I soldi fanno la felicità e rendono possibili vittorie altrimenti impensabili. Se un corridore lascia uno squadrone perché capisce di non avere abbastanza spazio, difficilmente andrà in una squadra dal budget inferiore: andrà a cercare un ingaggio quantomeno paragonabile e sperimenterà un altro modo di essere felice. In altre parole, volendo vincere il Tour e avendo strade chiuse alla Visma-Lease a Bike, Roglic è andato alla Bora e non alla Corratec.
Dominio di pochi
E’ un’evidenza persino banale, così come è sotto gli occhi di tutti che i primi posti di ogni classifica e ordine di arrivo sono monopolizzati dagli atleti di pochissime squadre, con… l’intrusione occasionale della Alpecin-Deceuninck, che magari ha meno soldi, ma li distribuisce a favore di pochi nomi di spicco capaci di fare la differenza. Il resto è dominio di UAE Emirates, Visma e Ineos, con la Lidl-Trek e la Bora che hanno fatto un passo in avanti in questo ranking della ricchezza.
«C’è chi spende 45 milioni di euro all’anno – diceva qualche giorno fa Giuseppe Martinelli – e chi ne spende 15 e non può prendere i campioni e tantomeno i giovani talenti».
Come e perché sia accaduto, anche l’UCI ne ha preso coscienza e ha deliberato di metterci mano. Forse per limare il gradino dell’ipocrisia. Forse per coerenza con le regole sui materiali speciali, vietati per dare anche ai Paesi poveri la possibilità di utilizzare gli stessi dei più ricchi.
Limite al bilancio
E’ stato di recente rilasciato un comunicato successivo al primo incontro del PCC (Professional Cycling Council) che si è tenuto a Montreux, includendo per la prima volta la rappresentanza del ciclismo femminile su strada. Tra gli svariati punti discussi e approvati, uno riguarda un limite ai bilanci delle squadre.
«Sul fronte finanziario – si legge – nell’ambito della riforma dell’organizzazione del ciclismo professionistico su strada del 2018, è stato approvato il principio dell’attuazione di un tetto massimo di bilancio per le squadre. Ciò mira a preservare l’equità sportiva evitando eccessive disparità tra le squadre in termini di budget. Sarà istituito rapidamente un gruppo di lavoro per presentare le misure al Comitato Direttivo dell’UCI in vista della loro applicazione a partire dal prossimo rinnovo delle licenze UCI Women’s WorldTour e UCI WorldTour delle squadre (per la stagione 2026)».
Fra Madiot e Gianetti
Il tema era stato discusso e anche su queste pagine lo abbiamo abbondantemente approfondito, a seguito di un’accusa piuttosto secca di Marc Madiot verso i team che più possono spendere. E siccome nel mirino era finito Mauro Gianetti con la sua UAE, la risposta dello svizzero non si era fatta attendere.
«Lesquadre giganti controllano tutto – aveva detto Madiot – nelle corse a tappe e nelle classiche. Noi non vinciamo e non vinceremo. Non possiamo».
La risposta di Gianetti, ovviamente parte in causa e con una posizione dominante da difendere, verteva sull’inutilità di mettere mano ai regolamenti in questa fase del ciclismo, sul fatto che proprio l’organizzazione del WorldTour ha persuaso grandi aziende e Governi nazionali a investire e che non c’è una struttura che permetta al ciclismo di adottare un salary cap: il tetto al monte degli stipendi, che probabilmente sarebbe più incisivo del tetto al budget.
Se puoi permetterti un numero limitato di atleti super pagati, gli altri andranno in altre squadre. Il budget con cui investire in tecnologia e innovazione non è necessariamente da limitare.
Si parte nel 2026
La modifica, stando a quello che dichiara l’UCI, si inserisce nella riforma varata in occasione dei mondiali di Innsbruck 2018, quando si approvò il sistema delle promozioni e retrocessioni dal WorldTour in base ai punteggi conseguiti. E’ chiaro che se la differenza la fa il budget, ci saranno squadre che non rischieranno mai di andare giù (e non ci andranno mai ugualmente).
La nuova via sarà inaugurata dal 2026 e siamo curiosi di vedere in quale forma sarà declinata. E mentre ricordiamo che i team si accorsero delle imminenti retrocessioni e le relative promozioni solo nell’anno che le precedeva, siamo certi che questa volta la loro attenzione sarà massima. I soldi fanno la felicità, averne meno da spendere può mettere in crisi gli attuali modelli vincenti.
Esiste davvero la maledizione della maglia iridata? Alaphilippe dovrà vivere preoccupato? In realtà è una bufala. I grandi campioni l'hanno sempre onorata
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
NASCE BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
«Si è sempre meridionali di qualcuno»: lo disse Luciano De Crescenzo in Così Parlò Bellavista, commedia italiana del 1984. Dal prossimo anno, juniores italiani andranno a correre all’estero e la scelta non è passata inosservata. Anche perché quella che inizialmente poteva sembrare una forzatura, è stata da poco autorizzata dalla Federazione ciclistica italiana. Nel Consiglio federale dell’11 novembre si è infatti reso possibile il tesseramento per società affiliate a Federazioni extra nazionali (in alto la Auto Eder, team U19 della Bora Hansgrohe, in una foto presa da Facebook), a patto che partecipino a un determinato numero di gare regionali.
Suscita clamore già da un paio di stagioni il fatto che emigrino gli under 23 di primo anno, attirati dai Devo Team delle WorldTour del Nord Europa. Ora che se ne vanno i piccoli, il primo istinto è l’indignazione. Un sentimento condivisibile. Partire significa spesso crescere più in fretta, ma non è detto che funzioni per tutti. Il rischio è tornare sconfitti, avendo perso del tempo. Per questo ci aspetteremmo una reazione anche più energica davanti alle cause che li spingono fuori dall’Italia. Perché questi ragazzi effettivamente partono?
