Tour of the Alps: una cerniera che unisce popoli e culture

22.11.2024
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RIVA DEL GARDA – Il 48° Tour of the Alps partirà il 21 aprile 2025 da San Lorenzo Dorsino, nel cuore del Trentino, per poi risalire velocemente verso l’Alto Adige e il Tirolo, terminando a Lienz, in Austria, il 25 aprile. La grande partecipazione alla presentazione della corsa che si svolge sulle strade dell’Euregio fa capire quanto l’evento sia radicato nel territorio e sentito. La posizione strategica nel calendario offre a questa corsa un parterre sempre interessante, che porta sulle strade appassionati e curiosi.

Cinque tappe, quindi, con un totale di 739 chilometri e un totale di 14.700 metri di dislivello. Il Tour of the Alps si conferma la corsa degli scalatori. Affacciata sul Giro d’Italia questa corsa diventa il banco di prova dei pretendenti alla maglia rosa. La conferma di ciò arriva dalla presenza del direttore del Giro, Mauro Vegni.

Storia e valori

Apre le danze il presidente del Gruppo Sportivo Alto Garda, Giacomo Santini (in apertura insieme a Cordiano Dagnoni, foto Luca Matassoni). Negli anni il Tour of the Alps ha allargato i propri orizzonti, arrivando in Sud Tirolo e poi in Tirolo.

«Quella che sta per iniziare – dice Santini – è l’ottava edizione del Tour of the Alps, che prima prendeva il nome di Giro del Trentino. Da sette anni a questa parte la nostra corsa è considerata uno dei più significativi esperimenti di cooperazione transfrontaliera. La nostra voglia di valorizzare le affinità che esistono tra i popoli ci ha spinti oltre il Brennero, che nel tempo si è trasformato da frontiera a cerniera. Da allora abbiamo scoperto che abbiamo valori comuni non solo sul piano sportivo, ma umano, culturale e storico».

Dal Trentino all’Alto Adige

Il clima del prossimo Tour of the Alps, e della sua essenza, lo si respira grazie al vento freddo che dalle montagne scende a farci compagnia. La neve scende su Riva del Garda, e ci ricorda come questa gara possa essere impegnativa, ma sempre circondata da panorami unici. Per riallacciare il filo con l’edizione passata si deve fare un salto indietro di sette mesi, a quando lo spagnolo Juan Pedro Lopez si impose su Ben O’Connor e Antonio Tiberi. Le salite dell’Euregio ci avevano consegnato le ambizioni di un giovane Valentin Paret-Peintre, l’audacia di Giulio Pellizzari e la maglia bianca di Antonio Tiberi. Tutte firme che poi abbiamo ritrovato al Giro d’Italia qualche settimana dopo.

Si riparte quindi da dove ci eravamo lasciati: dal Trentino. Con la prima tappa che inizia con un giro ad anello nel territorio delle Dolomiti Paganella. Partenze e arrivo da San Lorenzo Dorsino con una frazione di 148 chilometri. Il giorno dopo subito la fatica più grande di questi cinque giorni: da Mezzolombardo a Vipiteno. 178 chilometri e ben 3.750 metri di dislivello che porteranno il gruppo in Alto Adige.

Alto Adige e Austria

Da sud verso nord, un cammino rapido che in soli cinque giorni porta i corridori e la corsa dal Trentino all’Austria. Il raccordo è unico: la bicicletta e il turismo, senza confini. L’obiettivo negli anni è stato abbattere i muri e le differenze linguistiche per arrivare a costruire un evento che è uno spot per il ciclismo. 

Le rimanenti tre tappe faranno gola ad attaccanti e scalatori. La terza frazione, che si snoderà nel cuore dell’Alto Adige, toccherà la vetta più alta di questa edizione, con i 1.748 metri del Passo Furcia. In 145 chilometri si partirà da Vipiteno per arrivare poi a San Candido. Per concludere le loro fatiche, i corridori, dovranno sconfinare in Austria, dove con un breve trasferimento arriveranno a Sillan, per pedalare fino a Obertilliach. In questa tappa di 160 chilometri si toccherà la quota maggiore, con i 1.753 metri della salita che porta a Misurina, non etichettata come GPM. Il gran finale sarà opera della città di Lienz. Nella quale con un breve ma esplosivo giro ad anello si metterà la sigla sulla corsa. 

La caratteristica distintiva del Tour of the Alps sono le salite che in pochi chilometri portano il gruppo in quota
La caratteristica distintiva del Tour of the Alps sono le salite che in pochi chilometri portano il gruppo in quota

Tante salite, due soli GPM 

Al Tour of the Alps siamo abituati a vedere il gruppo con il naso rivolto all’insù, verso le cime che circondano e uniscono le diverse valli. Nella sua 48ª edizione la corsa dell’Euregio affronterà tante ascese, alcune delle quali fanno parte della storia di questa manifestazione. Altre, invece sono inedite. 

L’organizzazione ha scelto di selezionare due soli salite per ogni tappa da etichettare come GPM, ma questo non vuol dire che le difficoltà altimetriche siano limitate. I 14.700 metri di dislivello, poco meno di 3.000 metri a frazione sgraneranno il gruppo, e incoroneranno il migliore degli scalatori, o il più audace degli attaccanti.

Una delle particolarità del Tour of the Alps è che ci sono pochissimi trasferimenti, una cosa davvero gradita dalle squadre e dai corridori. Altra caratteristica unica di questa corsa sono i percorsi: con tappe lunghe ma mai oltre i 200 chilometri e salite impegnative. Insomma la giusta palestra per arrivare al meglio al Giro d’Italia.

Tour of the Alps, gruppo affiatato e dettagli al top

24.04.2023
7 min
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PREDAZZO – Quando si dice Tour of the Alps si dice principalmente una gara in preparazione al Giro d’Italia come dimostra la vittoria di Geoghegan Hart con la sua Ineos, ma si intende anche un format che va oltre l’aspetto prettamente agonistico. I tre territori dell’Euregio (Tirolo, Alto Adige e Trentino) dal 2017 ad oggi hanno caratterizzato il percorso evolutivo di quello che era il vecchio Giro del Trentino.

A dirla tutta, bisogna parlare praticamente di due eventi diversi, nonostante la collocazione nel calendario internazionale sia rimasta la medesima. Per scoprire il dietro le quinte dell’organizzazione della corsa, abbiamo sentito Maurizio Evangelista, general manager del Tour of the Alps (foto in apertura). Davanti a noi ci sono i trampolini dello stadio del salto con gli sci “Giuseppe Dal Ben” di Predazzo che saranno teatro delle olimpiadi invernali di Milano-Cortina del 2026.

