Search

L’amarezza di Hermans: il Covid non passa più

03.03.2023
4 min
Salva

Nella carriera di Ben Hermans c’è un prima e un dopo. 36 anni, colonna dell’Israel Premier Tech dal 2018, vive dall’inizio dello scorso anno un autentico dramma, legato al covid. Parlare oggi di questa malattia riporta a tempi recenti, a un ciclismo assurdo, quello del 2020 vissuto praticamente in tre mesi, con tutte le gare ammassate su se stesse e vissute con la paura di avvicinarsi agli altri, di contrarre il maledetto virus.

In quei mesi, il belga se l’era cavata più che bene. Top 10 al Giro di Lombardia, un onorevole Tour de France lavorando per i compagni, l’anno dopo era andata ancora meglio, con vittorie al Giro dell’Appennino e al Giro di Norvegia e ben 19 Top 10 in 66 giorni di gara. Niente male per un ultratrentenne, ma poi tutto è cambiato.

Hermans, nato ad Hasselt l’8 giugno 1986, è professionista dal 2007, per lui 20 vittorie
Hermans, nato ad Hasselt l’8 giugno 1986, è professionista dal 2007, per lui 20 vittorie

Quella maledetta Valenciana…

Hermans era partito, a inizio 2022, per la Spagna correndo la Volta a la Comunitat Valenciana. Un’edizione con tanti problemi di gestione quando ancora la malattia viveva i suoi ultimi acuti. Molti vennero infettati, fra loro anche il belga. Ricovero in ospedale, cure, una ripresa lentissima e mai completata. Dopo 3 mesi, Hermans era ancora al palo: «Non è che senta ancora i sintomi veri della malattia – raccontava a Cyclinguptodate – ma sono alle prese con una stanchezza che sta diventando cronica e in queste condizioni allenarsi è molto difficile».

Sarebbe tornato in carovana solo a fine luglio, assommando appena 8 giorni di corsa senza alcuno squillo, anzi già il portarle a termine rappresentava un traguardo. Ripresa troppo veloce? A ben guardare e anche ascoltando la sua testimonianza, non si direbbe. A dir la verità però Hermans si era ripresentato in gara già alla Coppi & Bartali in marzo, una sola tappa e poi il ritiro.

Il covid ha colpito il corridore a inizio 2022. Sintomi lievi, ma pesanti strascichi presenti ancora oggi
Il covid ha colpito il corridore a inizio 2022. Sintomi lievi, ma pesanti strascichi presenti ancora oggi

Il problema della ripresa

D’altronde le esperienze accumulate portano ormai ad affermare come il Covid lasci in molti strascichi pesanti e molto dipende anche da come non solo viene affrontato nel pieno dell’infezione, ma anche dopo. Il dottor Roberto Corsetti sottolineava ad esempio, a proposito della tenuta a riposo di Sagan dopo che aveva contratto il covid, come «dopo l’evento infettivo, non è detto che tutto vada bene solo perché l’atleta non ha più la febbre. Il Covid ha portato la consapevolezza che dobbiamo stare attenti. Ci sta trasmettendo in forma ampliata delle conoscenze che avevamo già».

Corsetti raccontava il caso di una bambina impegnata nella ginnastica ritmica, che dopo aver contratto la malattia aveva un ecocardiogramma pulito, ma sotto sforzo aveva tante aritmie, causate chiaramente dal covid. Il problema della ripresa e dei postumi è da tempo argomento di discussione nell’ambiente scientifico e medico, ogni caso è a sé stante e ci si basa sulle esperienze.

Lo scorso anno il belga aveva corso in marzo alla Coppi & Bartali. Un rientro troppo anticipato
Lo scorso anno il belga aveva corso in marzo alla Coppi & Bartali. Un rientro troppo anticipato

Non funziona più niente…

Quelle di Hermans sono largamente esemplificative, ma bisogna anche andare oltre l’aspetto scientifico e guardare a quello umano, perché il belga si trova a un bivio della sua carriera. Quest’anno, in gara in un paio di corse d’un giorno e poi all’Uae Tour, non ha mai trovato il giusto colpo di pedale, ma il problema va ben oltre: «Non funziona più niente – ha confidato alle telecamere di Sporza – quel che una volta mi riusciva semplice, ora è un calvario. La salita di Jebel Jais ad esempio mi era sempre piaciuta, mi aveva visto protagonista, quest’anno non finiva mai e andavo sempre più indietro.

«Non riesco più a recuperare dagli sforzi – è stata la sua candida spiegazione – ho difficoltà a fare qualsiasi cosa. Ogni volta mi dico che migliorerà, sposto un po’ più avanti i miei obiettivi che poi non sono legati alle classifiche, ma semplicemente a sentirmi bene, a tornare quello di prima. Ma non accade mai. Mi sono ritrovato ad accontentarmi per il semplice fatto di aver concluso le prime tappe dell’Uae Tour senza soffrire troppo, diciamo che lo considero un primo passo».

Quest’anno Hermans ha fatto il suo esordio alla Marsellaise, finendo 78°
Quest’anno Hermans ha fatto il suo esordio alla Marsellaise, finendo 78°

Niente grandi giri

La squadra per ora non gli ha affidato mansioni, né un calendario di gare da seguire. Si va avanti a vista, con l’unica sicurezza di non affrontare alcun grande giro: «E come potrei? Che garanzie potrei dare? Spero di essere disponibile per qualche corsa di più giorni in primavera, di sicuro però non voglio chiudere la mia carriera così, non credo di meritarmelo».