Siamo tutti siciliani
Di certo perché ci sono agenti che glielo propongono e che negli ultimi anni – fra giovani e donne – hanno triplicato il bacino di utenza. I corridori parlano delle poche corse a tappe nel calendario nazionale (nel 2024 ce ne saranno due nuove). Del tipo di attività. Di squadre dedite al risultato e poco alla formazione. Vero o no che sia (sbagliato fare di tutta l’erba un fascio), sarebbe davvero utile parlare delle cause e non limitarsi a perdere la voce di fronte al fatto compiuto. Non è singolare però che nessuno abbia mai detto nulla quando a partire da juniores erano ragazzini siciliani come Visconti o Nibali? Oppure stranieri come i fratelli Vacek, arrivati in Italia da allievi? Forse per averne narrato la storia in un recente libro, il percorso di Visconti continua a sembrarci emblematico di cosa significhi per un ragazzo di 16 anni lasciare casa.
«La necessità di partire – ha detto anche di recente il palermitano – a un certo punto si è fatta impellente, perché giù non c’era più il calendario necessario per emergere. Ho cominciato a viaggiare da allievo. Da un certo punto in poi la mia vita è cambiata. Se non mi fosse piaciuta, probabilmente avrei smesso e non sarei durato troppo a lungo. Però era anche il tipo di vita che faceva la selezione fra i tanti che provarono insieme a me. Perché alla fine, di quei tanti sono rimasto solo io».
E così i siciliani partivano, lasciando gli affetti sull’Isola, anche loro in cerca di squadre migliori e gare più attendibili. Non tutti però sono diventati Nibali e Visconti, l’esperienza di Sciortino lo ha appena confermato. La risposta negli anni è sempre stata debole. Nessun presidente federale degli ultimi 30 anni – da Carlesso a Ceruti, da Di Rocco fino ai giorni nostri – può dire di averci provato seriamente. Il blocco dei siciliani ad opera del Comitato regionale agli inizi degli anni 90. Il Progetto Sud. Il balletto delle affiliazioni plurime, concesse e poi ritirate. I vincoli regionali. E tutto quell’universo di rimedi che hanno coperto per anni la scarsa intenzione di mettere mano al problema.
Forse lo si riteneva normale. Non si è sempre dato per scontato che per trovare lavoro si debba lasciare il Sud e trasferirsi al Nord? Giù non ci sono soldi, d’altra parte, su ci sono le fabbriche. E se invece i soldi finiscono anche al Nord? Succede che anche quelli di su scoprono (in parte) cosa significhi essere siciliani e veder partire i propri figli. Siamo il Meridione d’Europa, lo siamo anche geograficamente. E tutto sommato da una qualsiasi regione del Nord Italia si fa molto prima a raggiungere Raubing, sede della Bora-Hansgrohe, di quanto impieghi un palermitano per raggiungere Pistoia (il viaggio di Visconti).
Ragazzini con la valigia
Lo stesso inaridimento del Mezzogiorno si è prima esteso al Centro e ora sta attaccando il Nord. E la risposta, di fronte al calo dei tesserati, alla difficoltà di trovare squadra da juniores e poi da U23, alla ricerca di un’attività più qualificata, è stata gestire gli effetti senza andare alle cause. Invece di dare il via libera, che in caso di minorenni non è legato al diritto al lavoro, perché non riqualificare l’attività nazionale?
In verità non ci sembra affatto insolito che atleti di 17 anni mettano i sogni nella valigia e li portino dove vedono o credono di vedere una migliore prospettiva per il futuro. Come ai tempi di Visconti. Quello che troviamo disarmante è anche che il fenomeno non sia stato inquadrato a livello internazionale. Ognuno fa quel che gli pare: tanti partono, tanti tornano, qualcuno riesce, tanti smettono.
Tutti alle urne
Dopo le Olimpiadi si andrà nuovamente al voto e nei programmi elettorali dei vari candidati leggeremo di nuovo le proposte per il Sud e magari anche per l’attività giovanile.
Chi è chiamato al voto legga attentamente quei programmi e poi torni a leggere quelli delle ultime volte. Quindi verifichi quanto di ciò che è stato promesso sia stato effettivamente attuato. E a quel punto voti. Sarebbe curioso, in questa Italia che cerca il cambiamento ma poco fa per cambiare, vedere che cosa succederebbe se la base per una volta votasse con la testa anziché sulla base delle promesse che presto ricominceranno a piovere.
Qual è lo stato di salute del movimento U23 italiano? Certe lacune dipendono dalla Federazione o serve un'analisi diversa? Puntare il dito non fa crescere
Debutta a Ostenda la prima fornitura Santini di maglie iridate ricavate da tessuti riciclati. Una svolta green che riguarda anche le confezioni compostabili
Il 7-8 ottobre ancora in Veneto avrà luogo il secondo mondiale gravel della storia. Il primo lo organizzò e anche bene Filippo Pozzato nel 2022. Sembrava dovesse andare così anche quest’anno, dato che l’assegnazione era biennale, invece nel cuore dell’estate qualcosa non è andato come si pensava. Nessuno sa bene come e perché, ma la PP Events del vicentino ha ricevuto una lettera di disdetta da parte dell’UCI. La Federazione italiana si è affrettata a scrivere in un comunicato di non averne responsabilità, mentre il diretto interessato al momento ha scelto di non dire nulla, concentrato sulle sue corse di fine stagione.
Comunque sia, il mondiale gravel 2023 è passato nelle mani di Pedali di Marca, organizzazione trevigiana che fa capo a Massimo Panighel, organizzatore di mondiali Marathon e referente per le tappe dolomitiche dell’ultimo Giro d’Italia. E così dai sentieri di Asiago in cui par di capire che fosse tutto pronto, la sfida si svolgerà sulle colline del Prosecco, avendo però appena due mesi per mettere insieme tutto. Abbiamo intercettato Massimo Panighel, appena uscito dalla banca in cui lavora.
Quando hai saputo ufficialmente che c’era da mettere mano al mondiale gravel?
Il 4 agosto. E non è vero, come dice qualcuno, che Panighel lavorasse sotto traccia dall’inverno, perché davvero non ne sapevo nulla. Il 2-3 agosto, durante una riunione con il Comitato provinciale per parlare della riforma dello sport, ho chiesto al presidente provinciale se ci fossero notizie: se il mondiale gravel lo avrebbero fatto ad Asiago oppure a Cortina, perché girava anche questa voce. E lui ha fatto un sorriso strano, che ora posso interpretare diversamente. Avevo sentito qualche voce un mese prima, alla Dolomiti Superbike, ma nulla di più. Il primo passaggio ufficiale è stato due giorni dopo quando mi ha chiamato Peter Van den Abeele dell’UCI, mentre ero in vacanza ad Auronzo.
