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Weider risponde alla chiamata dell’endurance

14.10.2022
5 min
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Gli integratori Weider della linea Victory Endurance sono un vero e proprio supporto all’attività agonistica e al training. Ci siamo messi alla prova in gara di lunga durata in ambito gravel e vi raccontiamo la nostra esperienza.

I super gel Carbo Boost, le barrette Endurance Bar e Energy Bar, ma anche i carboidrati solubili Weider IsoCarbo. Prima dello start ufficiale abbiamo provato ad assumere il pre-workout Total Rush 2.0.

I gel sempre a portata di mano, pronti per ogni richiesta
I gel sempre a portata di mano, pronti per ogni richiesta

Strategia alimentare corretta

Gli integratori di qualità – e quelli di Weider lo sono – hanno comunque bisogno di una strategia per l’assunzione, in modo da ottimizzare il loro effetto. Il corpo, già stressato in modo importante dallo sforzo, non deve essere sovraccaricato dalla digestione e deve avere sempre del carburante (buono) da utilizzare. Una corretta cadenza dell’integrazione però, deve tenere conto anche dell’assistenza che si può ricevere nel corso dello sforzo e della competizione. Gli integratori formulati come i Weider ci permettono anche di ovviare alla mancanza di supporto dall’esterno, limitando i cali di energia.

Il Total Rush 2.0 prima della partenza
Il Total Rush 2.0 prima della partenza

Total Rush 2.0 prima del via

Questa polvere solubile è una sorta di attivatore, un potente pre-workout da sciogliere in una quantità limitata di acqua. Caffeina, Citrullina e Arginina, ma anche Taurina e Beta Alanina, senza dimenticare le Vitamine. Ha un’effetto corroborante immediato (lo abbiamo assunto circa 30 minuti prima della partenza del mondiale gravel), non stimola la formazione di gas nello stomaco e non influisce in modo negativo sulle fasi digestive. Inoltre, la sua formula concentrata e la ridotta quantità di acqua evitano il richiamo di ulteriori liquidi che potrebbero condizionare le primissime fasi dello sforzo e la “partenza a freddo”.

Per quanto possibile ci siamo preparati pensando all’unsupported
Per quanto possibile ci siamo preparati pensando all’unsupported

Weider Carbo Boost

E’ un gel abbondante nella quantità, una sorta di alimento liquido completo (anche per la quantità), gratificante e dalla consistenza media. Senza ombra di dubbio è uno dei riferimenti in questa categoria di prodotti, grazie alla sua composizione ricca. E’ composto da 5 tipologie diverse di carboidrati che coprono tutte le richieste, dalle veloci alle più lente, per le attività di breve durata, fino all’endurance estrema. Inoltre contiene BCAA nella combinazione 2:1:1. Un gel Carbo Boost contiene oltre 200 Kcal.

I Carbo Boost sono stati il pilastro della nostra avventura, perché forniscono una quantità di energia non trascurabile e perché non abbiamo ricevuto assistenza per le 5 ore di attività. Un prodotto come questo di Weider è gratificante per il palato e non è stucchevole, permette al nostro motore di mantenere un ritmo di giri adeguato e necessita dell’acqua a tutti i costi. E poi il gusto neutro è vantaggioso nei momenti di difficoltà (quello al caffé e alla mela verde sono davvero buoni), dove emergono i primi segni di stanchezza vera e ogni fattore esterno ha le forme di un macigno.

Insieme al gel Carbo Boost siamo riusciti a tenere con noi una borraccia di Iso Carbo, la polvere isotonica solubile a base di carboidrati. Questa soluzione ha un gusto tenue, non invasivo, adatto anche nelle giornate più calde e quando lo sforzo aerobico si protrae per lunghi periodi, momenti nei quali si raggiunge anche la fascia anaerobica della prestazione.

Una parte del nostro corredo alimentare
Una parte del nostro corredo alimentare

Le barrette

La Energy Bar è una sorta di barretta classica, per ingredienti, peso ed energia, per la sua duttilità d’impiego. Ci piace assumerla accompagnata da un gel EnergyUp con caffeina. La Endurance Bar invece è una sorta di pasto sostitutivo, con le sue (quasi) 400 Kcal. Nel corso del workout ne abbiamo mangiata una e mezza, dividendo ogni barretta in due/tre parti.