Scatta il UAE Tour, ma lui non c’è. Le carte con Marzano

19.02.2023
5 min
Salva

Domani prenderà il via UAE Tour, ormai una classica delle corse a tappe d’inizio stagione. E la prima notizia, che ormai notizia non è più, ma forse torna ad esserlo dopo i successi che sta cogliendo, è che quest’anno non ci sarà Tadej Pogacar, re delle ultime due edizioni. Lo sloveno laggiù è un idolo. Corre “in casa” e la UAE Emirates non può non figurare bene… chiaramente. Tutto ciò lo sa bene Marco Marzano, direttore sportivo del team arabo: «Per noi – dice – è un obiettivo importantissimo. E lo si vede anche dalle formazioni che schieriamo».

Marco era in ammiraglia lo scorso anno al UAE Tour e ci sarà anche quest’anno. Con lui facciamo un’analisi a 360° di questa competizione. Come ci arriva la sua squadra. Che tipo di gara è. Come va affrontata. E perché non c’è Tadej.

Marco Marzano (classe 1980) ha corso fino al 2012 e dal 2014 è uno dei diesse della UAE Emirates
Marco Marzano (classe 1980) ha corso fino al 2012 e dal 2014 è uno dei diesse della UAE Emirates
Marco, ormai questa corsa sta assumendo sempre maggiore importanza.

Vista dalla tv sembra una corsa facile invece è molto combattuta, specie per noi della UAE Emirates. Altre squadre vengono “per allenarsi”, per loro è quasi una rifinitura della condizione. Per noi è un appuntamento clou.

Perché dici che sembra facile?

Perché si passa tanto tempo su strade veramente grandi, magari dritte o su grandi spazi aperti e il gruppo sembra “appallato”, che va piano. Ma è un inganno. Magari i corridori stanno andando a 60 all’ora e c’è una grande lotta. Oppure c’è vento. E si vive un grande stress. Da quel che ho visto io, i corridori quando terminano le tappe, sono sfiniti, stressati. E poi i primi se la giocano sempre per una questione di secondi, anche quando ci sono state le crono. E questo aumenta lo stress appunto. Si lotta per prendere davanti il punto in cui si sa che cambia il vento. Insomma inizia ad esserci pressione, soprattutto per chi come noi lotta per la generale.

Alla luce di questa tensione c’è stato un “momento no” per Pogacar lo scorso anno?

Un vero “momento no” non c’è stato. Tutto è sempre rimasto sotto controllo, soprattutto in salita. Abbiamo gestito bene le situazioni con la squadra, tanto che abbiamo vinto poi anche la classifica per team. Sapevamo però che c’è l’insidia della tappa del vento, quella di Abu Dabi, ma passata quella nessun problema.

Come diceva Marzano, il gruppo è “appallato” anche se le velocità sono alte. Discorso che valeva anche al UAE Tour Women
Come diceva Marzano, il gruppo è “appallato” anche se le velocità sono alte. Discorso che valeva anche al UAE Tour Women
Però quest’anno Tadej non ci sarà, nonostante stia vincendo tutto: come mai?

Alla fine anche lui ha bisogno di stimoli nuovi e questi passano anche attraverso un nuovo approccio alla stagione. Altre gare insomma. E non a caso abbiamo preso un signor corridore che risponde al nome di Adam Yates (che nel 2020 ha vinto il UAE Tour, precedendo proprio Pogacar nell’albo d’oro, ndr). Sarà lui il nostro leader. Matxin ha parlato con i corridori e ha pianificato questo calendario. Sì, Pogacar è importantissimo per gli sponsor, ma ci presentiamo con altri ottimi corridori.

Tadej aveva detto di voler partire più piano, ma sta dimostrando il contrario. Se non fosse stato al top okay: è la condanna del super campione, non può fare secondo. Ma visto come sta andando…

Eh già, Tadej ci aveva abituato troppo bene. Chi ha corso in bici sa cosa significa fare risultato ed essere costretto a vincere. Ho sentito gente parlare di fallimento per un secondo posto al Tour de France! Questa scelta di iniziare in questo modo la stagione fa parte del suo programma.

E Ayuso?

Per lui è previsto un calendario diverso. Un calendario più “spagnolo”.

Torniamo al tuo lavoro e alla tipologia di corsa che è il UAE Tour. Come vi organizzate per le riunioni, la strategia sul campo?

Solitamente laggiù, non avendo il nostro pullman, facciamo le riunioni la sera dopo cena. Iniziamo con l’analisi della tappa che si è conclusa nel pomeriggio e poi passiamo a quella successiva. Il mattino successivo facciamo un check con i ragazzi per capire come stanno, se hanno dormito bene… E se tutto è regolare confermiamo la tattica della sera prima.

Adam Yates sarà leader della UAE negli Emirati Arabi Uniti (foto Instagram)
Adam Yates sarà leader della UAE negli Emirati Arabi Uniti (foto Instagram)
Dicevi di un percorso facile in apparenza, come si fa la tattica in questo caso?

