Mattia Predomo

Il bronzo mondiale di Predomo, velocista con idee chiare

19.11.2021
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Ai mondiali juniores su pista de Il Cairo, un giovanissimo trentino ha regalato alla velocità italiana un altro sprazzo di luce. Il bronzo conquistato da Mattia Predomo è stato davvero qualcosa di imprevisto, erano decenni che un italiano non riusciva ad emergere in una specialità dove una volta eravamo padroni del mondo e dove ora guardiamo da lontano realtà non solo come Olanda o Germania che dominano, ma anche Paesi senza tradizione ciclistica come Malaysia o Hong Kong, ma che in questo settore sono decisamente avanti a noi.

Quello che ha dato a questa medaglia la giusta dimensione è stato lo stesso Predomo, appena diciassettenne ma consapevole che questo è solo un gradino di una scala ancora lunga, se si vuole percorrerla per arrivare fino in cima. Su di lui e su Bianchi si fonda l’attuale futuro della specialità, sperando che il nuovo nucleo tecnico partorisca un progetto sul quale lavorare per riportare l’Italia a essere davvero presente in un mondo che attualmente ci vede solo spettatori.

E’ curioso il fatto che ci si affidi a due ragazzini che sulla base di una comune passione siano uniti da una solida amicizia: «Con Matteo ci conosciamo da sempre e devo dire che è stato lui a trascinarmi dentro questo bellissimo mondo, poi ho avuto la fortuna di trovare un diesse come Alessandro Coden che ha creduto subito in me e con il quale condivido questo cammino fatto di tanto lavoro».

Predomo Cairo 2021
Il podio della velocità ai mondiali junior in Egitto, con da sinistra Lonhard (GER, 2°), Kalachnik (RUS, 1°) e Predomo
Predomo Cairo 2021
Il podio della velocità ai mondiali junior in Egitto, con da sinistra Lonhard (GER, 2°), Kalachnik (RUS, 1°) e Predomo
Sai che l’Italia una volta era padrona di questa specialità, conosci un po’ la storia della velocità su pista?

Sì, mi sono un po’ documentato, ma da quel poco che ho visto era un altro mondo, una velocità molto diversa da quella di oggi. Una volta chi veniva dalla strada poteva competere anche nella velocità su pista, oggi anche il miglior sprinter non avrebbe scampo soprattutto perché un pistard che si dedica a queste discipline ha un fisico molto diverso.

La velocità su pista ha infatti avuto un’evoluzione particolare e i suoi protagonisti hanno tutti fisici molto massicci, con una muscolatura scolpita, il che porta molti a pensare che non sia tutto frutto di lavoro in palestra. Tu che cosa ne pensi al riguardo?

Io non credo che ci siano additivi chimici, ci sono troppi controlli in ogni gara e so per esperienza personale che è proprio dal lavoro in palestra che si cresce fisicamente. Se guardo le mie foto di 3 anni fa non mi riconosco e non solo per la mia crescita naturale, la palestra mi ha fisicamente cambiato molto, è un lavoro duro che però è essenziale per questa disciplina.

Secondo te la velocità è tutta questione di fisico?

No, anzi. A me piace molto guardare le gare e noto che la tecnica sta diventando sempre più importante, sta tornando di moda il surplace, Lavreysen ha fondato le sue vittorie soprattutto sulla furbizia. Il fisico è la base, ma solo con quello non ottieni nulla…

Il settore dello sprint comprende molte discipline come quello dell’endurance: oltre al torneo della velocità ci sono ad esempio keirin e chilometro lanciato, in queste prove come ti trovi?

Il keirin è complicato, per me è una roulette russa dove devi saper prendere le ruote giuste e scegliere il momento adatto per uscire, ma non è facile considerando che ormai sono volate lanciate già a tre giri dalla fine e sono un grande stress per le gambe, molto più del torneo della velocità. Il chilometro non l’ho mai affrontato e sono molto curioso di farlo la prossima stagione.

Come sei arrivato a quel bronzo, te lo aspettavi?

All’inizio no, anche perché ero uscito molto demoralizzato dagli Europei di categoria, non erano andati come volevo. Invece ai mondiali ho capito come potevo correre per emergere e ogni turno che passavo mi sentivo sempre meglio, ma anche dopo aver conquistato la medaglia non ho perso di vista la mia strada, so che c’è tanto lavoro da fare.

Predomo Keirin
Predomo impegnato nel keirin: è stato 6° ai mondiali, ma ancora non lo sente suo
Predomo Keirin
Predomo impegnato nel keirin: è stato 6° ai mondiali, ma ancora non lo sente suo
Corri anche su strada?

Sì, ma l’ultima stagione non mi ha dato le risposte che cercavo, anche se quando corro su strada lo faccio soprattutto pensando alla pista, è più un allenamento. Infatti nel 2022 correrò più su strada nella prima parte di stagione cercando di fare il meglio possibile, poi mi concentrerò sulla pista.

Ti sei posto degli obiettivi?

E’ chiaro che vorrei conquistare un’altra medaglia, soprattutto agli europei per cancellare la delusione di quest’anno, ma non voglio pensare troppo ai risultati, voglio soprattutto concentrarmi sul lavoro e su quanto potrò ancora imparare.

Predomo Coden
Mattia campione italiano junior fra il diesse Alessandro Coden e il meccanico Giovanni Carini
Predomo Coden
Mattia campione italiano junior fra il diesse Alessandro Coden e il meccanico Giovanni Carini
Matteo Bianchi ha la possibilità di andare ad allenarsi nel centro Uci di Aigle. Piacerebbe anche a te?