La Weider Endurance Bar è una barretta umida, ma che a contatto con il palato, la lingua e la saliva si sfalda in un attimo, il che porta dei vantaggi in fatto di masticazione. Non impasta la bocca, neppure quasi si pedala sotto sforzo e non è dolce, ma necessita di liquidi. Si presenta come un mattoncino da 85 grammi, un formato grande, ma come scritto in precedenza, divisa in base alle proprie esigenze e preferenze, è in grado di sostituire due/tre barrette classiche, limitando così anche gli ingombri nelle tasche.

Le polveri solubili di nuova generazione di alta qualità aiutano lo sportivo
Le polveri solubili di nuova generazione di alta qualità aiutano lo sportivo

Cosa ci è mancato

Ci è mancato il supporto dall’esterno, fondamentale quando si affrontano dei test di lunga durata, a meno che non ci si fermi a fare rifornimento di liquidi. Non abbiamo potuto beneficiare di un prodotto che a nostro parere non dovrebbe mai mancare nel taccuino degli atleti, ovvero l’Iso Nitro. E’ una polvere solubile e un potente vasodilatatore, che aiuta a “digerire” lo sforzo, come è usanza dire. IsoNitro ha anche una sorta di potere paragonabile al bicarbonato, fattore che evita l’assunzione di un’eventuale Coca-Cola e quindi limita l’assunzione di zuccheri semplici come il saccarosio.

Pedivelle MagneticDays, Forza Pura Easy

22.09.2022
3 min
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La versione Easy fa parte della Famiglia Forza Pura di MagneticDays. Sono delle pedivelle sviluppate per un allenamento specifico con l’obiettivo di migliorare l’efficienza della pedalata.

Le pedivelle Easy adottano la stessa tecnologia del modello top di gamma, ma grazie ad alcuni dettagli semplificati hanno un prezzo di listino inferiore. Vediamo i dettagli principali.

L’impatto estetico rimane invariato
L’impatto estetico rimane invariato

MagneticDays, innovazione di casa

Pensare, creare e sviluppare qualcosa di diverso è uno dei core concept di MagneticDays, filosofia che si sposa anche con la lavorazione artigianale e la cura certosina dei dettagli. Ecco perché l’immagine si sposa con l’eleganza, senza fronzoli e con tanta sostanza.

Sono così anche le pedivelle Forza Pura Easy, uno strumento per il training specifico e per chi vuole migliorare l’efficienza delle gambe e dei vari distretti muscolari. Non solo quelli coinvolti nella pedalata, perché le Forza Pura stimolano anche l’equilibrio e aiutano a tenere tonica la parte alta del corpo. Inoltre, le Forza Pura nascono dalla collaborazione tra l’azienda toscana e il campione endurance Nico Valsesia. Ecco spiegato anche il logo, from0to, presente su tutte le tipologie di pedivelle di questa famiglia.

Sfruttano il concetto della Forza Pura al top del listino, mutuando (in parte) un meccanismo di blocco/sblocco utilizzato per le Rehab, ovvero le pedivelle usate nei centri di riabilitazione.

La vite di sblocco del meccanismo
La vite di sblocco del meccanismo

Come sono costruite

Sono in alluminio e sono compatibili a tutti i tipi di telai, grazie al montaggio dei perni passanti dedicati. Le MagnetiDays Forza Pura Easy, rispetto al modello top, hanno un meccanismo Fast&Easy di blocco che è più semplice, perché a vite.

La vite superiore, se allentata, libera il pistone e di conseguenza il meccanismo. La pedivella ruota su un asse centrale e rende indipendente l’azione della gamba destra da quella sinistra. Per riattivare il blocco è sufficiente riavvitare.

La differenza maggiore sta nel fatto che con le Easy si deve interrompere l’azione, mentre con le top di gamma, la levetta integrata nella pedivella rende il movimento più veloce, immediato e con un po’ di malizia non si smette di pedalare.

