga il lockdown della Gazprom

02.05.2022
4 min
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Tirato per la manica, il presidente dell’UCI, David Lappartient, ha infine deciso di dare un segno di vita ai corridori italiani della Gazprom-RusVelo, che però è estendibile anche a tutti gli altri. E anche se nella lettera inviata a ciascuno di loro non c’è risposta ai due quesiti posti, se non altro vi si spiega il perché di tanto rumoroso silenzio. Argomenti, sia chiaro, che non parlano di volontà di collaborazione, ma poggiano se non altro su ragioni credibili.

A metà marzo, Renat Khamidulin, team manager e proprietario della squadra, ha infatti presentato ricorso al TAS di Losanna contro il provvedimento di cancellazione della sua squadra. Ha portato una serie di motivazioni che il tribunale sportivo ha trovato evidentemente di difficile masticazione o di difficile gestione, dato che al suo giudizio hanno fatto ricorso anche altre discipline colpite dalle stesse sanzioni. Il calcio in primis. Una sentenza era attesa da almeno tre settimane, ma non se ne ha traccia.

Con questa lettera, l’UCI ha comunicato ai corridori Gazprom la necessità di attenere il verdetto del TAS

I tempi (biblici) del TAS

L’attesa dei tempi del TAS, fatti salvi i casi d’urgenza, fanno parte della storia del nostro sport. I giudici di Losanna se la prendono spesso comoda perché le loro sentenze siano inoppugnabili, ma trasformando di fatto quell’attendere in una vera e propria sanzione. Un esempio?

Ricordate la siringa di insulina trovata nella famosa stanza di Montecatini al Giro del 2002? Una cameriera attribuisce la stanza a Pantani. Non si procede ad analisi del DNA sulla siringa stessa, non c’è positività a un controllo, ma l’UCI squalifica il romagnolo. Davanti a evidenze a dir poco rocambolesche, dopo un mese la CAF (Commissione antidoping federale) annulla la squalifica di 8 mesi. Pantani potrebbe tornare a correre a luglio, ma il 20 agosto l’UCI ricorre al TAS, che si riunisce il 25 gennaio 2003. Cosa sono quei 6 mesi se non l’applicazione della squalifica? E ricordate quando arriva il verdetto? E’ il 13 marzo quando il TAS fa sapere che la squalifica è stata ridotta da 8 a 6 mesi, quindi Marco può tornare a correre il 18 marzo. Marco, che di lì inizierà la rincorsa all’ultimo Giro della carriera, è stato fermato per 9 mesi.

La sede del TAS è in questo castello a Losanna: la giustizia sportiva è sottoposta alle sue sentenze
La sede del TAS è in questo castello a Losanna: la giustizia sportiva è sottoposta alle sue sentenze

Situazione di stallo

I corridori della squadra russa non hanno più una maglia, dato che la Gazprom è stata cancellata. Stando così le cose, sarebbero liberi di accasarsi dove meglio credono, ma il fatto è che i team interessati (Bahrain Victorious, Alpecin-Fenix e Quick Step fra loro) hanno già raggiunto il tetto massimo di 31 atleti e questo rende impossibile l’operazione, a meno di una deroga da parte dell’UCI.

L’UCI però dice di avere le mani legate. Se in effetti il TAS annullasse il provvedimento dell’UCI e riammettesse la Gazprom alle gare, con quali corridori potrebbe correre se i migliori se ne sono andati via?

Un altro lockdown

Non resta che aspettare, sapendo quanto tale verbo sia odioso per atleti che nel frattempo si allenano e fanno la vita del corridore, senza sapere dove correranno e senza essere pagati. Come durante il lockdown, vedendo però che il mondo fuori è ripartito.

Né d’altra parte era lecito aspettarsi che Lappartient, eletto membro del CIO il 22 febbraio scorso in occasione del 139° congresso svolto a Pechino, disapplicasse o applicasse in modo elastico una norma dettata proprio dal Comitato Olimpico Internazionale. Basta guardare la firma in calce alla lettera. Senza rendersi conto che in palio non c’è il prestigio dell’istituzione, quanto piuttosto la vita di 50 persone che di quella dannata guerra non hanno colpa. E il cui fine carriera non costituirà certo elemento di pressione sul dittatore che tale guerra l’ha scatenata.