Il Tour of the Alps è riuscito a coinvolgere a fondo i territori dell’Euregio (Tirolo, Alto Adige e Trentino)
Il Tour of the Alps è riuscito a coinvolgere a fondo i territori dell’Euregio (Tirolo, Alto Adige e Trentino)
Maurizio che tipo di gara è il “TotA”?

Abbiamo ereditato il Giro del Trentino che non riusciva più a reggere da solo un certo tipo di standard. Anche se noi siamo un’altra società, riconosciamo la sua storia e non possiamo rinnegarla. Tuttavia il messaggio che ci era arrivato era quello di allestire una corsa di alta qualità. Siamo partiti bene e credo che ad oggi abbiamo alzato l’asticella ogni anno. Questa è la filosofia della nostra manifestazione. Naturalmente portiamo avanti una nostra idea di gara. Cerchiamo di cadenzare la giornata dell’atleta. Abbiamo tappe con chilometraggi non troppo lunghi, facciamo partenze ad orari comodi e di conseguenza arriviamo presto, anche perché siamo in luoghi in cui ad aprile si trova ancora brutto tempo o neve.

Come gestite o scegliete i transiti sulle montagne della corsa?

Se avete fatto caso, se non in rarissimi casi, non facciamo mai passaggi o arrivi in alta quota perché non servono a nulla in questo periodo. Né all’atleta e le squadre, né agli addetti ai lavori e tantomeno a noi. Ci faremmo un clamoroso autogol se volessimo cercare di arrivare su certe cime. Saremmo costretti a rivedere lo svolgimento della tappa ogni giorno e quindi fare il lavoro due volte, considerando la nostra macchina organizzativa. Molta gente sottovaluta che qua attorno esistono delle signore salite a quote più basse che possono rendere spettacolare ugualmente il Tour of the Alps. Non dobbiamo fare la leggenda, noi dobbiamo fare una corsa moderna.

Renon e massiccio dello Sciliar. Le partenze e gli arrivi del TotA hanno sempre scenari suggestivi
Renon e massiccio dello Sciliar. Le partenze e gli arrivi del TotA hanno sempre scenari suggestivi
Cosa intende?

L’evento non è solo una corsa, ma tutta una serie di attività. Ovviamente abbiamo massimo rispetto per corridori e squadre però vogliamo intrattenere e coinvolgere il pubblico nelle nostre sedi di tappa. Musica, radio ufficiale, stand dei nostri sponsor, delle zone che ci ospitano e tanto altro. Abbiamo la predominanza del colore verde che ad ogni edizione è accompagnato da un altro colore. Quest’anno è il blu, l’anno prossimo sarà l’arancione. Sviluppando questo tipo di cose abbiamo generato un volano di interesse tra le amministrazioni locali. Sono loro adesso che cercano noi, come una sorta di passaparola. Per dire, quest’anno è stata Brunico a chiederci di avere una tappa, spingendo forte più per l’arrivo che la partenza. In questi sei anni siamo riusciti a dare una riconoscibilità al Tour of the Alps. Credo che per noi sia un grandissimo risultato.

Il road-book del TotAe parte del materiale turistico che ogni veniva consegnato in ogni tappa
Il road-book del TotA e parte del materiale turistico che ogni veniva consegnato in ogni tappa
Come sono i rapporti con gli enti territoriali?

Sono diventati buoni. In questa corsa inizialmente era prevalentemente solo il Trentino ad avere un certo tipo di tradizione col ciclismo mentre Tirolo e Sud Tirol non erano molto coinvolti. Abbiamo dovuto far percepire a queste altre zone dell’Euregio cosa volevamo portare a casa loro. In questi anni hanno visto il nostro impianto organizzativo, che si basa su tante persone che hanno saputo fare squadra in modo affiatato come noi richiediamo. Ed anche questo piace alle amministrazioni. Ma c’è anche un’altra cosa che mi rende molto contento.

Quale?

La collaborazione tra enti e sponsor. In questi anni abbiamo messo in contatto realtà che prima non si conoscevano fra loro. Il Tour of the Alps ha un certo di tipo di esigenze organizzative e le istituzioni con cui lavoriamo hanno sempre saputo soddisfarle. Noi cerchiamo sempre di partire da zone molto vicine in cui siamo arrivati per facilitare il compito di tutti. Da lì in avanti molte di queste amministrazioni si sono attivate autonomamente per confrontarsi con quelle delle annate precedenti o della stessa edizione per cercare di fare qualcosa in più per noi. I comitati di tappa prendono spunto da altri. Poi loro quasi ogni sera, con altre associazioni locali, organizzano per noi un rinfresco con prodotti del posto, distribuendo anche materiale informativo turistico. Da queste parti ci tengono particolarmente anche se sono posti conosciuti in tutto il mondo. E per noi è più semplice lavorare.

Al TotA ogni comitato di tappa organizza una cena o un rinfresco con prodotti tipici locali (foto Finotto)
Al TotA ogni comitato di tappa organizza una cena o un rinfresco con prodotti tipici locali (foto Finotto)
C’è qualcosa che contraddistingue il vostro gruppo di lavoro?

Innanzitutto va detto che noi muoviamo complessivamente una carovana di circa 600 persone, quindi diventa più facile gestire tutto. Però, viste le nostre dimensioni, direi che cerchiamo di curare i dettagli pur sapendo che difficile mantenere un certo di livello. Altro esempio, in sala stampa cerchiamo di non far mancare nulla a chi segue la corsa. E tra l’altro mi ha fatto molto piacere averla vista piena in questi giorni, soprattutto di testate straniere. Questo è per tornare al discorso che facevo prima. La gara ci interessa, ma ci interessano anche altri aspetti che non possono più prescindere in una manifestazione. Naturalmente sommando il tutto in paesaggi del genere, anche il prodotto televisivo diventa e resta molto interessante.

Sala stampa. Per i giornalisti italiani e stranieri c’è sempre un buonissimo trattamento (foto Tour of the Alps/Sprint)
Sala stampa. Per i giornalisti italiani e stranieri c’è sempre un buonissimo trattamento (foto Tour of the Alps/Sprint)
La reputazione del Tour of the Alps è ormai assodata. Vi manca però non avere al via i cosiddetti fenomeni di questa generazione?