Una pedivella, tre lunghezze

La bussola filettata (filettatura classica per una piena compatibilità con i pedali presenti sul mercato) per i pedali permette di settare tre lunghezze diverse: 170, 172,5 e 175 millimetri. Il prezzo di listino delle MagnetiDays Forza Pura Easy è di 800 euro.

MagneticDays

Alpecin training camp a Caldaro: Fondriest racconta

18.04.2022
4 min
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Sulle stesse strade su cui è appena iniziato il Tour of the Alps, si è concluso da pochi giorni il training camp dell’Alpecin, un progetto che ha visto come ambassador Maurizio Fondriest. Il programma di Alpecin è quello di mettere la bici al centro di tutto, coinvolgendo anche tutti i livelli dirigenziali dell’azienda. 

La bici è stata al centro del camp Alpecin di Caldaro
La bici è stata al centro del camp Alpecin di Caldaro

Parola d’ordine: evoluzione

«Dopo 10 anni – spiega Maurizio – il progetto Alpecin è cambiato. Prima si costituiva un team amatoriale di una decine di persone e per un anno le si allenava per arrivare a fare la Gran Fondo Ötztaler a Solden in Tirolo. Era un progetto che voleva avvicinare le persone alla bici e la scelta dei partecipanti non è mai stata per il livello prestazionale. C’erano persone che hanno proprio imparato ad andare in bici, a condurre il mezzo. Erano tutti seguiti da un preparatore che li allenava, avevamo in gruppo persone di tutti i tipi e nazionalità.

«Ora – riprende Maurizio – l’idea è diversa, si è deciso di ampliare il bacino di utenti, avvicinando ancor più la gente alla bici. A Caldaro abbiamo fatto un camp che ha coinvolto tante figure del mondo Alpecin: dai manager, ai responsabili delle aree marketing e sviluppo. Unendo a tutto questo anche le bellezze del territorio al quale sono particolarmente legato».

Grazie alle numerose pedalate i partecipanti hanno potuto scoprire tutti i giorni dei nuovi paesaggi
Grazie alle numerose pedalate i partecipanti hanno potuto scoprire tutti i giorni dei nuovi paesaggi

La bici al centro

Questo progetto di Alpecin aveva il focus di voler avvicinare tutti coloro che lavorano con il brand. Soprattutto quelle dei Rider Capitan, delle figure che sono diventate fondamentali per Alpecin. 

«Quello dei Rider Capitan prosegue il trentino – è un progetto davvero singolare ed innovativo. Sono delle figure che hanno il compito di promuovere ed unire tutti gli appassionati di ciclismo di ogni città. Per il momento sono solamente in Germania, organizzano il ritrovo e ogni volta disegnano itinerari diversi. L’obiettivo principale è la socialità».

L’ultimo giorno si è organizzata una pedalata sul lago di Caldaro con tappa al rifugio per mangiare tutti insieme
L’ultimo giorno si è organizzata una pedalata sul lago di Caldaro con tappa al rifugio per mangiare tutti insieme

Il training camp

Come ha lavorato allora Alpecin al training camp? Come ha funzionato questo progetto? «In collaborazione – spiega Maurizio – con la APT (Associazione di Promozione Territoriale) di Caldaro avevamo l’intento di far conoscere il territorio attraverso la bici. Il camp è durato per una settimana, con l’obiettivo di coinvolgere tutte le figure dell’azienda. La mattina si pedalava tutti insieme, i Rider Capitan avevano il loro giro da fare e qualche volta sono andato con loro.

«La cosa più particolare – riprende – era che la mattina anche le figure dirigenziali dell’azienda era coinvolte nella pedalata. Non era importante in che modo, c’era possibilità per tutti di potersi divertire e poter scoprire paesaggi sempre nuovi, in sella a bici elettriche o muscolari».