Per prima cosa analizziamo gli avversari e la loro compattezza. Cioè chi può fare delle azioni, sostanzialmente chi può aprire dei ventagli… In più, noi facendo dei ritiri spesso da quelle parti ormai conosciamo abbastanza bene strade e zone. Poi bisogna pensare che noi siamo focalizzati, chiaramente, soprattutto sulla classifica generale. Sì, in passato ci siamo presentati con dei velocisti. Vedi Gaviria, Kristoff, quest’anno Molano… ma anche se le tappe sono quasi tutte per le ruote veloci ce ne sono due di salita, o comunque più impegnative, che decidono la corsa. E quindi anche il Molano della situazione sa che se si apre un ventaglio non può aspettare, ma deve lavorare con gli altri per chiudere o per scappare pensando al leader. Insomma non può restare a ruota.

E con i materiali? O i rifornimenti da terra per esempio? Anche in questo caso avete qualche strategia particolare?

Portiamo due profili di ruote: uno medio-medio alto e uno più alto. E vediamo, tappa per tappa in base al vento, quale mettere. Io per esempio stavo proprio organizzando il “piano borracce”. Rcs ci mette a disposizione due auto a noleggio. Io sono sulla seconda ammiraglia e ho la possibilità di tagliare o anticipare il gruppo per qualche extra feed zone.

Emirati, si corre nel deserto: ventagli in agguato…

12.02.2023
4 min
Salva

Dici UAE Tour e pensi ai ventagli. Quest’anno in corsa non ci sono solo gli uomini, negli Emirati Arabi Uniti si stanno dando battaglia le donne (nella foto di apertura) e giusto l’altro ieri il vento e i ventagli l’hanno fatta da padroni. Atlete sparse ovunque. Sabbia che tagliava le grosse lingue d’asfalto del deserto.

Scenari tosti, scenari che conosce bene, molto bene, Daniele Bennati. L’attuale cittì era stato leader della nazionale nel famoso mondiale del Qatar nel 2016. E a dargli i gradi di capitano furono soprattutto la sua capacità di correre nel vento e la sua dimestichezza con certi territori.

Bennati con a ruota diversi belgi (tra cui Boonen) al mondiale del 2016. “Benna” era un riferimento anche per gli avversari
Bennati con a ruota diversi belgi (tra cui Boonen) al mondiale del 2016. “Benna” era un riferimento anche per gli avversari
Daniele, partiamo proprio da quel mondiale: cosa ricordi di quella di quella corsa? 

In realtà non ero il leader della squadra, ero il regista designato da Davide (Cassani, ndr). Ero il suo uomo di fiducia, quindi in quell’occasione avevo il compito di guidare la squadra, soprattutto dal momento in cui fossimo entrati nel deserto. C’era un punto in cui si girava a destra e si sapeva che il Belgio avrebbe potuto fare la differenza.

Ecco, hai detto praticamente tutto: “Si girava a destra, c’era il deserto”… Basta una curva perché cambi tutto. Come si corre da quelle parti? E quanto è importante la squadra?

Innanzitutto bisogna avere delle caratteristiche particolari per correre in quelle condizioni. Io ero un po’ uno specialista. Tutti avevano quasi il timore del sottoscritto quando si affrontavano quelle tappe e quel tipo di gare. Pertanto ero anche un punto di riferimento per il gruppo e infatti me ne ritrovavo anche dietro di gente a controllarmi! Poi con l’età, non ero un ragazzino, avevo acquisito tanta esperienza. Sembra banale, ma nel vento non è solo una questione di gambe. E’ anche e soprattutto una questione di esperienza: sapersi muovere in quei frangenti, saper cogliere l’attimo giusto per entrare in testa nella curva decisiva prima che si crei il ventaglio decisivo….

Ventaglio, forse la parola chiave…

La mia prima gara da quelle parti la feci nel 2002: era il Tour of Qatar ed era la prima edizione. E per tanti anni ho sempre fatto Qatar e Oman, Qatar e Oman… Quindi a febbraio andavo là e ci restavo quasi un mese. E sì, laggiù la difficoltà maggiore è quella dei ventagli. Ed è molto più problematico rispetto a quando si creano in Francia o in Italia.

Perché?

Perché da noi è una situazione variabile, non tutti sanno quando e come può avvenire. Da quelle parti invece, in quella determinata tappa, tutti sanno che quando si arriva al “chilometro X”, a quella tale curva, il gruppo si spacca.

Prima dei punti nevralgici, dove si sa che girerà il vento, c’è una vera lotta per le posizioni. Una volata continua
Prima dei punti nevralgici, dove si sa che girerà il vento, c’è una vera lotta per le posizioni. Una volata continua
Come fa a spaccarsi il gruppo se tutti lo sanno?

Ritorno al discorso che facevo prima: non basta una grande condizione, ma anche la capacità di muoversi in certe situazioni. Le gambe ci vogliono sempre, sia per farsi trovare davanti nel punto X, sia per rimanerci una volta che si è aperto il ventaglio. E poi serve la squadra, altro fattore fondamentale. Perché tu puoi essere forte da solo, ma se non hai due, tre o anche quattro compagni di squadra che viaggiano sulla tua stessa lunghezza d’onda non è facile. O sei Cancellara, che aveva una potenza enorme, oppure Sagan che rientra da solo nel ventaglio buono  – e va vincere il mondiale – o si fa dura. Devi avere il supporto di qualche compagno. Saper sfruttare gli altri non è così facile.