Lappartient, i nuovi scanner, l’Africa e i mondiali riuniti

03.10.2021
4 min
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A margine delle vittorie, delle imprese e delle delusioni, i mondiali di Leuven hanno segnato alcuni importanti momenti nella vita politica del ciclismo. La conferma di David Lappartient al comando dell’Uci e alcune elezioni e incarichi hanno cominciato a tracciare la via verso Parigi.

Eletto a Bergen nel 2017, il primo iridato premiato da Lappartient fu Sagan
Eletto a Bergen nel 2017, il primo iridato premiato da Lappartient fu Sagan

Professione politico

Il francese riuscì con un’abile spallata a buttare giù il monopolio anglosassone di Brian Cookson a Bergen, in Norvegia. Non era favorito, seppure la sua presidenza della Federazione francese e poi quella della Uec lo avessero segnalato come un politico competente e abile. Aveva alle spalle vari incarichi nel suo territorio, il Morbihan, come sindaco e capo del consiglio dipartimentale (eletto nelle ultime elezioni) in quota al Partito Repubblicano. Alla vigilia del Congresso di Bergen, con l’aiuto del russo Makarov e di Renato Di Rocco, riunì alcuni elettori in un ristorante del porto norvegese e alla fine divenne presidente.

A Leuven Di Rocco è stato nominato vicepresidente onorario dell’Uci: un segno di riconoscenza
A Leuven Di Rocco è stato nominato vicepresidente onorario dell’Uci: un segno di riconoscenza

Parità di genere

Lappartient ha annunciato che andrà avanti con il programma che, a suo dire, ha realizzato al 90 per cento. Ha ammesso di aver fallito (finora) soltanto nella riforma del modello economico del WorldTour, per le resistenze dei team e degli organizzatori e il Covid che ha reso tutto più difficile.

La ricollocazione delle gare 2020, unita ai progressi del ciclismo femminile sono stati raccontati come i successi più evidenti. Nel secondo caso, Lappartient ha posto l’accento sulla creazione di un calendario coerente alle ambizioni del movimento, su una gerarchia più strutturata (si punta con decisione all’aumento delle squadre WorldTour) e sull’aumento dei minimi salariali equiparati a quelli degli uomini.

Assieme a Gilbert, Winder Ruth è stata eletta nella Commissione atleti
Assieme a Gilbert, Winder Ruth è stata eletta nella Commissione atleti

Da Glasgow a Kigali

Tra le novità più interessanti, va riconosciuta la spinta a favore del ciclismo africano. Se il centro di Aigle è da anni un riferimento per molti atleti provenienti da quei Paesi (il racconto di Ghirmay è eloquente), la scelta di portare i mondiali del 2025 a Kigali è un gesto forte. Va capito se nel frattempo l’Uci spingerà per uno sviluppo del ciclismo in loco.

Su questo fronte, dopo i prossimi mondiali di Wollongong 2022, che vi abbiamo già presentato, a partire da Glasgow 2023 l’idea di Lappartient è di far svolgere nella stessa occasione le gare delle 13 discipline olimpiche del ciclismo. Quindi strada, pista, mountain bike e Bmx.

La favola di Ghirmay, primo da sinistra e secondo ai mondiali U23, parla degli sforzi dell’Uci per l’Africa
La favola di Ghirmay, primo da sinistra e secondo ai mondiali U23, parla degli sforzi dell’Uci per l’Africa

Il nuovo scanner

Altro fronte, altra storia: doping e doping tecnologico. Proprio per il secondo punto, i giorni di Leuven sono stati l’occasione per annunciare il superamento della tecnologia dei tablet, per passare alla nuova tecnologia Backscatter X-Ray: uno scanner portatile in grado di… leggere all’interno di ogni parte della bicicletta.