Noi siamo felici e orgogliosi dei vincitori e dei partecipanti alla nostra corsa. Sono tutti corridori che vengono da noi in preparazione al Giro d’Italia o per fare una esperienza di qualità. Anzi facendo finire la gara di venerdì, molti di loro hanno sempre avuto la possibilità di rifinire la condizione per la Liegi-Bastogne-Liegi, per fare l’ennesimo esempio che ci riguarda. Detto questo, è ovvio che mi piacerebbe avere al via Evenepoel o Pogacar. Ho un po’ di anni di ciclismo alle spalle e per me questo è il più bel ciclismo che abbia mai visto. Questi fenonemi se le danno di santa ragione e appena tagliano il traguardo si fanno reciprocamente i complimenti. Questo è lo spirito che piace a me. E poi il Tour of the Alps, con tappe corte ed intense, sarebbe perfetto per il loro modo di interpretare la corsa.

Il TotA si appoggia spesso ad impianti di altri sport. Qui i trampolini di Predazzo in lavorazione per MilanoCortina 2026
Il TotA si appoggia spesso ad impianti di altri sport. Qui i trampolini di Predazzo in lavorazione per MilanoCortina 2026
Appuntamento all’anno prossimo quindi con loro?

Speriamo di sì, anche se sappiamo che i preparatori talvolta nel nostro periodo prevedono ancora i ritiri in altura o altri tipi di programmi. Aspettiamo anche tanti altri campioni che non sono mai stati da noi. In ogni caso per la nostra macchina organizzativa avere due come Evenepoel o Pogacar sarebbe un grande richiamo internazionale ma anche tanto lavoro in più. Dovremmo raddoppiare alcuni spazi o ambienti, come le sale stampe. Ve lo immaginate? Sarebbe bellissimo, e noi siamo pronti per questo tipo di straordinari.

Ciclo Promo Components, si parte con “Future is Green!

25.11.2022
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A dicembre dello scorso anno vi avevamo raccontato di “Future is Green”, un progetto voluto dalla commerciale veneta Ciclo Promo Components in collaborazione con il Comune di Asiago. L’obiettivo finale era quello di piantare 800 alberi all’interno di un’area forestale dello stesso Comune distrutta dal Ciclone Vaia del 2018. Un evento catastrofico che portò alla distruzione di circa 14 milioni di alberi fra Trentino e Veneto. A rendere ancora più grave la situazione, nell’estate 2020 è sopravvenuta un’infestazione di bostrico, che ha portato al disseccamento di parte degli alberi sopravvissuti alla tempesta.

Il progetto “Future is Green” prende finalmente il via
Il progetto “Future is Green” prende finalmente il via

Finalmente si parte

A poco meno di un anno dalla sua presentazione, il progetto voluto fortemente da Ciclo Promo Components oggi prende finalmente forma. Lo scorso 17 ottobre è stato dato il via ufficiale all’attività di rimboschimento sperimentale. Erano presenti naturalmente Loris e Roberto Campagnolo, soci-fondatori di Ciclo Promo Components. Ad accompagnarli Diego Rigoni, Consigliere con delega al Patrimonio del Comune di Asiago, Christian Rebeschini, Guardaboschi dello stesso Comune, Marco Pellegrini (Dottore Forestale estensore del Progetto) e i tecnici incaricati dal Comune di Asiago. Tutti insieme hanno dato ufficialmente inizio ai lavori.

Il progetto prevede che verranno piantate circa 800 piantine di diverse specie forestali su una superficie di 6 mila metri quadrati in un’area di proprietà del Comune di Asiago (in prossimità del Forte Interrotto). 

L’obiettivo è ricostruite i territori distrutti dalla tempesta Vaia nel 2018
L’obiettivo è ricostruite i territori distrutti dalla tempesta Vaia nel 2018

Obiettivi ben definiti

Il progetto “Future is Green” si propone di raggiungere tre obiettivi. Primo: velocizzare il processo di ricostituzione della copertura forestale danneggiata dal Ciclone Vaia. Secondo: aumentare la biodiversità, la complessità strutturale e la composizione specifica dell’area forestale, aumentando la resilienza dei futuri popolamenti forestali, tenendo in considerazione i cambiamenti climatici. Terzo: realizzare una rete di aree, contestualmente ad altri tre interventi similari realizzati nella zona, in cui mettere in atto un corretto ripristino delle aree ed in cui organizzare attività didattiche e di divulgazione. 

Per donare vita nuova a questa area boschiva verranno piantati 800 alberi
Per donare vita nuova a questa area boschiva verranno piantati 800 alberi

La sostenibilità al centro

Con il progetto “Future is Green” Ciclo Promo Components ribadisce ancora una volta la propria attenzione verso il tema della sostenibilità ambientale. L’azienda di Castione di Loria, in provincia di Vicenza, ha deciso da diverso tempo di adottare una politica aziendale basata sull’utilizzo di energie rinnovabili, sul rispetto delle normative di immissione e smaltimento delle sostanze chimiche, sulla digitalizzazione dei processi produttivi e sulla scelta di imballaggi riciclabili. 

Chiudiamo con le parole di Loris e Maurizio Campagnolo che riassumono al meglio il nuovo progetto che li vedrà impegnati al fianco del Comune di Asiago.

«Siamo fieri di contribuire alla ricostruzione del patrimonio naturalistico dell’Altopiano di Asiago. Speriamo che altre aziende possano seguire il nostro esempio e contribuire alla diffusione di un messaggio di sensibilizzazione, riguardante la sostenibilità ambientale e il ruolo di primo piano della bici come mezzo di trasporto a emissioni zero. Ci sembra dunque doveroso dare un nostro concreto contributo per una delle mete più importanti per il cicloturismo nella nostra Regione».

Ciclo Promo Components

Alpitude Gardena, la sella artigianale in appena 70 grammi

09.04.2022
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Gardena è la sella artigianale in carbonio di Alpitude realizzata tra le montagne del Trentino. Il suo design è pulito e leggero, in linea con le sue caratteristiche tecniche da prima della classe. L’ergonomia è studiata per essere comoda, avvolgente e per assecondare le esigenze dei ciclisti che cercano il massimo dal proprio sellino.

Un prodotto di qualità premium che rispecchia tutti i valori e la mission del brand italiano, che progetta e realizza i suoi prodotti a mano nei laboratori sulle Dolomiti utilizzando materie prime uniche. 