Quindi il punto X, quella curva… diventano un po’ come quando si avvicina un settore di pavè della Roubaix o un muro del Fiandre, c’è una volata…

Sì, sì, c’è un tatticismo vero e proprio. Mettiamo che prima di arrivare al punto X c’è vento contrario, è chiaro che tu non puoi stare davanti, devi sfruttare i tuoi compagni. Il problema è che lo sforzo maggiore lo fai nel chilometro prima di arrivare al punto X. In quel momento è una volata continua e una guerra di posizioni, perché se entri nel punto X, trentesimo o quarantesimo sei già fuori. Devi essere nelle prime 15 posizioni. Sono quelli che per primi si mettono a ventaglio, ma posto per tutti non c’è sulla strada e per forza di cose qualcosa succede. Quel chilometro dunque è una sorta di arrivo.

Secondo te i rapporti super lunghi di oggi incidono tatticamente?

Faccio una premessa: io non sono d’accordo con questi rapporti così lunghi per una questione di sicurezza. Si va troppo forte. Comunque sì: incidono assolutamente. Quando hai vento favorevole e laterale, se hai il 58, il 56 cambia parecchio, hai qualche possibilità in più di stare davanti. Ma poi, ripeto, devi avere gamba e ti devi saper muovere.

Bella, ma amara: la prima da pro’ di Mathias Vacek

06.03.2022
5 min
Salva

Il giorno più bello della sua giovane carriera è passato in fretta in secondo piano. Per Mathias Vacek – 19enne della Gazprom-RusVelonemmeno il tempo di gustarsi la gioia della prima vittoria da pro’ a Dubai, che il mondo è stato scosso dalla guerra della Russia in Ucraina. Pochi giorni appena e la sua squadra è stata fermata.

All’interno della preoccupante attualità geopolitica, vogliamo raccontarvi la favola sportiva del ragazzo ceco di Stozice (paese della Boemia Meridionale, più vicino ad Austria e Baviera che a Praga) che si allena con lo sci di fondo in inverno e che è cresciuto ciclisticamente a Torre De’ Roveri, nella bergamasca, sede del Team Giorgi.

Mathias Vacek esulta sul traguardo di Dubai nella penultima tappa del UAE Tour
Mathias Vacek esulta sul traguardo di Dubai nella penultima tappa del UAE Tour

Mathias è arrivato in Italia quattro anni fa, seguendo le orme di suo fratello Karel (classe 2000, di due anni più grande) ed ha praticamente dominato le categorie giovanili anche più di quello che aveva fatto proprio Vacek senior.

In tre stagioni – dal 2018 da allievo di secondo anno e poi nel biennio da junior – ha conquistato 41 vittorie. Numeri da predestinato che trovano conferma non solo col successo negli Emirati Arabi ma anche col contratto firmato (2023 e 2024) da poco con la Trek-Segafredo.

Mathias com’è andato lo scorso 25 febbraio, data del tuo trionfo?

E’ stata una giornata bellissima, che non scorderò mai. Mi sentivo molto bene fin da quando sono sceso dal letto. Avevo dormito molto meglio rispetto ai giorni precedenti. Era la giornata giusta per andare in fuga. Al mattino il nostro diesse durante la riunione aveva solo detto che con Malucelli doveva restare almeno un compagno per l’eventuale arrivo in volata. Tutti gli altri erano liberi di provare azioni da lontano. E così è stato. Siamo partiti al chilometro zero andando a ruota ad un Bardiani, promotore della fuga.

Sembrava che il gruppo vi dovesse riprendere da un momento all’altro, invece lo avete messo nel sacco.

Sì, è stata una mezza impresa, molto dura. Abbiamo sempre avuto lo stesso vantaggio, un minuto e mezzo. Sia a cento chilometri dal traguardo che a 25. A quel punto siamo andati ancora più a blocco perché avevamo iniziato capire che potevamo farcela. Gli ultimi 5 chilometri li abbiamo fatti senza alcuna tattica. Solo menare. Ed io ho iniziato a pensare allo sprint.

Nel finale avevi ancora due compagni di squadra e due avversari. Vi siete parlati per decidere chi avrebbe fatto la volata?

Onestamente no (ride, ndr). Col fatto che avevamo sempre il fiato sul collo del gruppo, non abbiamo mai dialogato fra noi. Zero strategia, altrimenti ci avrebbero ripreso. Solo Pavel (Kochetkov, ndr) si è sacrificato tirando l’ultimo chilometro, è stato bravissimo. In volata sapevo di essere il più veloce dei cinque e così l’ho presa in testa vincendo bene. Ha funzionato tutto giusto, anzi…

Vuoi aggiungere qualcosa?

Sì, quel giorno mi sono alimentato a dovere. Ho mangiato e bevuto con regolarità, andando all’ammiraglia nei momenti giusti. Ho capito quanto sia importante questo aspetto, visto che ogni tanto dimentico di farlo. Sto migliorando e imparando anche queste cose che a volte si danno per scontato.

Quando hai vinto era il secondo giorno di conflitto in Ucraina. Che effetto ti fa ripensarci a distanza di più di una settimana?

Fino al giorno della mia vittoria sapevamo molto poco. Poi il giorno dopo, aprendo i social, ci siamo resi conto di quello che stava succedendo. Quando corri ti estranei da tutto, ma gli ultimi sono stati giorni difficili, di riflessione. Avevo poca voglia di parlare anche per le interviste. Considerando il nostro sponsor e la nazionalità della mia squadra, penso che la mia vittoria sarebbe potuta essere più bella senza quella guerra. Alla fine noi, squadra e atleti, non c’entriamo nulla con questo. Spero che la questione della nostra licenza UCI possa risolversi in fretta e che potremo tornare presto a correre.