«I mondiali sono stati la seconda volta che l’UCI vi faceva ricorso – ha dichiarato Michael Rogers, Innovation Manager – la natura portatile dei dispositivi di retrodiffusione ha consentito al personale dell’UCI di eseguire 56 controlli sulle biciclette di tutti i vincitori e dei corridori selezionati casualmente». La bici di Julian Alaphilippe è stata punzonata a pochi secondi dall’arrivo e consegnata al controllo radiografico entro sei minuti dall’arrivo.

Quanto al doping degli atleti, durante l’assemblea Lappartient ha rivendicato la messa al bando del Tramadol dal 2019 e l’anticipo al primo gennaio 2022 il divieto definitivo dei corticosteroidi, per la scelta adottata dalla Wada proprio su pressioni dell’Uci.

Michael Rogers è il Manager Innovation dell’Uci e sovrintende ai controlli sulle bici
Micheal Rogers è il Manager Innovation dell’Uci e sovrintende ai controlli sulle bici

Quale futuro?

Questo il sunto di quattro anni di presidenza, con alcuni aspetti positivi (fra questi l’elezione di Philippe Gilbert e Ruth Winder nella Commissione atleti) e qualche svarione, come l’essersi mostrato al fianco di capi di Stato poco raccomandabili.

Quale sarà la direzione per i prossimi anni? Riforme tecniche, tecnologiche e di genere: il piatto è ricco, i bisogni moltelplici. E poi ci sarà da capire se Lappartient vorrà restare o puntare a un incarico di governo in Francia o a duna poltrona nel Cio. Di certo con i suoi 48 anni, i modi affabili e la capacità di gestire situazioni spinose, è lecito aspettarsi che abbia mire importanti.

Alé maglia Campione Europeo

Alé con la UEC: accordo rinnovato fino al 2024

25.05.2021
3 min
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Il brand Alé, una delle realtà di riferimento a livello mondiale per quanto riguarda la produzione di abbigliamento tecnico per il ciclismo, ha recentemente rinnovato ed esteso fino al 2024 la propria partnership operativa con l’Unione Europea di Ciclismo (UEC), la più importante ed ovviamente prestigiosa tra le cinque confederazioni facenti parte dell’Union Cycliste Internationale (UCI) e deputata all’organizzazione dei campionati europei di ciclismo nelle differenti discipline: strada, Mtb, pista, Bmx, ciclocross e ciclismo indoor.

I prossimi Campionati a Trento

Proseguendo gli accordi in essere, e come già avvenuto negli anni passati, Alé continuerà a ricoprire il ruolo di partner ufficiale dell’ente europeo continuando letteralmente a “vestire” con le proprie maglie tutti i campioni che saliranno sul podio dei prossimi Campionati Europei di ciclismo, ricordando che la prossima rassegna continentale su strada si svolgerà proprio in Italia, a Trento.

La maglia è il bestseller PR-S

Le maglie espressamente disegnate da Alé per la UEC fanno parte della collezione PR-S. Studiata specificamente per l’impiego in competizione, questa linea è stata costantemente sviluppata sfruttando i feedback ricevuti dai moltissimi professionisti che nel passato e ancora oggi indossano Alé, come i team Bahrain Victorious, Movistar, Groupama FDJ, Bardiani CSF Faizanè e la femminile Alé BTC Ljubljana, unica italiana del “circus” World Tour. Tessuti leggeri e performanti, tagli ”race-fit” progettati in galleria del vento, massima traspirabilità grazie alla tecnologia del Body Mapping. Grazie a queste esclusive caratteristiche le maglie della collezione Alé PR-S vantano dei “plus” tecnici davvero di gran rilievo.