La bicicletta è un mezzo di condivisione e uno strumento per rafforzare anche i legami lavorativi
La bicicletta è un mezzo di condivisione e uno strumento per rafforzare anche i legami lavorativi

Momenti di condivisione

Il ciclismo è prima di tutto condivisione e avventura. Si scoprono posti nuovi e si pedala fianco a fianco con gente sempre nuova.

«La bici – racconta Fondriest – è un bel modo di condividere passioni ed idee. Sentivo i vari dirigenti parlare e confrontarsi su idee di lavoro con un piglio diverso, con un trasporto maggiore, che è solo quello che la bici ti può dare. Abbiamo pedalato in posti meravigliosi e scoperto anche le tradizioni del posto. Durante l’ultima giornata siamo andati in cima al lago di Caldaro, dove c’è un rifugio ed abbiamo mangiato tutti insieme. Il camp è finito venerdì, alcuni dirigenti e dei Rider Capitan si sono fermati sabato per disputare la Mendola Race, una cronoscalata del Passo Mendola».

Alpecin con la sua attività sarà presente anche all’Etape du Tour, una manifestazione che andrà in scena domenica 10 luglio e porterà i corridori alla conquista dell’Alpe d’Huez. Si fermeranno poi a Carcassone per fare un altro camp.

I numeri hanno cambiato il modo di andare in bicicletta

18.02.2022
5 min
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I numeri hanno cambiato il modo di andare in bicicletta, di allenarsi e di interpretare la gara. Non è solo il power meter con i suoi dati a condizionare le tattiche di gara. Nei numeri della performance è incluso tutto: il recupero, il carico di lavoro nel breve, medio e lungo periodo, il miglioramento, ma anche la flessione prestazionale. Abbiamo interpellato Luca Bianchini, allenatore di fama internazionale che non opera solo nel campo del ciclismo. Bianchini è head coach di MagneticDays, formatore FITRI e professore dell’Università di Roma Scienze Motorie del Foro Italico che collabora direttamente con il CONI.

Il confronto dei test e la sovrapposizione dei numeri, alla base delle valutazioni (foto Mauro Nicita, MagneticDays)
Il confronto dei test e la sovrapposizione dei numeri, alla base delle valutazioni (foto Mauro Nicita, MagneticDays)
I numeri hanno cambiato il modo di allenarsi?

Sì, i numeri hanno cambiato lo sport in genere, ma è necessaria una premessa. La fase di cambiamento e di evoluzione risale a 30 anni fa, era il tempo del cardiofrequenzimetro. Poi è arrivato il power meter. C’è stato un periodo dove la tecnologia di lettura dei dati era limitata, non era ottimale e i numeri, talvolta, non trovavano dei riscontri attendibili. Molto è cambiato negli ultimi 7 anni, dove l’affidabilità della tecnologia ha contribuito alla svolta vera e propria. Il segreto sta nella giusta interpretazione dei numeri, perché loro sono apolitici e non hanno religione».

I grafici e le comparative dei numeri hanno permesso di far evolvere il sistema del training, indoor e outdoor
I grafici e le comparative dei numeri hanno permesso di far evolvere il training
In un certo senso i numeri sono una chiave di lettura?

I numeri non sono solo quelli del power meter, ma tanti valori messi insieme che arrivano da più parti. C’è la potenza che è uno strumento di valutazione del carico esterno e ci sono i bpm, che si riferiscono al carico interno. Li avevamo quasi dimenticati, ma poi sono stati ripresi, per fortuna e ci aiutano a controllare i carichi di lavoro dell’atleta. Le diverse situazioni devono collimare alla perfezione. Cercando di fare un breve esempio: 200 watt sono 200 watt, ma cambia il modo in cui si ottiene questo numero. E l’intreccio dei vari dati ci aiuta a quantificare nella giusta maniera.

Cosa significa e cosa comporta allenarsi tenendo fede ai numeri?