Nelle categorie giovanili qualcuno faceva paragoni tra te e Karel, sostenendo che fossi tu quello che avrebbe fatto più fatica. Al momento non è così. Che pensiero hai in proposito?

Sì, è vero, sentivo spesso questo confronto. Ho vinto prima io, ma anche mio fratello sta tornando sui suoi standard. Purtroppo qualche anno fa abbiamo avuto un problema familiare che lui ha patito più di me. Ci era rimasto male, si allenava e correva con meno tranquillità del solito. Ma adesso è tutto passato. Questo inverno l’ho visto allenarsi bene, con grande convinzione. Sono contento per Karel, sono convinto che farà molto bene. Seguite anche lui.

Quali sono le tue reali caratteristiche?

Nasco passista-scalatore, ma devo dire che ho un discreto spunto veloce. Non saprei ancora. Mi piacciono le classiche del Nord, quelle miste, vallonate. Ma la mia gara dei sogni è la Parigi-Roubaix.

Quali obiettivi hai per il 2022, sapendo che dall’anno prossimo andrai nel WorldTour?

Adesso, come dicevo prima, spero di poter tornare a gareggiare. Non ne ho qualcuno in particolare. Con la mia squadra voglio continuare a crescere ed essere utile ai compagni. Diciamo che i miei obiettivi personali sono più legati alla mia nazionale U23. Punto a fare risultati alla Corsa della Pace, al Tour de l’Avenir, agli europei e ai mondiali di categoria. Un successo l’ho ottenuto, ma non voglio fermarmi.

Alé raddoppia: sono ancora italiane le maglie del UAE Tour

18.02.2022
3 min
Salva

Per il secondo anno consecutivo saranno firmate Alé le maglie ufficiali indossate dai capi classifica in occasione dell’UAE Tour, la breve corsa a tappe in programma negli Emirati Arabi dal 20 al 26 febbraio. Come avvenuto per la passata stagione, le maglie appannaggio dei leader delle differenti classifiche saranno quattro. La maglia rossa, verde bianca ed infine c’è la bellissima maglia nera.

Un impegno a 360 gradi

Già partner di eventi e di squadre WorldTour (Bahrain Victorious, Bike Exchange Jayco e Groupama-FDJ) Alé segue anche federazioni nazionali di assoluto prestigio, tra cui quella francese due volte iridata con Julian Alaphilippe, ma anche della UEC (l’Unione Ciclistica Europea). Alé prosegue nel proprio cammino mettendo a disposizione dell’UAE Tour la più avanzata ingegneria tessile unitamente alla propria inconfondibile ricerca grafica. 

Alé vestirà i campioni che parteciperanno all’UAE Tour anche nel 2022
Alé vestirà i campioni che parteciperanno all’UAE Tour anche nel 2022

Il percorso dell’UAE Tour 2022 prevede sette tappe per un totale di 1.081 km. Due saranno gli arrivi in quota. Le maglie riservate ai leader di classifica fanno parte della collezione PR-R: una gamma completa di capi in grado di fondere qualità importanti per tutti coloro che vanno in bicicletta: leggerezza, traspirabilità ed ergonomia “fit race”. Il tutto abbinato a tecnologie estremamente innovative…

Una corsa, grandi campioni

«Siamo davvero felici, anzi onorati, di poter affiancare in qualità di partner e per il secondo anno consecutivo l’UAE Tour – ha dichiarato Alessia Piccolo, CEO di Alé – una corsa bellissima, ottimamente organizzata e che ogni anno viene vinta da un campione vero: come avvenuto l’anno scorso con il successo di Tadej Pogacar. Vestendo i corridori che indosseranno le maglie di leader dell’UAE Tour, diamo anche ufficialmente il nostro via alla stagione ciclistica 2022, e per questo motivo auguro a tutti gli atleti ed a tutti i team partecipanti un bellissima ed entusiasmante corsa».

Alé

Felpa Dopogara Fan Club Ganna

Dopogara “veste” i tifosi di Ganna!

19.04.2021
3 min
Salva

Il brand veneto Dopogara ha recentemente realizzato e prodotto una felpa personalizzata appositamente per il Fan Club di Filippo “Top” Ganna. Come da sempre avviene nella storia imprenditoriale di Dopogara, la qualità dei materiali, la scrupolosità dei designer e dei fornitori, unitamente alla precisione della manodopera rigorosamente 100% italiana in fase di confezionamento dei capi, rendono questa collezione estremamente raffinata ed originale.

L’idea di Daniele Zanatta

L’azienda trevigiana di Daniele Zanatta, una figura professionale inserita da lungo tempo nel mondo dell’abbigliamento sportivo e “forte” di anni di collaborazioni dirette con aziende leader a livello mondiale nel settore, è oggi riconosciuta come brand di vertice nel settore dell’abbigliamento da riposo e tempo libero rivolto a società sportive, organizzatori di manifestazioni ed eventi.