Anche per i granfondisti

La rinnovata collaborazione con la UEC si estende inoltre anche alla Gran Fondo Alé La Merckx. L’evento è in programma il prossimo 6 giugno a Verona, e di cui Alé è primo promotore, che per il secondo anno consecutivo sarà prova unica per l’assegnazione delle prestigiose maglie di Campione Europeo Gran Fondo.
«Personalmente è davvero un gran piacere poter annunciare il proseguo della partnership con la UEC – ha dichiarato Alessia Piccolo, Amministratore Delegato di APG la realtà a cui Alé fa capo – e pensare che i migliori ciclisti e le migliori cicliste d’Europa vestiranno le nostre maglie sul podio dei Campionati Europei di Ciclismo mi riempie di orgoglio. A pochi minuti dalla loro vittoria porteranno sul cuore, insieme alle stelle simbolo della bandiera europea, anche il logo Alé».

alecycling.com

La borraccia al pubblico e il voltafaccia del Cpa

06.04.2021
4 min
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Chi doveva dirglielo a Michael Schar che non sarebbe stata la ripartenza per un salto di catena a metà di un muro a farlo fuori dal Fiandre, bensì il lancio della borraccia verso un gruppo sparuto di tifosi? Ci sarebbe da scherzare dicendo che se quelle persone non fossero uscite di casa, allo svizzero non sarebbe venuta la tentazione, ma si tratta ovviamente di una provocazione. E come Schar, poco dopo è stata fatta fuori dalla corsa anche Letizia Borghesi.

Anche Borghesi (qui al trofeo Binda) espulsa dal Fiandre per lancio della borraccia
Anche Borghesi (qui al trofeo Binda) espulsa dal Fiandre per lancio della borraccia

Sono stati scritti commenti e lettere piene di sentimento, ma è come cercare di intenerire l’agente di Polizia che ti ha pizzicato con il laser: non attacca e non serve. Mentre forse è utile cercar di capire che cosa ci sia a monte dei vari provvedimenti dell’Uci in tema di sicurezza. E come certe decisioni vengano prese (sembrerebbe) in barba agli accordi raggiunti.

Trentin racconta

«Quando si è parlato di queste cose – racconta Trentin, che ha smaltito la rabbia del Fiandreavevamo raggiunto l’accordo con tutte le parti che non fosse giusto gettare le borracce nei posti in cui fosse impossibile raccoglierle. Ma ricordo che dicemmo di sì alla possibilità di darle al pubblico. Invece questi qui si sono riuniti con le rappresentanze nostre e dei gruppi sportivi e hanno votato il divieto di borracce al pubblico, inserendo anche sanzioni così dure. Sono furibondo. E chi c’era non ha detto una sola parola».

Bugno e Salvato, presidenti del Cpa e dellAccpi, l’associazione dei professionisti italiani
Bugno e Salvato, presidenti del Cpa e dell’Accpi

Le tavole della legge

Le informazioni a corridori e gruppi sportivi in merito alle nuove norme sulla sicurezza sono arrivate in un file pdf di 5 slide. Come tavole della legge, con tanto di illustrazioni, come si fa con i bambini dell’asilo con le istruzioni per lavarsi le mani. In ogni caso, il messaggio è chiaro. Si parla delle posizioni bandite in bicicletta e appunto dell’aspetto ecologico dello sport. Con il divieto di lancio di rifiuti e borracce e l’obbligo di servirsi delle aree verdi che gli organizzatori dovranno predisporre. Le borracce si potranno consegnare in mano agli arrivi, fermandosi. E quando la norma è stata votata e con essa il sistema delle sanzioni, come dice Trentin, non c’era nessuno ad opporsi.

C’era il Cpa

Oltre ai tecnici dell’Uci che hanno preso la decisione, a quel tavolo c’era Gianni Bugno, presidente del Cpa, in rappresentanza dei corridori. E’ lui per primo a dire di essere stato convinto dagli argomenti dell’Uci. Ma se sei rappresentante dei corridori e viene votata una norma diversa da quanto si è concordato, è giusto andare avanti?