Quando ci alleniamo dobbiamo sempre considerare le variabili in gioco, che sono diverse e creano situazioni differenti. Paradossalmente la variabile più grande è l’allenatore, che eroga l’allenamento e legge i numeri del training. Il preparatore deve saper leggere anche attraverso i freddi numeri e spesso guardare in faccia l’atleta. Nei numeri è racchiusa anche un po’ di psicologia, ci sono le sensazioni e la capacità di fornire dei feedback. Il coach deve stimolare il corridore anche quando il miglioramento non c’è, dopo un periodo di preparazione mirata, situazione che si può verificare, per lo meno a livello numerico.

Luca Bianchini, durante un corso formativo in Sicilia (foto Mauro Nicita, MagneticDays)
Luca Bianchini, durante un corso formativo in Sicilia (foto Mauro Nicita, MagneticDays)
Quali sono le cause principali del non miglioramento?

La prima colpa è quella del preparatore che non ha saputo leggere nel modo corretto i dati, i numeri e feedback dell’atleta. Poi ci sono tutte le variabili proprio di chi si allena e la quotidianità è una di queste. E poi ci sono anche quelli che emulano senza avere dei riferimenti precisi e personalizzati. Quelli ad esempio che utilizzano le tabelle di altri atleti.

Come i numeri del training indoor hanno cambiato il modo di allenarsi sulla bicicletta in esterno?

I numeri hanno cambiato prima di tutto il modo di suddividere il training. Il paradosso è che i numeri ci permettono di concentrarci meglio sulle alte e sulle basse intensità. I numeri ci permettono di quantificare il riposo, per fare un esempio. Non esistono solo i watt, ma in questo senso anche il TSS (training stress score), l’IF (intensity factor) e altri campi che troviamo ormai su tutti i devices. Questi sono particolarmente utili per quantificare i carichi di lavoro, soprattutto nel medio e lungo termine. I numeri del training hanno permesso di far entrare l’allenamento specifico indoor nel mondo professionale, a prescindere dalla disciplina. Molte nozioni che vengono utilizzate outdoor, sono state sviluppate proprio grazie ai numeri rilevati indoor.

Alessandro Vanotti collabora con MagneticDays (foto MagneticDays)
Alessandro Vanotti collabora con MagneticDays (foto MagneticDays)
Indoor contro outdoor, quali sono le differenze da considerare?

La prima differenza sono i Newton (la torque), controllabile, più affidabile solo in un contesto indoor. Il secondo fattore, molto importante è quello ambientale. Questo non condiziona solo la mente, ma anche la biomeccanica e il modo di pedalare. Se è vero che la potenza espressa è sempre quella, il gesto cambia la sua dinamica. Indoor è come se pedalassimo quasi sempre in pianura. All’esterno le variabili sono infinite: il vento, il traffico e le distrazioni, le pendenze della strada che cambiano continuamente. Concettualmente: indoor stimoliamo il corpo ad erogare potenza, in outdoor sta all’abilità dell’atleta saper sfruttare quello che si è costruito al chiuso.

Il Team Beltrami TSA-Tre Colli utilizza il sistema MagneticDays in fase di riscaldamento e per il training indoor
Il Team Beltrami TSA-Tre Colli utilizza il sistema MagneticDays
Esiste il pericolo che i numeri condizionino in modo negativo la performance atletica quando siamo in gara?

Sì, il pericolo esiste. Qui entrano in gioco le categorie di atleti, quelli ligi ai numeri e quelli che invece pensano solo alla gara senza curarsi dei range prestativi ottimali. Quindi possiamo dire che il pericolo di finirsi in gara esiste, ma è relativo. Il pericolo più grande è quello di sovraccaricare, oppure lavorare al di sotto delle potenzialità in allenamento. In gara non ci si inventa nulla e si mette in pratica quello che il tuo fisico ha metabolizzato e prodotto durante il training.

Barrette: impariamo a leggere l’etichetta

24.12.2021
5 min
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Le barrette sono prima di tutto una comodità, perché le abbiamo pronte all’uso, ci sostengono nella nostra attività e con il passare degli anni hanno raggiunto dei livelli di gusto ottimali. Tutti i ciclisti hanno mangiato una barretta, di qualsivoglia natura, almeno una volta durante l’uscita in bici. Però le barrette sono un alimento: un aspetto da non tralasciare, un prodotto che nel corso degli anni è aumentato di qualità e specificità. Approfondiamo l’argomento con il dottor Enrico Baggio.