La produzione è 100% italiana

Grazie al “know-how” sul prodotto acquisito negli anni, soprattutto sui materiali impiegati per la realizzazione, Zanatta tramite Dopogara ha ideato diverse collezioni di successo. Il risultato di questo lavoro è la grande considerazione che il brand ha ottenuto in modo particolare nel mondo del ciclismo. La cura del design, unitamente allo studio di modelli specifici per garantire un comfort ottimale appena terminate le competizioni (tra questi felpe, pantaloni, giacche SoftShell, polo, t-shirt, gilet e altri accessori), sono alcuni dei punti di forza della produzione 100% Made in Italy di Dopogara.

Roberto Bettini
Anche il fotografo Roberto Bettini veste Dopogara
Roberto Bettini
Anche il fotografo Roberto Bettini veste Dopogara

Fornitore dell’UAE Tour

Ricordiamo inoltre che anche quest’anno Dopogara ha disegnato, prodotto e fornito l’abbigliamento per il tempo libero (felpa e polo) a tutto lo staff dell’UAE Tour. La gara internazionale WorldTour ben organizzata da Rcs Sport, e vinta da Tadej Pogacar, che si è svolta a fine febbraio.

dopogara.it

Dopo quella scivolata nella crono, Antonio come stai?

Giada Gambino
08.03.2021
4 min
Salva

Antonio  ha già recuperato da quel brutto e strano incidente di qualche giorno fa al Uae Tour. E’ stato fermo un paio di giorni, ma non appena si è sentito meglio, è subito salito in sella per ricominciare a rincorrere i propri sogni… 

La seconda tappa del UAE Tour 2021 com’è andata? 

Le sensazioni in partenza erano buone, mi sentivo bene, avevo la gamba delle mie crono migliori. Me ne accorgo subito quando ho la gamba giusta e quel giorno era proprio così. E’ stata una crono molto breve, il vento l’ha resa abbastanza dura ma l’ho fatta a tutta. All’ultimo chilometro e mezzo ho trovato il vento a favore e ho dato l’anima

Al Uae Tour una crono perfetta fino all’arrivo, poi per Antonio la rovinosa caduta
Al Uae Tour una crono perfetta fino all’arrivo, poi la rovinosa caduta
Poco prima della linea del traguardo… 

Sono caduto! Lì per lì non sapevo nemmeno io cosa fosse successo, è stato talmente veloce che ho solo percepito di aver perso l’equilibrio e mi sono ritrovato a terra. Dopo ho cercato di capire, pensavo fosse stato un problema mio, una mia distrazione; si è rivelato invece che c’era stato un problema alla bici. Ho comunque concluso al 19esimo posto e ne sono felice, forse quel secondo in più dovuto alla caduta se non ci fosse stato mi avrebbe fatto scalare la classifica, ma sono contento ugualmente. Non ha senso guardare al passato… bisogna pensare al futuro

Nessuno ti ha immediatamente soccorso.

Dopo qualche secondo, vedendo che non arrivava nessuno ho pensato: “Beh, che devo fare? Non viene nessuno… mi alzo da solo”. E così ho fatto (ride, ndr). Dopo un minuto circa è arrivato qualcuno ad aiutarmi. Sinceramente non so perché nessuno all’arrivo sia subito venuto… forse per il problema Covid. 

Come sono stati i primi momenti post caduta ? 

Un po’ duri. Ero lontano da casa, non riuscivo a muovermi bene, mi ero un po’ spaventato. Poi però ho ragionato, ho capito che alla fine non mi ero fatto nulla di grave e che essendo ad inizio stagione mi sarei potuto rialzare facilmente. 

Antonio Tiberi, laziale di 19 anni, è rientrato in gara a Larciano, ancora con qualche cerotto
E’ rientrato in gara a Larciano, ancora con qualche cerotto
Lo stage nel 2020 con la Trek? 

Avere l’opportunità di fare da stagista in una squadra WorldTour è stata sicuramente una grande emozione e mi ha fatto capire molto la grande preparazione che c’è nel pre partenza di una gara importante o, comunque, durante la gara stessa. 

Cosa pensi di Nibali? 

Fino a poco tempo fa quando pensavo a lui lo immaginavo come una persona quasi irraggiungibile. Adesso stando diverso tempo insieme, ho capito che è una persona normale: simpatico, aperto e scherzoso, mi trovo davvero molto bene. Sotto certi punti di vista penso che ci somigliamo, soprattutto perché siamo abbastanza ritardatari (ride, ndr). Pensa cosa succede quando siamo in stanza insieme… perdiamo sempre quei quindici minuti più del dovuto. 

Un momento divertente con la Trek…

Ottobre 2019. Dopo aver vinto i mondiali junior a crono sono andato in ritiro con loro in America. Era un ritiro-festa, più una festa in realtà essendo fine stagione. La mattina si facevano meeting e la sera cena, pub, festa, discoteca. Pedersen che aveva vinto il mondiale da pochissimo, per festeggiare, ha affittato un bus-discoteca e abbiamo girato Chicago così. Una sera siamo andati in un pub, c’erano tantissimi tavoli da ping pong e ad un certo punto abbiamo avuto tutti un momento di pazzia e abbiamo iniziato a giocare e a fare una confusione assurda

Chi è il più scherzoso in squadra ?