Che cosa significa mettere in piedi un mondiale in così poco tempo?
Prima c’è stato il percorso, che andava disegnato. Ci penso tutte le mattine e tutte le sere quando vado a letto, abbiamo 20-25 giorni di tempo. L’UCI ha visto il percorso l’ultima settimana di agosto. Lo abbiamo disegnato cercando di stare nei limiti che ci hanno imposto, cioè 60 per cento di sterrato e 40 di asfalto. Il tutto, dovendo anche assecondare le richieste dei sindaci, per passare dove hanno piacere o necessità che si passi. Però è un bel percorso.
Fatto come?
Si parte dal Lago delle Bandie, dove c’è stato il mondiale di ciclocross del 2008, poi si passerà una prima volta a Pieve di Soligo e faranno un primo anello nella zona di Revine Laghi, Tarzo e San Pietro di Feletto. Un altro passaggio sul traguardo di Piave di Soligo e si farà un secondo anello nella zona classica del Prosecco, fra Pieve di Soligo e Valdobbiadene. La lunghezza sarà sui 160-170 chilometri per gli uomini con circa 1.800-2.000 metri di dislivello. Quello delle donne lo stiamo ridisegnando adesso, perché abbiamo dovuto fare dei tagli, sarà sui 140 chilometri con 1.600 metri di dislivello. Ma il problema non è tanto per le categorie elite, il fatto è che bisogna disegnare tre percorsi per le categorie master e questo sarà davvero impegnativo. Come sarà un bel lavoro trovare e gestire i volontari, trovare le ambulanze… Non è così semplice.
Il mondiale gravel partirà dal centro Le Bandie, dove si disputò il mondiale 2008 di cross (foto Facebook)Da Pieve di Soligo si andrà verso Valdobbiadene e le colline del Prosecco (foto f. Marquez)
Quali risposte avete avuto dai Comuni, dai territori, avendo così poco preavviso?
Ottime, perché fortuna vuole che Fabrizio Cazzola, che è Consigliere federale e fa parte del gruppo ristretto che sta lavorando al mondiale, è di quelle zone quindi conosce benissimo le persone che contano. Un’altra figura cardine è il presidente del Comitato provinciale, Giorgio Dal Bo’, che con la Prefettura e la provincia di Treviso sta portando avanti il discorso delle autorizzazioni. Gli stessi Comuni si sono impegnati a chiedere i permessi nei confronti dei privati, i cui terreni saranno attraversati dai percorsi.
L’organizzazione è in mano a Pedali di Marca?
Diciamo che Pedali di Marca è il referente presso l’UCI, ma abbiamo cercato di fare un comitato di lavoro esteso, coinvolgendo tutte le società della provincia di Treviso, fra cui quella di Lucio Paladin, papà della Soraya. C’è bisogno di tutti, non si può pensare che una sola persona faccia il mondiale, ci vuole la collaborazione di tutto un territorio.
Pensi che ci sarà anche una ricaduta in termini di promozione del territorio?
L’anno scorso, quando venne fuori che Pozzato avrebbe organizzato il mondiale per due anni, ci incontrammo. Io sto portando avanti da tre anni con la Regione Veneto un progetto che si chiama Gravel in the Land of Venice. Abbiamo fatto 80 percorsi nel Veneto dedicati al gravel, più o meno impegnativo, dagli argini alla pianura, la laguna, le colline, la montagna. Proposi di unire le forze, in modo che la gente venisse a vedere il campionato del mondo, ritrovandosi in un territorio dove c’è la possibilità di fare pedalare. Però non se ne fece nulla. La risposta a questa domanda è che se il territorio capisce di avere delle potenzialità, allora il ritorno c’è.
Se lo scorso anno il… pezzo forte era Peter Sagan, quest’anno ci sarà anche Van AertSe lo scorso anno il… pezzo forte era Peter Sagan, quest’anno ci sarà anche Van Aert
Di quali potenzialità parliamo?
In quegli 80 percorsi, abbiamo mappato 6.000 chilometri di gravel, ma probabilmente potrebbero essere molti di più. Bisogna capirlo. La Toscana ne ha fatto un business, perché ormai le Strade Bianche sono un’icona, che non ha neppure bisogno di presentazione. Qui avremmo un territorio che è altrettanto valido, ma per avere un ritorno bisogna cogliere l’occasione, non dipende da Panighel. Però facciamo un po’ fatica. Ho visto anche che le tappe del Giro d’Italia a livello personale sono state una bellissima esperienza, ma siamo certi che abbia avuto un ritornoadeguato?
Qual è la tabella di marcia per i giorni che restano?
E’ come quando arriva una fattura con scritto “pagamento a vista”. Spero di fare l’ultimo sopralluogo e chiudere i percorsi nel prossimo fine settimana, cercando anche di accontentare le richieste di Golazo Cycling, la società belga che lavora con l’UCI. Una tabella di marcia vera e propria non la so indicare, perché è tutto urgente. Ci dividiamo i compiti, ognuno porta avanti il suo. Il discorso dell’assistenza sanitaria non è una cosa di poco conto, perché l’evento va avanti per due giorni. Si dovranno gestire circa 500 volontari. Poi c’è la parte della logistica. Va preparata la guida tecnica internazionale per l’UCI. C’è il discorso hotel. C’è tutto il fronte della comunicazione, c’è da trovare lo speaker. Non so chi abbia avuto la bella idea di dare in giro il mio numero, per cui mi stanno arrivando richieste per le iscrizioni che invece gestisce Golazo. Spero che alla fine vada tutto bene e che qualcuno ci dica se non altro che abbiamo fatto un bel lavoro.
Per comunicazione intendi anche quella verso gli utenti?