Barrette e supplementi per l’attività sportiva, non deve essere “solo” una questione di comodità
Barrette e supplementi per l’attività sportiva, non deve essere “solo” una questione di comodità

Panino o barrette?

La popolazione sportiva si trova spesso divisa in due fronti: da un lato i sostenitori degli alimenti sportivi, dall’altro quelli legati alla tradizione: ”un panino con la marmellata risulta insostituibile”. Entrambi hanno ragione, ma le barrette ad uso sportivo sono le più indicate, quelle di buona/ottima qualità. Buona e ottima qualità, significa che si deve porre attenzione ad alcuni fattori, come ad esempio l’etichetta. Quello che troviamo scritto sul retro ci aiuta a discriminare un prodotto adeguato da uno meno utile per la nostra pratica sportiva.

Non lasciamoci ingannare

I nomi commerciali che riempiono gli scaffali di barrette, biscotti e snacks per sportivi sono numerosi, lasciando spesso il consumatore disorientato. In tutto ciò la prima regola è non farsi ingannare dalle etichette con immagini di atleti prestanti o dipinte con colori accesi. La scelta della barretta corretta può fare la differenza tra una prestazione ottimale e una mediocre. Ecco, quindi, una breve guida in tre step, per dirigere la scelta verso le nostre effettive esigenze.

Davide Cimolai, rifornimento, Giro d'Italia 2020
Davide Cimolai, in un punto di rifornimento al Giro d’Italia 2020
Davide Cimolai, rifornimento, Giro d'Italia 2020
Davide Cimolai, in un punto di rifornimento al Giro d’Italia 2020

Le informazioni nutrizionali

La tabella presente sul retro di tutte le barrette è la chiave di volta della prestazione sportiva e naturalmente, “la targa qualitativa” dello stesso prodotto. In questo schema, leggere le calorie riportate per singolo pezzo non è utile. Il ciclista deve prendere come riferimento i quantitativi dei singoli nutrienti, che vanno scelti in base al timing di assunzione.

  • Proteine: prima e dopo l’allenamento la barretta non ne deve contenere più di 5g. Al termine, ne deve apportare almeno 15g.
  • Grassi: similmente alle proteine, non devono superare i 5g-10g per pezzo prima e durante l’uscita in bici. Al termine, la quantità può essere maggiore ma senza superare i 15g. Queste barrette sono pur sempre alimenti processati contenenti una buona percentuale di grassi saturi.
  • Carboidrati: la quota minima per barretta è di 25g, che può arrivare oltre i 30g durante pedalate lunghe e intense e nelle gare. Se è previsto un secondo allenamento nell’arco della stessa giornata, questi valori vanno mantenuti anche per lo snack al termine della prima attività. Al contrario, una quota di 10g-20g per pezzo è sufficiente alla conclusione dell’esercizio.
  • Fibre: un’ottima barretta da usare prima e durante l’allenamento, ne deve contenere il meno possibile, per evitare l’insorgenza di disturbi intestinali.
Per molti è un dettaglio secondario, eppure la lettura degli ingredienti di un prodotto confezionato dovrebbe essere un aspetto primario
La lettura degli ingredienti di un prodotto confezionato dovrebbe essere un aspetto primario

La lista degli ingredienti

Il secondo step nella scelta della barretta giusta si compie con la lettura della lista ingredienti. La regola generale (valida per tutti gli alimenti) è che più corta è questa lista, meglio è! Tutti gli ingredienti sono elencati in ordine decrescente, da quello presente in maggior quantità a quello presente in tracce.