Molto, sarebbe una grande opportunità, considerando la struttura che hanno a disposizione, ma credo che anche da noi si possa lavorare bene, soprattutto quando torneremo ad avere l’impianto di Montichiari a disposizione. Aigle mi piacerebbe soprattutto per affrontare e conoscere nuove metodologie di lavoro.

E anche per avere più opportunità di confronto. Non pensi che il problema della velocità italiana sia dato anche dalla ridotta quantità di gare?

Sicuramente, io ho potuto affrontare solamente 6 gare nel 2021 e devo dire grazie alla mia società, la Campana Imballaggi che mi consente di affrontare questa disciplina pur avendo poche occasioni per poter far vedere la loro maglia. Servirebbe un calendario maggiormente fornito come anche un numero di impianti superiore, speriamo che col tempo tutto ciò arrivi e anche i miei risultati possano essere uno stimolo.

Sentiamo Colnaghi, l’U23 più costante d’inizio stagione

26.03.2021
4 min
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Un mese di gare tra gli under 23 e il più regolare è Luca Colnaghi. Una regolarità premiata con la convocazione in nazionale per disputare la Settimana Internazionale Coppi e Bartali.

Noi eravamo sul traguardo di Riccione ad aspettarlo, ma nella sfilata dei corridori dopo la linea del traguardo lui non c’è. C’è però il cittì Davide Cassani che sconsolato allarga le braccia: «I nostri in pratica sono caduti tutti».

La vittoria di Colnaghi ad inizio marzo nel Trofeo Pizzeria “One Penny” a Lucca
La vittoria di Colnaghi ad inizio marzo nel Trofeo Pizzeria “One Penny”

Inizio stagione da urlo

E infatti il corridore lecchese ha dovuto alzare bandiera bianca, proprio nella Riccione-Riccione.

«Purtroppo – racconta Colnaghi – sono caduto il giorno iniziale nella prima semitappa. Eravamo agli 800 metri, pronti per fare la volata. Si andava forte e ho battuto violentemente il fianco, da lì mi sono portato dietro un po’ di mal di schiena e ieri dopo 60 chilometri mi sono fermato, non riuscivo più a pedalare».

In casa Italia non regna ottimismo. Gli azzurri in pratica, a turno, sono caduti tutti e ieri oltre a Colnaghi si è fermato anche Nencini, anche lui U23. Cassani e Amadori non sorridono.

Ma, Coppi e Bartali a parte, come nasce questo buon inizio di stagione (una vittoria e diversi piazzamenti nei primi cinque) del corridore della Trevigiani Campana Imballaggi? E’ frutto di un buon inverno?

«No, quale buon inverno, anzi… – racconta Colnaghi – In un incidente domestico mi sono “rotto” un piede, ho preso una storta grandissima e sono stato fermo parecchio tempo. Infatti non mi aspettavo di andare così forte. Ero indietro con la condizione».

Una storia complicata

Colnaghi era coinvolto nel progetto del Team Monti, che sarebbe stata una continental della Deceuninck-Quick Step, ma di fatto il tutto è naufragato sul nascere e alla fine, a una settimana dall’inizio della stagione 2020, è approdato alla Zalf.

In estate ha avuto anche un problema di positività (ad andarina e ostarina) risultata nei controlli dopo il campionato italiano di Zola Predosa. A quel punto la sua carriera ha vacillato. Colnaghi però non si è perso d’animo e ha lottato sin da subito. Fin quando, a febbraio, è arrivata la sentenza: una piccola multa (350 euro) per negligenza e tre mesi di squalifica (già scontata).

«Dopo quel giorno ho passato due settimane a dir poco difficili. Ero lì a metabolizzare la notizia, a cercare di capire. Ne sono uscito grazie a poche persone: la mia famiglia, gli avvocati e soprattutto i periti chimici, grazie ai quali ho potuto dimostrare la mia innocenza e che io con il doping non c’entravo nulla.

«Questo mi ha comunque creato un danno concreto e d’immagine. Ne sono uscito male, soprattutto in quei giorni, e poi dovevo passare con la Wanty Gobert e non è stato possibile. Devo ringraziare la Trevigiani Campana che mi ha dato fiducia, i diesse che credono in me e mi vogliono bene, e la mia testardaggine».

Luca Colnaghi tra i suoi fratelli, Andrea (sinistra) e Davide (destra) anche loro corridori
Luca Colnaghi tra i suoi fratelli, Andrea (sinistra) e Davide (destra) anche loro corridori

Pregi, difetti e amici

Testardaggine: questa rientra tra quelli che Colnaghi stesso definisce uno dei suoi pregi.

«Sono anche uno schietto, ma questo non sempre è un pregio. Un difetto? Che certe volte mi arrabbio facilmente quando vedo che le cose non vanno nel verso giusto».

Luca si allena sulle sponde del lago di Como. I suoi compagni di uscite sono Simone Petilli e Filippo Conca. I giri con loro prevedono anche le salite di zona che Colnaghi non disprezza nonostante non sia di certo uno scalatore. Giusto domenica scorsa è stato quinto alla Per Sempre Alfredo tra i professionisti.

«Mi ritengo un corridore abbastanza completo – dice Colnaghi – non sono uno scalatore quello è certo, ma neanche un velocista puro. Tuttavia se mi trovo in buona posizione mi butto anche nelle volate di gruppo.

Certo Luca, che comunque con i suoi 22 anni è giovanissimo, è al quarto anno tra under 23 e, visti i tempi attuali, rischia di essere etichettato per “vecchio”. Si sente il fiato sul collo?

«No, io penso a fare il mio, a dare il massimo e poi i risultati che verranno… verranno. Adesso vediamo di rimetterci “in bolla” dopo questa caduta e poi pensiamo al resto della stagione».