E’ un problema, perché la gente potrebbe aver preso impegni diversi. Ci fosse stato almeno il secondo mese a disposizione, sarebbe stato diverso, ma il secondo mese a disposizione era agosto ed era tutto fermo. E’ chiaro che più vai avanti e più diventa difficile gestire ad esempio le prenotazioni. Magari c’è il belga che ha aveva prenotato una settimana a Peschiera del Garda, e ora deve disdire, magari perdendo la caparra. Per questo ci sono cose che non capisco.
Panighel ha spiegato che con Gravel in the Land of Venice sono stati mappati 6.000 chilometri di percorsiPanighel ha spiegato che con Gravel in the Land of Venice sono stati mappati 6.000 chilometri di percorsi
Quali cose?
Ho firmato altri contratti con l’UCI. A fine settembre 2023 avremmo dovuto pagare la prima rata per il mondiale Marathon che organizzeremo nel 2026. L’abbiamo posticipata, dovendo pagare quella del mondiale Gravel, ma in ogni caso so benissimo che se ritardi un giorno, ti chiamano subito. In queste cose non si affonda da soli, ci sono anche altre componenti. Forse ci saranno sotto questioni politiche che a me sfuggono, io da uomo di sport sto dando una mano per venirne fuori.
Non resta che lavorare?
Quello che stiamo facendo. Noi abbiamo anche un mondiale nel 2026. C’è un velodromo a Spresiano che speriamo prima o dopo abbia conclusione, in cui si dovrebbe svolgere un mondiale su pista. Stiamo lavorando tanto col gravel, perché è una disciplina emergente che porta tanta soddisfazione, in fondo basterebbe che ognuno facesse bene il proprio compitino. Io provo a fare il mio e intanto lavoro anche in banca. La tipa di Golazo non voleva crederci, ho dovuto spiegarle che ho una moglie e dei figli da far mangiare e tutto il resto per me è volontariato. Ma non sono convintissimo che ci abbia creduto…
Era veramente impraticabile l’arrivo di ieri alla Vuelta? Ed è possibile che la decisione sia stata presa sulla base delle immagini social e televisive, senza che un ispettore di percorso e un giudice fossero sul posto per verificare?
In questo ciclismo che va così forte, sembra che alcune componenti siano ancora troppo lente, portando il ridicolo fino ai vertici più alti dello sport. Al Giro d’Italia si decise di moncare la tappa di Crans Montana sulla base di richieste non documentate, non mostrando le foto in possesso a chi aveva il compito di vigilare sul percorso. Al Giro Next Gen alcuni video su Instagram provocarono la squalifica dei corridori attaccati alle ammiraglie, mentre la Giuria aveva già omologato l’arrivo. Così anche questa volta si è neutralizzato il finale senza che un organo ufficiale del ciclismo internazionale si sia preso la briga di andare a verificare. E questo non va bene. Anche perché i corridori della Vuelta hanno poi proseguito fino al traguardo senza alcun problema. L’espressione di Kuss nella foto di apertura denota stupore: forse neppure il leader della Vuelta ha capito il perché della decisione.
Sulla stessa base sarebbe stata azzerata forse la tappa vinta da Quintana sul Terminillo nel 2015 e si sarebbero messe in discussione anche le Tre Cime di Nibali nel 2013. Non vogliamo dire che i corridori debbano andare al martirio e correre in qualunque condizione, ma pretendiamo scelte adottate su basi oggettive.
Così la strada alcune ore prima dell’arrivo. Nonostante la pulizia, la corsa è stata neutralizzata (immagini cyclinguptodate)Così la strada alcune ore prima dell’arrivo. Nonostante la pulizia, la corsa è stata neutralizzata (immagini cyclinguptodate)
Social, la giuria parallela?
In questo caso non si tratta neppure di avere un protocollo per le condizioni avverse unificato e indeformabile, si tratta di portare nelle organizzazioni e in chi le sovrintende lo stesso professionismo che si pretende negli atleti e nei gruppi sportivi. Invece continuiamo a vedere percorsi disegnati senza apparenti criteri tecnici (come la cronosquadre di questa Vuelta) e decisioni prese per non doverne discutere dopo l’arrivo, come se chi è chiamato a prenderle abbia sul collo il fiato di rivendicazioni che non è sicuro di poter sostenere. Come se nella scuola il preside togliesse di mezzo le materie più spinose, per non subire le lamentele di alunni e genitori. E anche questo non va bene.
L’organizzatore ha il diritto di proporre il percorso e il dovere di disegnarlo secondo i criteri tecnici previsti dai regolamenti dell’UCI. L’UCI a sua volta ha l’obbligo di verificarlo. Può capitare che condizioni imprevedibili rendano il percorso impraticabile, ma la decisione di cambiarlo richiedeben altra presenza sul terreno. Altro che social…
La presenza di fango sull’asfalto interessava solo l’ultima rampa. Era davvero impossibile arrivare?La presenza di fango sull’asfalto interessava solo l’ultima rampa. Era davvero impossibile arrivare?
UCI inadeguata o pigra?
La settimana scorsa, Salvatore Puccio fu purtroppo portatore di una profezia infausta, parlando di regolamenti, di chi dovrebbe prendere le decisioni e delle conseguenze drammatiche di gestioni troppo disinvolte.
Al via della Vuelta, a causa della pioggia e delle troppe curve della crono di Barcellona, De Plus è finito all’ospedale con l’anca fratturata. Quel percorso era sbagliato e la pioggia lo ha teso pericoloso. L’arrivo di ieri era davvero impraticabile? Kamna, Sobrero e i primi otto dell’ordine di arrivo lo hanno affrontato senza problemi, gli altri hanno concluso la corsa in anticipo. Sin dalla vigilia, l’ultimo chilometro (solo quello) appariva invaso dal fango, ma al momento del passaggio della corsa, la strada era pulita. Secondo alcuni, il problema riguardava anche il breve tratto di discesa prima dell’ultimo strappo: scivoloso, secondo Evenepoel, che ha ben accolto la neutralizzazione degli ultimi 2 chilometri. Un punto di vista piuttosto prevedibile il suo, considerando che nell’ultimo chilometro al 12 per cento, il belga avrebbe dovuto difendersi da altri attacchi di Roglic.