Il canale centrale permette uno scarico della posizione agevolando ulteriormente il comfort
Il canale centrale permette uno scarico della posizione agevolando ulteriormente il comfort

Nata per essere unica

Alpitude ha pensato per questa sella ad un design unico nel suo genere seppur simile a concetti già esistenti. Gardena infatti è caratterizzata da una flessibilità moderata. In particolare la geometria dello short fit che prevede un naso corto si contraddistingue grazie alla sua larghezza non eccessiva. Nel complesso si ha quindi una sella compatta che riesce a risparmiare materiale senza andare a discapito del comfort.

Un’altra particolarità la si nota soprattutto quando si hanno le mani nella parte più bassa del manubrio. Infatti il foro centrale che determina la concavità della punta fa sì che la pressione perineale sia notevolmente alleviata. Un concentrato di caratteristiche che fanno di questa seduta una componente indispensabile per chi cerca prestazione, comfort e leggerezza.

Le versioni disponibili sono quattro e si differenziano per l’estetica non per le caratteristiche
Le versioni disponibili sono quattro e si differenziano per l’estetica non per le caratteristiche

Peso piuma

Il concetto di questa Gardena è realizzato e contenuto in soli 70 grammi di puro carbonio. Un peso del sellino che riesce a concentrare caratteristiche volte al comfort dell’utilizzatore e dettagli progettati per la performance.

Le misure disponibili che determinano la larghezza sono tre: 128 (67 grammi),140 (70 grammi) e 150 mm (73 grammi). Mentre le finiture estetiche si differenziano in quattro versioni: 3K twill, Unidirezionale, 1K plain, 6K spread tow.

La lunghezza totale è di 245 mm mentre la larghezza del naso vanno da 40 a 50 mm. I binari invece hanno una misura di 7×9 mm. Il peso massimo del ciclista per questa sella premium è di 85 kg. Il tutto con un prezzo consultabile sul sito che va da 285 a 299 euro. 

Alpitude

La Bora cambia pelle, Benedetti è la bandiera

02.12.2021
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Uomo franchigia, per Cesare Benedetti non c’è vestito migliore. Negli Stati Uniti definiscono così gli atleti che passano la loro carriera in un’unica squadra. Nel calcio le chiamano bandiere. Queste figure ormai sembrano non esistere più. Nel ciclismo – in cui i corridori cambiano spesso casacca – non ci sono quasi mai state, ma esistono esempi di fedeltà a lungo termine. Valverde ed Erviti sono nella stessa società dal 2005, Rojas e Gesink dal 2007, Pinot e Geraint Thomas dal 2010.

In mezzo a loro c’è anche il trentino della Bora-Hansgrohe, che a differenza dei suddetti colleghi vanta un particolare primato. Dal 2010, da quando è passato professionista, il 34enne di Rovereto (diventato polacco da un anno) corre per la medesima formazione e non solo. L’ha vista crescere (e vincere) da continental a professional fino al WorldTour, dai tempi della NetApp a quelli attuali.

Da under 23 nel 2009, qui al GiroBio, corre alla Uc Bergamasca che a breve diventerà Colpack (foto Scanferla)
Da U23 nel 2009 corre alla Uc Bergamasca, poi Team Colpack (foto Scanferla)

L’eroe di Pinerolo

Benedetti – che nel 2019 ha vissuto il suo giorno di gloria vincendo la Cuneo-Pinerolo (foto di apertura), dodicesima tappa del Giro d’Italia – è il prototipo del fidato gregario (quest’anno ha disputato 90 gare, primo in questa speciale graduatoria) e le tante stagioni le ha sempre vissute al servizio dei tanti capitani e compagni che ha visto passare.

Così, mentre la nostra chiacchierata è già ben avviata e ci prepariamo ad approfondire la sua avventura nel team tedesco, Cesare ci confessa la sua fede calcistica interista dandoci lo spunto per un piccolo giochino a fine intervista. 

«Non seguo più l’Inter – spiega – come prima. Quando posso ora, in Polonia vado a vedere il Piast Gliwice, la squadra della mia città. Pensate che il 19 maggio di due anni fa quando vincevo la tappa di Pinerolo, loro conquistavano il loro primo ed unico scudetto».

Benedetti arriva alla NettApp nel 2010. Nel 2011 il team diventa professional, qui una foto di inizio anno
Benedetti arriva alla NettApp nel 2010. Nel 2011 il team diventa professional, qui una foto di inizio anno
Come ti senti ad essere considerato un cosiddetto uomo franchigia?

Fa un certo effetto perché sono qui dall’anno della fondazione. Contando dall’inizio, l’anno prossimo saremo rimasti solo io ed il team manager (Ralph Denk, ndr). Della vecchia guardia non ci saranno più Schillinger che si ritira, Schwarzmann che va via (andrà alla Lotto Soudal, ndr) così come il diesse Enrico Poitschke. Fu lui a volermi e tenermi in squadra. Nel ciclismo moderno è anomalo restare sempre nella stessa squadra. Mi sento un po’ lo Javier Zanetti della Bora-Hansgrohe.

Cosa ti ricordi di quel 2010?

A settembre dell’anno prima avevo avuto i primi incontri con la dirigenza, che aveva già l’obiettivo di scalare le categorie. C’è sempre stato dietro un progetto che aveva lo slogan “ProTour (l’attuale World Tour, ndr) in tre anni”. Inizialmente hanno dovuto ridimensionare il budget, ma hanno mantenuto la stessa ambizione. Già nel 2011, in cui siamo diventati professional, avevamo un calendario importante e partecipato alla Roubaix. Da lì in avanti abbiamo sempre disputato gare WorldTour.

Nel 2017 la svolta. Arriva Sagan (campione del mondo a Doha) e si sale nel WorldTour
Nel 2017 la svolta. Arriva Sagan (campione del mondo a Doha) e si sale nel WorldTour
Sei stagioni tra le Professional poi nel 2017 arrivano Sagan e anche il WorldTour…

Sì, si era sfaldata la Tinkoff e c’erano liberi sia la licenza che una serie di corridori tra cui Peter. La dirigenza ha colto subito l’occasione grazie all’ingresso di Hansgrohe. Ma bisogna ricordare che nel 2012 era già entrato Bora. Prima come marchio piccolo su una manica e poi come nome principale. Siamo cresciuti con i nostri sponsor e loro sono cresciuti come aziende anche per merito nostro.

Eri tu il primo a dare il benvenuto a tutti i nuovi acquisti?