  • Proteine. Quelle del siero di latte sono assorbite più velocemente e quindi utili subito al termine dell’attività. Proteine dell’uovo, della caseina o da fonti vegetali (soia) hanno un assorbimento più lento, e sono utili lontano dagli allenamenti.
  • Carboidrati. Si deve porre l’attenzione allo specifico tipo di zucchero presente. Per un’attività di endurance, come il ciclismo, si devono preferire barrette contenenti un mix di carboidrati differenti, in particolare glucosio (presente nei cereali) e fruttosio (quest’ultimo presente nella frutta).
  • Frutta secca. Sebbene aumenti la percentuale di grassi buoni, l’utilizzo di queste barrette è da preferire al termine degli allenamenti o come spuntino nell’arco della giornata.
  • Aiuti ergogenici e aminoacidi. Nelle barrette più tecniche possono essere presenti BCAA e caffeina. I primi sono utili durante l’esercizio per sostenere il muscolo come al termine per ottimizzarne il recupero. La caffeina invece, (e altre sostanze simili come il matè e il guaranà) serve per aumentare tono e concentrazione, garantendo più spinta nella pedalata. Attenzione alla sensibilità verso il principio attivo.
  • Additivi, emulsionanti e conservanti. A volte sono preceduti dalla sigla indicata con la lettera E seguita da un numero a tre cifre (E220, E200, ecc..). Talvolta sono indicati per nome o inseriti dei similari naturali (lecitina di soia, anidride solforosa, sorbati, ecc…). In entrambi i casi si deve porre attenzione. Queste sostanze, durante l’esercizio intenso possono essere mal sopportate dal nostro intestino creando sensibilità alimentari temporanee, alterando la composizione della flora batterica (utile a sostenere i sistemi energetici) e favorendo disturbi intestinali.
E poi ci sono da considerare le eventuali intolleranze
E poi ci sono da considerare le eventuali intolleranze

Luogo di produzione

Quest’ultimo è spesso ignorato ma altrettanto importante quanto i punti precedenti. La regolamentazione in fatto a produzione di integratori sportivi varia da paese a paese. Non si può negare che all’esterno dell’Italia, le prassi di buona produzione (GMP) non sono sempre rispettate (si mantengono bassi i costi). La bassa qualità produttiva e dei controlli, insieme alla dubbia provenienza di alcuni ingredienti, favorisce la contaminazione dei prodotti (in buona o cattiva fede) con sostanze bandite dai maggiori regolamenti sportivi (la WADA ne porta l’esempio). Non è solo una questione di doping, perché è da considerare anche l’insorgenza di problemi di salute sul lungo termine. Scegliere una barretta i cui metodi di produzione sono certificati è un diritto e un dovere dello sportivo per tutelare la sua salute e mantenere una prestazione qualitativamente elevata, parallela ad una buona salute.

Inoltre l’assunzione corretta, in base alla tipologia di sforzo, può influenzare la prestazione
Inoltre l’assunzione corretta, in base alla tipologia di sforzo, può influenzare la prestazione

In conclusione

Leggendo al meglio l’etichetta, si evince quindi che la barretta migliore si può trovare sia nel negozio per sportivi che tra gli scaffali del supermarket. Il consiglio è di non giudicare un prodotto dal nome e dalle immagini proposte ma di sceglierlo solo dopo aver letto con attenzione le informazioni sul retro. Fatto ciò, è possibile identificare la barretta in base al proprio gusto personale: essa deve sempre essere gradita al palato per non favorire l’insorgenza della fatica indotta dal gusto, che conduce ad un rapido decremento della performance.

Bertogliati, due parole su Fabio Aru

21.09.2020
3 min
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A partire dal 2020, Fabio Aru ha iniziato a lavorare con Rubens Bertogliati, ex corridore svizzero e ora allenatore del Team Uae-Emirates. Perciò dopo aver fatto passare il tempo necessario, bici.PRO lo ha contattato per capire se si sia dato una spiegazione del drammatico ritiro del sardo dal Tour de France, il 6 settembre, sulle strade pirenaiche di Laruns.

Rubens, pensavi che per Aru potesse arrivare un blackout di quel tipo?

Davvero no, anche se come allenatore non vivo con i ragazzi. Ne seguo cinque, ma con le direttive Covid è stato impossibile essere presente al loro fianco durante la preparazione. Non è invece nel nostro ruolo di allenatori seguirli alle corse o selezionarne gli obiettivi.