Quel che stona è il criterio attraverso il quale si è deciso di modificare il finale. L’UCI drena milioni di euro a tutti gli organizzatori, forse sarebbe il caso che destinasse maggiori risorse per gestire simili situazioni. Non si può accontentare tutti, ma non è improvvisando o chinando ogni volta il capo che si rende il ciclismo più affascinante.
Il ciclismo italiano impigliato fra il nuovo indispensabile e il vecchio che ci trattiene. Abbiamo atleti forti e (a volte) gestori discutibili. Come si fa?
Renat Khamidulin chiama dalla Russia, dove sta giocando con suo figlio di tre anni. Tornerà in Italia dopo il 20 luglio e annuncia qualche novità, ma si capisce che la chiusura della sua Gazprom RusVelo abbia lasciato ferite che non si sono ancora cicatrizzate.
La squadra ha fatto ricorso al TAS di Losanna contro il ritiro del titolo sportivo che gli ha impedito di ripartire. Originariamente era stata chiesta una decisione d’urgenza, ma non ne sono stati ravvisati gli estremi e si è intrapresa la strada del giudizio ordinario. E mentre i suoi corridori più o meno faticosamente si vanno sistemando, Renat è fermo e si guarda intorno.
Renat è tornato in Russia, a giugno ha partecipato alla White Nights Marathon di San Pietroburgo (foto Instagram)Renat è tornato in Russia, a giugno ha partecipato alla White Nights Marathon di San Pietroburgo (foto Instagram)
«Prima di ragionare di qualsiasi cosa – dice in un sottofondo di bimbi al parco – voglio aspettare il verdetto del Tas. La procedura va avanti. Non so se sarà veloce, di certo non prenderà il tempo di un tribunale ordinario, ma qualche mesetto ci vorrà. E poi pensiamo di ripartire, certo. Ma non prima di aver capito se quello che ha fatto l’Uci sia stato illegittimo o se il mondo sia davvero cambiato. Adesso che riesco a guardarlo dal di fuori, mi chiedo se davvero questo sia professionismo…».
Che cosa intendi?
Non è un mondo professionistico se una società che investe soldi non guadagna, non è protetta e non ha la sicurezza che i soldi investiti non li perderà per fattori esterni come è successo a noi. Sto leggendo quello che succede in America e siamo totalmente fuori strada. Basta guardare come lavorano le altre leghe. Prendiamo il Tour…
Che cosa succede al Tour?
Erano tutti preoccupati per i tamponi. E se trovano positivo Pogacar con tutti gli interessi che smuove e magari è totalmente asintomatico, lo mandano a casa? Non voglio sminuire l’entità del Covid, ma trovo incredibile che non si siano studiate soluzioni per i vari casi. Nel professionismo, si sarebbe dovuto fare. Come trovo irrispettoso quello che succede in tutto questo scambio di sponsor.
Finché è stata in gruppo, la Gazprom si è segnalata per la sua compattezzaFinché è stata in gruppo, la Gazprom si è segnalata per la sua compattezza
Parli della Soudal con Quick Step?
Esatto e la Lotto si ritrova senza sponsor. Come fai a programmare? Oppure il nostro caso. C’è il discorso della guerra, possiamo farci poco. Credono che fermandoci hanno fatto male al presidente della Russia? Non credo che Putin sappia nulla del ciclismo, a lui non hanno fatto male. Ma vi assicuro che hanno fatto male a Canola.
Dei corridori non si è preoccupato nessuno…
Le stesse richieste del CPA non sono state nemmeno prese in considerazione. Devo pensare che tengono il sindacato per far vedere che c’è, ma è impotente? Andate a guardare l’hockey americano. Le grandi squadre investono 80 milioni, le piccole 40. Ma se toccano i diritti delle più piccole, si ferma tutto finché non si trova una soluzione. Non gioca più nessuno. Questo è professionismo, non è un divertimento. All’UCI invece sono dilettanti e difendono le loro creazioni. Quanto interesse c’è stato sui campionati europei giovanili? Nessuno, ma loro sono lì a farsi belli. Mi ricorda il discorso di Tinkov…
Sull’inutilità di investire?
Oleg diceva che non serve investire, se non torna indietro niente. Uno che investe deve sapere cosa ci guadagna, altrimenti è inutile lamentarsi del fatto che non ci sono sponsor. Eppure l’UCI pretende di mettere sulle nostre maglie i suoi loghi, grandi quanto dicono loro e senza pagare niente. E da qui si capisce che non è professionismo.
Gazprom cancellata, ma Makarov, parte dell’UCI Management Committee e decisivo nelle ultime elezioni, è ancora al suo postoGazprom cancellata, Makarov, parte dell’UCI Management Committee e decisivo nelle ultime elezioni, è ancora al suo posto
E nonostante questo, pensi di ripartire?
I corridori hanno capito che la nostra era una società sicura, ma di certo abbiamo perso immagine e dobbiamo pensare bene a come ripartire. Serve un cambio di sistema, perché mi troverei davanti alla stessa gente che mi ha cancellato senza accettare di parlarmi.
I corridori hanno capito e di te parlano un gran bene…
E questo mi fa piacere, perché hanno ricevuto pressioni affinché parlassero male della squadra. Si deve cambiare. Il ciclismo ha un potenziale enorme, ma è lo sport più povero. L’idea della super lega diventerebbe attuale a patto di far saltare questo sistema. E succederà quando arriverà una persona più forte di quelli di Aigle. Perciò per ora mi godo la famiglia e quando torneremo sarà per fare bene. Non potrò riprendere tutto il mio gruppo, ma io non ho lasciato nessuno per la strada…
Van Empel iridata fra le U23 a Ostenda, ma il 5° posto di Francesca Baroni è uno squarcio di futuro eccezionale. Gran prova della toscana che passa elite
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
NASCE BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Tirato per la manica, il presidente dell’UCI, David Lappartient, ha infine deciso di dare un segno di vita ai corridori italiani della Gazprom-RusVelo, che però è estendibile anche a tutti gli altri. E anche se nella lettera inviata a ciascuno di loro non c’è risposta ai due quesiti posti, se non altro vi si spiega il perché di tanto rumoroso silenzio. Argomenti, sia chiaro, che non parlano di volontà di collaborazione, ma poggiano se non altro su ragioni credibili.