Ciccone sicuramente, poi… mmh no, come Cicco nessuno (ride, ndr)! A me piace anche scherzare, ma sono molto calmo e sto sulle mie, quando ci sono momenti di gioco naturalmente però non mi tiro indietro

Ai mondiali juniores di Harrogate 2019, dopo la crono vinta, Antonio ha corso anche su strada
Ai mondiali juniores di Harrogate 2019, dopo la crono vinta, ha corso anche su strada
Hai 19 anni, sei ancora molto giovane, come ti vedi cambiato rispetto alle categorie giovanili? 

I primi anni alle gare era una tragedia, prima della partenza vomitavo per l’ansia anche se spesso vincevo ugualmente. Avevo paura del passaggio tra una categoria all’altra, avevo paura del chilometraggio diverso, del ritmo diverso…  puntualmente però mi trovavo anche meglio. L’ansia che avevo da piccolino è svanita già da allievo, iniziai ad essere più sicuro dal momento che vincevo di più. Mi sentivo a mio agio. Adesso che sono tra i big sì, ho sempre quel filo di ansia quando mi sto per preparare, poi passa

Oltre le crono dove va bene Antonio? 

Mi piacciono le salite lunghe. Non sono tanto esplosivo e non ho tanta potenza; più è lunga la salita e meno soffro. All’inizio è parecchio dura, ma più vado avanti più le mie gambe rispondono al meglio. 

Un futuro nelle corse a tappe ? 

E’ quello che spero, punto a questo. Il Giro d’Italia è il mio più grande sogno, non c’è una gara che mi piacerebbe vincere più della corsa rosa.  

Emirati, ultima tappa: festa per Ewan e Pogacar

27.02.2021
4 min
Salva

«Siamo venuti negli Emirati per vincere una tappa – sorride dopo l’arrivo Caleb Ewan – e ne era rimasta solo una. Avevo un po’ di pressione addosso, perciò quando ho tagliato il traguardo mi sono sentito sollevato. In tutta la mia carriera, non ero mai arrivato così avanti nell’anno senza vittorie, ma è anche vero che questa era la mia prima corsa. Ho grandi progetti per quest’anno e la vittoria mi aiuterà a costruire la mia fiducia in vista delle prossime gare in Europa».

Il piccolo folletto australiano della Lotto Soudal ha vinto la 7ª tappa dello Uae Tour, che per i velocisti era diventata l’ultima spiaggia, piegando quel Sam Bennett che ne aveva già vinte due.

Il gruppo sfila davanti alla Grande Moschea Sheikh Zayed
Il gruppo sfila davanti alla Grande Moschea Sheikh Zayed

Settimana di fuoco

Finisce così in archivio il terzo Uae Tour, dopo una tappa niente affatto banale a causa dei ventagli e di qualche caduta di troppo, a capo di una settimana che ne ha viste di tutte i colori. La partenza sprint di Mathieu Van der Poel, che non ha fatto in tempo ad abbassare le braccia, che la sua squadra è stata fermata per una positività al Covid. Poi la cronometro, con la grande prestazione di Ganna e la caduta rovinosa di Antonio Tiberi, costretto al ritiro. I duelli in salita fra Yates e Pogacar, con il primo mai stato in grado di staccare il secondo, pur avendolo messo a dura prova. Gli scatti di Nibali al secondo arrivo in salita. I segnali di Nizzolo e Viviani, ciascuno dei due in ripresa da stop imprevisti ed entrambi arresi a Sam Bennett. Infine la volata di Caleb Ewan.

Cade anche Adam Yates, che però rientra e salva il 2° posto
Cade anche Adam Yates, che però rientra e salva il 2° posto

Pogacar crescerà

«C’è stato un momento di nervosismo – racconta Pogacar, parlando dei ventagli e delle cadute di giornata – in cui il gruppo si è rotto, ma io avevo attorno la mia squadra e sono riuscito a controllare e per fortuna quel tentativo non è andato all’arrivo. Quando è caduto Yates ci siamo rialzati, è nella nostra natura di ciclisti farlo. E’ stata davvero una brutta caduta, era giusto aspettarlo. A nessuno piace cadere.

«Questo è davvero un grande risultato – aggiunge Pogacar – era il mio primo obiettivo della stagione e la mia prima vittoria nella gara di casa, quindi è stato davvero importante e sono felicissimo. La mia squadra e i miei compagni di squadra hanno fatto un ottimo lavoro e abbiamo vinto. Questo è uno dei nostri migliori risultati. Tornerò di sicuro negli Emirati Arabi Uniti, ma ora pensao a fare del mio meglio nelle prossimee corse, a partire da Strade Bianche».

Il giovane vincitore, già re dell’ultimo Tour de France, ha corso ancora una volta con grande astuzia. Quello che colpisce, cercando di osservarlo meglio, è quanto sia davvero ancora in pieno sviluppo. Lui come pure Evenepoel. Entrambi lontani dalla benché minima definizione muscolare, lasciando trasparire margini ancora importanti che nessuno al momento ha voglia di raggiungere.

Tadej Pogacar, 2° nel 2020, conquista così la corsa degli Emirati
Tadej Pogacar, 2° nel 2020, conquista così la corsa

Almeida e i ventagli

Come era già successo il primo giorno, nell’ultima tappa il gruppo si è rotto a 50 chilometri dall’arrivo e questa volta nella parte posteriore è rimasto il terzo della classifica, lo stesso Joao Almeida che aveva stupito al Giro d’Italia. Ma il bello di avere al proprio fianco una squadra come la Deceuninck-Quick Step è che tanto sono forti a complicare la vita per gli altri, quanto lo sono per rivolvere le situazioni spinose. Il team infatti si è messo davanti e ha dato vita a un frenetico inseguimento che si è concluso dopo una decina di chilometri.

