Tutti con Egan: l’hashtag sacro e il rituale social dei pro’

13.02.2022
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«E’ orribile leggere quello che è successo ad Egan. Tutta la Ineos Grenadiers e lo sport aspettano buone notizie. Un altro triste promemoria di quanto pericoloso può essere il nostro allenamento!» – Tao Geoghegan Hart (twitter).

Esattamente 20 giorni fa Egan Bernal è stato vittima di un incidente su strada, scontrandosi con un bus mentre si allenava con la bici da crono. Quasi sicuramente una storia che conoscete tutti. Che ci ha fatto preoccupare quando il campione colombiano era in terapia intensiva e poi emozionare nel vederlo muovere di nuovo i primi passi in seguito ai vari interventi.

La pioggia di messaggi

Dal momento dell’incidente tutta la comunità del ciclismo ha vissuto le stesse ansie, tristezze e speranze. Da quel momento sono iniziati i messaggi di sostegno per Egan da ogni parte, soprattutto dai suoi colleghi professionisti. Inizialmente dai compagni di squadra, come Daniel Martinez che ha postato la famosa foto del Giro d’Italia 2021 in cui lo incitava nel suo momento di crisi, poi dai connazionali. Ma quasi subito la pioggia di messaggi di sostegno e solidarietà è arrivata anche da rivali e campioni del ciclismo di ogni nazionalità e squadra. Da Valverde a Sagan, Evenepoel, Geraint Thomas, Froome e Pogacar.

Tutti riuniti, insieme ai tifosi di tutto il mondo, sotto l’hashtag #FuerzaEgan. Ma cosa spinge un corridore professionista a pubblicizzare, nel senso di rendere disponibile a tutti, i propri auguri di pronta guarigione ad un collega su quelle piattaforme, appunto pubbliche, che sono i social network? Non basterebbe scrivere un messaggio privato al diretto interessato per mostrare vicinanza nella difficoltà? E che cosa rappresentano queste manifestazioni di vicinanza per chi le produce e per chi le legge? 

Geoghegan Hart parla della paura di leggere una simile notizia e di quanto sia pericolosa la strada
Geoghegan Hart parla della paura di leggere una simile notizia e di quanto sia pericolosa la strada

Il tweet di Tao

Proviamo a rispondere partendo dal messaggio di Tao Geoghegan Hart che abbiamo messo in apertura dell’articolo. Esso tira fuori l’elemento comune di tanti dei messaggi social solidali esplicitamente e a tutti implicitamente: la condivisione. I termini non sono quasi mai casuali, sui social si condividono post, tweet, immagini, pensieri. Si condivide, appunto. E in questo caso il social svolge la sua funzione di condivisione anche nel senso più stretto del termine. Nasce tutto dal bisogno di dire ad Egan “io sono come te”, “io ti capisco”. Come dice proprio esplicitamente Quintana nel suo post social: «Sono cosciente di ciò che comportano questo tipo di situazioni, così come so che è sempre possibile rialzarsi e continuare con più forza». 

Il tweet di condivisione da parte di Nairo Quintana nei confronti di Bernal
Il tweet di condivisione da parte di Nairo Quintana nei confronti di Bernal

La stessa comunità

Non si tratta quindi di semplice empatia di base. Non c’è solo il dispiacere per una tragedia che avviene ad un altro essere umano, neanche soltanto quell’empatia per il grande campione che unisce tutti. C’è qualcosa di più, c’è appunto la condivisione dello stesso destino, delle stesse strade, degli stessi pericoli costanti. E solo chi ha pedalato per strada con regolarità, chi lo fa per professione, può capire a fondo.

Mettere la propria vita in mano alle responsabilità degli altri, che spesso responsabili non lo sono minimamente. Da questo nasce la necessità di esprimere ad Egan che lo si capisce, che la sua vicenda tocca profondamente. Ma al contempo quella di esprimerla a tutti coloro che a loro volta capiscono Egan. Una comunione di emozioni, un ribadire gli uni con gli altri di far parte dello stesso mondo. O meglio: della stessa comunità.

Con questo post su Instagram, Daniel Martinez ha fatto nuovamente forza all’amico
Con questo post su Instagram, Daniel Martinez ha fatto nuovamente forza all’amico

Esorcizzare la paura

Qui arriviamo al punto: gli auguri di pronta guarigione non sono soltanto formalità, sono il rituale di una comunità. Quella del circo del ciclismo, che si ricompatta intorno ad un evento fondamentale e rappresentativo. Non solo, il tutto serve anche per esorcizzare la paura che un evento simile possa capitare a se stessi. Una lucida consapevolezza, che è allo stesso tempo tragica, perché riconosce la propria impotenza e la fatalità dell’evento, al di fuori del loro controllo.