No, non facevo nessun battesimo (ride, ndr). A quello ci pensava la dirigenza. Posso dirvi però che ho visto passare tantissima gente tra corridori e personale dello staff. Penso però ad alcuni corridori che ho visto progredire da giovani, come ad esempio Buchmann. 

Ha corso il mondiale di Leuven con la Polonia, dove vive ormai da anni
Ha corso il mondiale di Leuven con la Polonia, dove vive ormai da anni
Il 2022 sarà la tua tredicesima stagione con il gruppo Bora. Hai mai avuto richieste da altre squadre o voglia di cambiare aria?

Siccome non ho il procuratore, non avevo la sfacciataggine di propormi altrove. La mia conferma qui non è mai stata scontata, me la sono sempre guadagnata in gara. Come nell’agosto 2015 quando la società mi aveva comunicato che voleva puntare su atleti più giovani e tedeschi. Poi feci un bel finale di stagione e rinnovai. 

Cos’ha di speciale questa società?

Serietà ed internazionalità, anche se è molto legata al territorio in cui è nata. Ha un livello manageriale alto. Se sono rimasto qui così tanto forse ha inciso il fatto di avere una mentalità molto vicina a quella della dirigenza ed un grande spirito di adattamento.

Nel 2021, Benedetti ha corso Giro e Vuelta, qui nella foto: 90 gare nella stessa stagione
Nel 2021, Benedetti ha corso Giro e Vuelta: 90 gare nella stessa stagione
Torniamo alla tua Inter. Quali tuoi compagni di squadra di quest’anno ti ricordano dei giocatori nerazzurri?

Eh, mica facile, ma ci provo (ride, ndr). Ackermann è un finalizzatore come Milito. Schwarzmann ha la solidità di Matthaeus. Leopold Konig invece mi ricorda Adriano, talento di grandi speranze, mai esploso del tutto. Aleotti è estroso come Djorkaeff, mentre Fabbro è scattante e piccolino come lo era Ganz. Oss ha la fisicità e la sicurezza di Materazzi. Infine Sagan la stella assoluta come Ronaldo. Non ce ne sono tanti come loro.


E Benedetti vuole restare nella Bora anche a fine carriera?

Non saprei. A volte penso che non saprei stare senza ciclismo, anche come dirigente. Altre invece che vorrei avere un allevamento di capre e galline tra Trentino e Polonia. Bisogna saper essere utili alla società. Al momento l’idea è quella di continuare a correre altri due anni, possibilmente sempre qui.

Le strade e gli iscritti del Tour of the Alps 2021

18.04.2021
5 min
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Se è vero che per anni si è raccontata la Tirreno-Adriatico come la corsa d’Italia con il parterre più importante dopo il Giro, questa volta il Tour of the Alps non è davvero da meno e vanta un elenco iscritti di assoluto prestigio alla vigilia del Giro d’Italia con qualche sguardo il direzione del Tour. Come quando si chiamava Giro del Trentino e i big venivano a fare le prove di squadra e gambe.

Da Pinot a Vlasov, passando per Fabbro e Simon Yates, Pozzovivo e Ardila, Bardet e Hindley, Froome e Quintana, De Marchi e Conti, le sole assenze di peso ma dettate da motivi inoppugnabili sono quelle di Vincenzo Nibali ed Egan Bernal, entrambi alle prese con ben noti problemi fisici che si spera possano consentirgli di arrivare in forma alla grande partenza di Torino.
E allora, in attesa di raccontarvi le storie della corsa, ecco il suo percorso che si annuncia severo e spettacolare.

Prima tappa: Innsbruck

Si inizia subito in salita. Pendenze lievi disegnate per incoraggiare la fuga, almeno fino a quando la strada raggiunge Vipiteno. A quel punto, dopo aver risalito dolcemente le vallate dell’Isarco, l’ascesa si fa leggermente più impegnativa lungo i tornanti del Brennero. Dal confine, una discesa tutta da pedalare condurrà alle porte di Innsbruck, dove i corridori affronteranno un circuito di due giri con la salita di Axams, la stessa affrontata durante la cronosquadre dei mondiali 2018. L’ultimo scollinamento, a 18 chilometri dal traguardo, potrebbe rilevarsi un ottimo trampolino. Distanza di 142,8 chilometri, dislivello 1.950 metri.

Prima tappa, Bressanone-Innsbruck: 140,6 km, dislivello 1.950 metri
Prima tappa, Bressanone-Innsbruck: 140,6 km, dislivello 1.950 metri

Seconda tappa : Feichten

Dislivello superiore ai 2.500 metri tutti concentrati nella seconda parte di una frazione che si apre con circa 50 chilometri pianeggianti. Prima salita fino ad Arzl im Pitztal, il paese del fuoriclasse dello sci Benni Raich. Successivamente, dopo una breve discesa, si sale ancora verso Piller Sattel. Discesa e stessa cima, ma da un versante più duro. Si attacca da Fliess, con lo scollinamento a circa 21 chilometri dall’arrivo. Gli ultimi 11 condurranno al traguardo in salita di Feichten, che dai meno 6 ai meno 3 ha pendenze superiori al 12 per cento. Distanza di 121,5 chilometri, dislivello 2.640 metri.

Seconda tappa, Innsbruck-Feichten im Kaunertal: 121,5 km, dislivello 2.640 metri
Seconda tappa, Innsbruck-Feichten im Kaunertal: 121,5 km, dislivello 2.640 metri

Terza tappa: Naturno

Si parte da Imst con un breve circuito che porta alla prima salita di giornata fino ai 1.559 metri del Piller Sattel. Veloce discesa e si inizia a salire verso il Passo Resia: strada larga, qualche galleria e lunghi rettilinei. Più impegnativi saranno semmai i 10 chilometri di stradine che risalgono la Val Venosta per portare il gruppo nella zona di Frinig. Discesa molto tecnica, poi resterà l’asperità di Tarres. Salita breve ed esigente a 18 chilometri dal traguardo di Naturno, ideale per colpi di mano. Distanza di 162 chilometri, dislivello 2.290 metri.

Terza tappa: Imst-Naturno, 162 km, dislivello 2.950 metri
Terza tappa, Imst-Naturno: 162 km, dislivello 2.950 metri

Quarta tappa: Valle del Chiese

La tappa più lunga è anche la più dura, in cui secondo Thibaut Pinot si farà la classifica. Il circuito che porta fuori da Naturno è subito in salita e propone il primo Gpm di giornata ai 1.706 metri del tunnel di Passo Castrin, tetto del Tour of the Alps. La lunga discesa porta in Val di Non in direzione Dimaro, per poi risalire verso Passo Campo Carlo Magno: 1.000 metri di dislivello in quasi 14 chilometri. Salita successiva nella zona di Tione ed è lo strappo di Selle Giudicarie. Finale col botto sull’inedita salita di Castel Condino verso Boniprati: 10 chilometri di strada… verticale che si concludono a 7 chilometri dal traguardo di Pieve di Bono. Distanza di 168,6 chilometri, dislivello 3.880 metri.