A metà marzo, Renat Khamidulin, team manager e proprietario della squadra, ha infatti presentato ricorso al TAS di Losanna contro il provvedimento di cancellazione della sua squadra. Ha portato una serie di motivazioni che il tribunale sportivo ha trovato evidentemente di difficile masticazione o di difficile gestione, dato che al suo giudizio hanno fatto ricorso anche altre discipline colpite dalle stesse sanzioni. Il calcio in primis. Una sentenza era attesa da almeno tre settimane, ma non se ne ha traccia.
Con questa lettera, l’UCI ha comunicato ai corridori Gazprom la necessità di attenere il verdetto del TAS
Nel testo si legge chiaramente di dover attendere la risposta di Losanna
Con questa lettera, l’UCI ha comunicato ai corridori Gazprom la necessità di attenere il verdetto del TAS
I tempi (biblici) del TAS
L’attesa dei tempi del TAS, fatti salvi i casi d’urgenza, fanno parte della storia del nostro sport. I giudici di Losanna se la prendono spesso comoda perché le loro sentenze siano inoppugnabili, ma trasformando di fatto quell’attendere in una vera e propria sanzione. Un esempio?
Ricordate la siringa di insulina trovata nella famosa stanza di Montecatini al Giro del 2002? Una cameriera attribuisce la stanza a Pantani. Non si procede ad analisi del DNA sulla siringa stessa, non c’è positività a un controllo, ma l’UCI squalifica il romagnolo. Davanti a evidenze a dir poco rocambolesche, dopo un mese la CAF (Commissione antidoping federale) annulla la squalifica di 8 mesi. Pantani potrebbe tornare a correre a luglio, ma il 20 agosto l’UCI ricorre al TAS, che si riunisce il 25 gennaio 2003. Cosa sono quei 6 mesi se non l’applicazione della squalifica? E ricordate quando arriva il verdetto? E’ il 13 marzo quando il TAS fa sapere che la squalifica è stata ridotta da 8 a 6 mesi, quindi Marco può tornare a correre il 18 marzo. Marco, che di lì inizierà la rincorsa all’ultimo Giro della carriera, è stato fermato per 9 mesi.
La sede del TAS è in questo castello a Losanna: la giustizia sportiva è sottoposta alle sue sentenzeLa sede del TAS è in questo castello a Losanna: la giustizia sportiva è sottoposta alle sue sentenze
Situazione di stallo
I corridori della squadra russa non hanno più una maglia, dato che la Gazprom è stata cancellata. Stando così le cose, sarebbero liberi di accasarsi dove meglio credono, ma il fatto è che i team interessati (Bahrain Victorious, Alpecin-Fenix e Quick Step fra loro) hanno già raggiunto il tetto massimo di 31 atleti e questo rende impossibile l’operazione, a meno di una deroga da parte dell’UCI.
L’UCI però dice di avere le mani legate. Se in effetti il TAS annullasse il provvedimento dell’UCI e riammettesse la Gazprom alle gare, con quali corridori potrebbe correre se i migliori se ne sono andati via?
Un altro lockdown
Non resta che aspettare, sapendo quanto tale verbo sia odioso per atleti che nel frattempo si allenano e fanno la vita del corridore, senza sapere dove correranno e senza essere pagati. Come durante il lockdown, vedendo però che il mondo fuori è ripartito.
Né d’altra parte era lecito aspettarsi che Lappartient, eletto membro del CIO il 22 febbraio scorso in occasione del 139° congresso svolto a Pechino, disapplicasse o applicasse in modo elastico una norma dettata proprio dal Comitato Olimpico Internazionale. Basta guardare la firma in calce alla lettera. Senza rendersi conto che in palio non c’è il prestigio dell’istituzione, quanto piuttosto la vita di 50 persone che di quella dannata guerra non hanno colpa. E il cui fine carriera non costituirà certo elemento di pressione sul dittatore che tale guerra l’ha scatenata.
Conci e Fedeli hanno firmato. Canola andrà da solo. Carboni, Malucelli e Scaroni hanno trovato uno sponsor. Inizia la trasferta tricolore dei 4 Gazprom
Scaroni vince anche l'ultima tappa e bussa alla porta di chi può decidere del suo futuro. Correrà i tricolori, se il ciclismo ha un cuore, qualcosa va fatto
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
NASCE BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
A margine delle vittorie, delle imprese e delle delusioni, i mondiali di Leuven hanno segnato alcuni importanti momenti nella vita politica del ciclismo. La conferma di David Lappartient al comando dell’Uci e alcune elezioni e incarichi hanno cominciato a tracciare la via verso Parigi.
Eletto a Bergen nel 2017, il primo iridato premiato da Lappartient fu SaganEletto a Bergen nel 2017, il primo iridato premiato da Lappartient fu Sagan
Professione politico
Il francese riuscì con un’abile spallata a buttare giù il monopolio anglosassone di Brian Cookson a Bergen, in Norvegia. Non era favorito, seppure la sua presidenza della Federazione francese e poi quella della Uec lo avessero segnalato come un politico competente e abile. Aveva alle spalle vari incarichi nel suo territorio, il Morbihan, come sindaco e capo del consiglio dipartimentale (eletto nelle ultime elezioni) in quota al Partito Repubblicano. Alla vigilia del Congresso di Bergen, con l’aiuto del russo Makarov e di Renato Di Rocco, riunì alcuni elettori in un ristorante del porto norvegese e alla fine divenne presidente.
A Leuven Di Rocco è stato nominato vicepresidente onorario dell’Uci: un segno di riconoscenzaA Leuven Di Rocco è stato nominato vicepresidente onorario dell’Uci: un segno di riconoscenza
Parità di genere
Lappartient ha annunciato che andrà avanti con il programma che, a suo dire, ha realizzato al 90 per cento. Ha ammesso di aver fallito (finora) soltanto nella riforma del modello economico del WorldTour, per le resistenze dei team e degli organizzatori e il Covid che ha reso tutto più difficile.
La ricollocazione delle gare 2020, unita ai progressi del ciclismo femminile sono stati raccontati come i successi più evidenti. Nel secondo caso, Lappartient ha posto l’accento sulla creazione di un calendario coerente alle ambizioni del movimento, su una gerarchia più strutturata (si punta con decisione all’aumento delle squadre WorldTour) e sull’aumento dei minimi salariali equiparati a quelli degli uomini.