Gli elementi del rituale ci sono tutti. La tonalità emozionale comune. La condivisione del medesimo focus di attenzione e reciproca consapevolezza. La presenza di simboli che rappresentano l’appartenenza al gruppo. E la riunione del gruppo di persone.

Si sono appena svolti i campionati nazionali colombiani con vittoria di Martinez. Egan era a suo modo presente
Si sono appena svolti i campionati nazionali colombiani con vittoria di Martinez. Egan era a suo modo presente

La piazza social

Allora i social diventano la piazza in cui la comunità si riunisce per svolgere il suo rituale. L’attenzione di tutti è su quell’evento e tutti lo sanno. I sentimenti di tristezza, preoccupazione e ricerca di conforto ed espressione di speranza sono comuni a tutti. Così l’hashtag #FuerzaEgan diventa un oggetto sacro. Un simbolo che rappresenta l’appartenenza al gruppo e sotto cui ci si riunisce per ribadire questa stessa appartenenza. Se cade un ciclista, cadono tutti… E insieme si rialzano.

Il ciclismo secondo Guarnieri

17.10.2020
6 min
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Parcheggio dei bus. Noi al di qua delle transenne, Jacopo Guarnieri al di là. Bolla inviolata. E’ sotto il cielo grigio di Conegliano prima della crono che incontriamo l’apripista più desiderato del Giro d’Italia. Il corridore della Groupama-Fdj però è molto più di un ultimo vagone da volata. E’ prima di tutto un uomo, un regista in corsa, un corridore vero.

Guarnieri (33 anni) è al suo secondo Giro d’Italia
Guarnieri (33 anni) è al suo secondo Giro
Jacopo, rispetto a molti tuoi colleghi sei sempre informato. Anche il fatto di usare molto Twitter la dice lunga. Non solo ciclismo, ma anche politica, ambiente… Dove nasce questo senso critico?

Ormai sono diventato grande. Nelle mie frequentazioni mi ritrovo a parlare di altri argomenti. Se capita una cena con i miei amici,  con le persone conosciute negli anni… non parlo di ciclismo.

Cosa hai studiato?

Itis e avevo iniziato legge a Brescia. Poi in concomitanza con il passaggio nel professionismo e col fatto che mi sentivo fuori luogo (erano tutti figli di avvocati) ho perso lo stimolo e ho lasciato. Penso che per essere istruiti e informati non si debba per forza passare dall’università.

Il cittì della nazionale di calcio, Roberto Mancini, sulla questione stadi chiusi e Covid, ha dichiarato che gli italiani hanno diritto al calcio. Cosa ne pensi? E soprattutto, cosa sarebbe successo se una cosa simile l’avesse detta un dirigente del ciclismo?

Ad un manager del ciclismo non lo avrebbero chiesto. Il problema per me è chi ha chiesto a Mancini una cosa che forse non è di sua competenza. Da parte sua avrei preferito una risposta del tipo: sarebbe bello che gli italiani potessero tornare allo stadio. Klopp a questa domanda replicò: e a me lo chiedete? 

A Villafranca Tirrena ha preparato il primo successo per Demare
A Villafranca Tirrena in testa per Demare
Come è cambiato il mestiere del ciclista da quando hai iniziato ad oggi? E in particolare quest’anno?

E’ sempre più esigente. Nelle prime gare da pro’ (2008-2009) riuscii a fare qualche risultato e per come mi allenavo allora oggi sarebbe impensabile. Anche con una condizione appena sufficiente potevi cavartela, oggi sarebbe impossibile. E quest’anno ancora di più. Per fare un esempio alla Poitou-Charentes, corsa di secondo piano, ho fatto la stessa fatica che sto facendo al Giro. 

Oggi nulla è lasciato al caso: tanti ritiri, alimentazione curata all’estremo…

Sì e no. E’ così per gli uomini di classifica e per alcuni team. Noi siamo un po’ diversi. Di ritiri e di altura ne facciamo poca. E questo mi piace visto che siamo molto lontano da casa per le gare. Prima del Giro abbiamo fatto un ritiro di sei giorni e basta. Pochi allenamenti, ma ben fatti. Quest’anno Demare ha voluto provare a fare un po’ di altura dopo il lockdown ed è andato a Sierra Nevada. Ma solo lui. Siamo più liberi. Sono energie “nervose” che si risparmiano.

I giovanissimi sono già vincenti. Pogacar, Evenepoel o lo stesso Antonio Tiberi che vince alla prima gara tra gli U23. Perché secondo te?