Quarta tappa, Naturno-Valle del Chiese/Pieve di Bono, 168,6 km, dislivello 3.880 metri
Quarta tappa, Naturno-Valle del Chiese/Pieve di Bono: 168,6 km, dislivello 3.880 metri

Quinta tappa: Riva del Garda

Pochi chilometri, ma terreno per attacchi. Se si escludono i primi 20 completamente pianeggianti, infatti, il resto è fatto di salite e strappi. La prima asperità sarà l’ascesa panoramica di Selle Giudicarie. Seguono la salita di Passo Duron (6,4 chilometri al 7,9%) e il Valico del Ballino. Raggiunto il traguardo di Riva per la prima volta, mancheranno gli ultimi 40 chilometri del Tour of the Alps. Un circuito di due giri con la salita di Pranzo (8,5 chilometri al 6%). Dall’ultimo scollinamento mancheranno solamente 12 chilometri al traguardo di Piazza Garibaldi, la maggior parte dei quali in discesa. Distanza di 120,9 chilometri, dislivello 2.230 metri.

Quinta tappa: Valle del Chiese-Riva del Garda, 120,9 chilometri, dislivello 2.330 metri
Quinta tappa, Valle del Chiese-Riva del Garda: 120,9 chilometri, dislivello 2.330 metri

La carovana si sta già radunando a Bressanone. Fra oggi e domattina tutti saremo sottoposti a tampone in un apposito triage e solo dopo aver superato il Covid test si potrà ritirare l’accredito, qualsiasi sia il proprio ruolo in corsa. Manca davvero poco. Nei prossimi giorni vi racconteremo le storie del Tour of the Alps 2021 e i suoi approfondimenti, cercando di andare a fondo nelle cose stando alla larga dalla sola apparenza.

La svolta Tosatto e Moscon rialza la testa

06.02.2021
5 min
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Il Moscon che non ti aspetti. Oppure meglio: il Moscon che aspettavi da tanto. E’ questo lo stato d’animo con cui cominciamo a scrivere questo pezzo, con le parole di Gianni che risuonano nelle orecchie e un senso di ritrovata leggerezza. Da quando Tosatto ci raccontò che del trentino si sarebbe occupato lui, la speranza di aprire un giorno la porta e trovarci davanti il Gianni dei bei tempi si era fatta largo, ma questa volta ci siamo e appare chiaro che il Toso stia davvero cambiando abitudini e concezioni al Team Ineos.

Anche lo scorso anno, Moscon corse il Tour de la Provence. Qui ad Avignone davanti al Palazzo dei Papi
Anche lo scorso anno corse il Tour de la Provence

In Provenza

Gianni è in Trentino. Di ritorno dal ritiro di Gran Canaria avrebbe dovuto iniziare alla Vuelta Valenciana, ma come tutti è stato costretto a metter via la valigia: corsa annullata. Così è rientrato in Italia e si sta preparando al nuovo debutto al Tour de la Provence, che scatterà giovedì prossimo, l’11 febbraio.

«Sto bene – sorride – stanno tutti bene finché non si comincia. Ma devo dire che lavorare con Toso, Cioni e il gruppo italiano mi fa bene. A dicembre siamo andati da soli a Gran Canaria (foto Instagram di apertura), con Pippo Ganna e Leonardo Basso. A gennaio siamo stati con tutta la squadra e abbiamo lavorato proprio bene. Sarà una stagione da vivere alla giornata, data l’incertezza del calendario. Andremo agguerriti ad ogni corsa, con l’obiettivo minimo di tornare a vincere. Sono in scadenza di contratto, qui sono sempre stato bene, ma adesso ci sto anche meglio. Insomma, resterei volentieri…».

Cambiato preparazione?

Cambiato un po’ tutto. Nell’allenamento, ho fatto più qualità e meno volume, perché prima c’era soprattutto la tendenza di fare tante ore. E poi è cambiato molto sul piano dell’alimentazione, dove si era arrivati a livelli un po’ ossessivi.

La bici e il trattore, le due grandi passioni di Moscon (foto Instagram)
Bici e trattore, le due passioni di Moscon (foto Instagram)
Parole sante! Racconta…

Tra corridori ci si spinge spesso al limite e si arriva al punto quasi di patire la fame. Quest’anno ci abbiamo messo un punto, provando a tornare alla freschezza giovanile, a viverla in modo più spensierato. Avere la gamba bella piena ti fa stare meglio, anche se poi saranno le gare a dire se funziona oppure no. Ma se in allenamento ti spingi al limite, in corsa non hai limiti da superare e tanto faticare e soffrire a casa diventa controproducente. Se fai meno, da una parte hai più margini e dall’altra hai meno possibilità di combinar danni. E a quel punto la differenza la fai con il talento.

Tutto questo grazie a Tosatto e Cioni?

Lavorare con loro significa tornare alla mentalità italiana. Mi seguono, standomi vicino fisicamente. Ma anche a livello di squadra, il Giro d’Italia vinto a quel modo forse ha cambiato qualcosa. Si è ritrovata una mentalità arrembante, in una squadra che era abituata a vivere diversamente. Certo, molto dipenderà dagli scenari di corsa. Se avremo di nuovo un super leader, ci saranno giorni in cui correremo di nuovo in stile Sky.

Accanto a Froome, Moscon ha corso due Tour de France
Accanto a Froome, Moscon ha corso due Tour de France
Quello che al Giro non si è mai visto…

Siamo sempre stati abituati a controllare la corsa con un leader come Froome, che di fatto era il numero uno al mondo. Controllare o inseguire tutti insieme. Ora l’idea è di sfruttare le occasioni, facendo leva sulla qualità media di tutti noi, che indubbiamente è piuttosto alta. Costringere gli altri a inseguire. Toso ha questa visione della corsa e il Giro d’Italia gli ha dato ragione.

Ti rendi conto che si tratta di una vera rivoluzione?