«Il primo punto riguardava il rispetto per l’ambiente – spiega – e ci è stato confermato che alcuni Comuni in Francia rifiutano il passaggio delle corse, dicendo che il ciclismo è uno sport che inquina. Sappiamo che non è così, ma per non dare adito a certi pretesti, abbiamo approvato che i rifiuti si gettano solo nelle aree verdi. Quando poi si è parlato di dare le borracce al pubblico e hanno previsto l’espulsione, ho votato a favore. Mi hanno convinto con le loro motivazioni. Se il corridore lancia la borraccia e un bimbo per raccoglierla scende dal marciapiede e viene travolto dalla moto di un fotografo? L’espulsione è una sanzione severa, ma è il modo per far perdere le cattive abitudini. La borraccia puoi darla quando ti fermi. Se rallenti e la dai a un bambino, non è lanciarla. So che i corridori sono a favore del dare le borracce ai tifosi e contro il lancio inutile. Le loro obiezioni sono pertinenti, ma non si devono creare situazioni pericolose. Hanno lavorato bene sulla sicurezza, su questo aspetto non c’entrano nulla».

La slide in cui si comunica a team e corridori il divieto di lancio della borraccia
La slide in cui si comunica a team e corridori il divieto di lancio della borraccia

Come rimediare?

In realtà c’entrano, perché ne fanno le spese. E ci sarà da vedere cosa accadrà quando il giudice vedrà un corridore rallentare e porgere la borraccia al bambino di turno. Lo sanzionerà o non valuterà il gentile passaggio come un lancio? E poi è davvero giusta l’espulsione?

«Sulle sanzioni – dice Bugno – cercheremo di intervenire il 14 aprile alla riunione del Ccp, il Consiglio del ciclismo professionistico. I giudici devono applicare le nuove regole che ai corridori sono state inviate. Non è facile nemmeno per la giuria».

Il commento di Trentin giunge lapidario. «Il guaio – dice – è che chi fa le regole non capisce niente di ciclismo. Non è mai successo un incidente come quello di cui hanno parlato, mentre succede spesso che si condividano delle decisioni e poi si faccia il contrario».

Bugno saluta il Cpa, ma difende la squadra

18.03.2021
4 min
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Con il cappellino nero calato sugli occhiali scuri, i capelli lunghi e la mascherina nera, prima di riconoscere il campione della maglia rosa e delle due iridate, è servito sentirne la voce. Bugno è passato alla Tirreno-Adriatico, assieme al presidente federale Cordiano Dagnoni e quello dell’Accpi Cristian Salvato. E così in un momento di calma prima dell’epilogo della corsa, ricordando il comunicato con cui il Cpa ha annunciato il voto elettronico, abbiamo pensato bene di farci raccontare come vadano le cose nel sindacato mondiale dei corridori che Gianni presiede da 12 anni.

Potente ed elegante, nel 1990 il Giro in rosa dall’inizio alla fine
Potente ed elegante, nel 1990 il Giro in rosa dall’inizio alla fine

«Il voto elettronico – dice Bugno – cambierà tante cose ed è anche giusto. Cambierà il presidente, ma non il Consiglio Direttivo. Io mi faccio da parte, ad ora non intendo più candidarmi, perché penso di aver raggiunto gli obiettivi che mi ero proposto quando ho cominciato. Spero però che la squadra costruita in questi anni rimanga e le singole Associazioni possano ben lavorare per rappresentare i corridori, che non hanno davvero il tempo per occuparsi di persona di tante questioni».

Quali obiettivi pensi di aver raggiunto?

Volevamo portare il Cpa a parlare con l’Uci, perché prima andavano il presidente e il segretario e nessun altro aveva diritto di parola. L’ultima assemblea, quella in cui è passato il voto elettronico, è stata la prima in cui abbia parlato il presidente dell’Uci. Credo che abbiamo lavorato bene sulla sicurezza, sui delegati per ogni Paese, come in Italia c’è Salvato, sul professionismo per le donne e sul Protocollo per le condizioni meteo avverse.

Cristian Salvato, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Cristian Salvato, presidente dell’Accpi, nel giorno dello sciopero dei corridori a Morbegno
Cristian Salvato, sciopero corridori, Morbegno, Giro d'Italia 2020
Salvato, presidente Accpi, allo sciopero di Morbegno
Per sicurezza intendi il voto sulle strane posizioni in sella?