Quando sono passato io, i tempi per vincere erano diversi. Io ci misi qualche mese, Oss per esempio impiegò due anni. In generale si maturava più tardi. Non dico che i giovani di oggi siano sfruttati, ma certo sanno già tutto. Però non hanno margini di miglioramento. Sono già al 100 per 100. Io ho sempre fatto una distinzione tra campioni e fenomeni. Il campione è quello che si ripete. Pogacar è un fenomeno. Froome è un campione. Se Tadej si ripeterà sarà un campione. Perché un conto è vincere senza pressioni e un conto è farlo con le attese di sponsor, media, con uno stipendio pesante. Parlavo di questa cosa giusto l’altro giorno con Peter (Sagan, ndr). Gli ho detto: «Sono anni che vinci, ti sei ripetuto».

Demare con Guarnieri, i due corrono insieme dal 2017
Demare e Guarnieri corrono insieme dal 2017
A 25-26 anni potrebbero già “smettere”?

Voi media chiedete sempre fin dove possono arrivare. Pogacar vince il Tour, più di quello cosa può fare? Vincerne due in una stagione! Oltre questo non possono andare. Passano e sono pronti. E’ così. Questo magari limita ragazzi che da dilettanti non vanno così forte e che invece avrebbero margini più avanti. Il rischio vero è che se il prossimo anno Pogacar fa terzo al Tour, è andato male.

Non sei vecchio, ma neanche un ragazzino: cosa c’è nel futuro di Jacopo Guarnieri?

Per ora spero di fare altri quattro anni di carriera. Perché ho un sogno: Andare alle Olimpiadi. Voci di corridoio dicono che il percorso di Parigi 2024 sia per velocisti. Quella è la meta, poi vediamo cosa succede strada facendo. Il mio lavoro per ora mi piace e qualche progetto per la testa ce l’ho.

A Rimini la gioia immensa per il poker di Demare
La gioia immensa per il poker di Demare
Cosa?

Lo tengo per me. Vorrei allontanare la sfiga!

In gruppo sei un senatore. Lo vediamo in tv, ma anche come gli altri ragazzi s’interfacciano con te sui social. Questo ti rende orgoglioso? Ti cambia in qualche modo?

No, però mi dà sicurezza quando devo preparare uno sprint. Gli altri cercano di capire cosa farà la Groupama-Fdj con Guarnieri. Semmai sono un senatore del gruppetto! Davide Cimolai mi dice sempre: «Guarnierone come la vedi? Lo chiamiamo sto gruppetto?». Sarà che ho la voce grossa e mi sentono fino alla testa del gruppo…

Qual è lo sprint perfetto?

Non c’è. Forse c’è quello quasi perfetto. E credo che a Rimini ci siamo andati vicini. E infatti dopo l’arrivo si è vista la nostra felicità. Dipende da molte cose: larghezza della strada, vento, velocità, se tutti riescono a dare il 100 per 100.

Demare è partito quando tu eri ancora in piena spinta. Ha deciso lui tempi e lato per uscire…

Per questo siamo stati contenti. Perché è stata come una delle simulazioni che facciamo in allenamento. Quella cosa del “buco”, del metro di distanza in piena velocità consente ad Arnaud di lanciarsi più forte e quando mi affianca è già velocissimo. A Rimini mi ha passato che ero ai 150 metri. Meglio di così…

Sei il regista del treno. Parli molto in quelle fasi concitate?

In quel momento non molto. Parliamo più sul bus prima della corsa. In gara ognuno deve sapere cosa fare. Qui al Giro non essendoci Sinkeldam abbiamo lavorato su Scotson. Lui ha un po’ sbagliato nella prima volata, ma poi si è integrato subito.

Jacopo ha un grande rapporto d’amicizia con Peter Sagan
Jacopo ha un grande rapporto d’amicizia con Sagan
Visto che sei un “twitteriano” facciamo un tweet su un po’ di corridori. Partiamo da Almeida…

Coriaceo. Non credo che lo stiano sottovalutando, piuttosto fin qui non c’è stato il terreno per staccarlo. Le difficoltà vere arriveranno da oggi.

Sagan…

Una rock star, anche senza far risultato… (si ferma un istante, ndr). Vedete che anche io casco nel tranello. Alla fine ha vinto. Peter fa sempre notizia. Con le sue interviste e le sue impennate ha portato un vento di novità.

Pozzovivo…

Cavolo! Non molla mai. Determinato. Lo vedo in bici e mi chiedo come faccia a pedalare. Sinceramente dopo il ritiro dal Tour credevo fosse agli sgoccioli. Invece… Stoico!

Ganna…

Una centrale idroelettrica. Mai visto uno con così tanti watt. In una frazione di 100 abitanti illumina tutte le case! Senza limiti.

Infine Nibali…

Fenomeno… e campione. Se lo vuoi mandare più forte basta che gli vai vicino e gli dici: «Vince, ieri proprio non andavi eh…». Orgoglioso com’è vedi poi cosa combina. Allenamenti, corsa, fuori corsa… lui è un artista della bici.

E’ lui il tuo favorito del Giro d’Italia?

Di solito la terza settimana Vincenzo fa le buche per terra!