Assieme a Gilbert, Winder Ruth è stata eletta nella Commissione atletiAssieme a Gilbert, Winder Ruth è stata eletta nella Commissione atleti
Da Glasgow a Kigali
Tra le novità più interessanti, va riconosciuta la spinta a favore del ciclismo africano. Se il centro di Aigle è da anni un riferimento per molti atleti provenienti da quei Paesi (il racconto di Ghirmay è eloquente), la scelta di portare i mondiali del 2025 a Kigali è un gesto forte. Va capito se nel frattempo l’Uci spingerà per uno sviluppo del ciclismo in loco.
Su questo fronte, dopo i prossimi mondiali di Wollongong 2022, che vi abbiamo già presentato, a partire da Glasgow 2023 l’idea di Lappartient è di far svolgere nella stessa occasione le gare delle 13 discipline olimpiche del ciclismo. Quindi strada, pista, mountain bike e Bmx.
La favola di Ghirmay, primo da sinistra e secondo ai mondiali U23, parla degli sforzi dell’Uci per l’AfricaLa favola di Ghirmay, primo da sinistra e secondo ai mondiali U23, parla degli sforzi dell’Uci per l’Africa
Il nuovo scanner
Altro fronte, altra storia: doping e doping tecnologico. Proprio per il secondo punto, i giorni di Leuven sono stati l’occasione per annunciare il superamento della tecnologia dei tablet, per passare alla nuova tecnologia Backscatter X-Ray: uno scanner portatile in grado di… leggere all’interno di ogni parte della bicicletta.
«I mondiali sono stati la seconda volta che l’UCI vi faceva ricorso – ha dichiarato Michael Rogers, Innovation Manager – la natura portatile dei dispositivi di retrodiffusione ha consentito al personale dell’UCI di eseguire 56 controlli sulle biciclette di tutti i vincitori e dei corridori selezionati casualmente». La bici di Julian Alaphilippe è stata punzonata a pochi secondi dall’arrivo e consegnata al controllo radiografico entro sei minuti dall’arrivo.
Quanto al doping degli atleti, durante l’assemblea Lappartient ha rivendicato la messa al bando del Tramadol dal 2019 e l’anticipo al primo gennaio 2022 il divieto definitivo dei corticosteroidi, per la scelta adottata dalla Wada proprio su pressioni dell’Uci.
Michael Rogers è il Manager Innovation dell’Uci e sovrintende ai controlli sulle biciMicheal Rogers è il Manager Innovation dell’Uci e sovrintende ai controlli sulle bici
Quale futuro?
Questo il sunto di quattro anni di presidenza, con alcuni aspetti positivi (fra questi l’elezione di Philippe Gilbert e Ruth Winder nella Commissione atleti) e qualche svarione, come l’essersi mostrato al fianco di capi di Stato poco raccomandabili.
Quale sarà la direzione per i prossimi anni? Riforme tecniche, tecnologiche e di genere: il piatto è ricco, i bisogni moltelplici. E poi ci sarà da capire se Lappartient vorrà restare o puntare a un incarico di governo in Francia o a duna poltrona nel Cio. Di certo con i suoi 48 anni, i modi affabili e la capacità di gestire situazioni spinose, è lecito aspettarsi che abbia mire importanti.
Conferenza stampa nel giorno di riposo per richiamare l'attenzione. I corridori Gazprom stanno sprofondando, l'UCI li ignora. Cosa si fa se continua così?
Dopo le parole del fisioterapista della nazionale, parliamo con “Mary” Confalonieri del suo orgoglio ai mondiali di Leuven e della vittoria della Balsamo
L'UCI ha ricevuto due domande dagli italiani della Gazprom, ma è passato un mese e non ci sono risposte. I ragazzi sono fermi. E giustamente protestano
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
NASCE BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Il brand Alé, una delle realtà di riferimento a livello mondiale per quanto riguarda la produzione di abbigliamento tecnico per il ciclismo, ha recentemente rinnovato ed esteso fino al 2024 la propria partnership operativa con l’Unione Europea di Ciclismo (UEC), la più importante ed ovviamente prestigiosa tra le cinque confederazioni facenti parte dell’Union Cycliste Internationale (UCI) e deputata all’organizzazione dei campionati europei di ciclismo nelle differenti discipline: strada, Mtb, pista, Bmx, ciclocross e ciclismo indoor.
I prossimi Campionati a Trento
Proseguendo gli accordi in essere, e come già avvenuto negli anni passati, Alé continuerà a ricoprire il ruolo di partner ufficiale dell’ente europeo continuando letteralmente a “vestire” con le proprie maglie tutti i campioni che saliranno sul podio dei prossimi Campionati Europei di ciclismo, ricordando che la prossima rassegna continentale su strada si svolgerà proprio in Italia, a Trento.
La maglia è il bestseller PR-S
Le maglie espressamente disegnate da Alé per la UEC fanno parte della collezione PR-S. Studiata specificamente per l’impiego in competizione, questa linea è stata costantemente sviluppata sfruttando i feedback ricevuti dai moltissimi professionisti che nel passato e ancora oggi indossano Alé, come i team Bahrain Victorious, Movistar, Groupama FDJ, Bardiani CSF Faizanè e la femminile Alé BTC Ljubljana, unica italiana del “circus” World Tour. Tessuti leggeri e performanti, tagli ”race-fit” progettati in galleria del vento, massima traspirabilità grazie alla tecnologia del Body Mapping. Grazie a queste esclusive caratteristiche le maglie della collezione Alé PR-S vantano dei “plus” tecnici davvero di gran rilievo.