Aspettiamo il voto degli atleti, ma io sono a favore del divieto di quella posizione pericolosa. Un po’ perché le bici non sono strutturate per reggere il peso del corridore sul tubo orizzontale. E un po’ perché quello che fanno i pro’ viene imitato dai ragazzi ed è meglio evitarlo. Sicurezza però è anche quella dei percorsi e degli arrivi. L’Uci sta seguendo da vicino gli organizzatori che non si sono adeguati al protocollo. Il 2020 è stato un anno difficile, il 2021 sarà lo stesso. Il ciclismo era già più freddo di un tempo, ma adesso il fatto di non poter avere contatti con gli atleti è brutto. Speriamo ci siano belle corse e grandi campioni che vincono, così le cose gireranno per il meglio.

Il Cpa dice qualcosa in merito alle wild card?

In realtà si tratta di una questione che compete agli organizzatori e all’Associazione dei gruppi sportivi. L’anno scorso, per far partire 25 team alla Sanremo, si chiese di avere 6 corridori per squadra, per un totale di 165 corridori e le WorldTour ovviamente si lamentarono. Quest’anno si partirà in 7 per squadra: io sarei per un gruppo di 200, ma l’Uci non vuole. Non credo che il numero dei corridori in gara incida sulla sicurezza.

Che cosa farà Bugno se non si candiderà più?

Nessun ruolo nel ciclismo. Ho deciso da subito che avrei fatto il pilota e ho studiato per quello. Il 26 marzo ho la visita per riavere l’abilitazione e mettere via questo periodo (il 30 aprile 2020, nei giorni in cui pilotava l’elicottero del 118 a Roma, Gianni ebbe un malore in seguito al quale fu ricoverato al San Camilo e in attesa di accertamenti venne messo a terra, ndr). E’ stato pesante, tra il malanno che ho avuto e il Covid. Ma è andata bene. Mi sono goduto le corse e ho avuto la fortuna di fare il Giro con la Rai, che ringrazio. Un’esperienza che mi è piaciuta e mi ha fatto capire che quello del commentatore non è il mio ruolo. Ho provato, ma non lo farò mai più. Ringrazio un tale Max, che in un forum ha scritto: “Bugno, no grazie”. Devo ringraziarlo perché ha confermato la mia sensazione.

Scatto del 2019, Mohoric nella posizione a uovo ora proibita
Scatto del 2019, Mohoric nella posizione a uovo ora proibita
Però da presidente del Cpa, ti sei ritrovato in tivù a parlare dello sciopero di Morbegno.

E’ stata fatta la volontà dei corridori, ma non è stato semplice gestirla. E’ stato organizzato tutto all’ultimo momento, la sera prima si sapeva che volevano fare qualcosa, ma non la modalità. Ne accettiamo le conseguenze. Come presidente avrei dovuto dire qualcosa. Mi prendo la mia parte di responsabilità.

Non vedi l’ora di tornare in elicottero?

Davvero tanto, ma non so dove andrò. Sono stato al Giro e poi al 118. Quel che verrà, lo vedremo poi. E nel frattempo porto avanti il progetto bici con mio figlio Alessio. Ora stiamo lavorando su una bici assistita. E soprattutto è un bel modo di fare le cose insieme.

Baroni, un quinto posto che sa di futuro

31.01.2021
4 min
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Ci sono piazzamenti che valgono come una medaglia, hanno un sapore dolcissimo di futuro: quando Francesca Baroni ha tagliato il traguardo della gara U23 dei mondiali, ha alzato il pugno come se avesse vinto. Aver tenuto dietro due olandesi, le più temute alla vigilia, ha un significato altissimo. E’ finita quinta, poteva lottare per il podio?

Le olandesi subito in forcing dal via
Le olandesi subito in forcing dal via

Trappola francese

Secondo il Ct Fausto Scotti sì, anche su un percorso così difficile e lo si capisce dalla sua lettura della gara.

