«Allo stesso modo, ho visto un’ottima Soraya Paladin che ha corso bene di rimessa». Le parole di elogio del cittì Paolo Sangalli verso la trevigiana alla fine del Trofeo Binda – dove aveva visto tante italiane in ascesa, oltre alla vittoria di Balsamo – sono state lo spunto per un approfondimento tattico.
Adesso sta arrivando il periodo intenso delle classiche del Nord nelle quali ci vuole quel giusto atteggiamento per restare davanti. La base è saper leggere la corsa e correre di conseguenza, anche alla luce degli stati di forma degli squadroni o delle più accreditate. Il risultato finale poi può dipendere da tanti fattori, sfortuna o fortuna, bravura propria o delle avversarie. Paladin è senza dubbio un’atleta di fondo che quando ha la condizione sa tenerla per diverso tempo e sa come sfruttarla al meglio. Riprendiamo quindi con lei l’incipit iniziale.
Quarta dieci giorni fa, quinta l’anno scorso e nel 2021, terza due anni fa. A Cittiglio sei sempre andata forte, ma manca sempre qualcosa?
Il percorso del Trofeo Binda mi piace molto e la gara esce sempre dura. Non è mai bello fare quarte o più in generale non vincere, però devi anche considerare chi ti arriva davanti. In un arrivo come quello di Cittiglio è molto difficile battere gente come Balsamo e Kopecky. Anche Pieterse che ha fatto terza è stata una sorpresa fino ad un certo punto. Si è allenata tantissimo su strada e sono convinta che continuerà ad andare forte, proprio come fa nel ciclocross. Personalmente sono soddisfatta del mio piazzamento e di come si è mossa la squadra. Ci siamo dovute adattare.
Quale era la tattica della Canyon-Sram?
L’avevamo studiata bene. L’ideale sarebbe stato portare via un gruppetto, ma abbiamo subito capito che sarebbe stato difficile. A quel punto ci abbiamo provato nel finale con un po’ di attacchi. Bradbury e Chabbey erano quelle deputate a smuovere le acque per cercare di togliere un po’ di ruote veloci. In questo senso Elisa (Balsamo, ndr) è stata molto brava a tenere duro e a meritarsi la vittoria, glielo riconosco e da una parte mi fa piacere. Dall’altra è ovvio che speravamo di fare di più.
Quindi eri tu la capitana designata?
In realtà partivo alla pari con Chabbey, ma nessuno riusciva a fare la differenza e ci stavamo avvicinando ad un possibile sprint più o meno ristretto. Abbiamo deciso in corsa quindi che sarei stata io a salvare le gambe per il finale visto che ho uno spunto più veloce del suo.
E’ questo che intende il cittì per “correre di rimessa”?
Non saprei, credo di sì. D’altronde non potevamo fare altrimenti. Se avessimo avuto al via una veloce come Dygert, probabilmente avremmo corso diversamente. Sicuramente avrei attaccato anche io e magari prima. In ogni caso preferiamo correre così, piuttosto che arrivare a fine corsa col rammarico di non averci provato.
In effetti tu non ti sei mai nascosta e non hai paura di provarci. Nel finale dell’Amstel dell’anno scorso meritavi più fortuna.
A volte bisogna cogliere l’attimo e poi sperare in tante cose per arrivare. Buona sorte, condizione, squadra che ti copre, avversarie che si guardano e altro. Anche in quella Amstel dovevo fare come a Cittiglio e aspettare il finale per giocarmi le mie carte nello sprint ristretto. Però avevo visto come stava andando la gara e così ho attaccato da sola ad otto chilometri dalla fine. Alla fine avevo chiusa quinta, ma piuttosto che limare, mi piace attaccare ed essere protagonista. Di certo posso dire che nel ciclismo di adesso devi evitare il fuorigiri.
E’ per questo motivo che hai iniziato in Australia?
Volevo cominciare il 2024 pedalando al caldo per entrare in forma un po’ prima del solito e ho ripreso laggiù a distanza di sei anni. Al Tour Down Under sono andata inaspettatamente bene (seconda alla seconda tappa dietro Ludwig, ndr) visto che ho dovuto recuperare da una caduta subìta nei primi giorni. Sono tornata in Europa con una buona condizione, però mi sono ammalata proprio la sera prima della Strade Bianche, dove a quel punto mi sono messa al servizio delle compagne. Tuttavia ho ritrovato in fretta la condizione, sinonimo di un buon lavoro invernale.
Ora c’è una serie di gare in cui troveremo davanti Soraya Paladin?
A casa mi sono allenata bene, poi vedremo come andrà. Farò Fiandre, Roubaix e Ardenne, cercando di capire di giorno in giorno se correre di rimessa o meno. Lassù le gare possono prendere pieghe imprevedibili. La speranza è quella di andare bene come a Cittiglio o anche meglio. A maggio dovrei correre la Vuelta a Burgos, mentre la seconda parte di stagione la dobbiamo ancora pianificare.
A Burgos hai conquistato due tappe nel 2019, ultima stagione in cui hai vinto. Questo può essere un obiettivo stagionale, assieme alla “solita” convocazione in azzurro?
La vittoria spero davvero che arrivi presto, ci vorrebbe. Sulla nazionale non c’è da aggiungere nulla di nuovo. Vestire l’azzurro è sempre un onore e quest’anno farlo a Parigi per le Olimpiadi avrebbe un sapore particolare, visto che mi è già successo a Tokyo. Poter partecipare alla gara olimpica è uno stimolo che però vivo senza pressione. Alla fine so che se non dovesse arrivare la chiamata è perché c’è stata qualche compagna che se l’è meritata di più. Quest’anno ci sono tanti obiettivi da perseguire, ma già solo questi due sono sufficientemente importanti.