Matteo ha addosso anni e anni di esperienza. E soprattutto è l’unico che stia riuscendo a influenzare il management inglese, perché ha il coraggio di dire chiaramente le cose che non lo convincono. Prima erano tutti abituati ad assecondare quella mentalità, invece Toso è riuscito a dare la svolta. Uno come lui fa gruppo e porta uno stile italiano che funziona. Lui non ha paura di dire le cose.

Con Lola, Moscon davanti a uno scenario del suo Trentino (foto Instagram)
Con Lola, davanti a uno scenario del suo Trentino (foto Instagram)
Quindi non si è sentita troppo l’assenza di Froome in ritiro?

Non più di tanto, ma è stato comunque un ritiro strano. Eravamo divisi in tre gruppi e abbiamo vissuto praticamente sempre con le stesse persone. Però è chiaro che, complice l’incidente, non lo vedevamo già da un pezzo. Il suo allontanamento dalla nostra scena è stato graduale e dopo un po’ si è smesso di parlarne. Detto questo, la sua presenza in questa squadra è stata fondamentale, perché ha portato lui il gruppo ai livelli che tutti conoscono. Ma ora è difficile dire se dopo quell’infortunio potrà tornare ad essere il numero uno.

Tu cosa pensi?

Che sia fortunato ad essere vivo. Poi che sia fortunato ad essere tornato in piena efficienza fisica. Quello che sta facendo dimostra il suo carisma, ma è difficile dire se potrà tornare quello di prima, perché l’infortunio è stato davvero importante.

Facciamo un passo indietro. Se sei nel gruppo italiano, vuol dire che finalmente potresti fare il Giro d’Italia?

Finalmente, ben detto. Il Giro è la corsa che ogni bambino italiano sogna. Io stesso mi sono avvicinato al ciclismo guardando le classiche del Nord e poi il “Gibo” (Gilberto Simoni, trentino come lui, ndr) che lottava per vincere la maglia rosa nel 2001 e nel 2003 e nelle altre occasioni in cui era davanti. Per me, come italiano, il Giro vale più del Tour de France, anche se finora ho fatto solo due Tour e una Vuelta.

Matteo Tosatto, Valla di Riese Pio X, dicembre 2020
Proprio in occasione della visita a casa sua di dicembre, Tosatto ci anticipò che avrebbe seguito lui Moscon
Matteo Tosatto, Valla di Riese Pio X, dicembre 2020
Tosatto sta portando un bel cambiamento alla Ineos
Quindi a partire dal Provence, che cosa prevede il programma di Moscon?

Dopo il Provence, Het Nieuwsblad e Kuurne. Poi Laigueglia, Strade Bianche, Tirreno e Sanremo. Ardenne e Giro. Giusto, fra i cambiamenti di quest’anno c’è anche che proveremo a fare le Ardenne, che si legano meglio col Giro. Ho proprio voglia di rimescolare le carte.

Ma senti che bel tono di voce?

Sto bene, è vero. Questa svolta mi ci voleva, mi sto proprio divertendo. Come vi dicevo, con la freschezza di quando ero un ragazzo,

Matteo Trentin

Pro’ e sci di fondo si può fare, vero Trentin?

31.12.2020
4 min
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L’inverno del professionista è in continua evoluzione. Non più solo palestra. Abbiamo visto Formolo che nuota, molti che vanno in Mtb, qualcuno è andato persino a correre (Fuglsang e Terpstra) e che tanti stanno facendo sci alpinismo e sci di fondo. Ha inforcato gli sci stretti persino il re del Tour, Tadej Pogacar. Ma li ha inforcati anche e soprattutto Matteo Trentin (foto in apertura).

Sci più pratico

Il trentino vive da qualche inverno (anche) in Val di Fiemme. E ne approfitta per variare un po’.

«Tanto più quest’anno che ci sono le piste chiuse – racconta Trentin – anche se avrei sciato comunque poco. Lo sci di fondo ormai non è solo il diversivo, fa parte della mia preparazione invernale. Stando in Val di Fiemme, qui quando nevica… nevica. Fa freddo, per allenarmi dovrei caricare la bici in macchina, scendere in Val d’Agide, pedalare e risalire. In pratica per fare tre ore me ne servirebbero cinque. E così su consiglio di mia moglie Claudia, maestra di sci, e del mio vecchio allenatore Flavio Vanin, ho iniziato a sciare. Secondo lui il fondo mi avrebbe fatto molto bene. Certo, tecnicamente non sono bravo (Matteo ha optato per lo skating, ndr), però i risultati si vedono. E poi prendo meno freddo o quantomeno è diverso».

Trentin (31 anni) dal 2021 correrà con la UAE
Trentin (31 anni) dalla prossima stagione correrà con la UAE Team Emirates

In effetti è un po’ il concetto della Mtb, uscire con la “ruote grasse” ti fa prendere meno aria. Velocità più basse e percorsi più nervosi, con strappi secchi che scaldano in poco tempo. Ecco, lo sci di fondo con il fatto che si utilizzano contemporaneamente tutti gli arti ti scalda abbastanza presto. Semmai bisogna essere accorti a non sudare troppo. Già con zero gradi si gronda facilmente.

Lavoro completo

Oltre a Pogacar e Trentin, anche altri lo fanno. Uno di questi è Conci, ma anche Pinot l’ha provato e Kueng è addirittura un ex fondista. Insomma non sono affatto pochi, per non parlare della sfilza dei biker che d’inverno non sono impegnati nel cross.

Prima si è accennato al fatto che si usano tutti gli arti. Con la tecnica classica si lavora moltissimo con le braccia e gli addominali, con quella skating il lavoro è distribuito in modo più omogeneo. Entrambe fanno molto bene anche alla schiena.

«Vero – riprende Trentin – si lavora anche con la parte superiore del corpo ma in generale ne beneficia la capacità aerobica in modo considerevole. Muovendo tutto il corpo consumi più ossigeno, fai più Vo2Max. Tanto più che io vado a sciare in cima al Passo Lavazè ad oltre 1.800 metri di quota e quindi subentra anche la componente dell’altura. 

«Per questo porto con me anche una barretta, una banana o del the zuccherato. Il the lo lascio in un punto e di tanto in tanto quando ripasso faccio una sorsata. Sto fuori anche più di tre ore, il che vuol dire circa 50 chilometri. Ciclismo e sci di fondo possono convivere bene». E non a caso anche i fondisti stessi d’estate pedalano molto.

Maurizio Fondriest alla Marcialonga. Anche lui sciava spesso di fondo
Fondriest alla Marcialonga. Anche lui sciava spesso di fondo

Trentin ci crede

Si è detto che per Trentin lo sci di fondo non fosse solo il diversivo prestagionale. E Matteo rilancia addirittura.