Giacomo Nizzolo campione europeo su strada 2020
Annemiek van Vleuten campionessa europea su strada 2020
Vittoria Guazzini ed Elisa Balsamo campionesse europee della Madison
Giacomo Nizzolo campione europeo su strada 2020
Annemiek van Vleuten campionessa europea su strada 2020
Vittoria Guazzini ed Elisa Balsamo campionesse europee della Madison
Anche per i granfondisti
La rinnovata collaborazione con la UEC si estende inoltre anche alla Gran Fondo Alé La Merckx. L’evento è in programma il prossimo 6 giugno a Verona, e di cui Alé è primo promotore, che per il secondo anno consecutivo sarà prova unica per l’assegnazione delle prestigiose maglie di Campione Europeo Gran Fondo. «Personalmente è davvero un gran piacere poter annunciare il proseguo della partnership con la UEC – ha dichiarato Alessia Piccolo, Amministratore Delegato di APG la realtà a cui Alé fa capo – e pensare che i migliori ciclisti e le migliori cicliste d’Europa vestiranno le nostre maglie sul podio dei Campionati Europei di Ciclismo mi riempie di orgoglio. A pochi minuti dalla loro vittoria porteranno sul cuore, insieme alle stelle simbolo della bandiera europea, anche il logo Alé».
Esiste davvero la maledizione della maglia iridata? Alaphilippe dovrà vivere preoccupato? In realtà è una bufala. I grandi campioni l'hanno sempre onorata
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
NASCE BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute
Chi doveva dirglielo a Michael Schar che non sarebbe stata la ripartenza per un salto di catena a metà di un muro a farlo fuori dal Fiandre, bensì il lancio della borraccia verso un gruppo sparuto di tifosi? Ci sarebbe da scherzare dicendo che se quelle persone non fossero uscite di casa, allo svizzero non sarebbe venuta la tentazione, ma si tratta ovviamente di una provocazione. E come Schar, poco dopo è stata fatta fuori dalla corsa anche Letizia Borghesi.
Anche Borghesi (qui al trofeo Binda) espulsa dal Fiandre per lancio della borracciaAnche Borghesi (qui al trofeo Binda) espulsa dal Fiandre per lancio della borraccia
Sono stati scritti commenti e lettere piene di sentimento, ma è come cercare di intenerire l’agente di Polizia che ti ha pizzicato con il laser: non attacca e non serve. Mentre forse è utile cercar di capire che cosa ci sia a monte dei vari provvedimenti dell’Uci in tema di sicurezza. E come certe decisioni vengano prese (sembrerebbe) in barba agli accordi raggiunti.
Trentin racconta
«Quando si è parlato di queste cose – racconta Trentin, che ha smaltito la rabbia del Fiandre – avevamo raggiunto l’accordo con tutte le parti che non fosse giusto gettare le borracce nei posti in cui fosse impossibile raccoglierle. Ma ricordo che dicemmo di sì alla possibilità di darle al pubblico. Invece questi qui si sono riuniti con le rappresentanze nostre e dei gruppi sportivi e hanno votato il divieto di borracce al pubblico, inserendo anche sanzioni così dure. Sono furibondo. E chi c’era non ha detto una sola parola».
Bugno e Salvato, presidenti del Cpa e dellAccpi, l’associazione dei professionisti italianiBugno e Salvato, presidenti del Cpa e dell’Accpi
Le tavole della legge
Le informazioni a corridori e gruppi sportivi in merito alle nuove norme sulla sicurezza sono arrivate in un file pdf di 5 slide. Come tavole della legge, con tanto di illustrazioni, come si fa con i bambini dell’asilo con le istruzioni per lavarsi le mani. In ogni caso, il messaggio è chiaro. Si parla delle posizioni bandite in bicicletta e appunto dell’aspetto ecologico dello sport. Con il divieto di lancio di rifiuti e borracce e l’obbligo di servirsi delle aree verdi che gli organizzatori dovranno predisporre. Le borracce si potranno consegnare in mano agli arrivi, fermandosi. E quando la norma è stata votata e con essa il sistema delle sanzioni, come dice Trentin, non c’era nessuno ad opporsi.
C’era il Cpa
Oltre ai tecnici dell’Uci che hanno preso la decisione, a quel tavolo c’era Gianni Bugno, presidente del Cpa, in rappresentanza dei corridori. E’ lui per primo a dire di essere stato convinto dagli argomenti dell’Uci. Ma se sei rappresentante dei corridori e viene votata una norma diversa da quanto si è concordato, è giusto andare avanti?
«Il primo punto riguardava il rispetto per l’ambiente – spiega – e ci è stato confermato che alcuni Comuni in Francia rifiutano il passaggio delle corse, dicendo che il ciclismo è uno sport che inquina. Sappiamo che non è così, ma per non dare adito a certi pretesti, abbiamo approvato che i rifiuti si gettano solo nelle aree verdi. Quando poi si è parlato di dare le borracce al pubblico e hanno previsto l’espulsione, ho votato a favore. Mi hanno convinto con le loro motivazioni. Se il corridore lancia la borraccia e un bimbo per raccoglierla scende dal marciapiede e viene travolto dalla moto di un fotografo? L’espulsione è una sanzione severa, ma è il modo per far perdere le cattive abitudini. La borraccia puoi darla quando ti fermi. Se rallenti e la dai a un bambino, non è lanciarla. So che i corridori sono a favore del dare le borracce ai tifosi e contro il lancio inutile. Le loro obiezioni sono pertinenti, ma non si devono creare situazioni pericolose. Hanno lavorato bene sulla sicurezza, su questo aspetto non c’entrano nulla».
La slide in cui si comunica a team e corridori il divieto di lancio della borracciaLa slide in cui si comunica a team e corridori il divieto di lancio della borraccia
Come rimediare?
In realtà c’entrano, perché ne fanno le spese. E ci sarà da vedere cosa accadrà quando il giudice vedrà un corridore rallentare e porgere la borraccia al bambino di turno. Lo sanzionerà o non valuterà il gentile passaggio come un lancio? E poi è davvero giusta l’espulsione?
«Sulle sanzioni – dice Bugno – cercheremo di intervenire il 14 aprile alla riunione del Ccp, il Consiglio del ciclismo professionistico. I giudici devono applicare le nuove regole che ai corridori sono state inviate. Non è facile nemmeno per la giuria».
Il commento di Trentin giunge lapidario. «Il guaio – dice – è che chi fa le regole non capisce niente di ciclismo. Non è mai successo un incidente come quello di cui hanno parlato, mentre succede spesso che si condividano delle decisioni e poi si faccia il contrario».