Rubens Bertogliati, Iam, 2016
Bertogliati, svizzero classe 1979, coach dal 2013 al 2016 alla IAM Cycling
Rubens Bertogliati, Iam, 2016
Rubens Bertogliati, svizzero classe 1979, coach dal 2013 al 2016 alla IAM Cycling
Non avevate alcun elemento sicuro di valutazione?

Abbiamo fatto diverse riunioni prima del Tour per valutare la squadra e decidere se, dopo la pausa per il Covid, fosse il caso di rivedere i piani dei singoli, compreso Aru.

E Fabio come stava?

Lui stava bene, aveva valori migliori dello scorso anno quando al Tour fece 14°. I suoi dati sono personali, ma aveva un rapporto potenza/peso migliore dello scorso anno. Non si poteva pensare a un ritiro così.

Quale sarebbe stato il suo ruolo?

Pensavo che piano piano sarebbe migliorato. Forse non sarebbe arrivato tra i primi cinque, ma dopo i due anni che ha passato, per Fabio Aru entrare nei dieci ed essere un uomo chiave per Pogacar sarebbe stato un bell’obiettivo.

Come si spiega il crollo?

Dal mio punto di vista, posso dire che è stato un anno particolare. Un anno di soli allenamenti e di poche gare prima dei veri obiettivi. Di solito al Tour si arriva dopo cinque mesi, qui dopo neanche cinque settimane e questo può aver giocato un ruolo, soprattutto per i corridori più esperti.

Quali problemi possono aver incontrato i corridori più esperti?

Dopo un po’ sono abituati a seguire una strada forse ripetitiva, di cui si fidano. Il motore è abituato a picchi che quest’anno non sono arrivati prima del Tour.

Dici che i problemi fisici di cui si è parlato sono stati effettivamente risolti?

Se Fabio ha avuto problemi alla gamba operata, dovrà fare dei test e valutare come funziona, ma non gli ho mai sentito dire nulla in questo senso. Andava tutto bene, per questo le parole di Saronni sono suonate strane.

Saronni ha sostenuto che sia stato mandato in Francia non essendo nella forma giusta.

Ripeto: Fabio era pronto per andare al Tour. Uno con i suoi numeri poteva e doveva stare davanti. Lo dimostrano i piazzamenti venuti prima, sul Ventoux, a Burgos e al Tour de l’Ain. L’unico passaggio negativo in effetti c’era stato al Lombardia.

Escludi che non si sia allenato, quindi?

E’ uno che lavora, per questo ho difeso la sua posizione in squadra. Fa il suo lavoro e da metà maggio si è impegnato al 100 per cento. E’ dimagrito bene, quello che ci si aspetta da un pro’ come lui.

Può esserci stato allora un blocco psicologico?

Sta a lui ripercorrere il Tour e capire dove ci sono stati momenti buoni e dove momenti cattivi. Se il problema è psicologico, lui lo sa. Il giorno prima è morto suo nonno, che stava già male. Queste cose provocano reazioni come a Bettini, che dopo la morte del fratello vinse il Lombardia, oppure ti buttano giù.

Di sicuro ha subito un colpo duro, come essere tornato ai problemi dello scorso anno…

L’ho incontrato a inizio anno e mi è sembrato una persona solare e disponibile per condividere le sue emozioni, una cosa che non riesce con tutti. Ma ora se vuole risalire, deve mettere in fila il bello e il brutto. Il corridore c’è. Il fisico c’è. Il ciclismo è duro, non è come nel 100 metri piani, in cui forse non devi neanche tenere duro. Qua devi saper stringere i denti.

Lo avresti mandato al Giro d’Italia?

Forse il Giro sarebbe stato prematuro, per uno che soffre anche la pressione mediatica. La squadra ha rispettato i suoi programmi e per uscirne avrebbe bisogno di un risultato in qualsiasi gara, per ritrovare morale. Fabio c’è, trovo assurdo che gli abbiano consigliato di smettere, ma di certo deve ritrovarsi. Se non capisce cosa non abbia funzionato, è sempre a rischio che accada di nuovo.