«Stando a Monaco vai sempre in bici. Anche quando fa brutto tempo non è mai così cattivo dal giustificare il non far nulla, quindi laggiù bici, bici e… bici. In Val di Fiemme abbiamo visto che fare avanti e dietro con la macchina dava problemi e così già con i preparatori della Quick Step vedemmo che, dati alla mano, sciando non toglievo nulla al ciclismo, anzi… E infatti quelli della Mitchelton dopo aver visto i dati hanno addirittura incrementato il lavoro sugli sci stretti.

«Questa attività stimola il sistema aerobico e mi consente di non fare palestra oppure ore di rulli. Tuttavia un mantenimento per la gamba lo faccio (trasformazione, ndr). Salgo sui rulli o appena ritorno o nel pomeriggio, ma non più di un’ora. Sciare mi piace davvero, è divertente, sto all’aria aperta e sento dei benefici».

Non c’è da stupirsi quindi se sui social si vedono sempre più atleti saltare sugli sci. Anche l’alpinismo sta prendendo piede. Questa variante fa davvero bene sia a livello muscolare che a livello cardiovascolare, ma forse è più mirata al divertimento ed è anche molto più variabile. Con lo sci di fondo invece puoi davvero impostare una preparazione. E Trentin lo dimostra.

TAo Geogheghan Hart, Pavel Sivakov, Vincenzo Nibali, Tour of the Alps 2019

Tour of the Alps, la sicurezza e lo spettacolo

23.12.2020
4 min
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Il Tour of the Alps torna nel 2021 e accende i riflettori sulla sicurezza dei corridori: tema centrale che però inspiegabilmente trova più resistenze che intenti condivisi. L’Uci ha organizzato un meeting per parlarne con i diretti interessati e si sono presentati soltanto Gilbert e Trentin. Groenewegen ha rimediato 9 mesi di squalifica per la caduta di Jakobsen al Polonia e, per quanto risulta, contro gli organizzatori si è mosso poco o niente per quelle transenne posticce. Al Lombardia, Schachmann è stato falciato da un’auto entrata sul percorso, si è rotto la clavicola e ugualmente ha chiuso al 7° posto, con la vicenda apparentemente limitata alla negligenza della signora che guidava.

La corsa trentina (vinta nel 2019 da Pavel Sivakov, in apertura sul podio con Tao Geoghegan Hart e Nibali) ha provato un passo in più, introducendo gli Hotspot: un sistema di monitoraggio e segnalazione degli ostacoli sul percorso. E la notizia che inizialmente era arrivata tramite un comunicato è diventata motivo di approfondimento con Maurizio Evangelista, General Manager della prova e collega giornalista.

Maurizio Evangelista, presentazione Tour of the Alps
Maurizio Evangelista, alla presentazione del Tour of the Alps 2020, poi rinviato
Maurizio Evangelista, presentazione Tour of the Alps
Evangelista, alla presentazione Tour of the Alps 2020
Maurizio, come mai questo passo in avanti?

Una delle cose che caratterizza questa corsa è il fatto di avere una struttura tecnica solida. Persone capaci e competenti che partecipano tutto l’anno e non si limitano ad arrivare il giorno prima e andarsene il giorno dopo. Gente che effettua cinque sopralluoghi ed è parte attiva in tutta l’attività di costruzione della prova, permettendoci di avere un bel confronto su quali aspetti sviluppare. Detto questo, non abbiamo mai avuto un problema sicurezza, per il clima sereno delle nostre zone, per lo stato delle strade e perché i tanti sopralluoghi ci permettono di avere chiare le criticità. Però non si deve dare nulla per scontato.

Cosa si dà per scontato?

Ci siamo accorti, semplicemente osservando quello che accade in giro, che tante situazioni di pericolo vengono gestite sperando nella divina provvidenza e nell’abilità dei corridori. Parlo ad esempio di cadute contro gli spartitraffico, di transenne di poco valore e ad esempio del motociclista del Fiandre, quello di Alaphilippe, che era a sua volta il giudice in corsa. Perciò abbiamo convocato la nostra struttura tecnica e ci siamo chiesti che cosa si possa fare per migliorare quello che già facciamo.

Ecco un esempio dei cartelli che segnaleranno gli Hotspot al Tour of the Alps
Un esempio dei cartelli Hotspot
Nascono così gli Hotspot?

Ci saranno 3-4 punti per ogni tappa, che saranno segnalati con più attenzione e l’uso di una segnaletica creata ad hoc. Magari sembreranno cose banali, perché lo spartitraffico sta lì e non puoi spostarlo. Ma se sta alla fine di una discesa e dietro una curva, ad esempio, credo che al corridore faccia piacere saperlo.

Bei tempi quando certi ostacoli si potevano spostare…

Una volta si faceva, ma adesso le infrastrutture sono fisse e non si conciliano troppo con le gare di bici. Giusto per una tappa in Austria, abbiamo chiesto e ottenuto che togliessero un’aiuola, ma il resto rimane al suo posto. Tutto questo sarà poi spiegato nel road book, il Garibaldi, la guida tecnica. All’interno ci sarà quello che noi chiamiamo Radar, ossia un approfondimento della tabella di marcia, con il dettaglio di ogni passaggio critico, a disposizione di squadre e addetti ai lavori.

Vi siete mossi in risposta a richieste specifiche?

Nessuno ci ha chiesto niente, anche se a mio avviso i corridori dovrebbero interessarsi e preoccuparsi degli aspetti che più li riguardano da vicino. Se finisci a 90 all’ora contro uno spartitraffico, rischi seriamente di ammazzarti, non devo dirlo io.

Non dovete dirlo, ma in qualche modo lo avete fatto…

Credo che questa corsa si stia mettendo in luce perché prova a trovare una dimensione proiettata verso il futuro e qui si entra in un’altra sfera. Personalmente sono contrario ai chilometraggi eccessivi e al concetto di fatica estrema. E allora credo che il Tour of the Alps, puntando su chilometraggi ridotti e percorsi disegnati nel senso dello spettacolo, possa diventare molto attrattivo. Non è un caso che da noi si ritrovino a combattere sin dal via non solo i gregari, ma anche i leader. L’attenzione alla sicurezza aggiunge un tassello ad una corsa tecnicamente valida e ben integrata fra le montagne fra cui si svolge, diventandone il miglior testimonial.