«In partenza due francesi, sulla prima salita, si sono piantate – dice Scotti – e l’hanno bloccata, ha perso una ventina di secondi dalle prime che si stavano lanciando in fuga in quel preciso momento. Poi ha fatto un primo giro a tutta, transitando quinta a 25”, ma aveva speso troppo e le ho detto di stare più tranquilla. Si è ritrovata a pedalare nel secondo gruppetto, curiosamente quello con le favorite, quelle che nelle prove di Coppa del mondo viaggiano con le varie Brand e Alvarado. Non aveva timore. Nei primi due giri, sulla sabbia accusava, poi ha invertito la tendenza e ha finito per guadagnare anche su un terreno così ostico. Ha fatto un miracolo, ma dico che senza quell’intoppo iniziale era con le olandesi di testa…».

Van Empel è la più giovane delle olandesi, ma sceglie meglio il tempo: un assaggio di futuro
Van Empel è la più giovane delle olandesi, ma sceglie meglio il tempo

Tutte insieme

La gara effettivamente aveva visto subito la grande favorita, Manon Bakker (terza sia sabato scorso ad Hamme che domenica nella tappa finale di Overijse, ma contro le “grandi”) scivolare ben due volte, vedendo sfumare tutte le sue ambizioni. Davanti era la sua compagna di squadra Inge Van Der Heijden a menare le danze, provando la fuga con le altre olandese Aniek Van Alphen e Fem Van Empel insieme all’ungherese Kata Blanka Vas, altra favorita della corsa.
Gioco di squadra? Fra le ragazze olandesi è un concetto sconosciuto. La magiara, che su alcuni tratti sabbiosi guadagnava, ma su quelli più profondi, vista la sua corporatura leggerina perdeva, ha potuto usufruire del lavoro delle altre arancioni. Fatto sta che a un giro dalla fine si sono ritrovate tutte insieme, con lo spettro della grande beffa che attanagliava i tecnici arancioni.

Dietro intanto la Baroni rimaneva attaccata con la colla alla Bakker e alla britannica Kay, viaggiando sempre fra la sesta e la nona piazza, ma curiosamente dal secondo passaggio, dove il distacco era di 55”, l’azzurra non ha perso più, anche se davanti si dannavano l’anima per vincere.

Van Empel, un’altra olandese campionessa del mondo
Van Empel, un’altra olandese campionessa del mondo

Iride Van Empel

Nel giro finale è stata la Van Empel a prendere l’iniziativa, con la Van Alphen attaccata. L’ultimo passaggio su sabbia era invece fatale alla Vas che vedeva le altre allontanarsi. La situazione si cristallizzava all’ingresso nella parte più tecnica e l’olandese meno accreditata alla vigilia (la più giovane, è al primo anno di categoria) andava a conquistare l’iride con 3” sulla Van Alphen e 9” sulla Vas, che debellava la tenue resistenza di una Van Der Heijden, stravolta dalla fatica e forse anche irritata per il comportamento delle compagne.

Francesca Baroni, Europei ciclocross, s'Hertogenbosch, 2020
Francesca Baroni è stata artefice di una rimonta eccezionale che sa di futuro
Francesca Baroni, Europei ciclocross, s'Hertogenbosch, 2020
Per Francesca Baroni, una rimonta eccezionale

Baroni immensa

La Baroni intanto andava a mettere la ciliegina sulla sua splendida prestazione andando a riprendere l’altra olandese Puck Pieterse (la campionessa europea), finendo splendida quinta a 54”.
«Non ci credo nemmeno io – dichiarava all’arrivo – sapevo che questo percorso non era adatto a me, ma credo di essermi difesa bene anche nei tratti meno favorevoli. Non potevo finire in maniera migliore la mia militanza fra le under 23…”.

L’azzurra passerà infatti fra le elite e viste le sue caratteristiche si candida a un ruolo importante anche nella categoria maggiore. Un talento sul quale è bene investire per il futuro, per farne una valida alternativa allo strapotere olandese.