«Iniziare la stagione con il piede giusto – dice Almeida – è sempre bello, qualcosa che ogni corridore desidera. Sono davvero soddisfatto del risultato e della gara che abbiamo fatto. Due vittorie di tappa con Bennett e tre di noi nella top 10 è fantastico. E oggi devo ringraziarli ancora tutti per tutto il loro aiuto e lavoro. Finire terzo in una corsa di questo livello è un risultato che solleva il morale, che porterò nelle gare di marzo».

Nibali attacca e Pallini non c’è. Nostalgia canaglia…

25.02.2021
4 min
Salva

Pallini è a casa e oggi che al Uae Tour Vincenzo ha finalmente attaccato, le sue sensazioni sono davvero strane. Tornerà con lo Squalo dalle prossime corse e nel frattempo lo segue con messaggi e chiamate ogni due, tre giorni. L’inverno no, l’inverno lo ha trascorso tutto con il siciliano. Lo ha visto lavorare bene e con motivazione in palestra, lo ha salutato quando soltanto all’ultimo momento è andato in Sicilia per abbracciare la famiglia.

Jonas Vingegaard, 24 anni, vince la tappa di Jebel Jais
Jonas Vingegaard, 24 anni, vince la tappa di Jebel Jais

Doppia tinta

Ci sono due aspetti che oggi stridono nel raccontare Nibali. Da una parte lo scherzo delle Iene e dall’altra la morte prematura di Giuseppe Milone, il ragazzino siciliano che indossava la maglia della sua squadra.

«Non so bene come l’abbia presa – dice Pallini – perché probabilmente questo ragazzo non era intimo con la sua famiglia come Rosario Costa. Comunque non è mai bello, perché pensi che lui magari corresse in bicicletta per imitare te e ti senti addosso questa responsabilità. Quanto allo scherzo delle Iene, quella caduta uscendo dall’albergo poteva costargli caro, per fortuna ha preso soltanto un colpo ad una costola. Poi, tra l’altro, la scena hanno anche dovuto rifarla. Uscendo infatti, Vincenzo si è accorto che sull’auto di Carera c’era qualcuno con una telecamera e ha mangiato la foglia. Per cui il finale dello scherzo è stato girato una seconda volta».

La Uae Team Emirates si è stretta attorno a Pogacar
La Uae Team Emirates si è stretta attorno a Pogacar
Come ti sembra che stia andando, guardandolo alla televisione?

In realtà sto guardando molto poco le tappe in diretta, avendo i bimbi cui pensare, però riguardo i filmati la sera e leggo sui social. Mi pare di aver capito che sul primo arrivo in salita abbiano fatto il record di scalata, quindi anche il tempo di Vincenzo deve essere stato buono. La gamba c’è. In realtà mi fa strano non esserci, per questo cerco di distrarmi.

Proprio con Vincenzo qualche tempo fa abbiamo parlato delle sue motivazioni.

Sicuramente è molto concentrato e con voglia di fare bene. Dopo un anno come l’ultimo, è comprensibile che abbia voglia di riscatto, per la stagione in sé e per avviarsi meglio eventualmente alla fine della carriera. Forse è l’unico momento in cui è in difficoltà è a tavola, perché fa proprio fatica. Però magari si ritroverà tutto questo dalla primavera in avanti, quando andrà forte anche grazie al fatto di non essere partito subito a tutta. Comunque è innegabile che quando hai famiglia, le cose cambiano.

Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
Pallini e Nibali hanno condiviso momenti indimenticabili: qui al Tour 2014
In che senso?

Prendiamo uno come Tiberi, lasciando stare il fatto che sia caduto. Lui è partito per gli Emirati, poi senza nessun problema potrebbe andare a Laigueglia e semmai soltanto dopo tornare a casa. Vincenzo invece ha la quotidianità della famiglia, le cose che deve fare a Lugano e quindi anche stare lontano da casa a lungo andare diventa più pesante.

Non ha cominciato propriamente piano…

A Besseges, su percorsi non certo adatti a lui, è andato abbastanza bene. Poi è tornato a casa ed ha trovato temperature intorno ai 5 gradi, alle quali non è mai facile allenarsi. Quindi è andato negli Emirati dove ha trovato corridori che vanno già a mille. Per uno come Pogacar, quella corsa viene appena dietro il Tour de France. Anche Adam Yates è andato fortissimo. Il primo giorno Vincenzo mi ha mandato una foto in cui lo si vedeva in fondo al gruppo ed ha scritto che non riusciva a tenere le ruote.

Pogacar mantiene saldo il comando
Pogacar mantiene saldo il comando
E tu che cosa gli hai risposto?

Gli ho detto di ascoltare molto le sue sensazioni e che con il passare dei giorni le cose sarebbero migliorate e per fortuna così è stato.

Cosa ti ha detto invece oggi?

Che si sente meglio rispetto alla prima tappa. E rimasto molto impressionato quando lo hanno passato i primi, dalla velocità che avevano.

Quando ricomincerai a massaggiarlo?

Spero di essere nuovamente in gruppo alla Strade Bianche e poi di continuare con il solito programma. Ci sono un sacco di cose da fare