La voce al telefono tradisce subito tutta la sua gioia. Da noi è tardo pomeriggio, per Laura Tomasi è ancora mattina e si appresta ad affrontare l’ultima prova della sua lunga trasferta in El Salvador, con il Giro a tappe e 4 classiche locali. Una trasferta proficua, che le ha portato la sua prima vittoria in maglia Laboral Kutxa e due podi (il terzo sarà proprio dopo la telefonata, nella classica conclusiva). Per la ciclista di Miane un bilancio decisamente sontuoso.
«Un’esperienza bella – esordisce la Tomasi – ma non lo dico solamente per i risultati. Io non ero mai stata da questa parte dell’Atlantico, per me era tutto nuovo, ma devo dire che a parte il caldo umido un po’ pesante in alcuni frangenti, ci siamo davvero divertite».
La volata vincente della Tomasi che ha portato a casa anche tre secondi posti (foto Laboral Kutxa)La volata vincente della Tomasi che ha portato a casa anche tre secondi posti (foto Laboral Kutxa)
Raccontaci che tipo di gare avete affrontato…
La prima, il Grand Prix Boqueron, consisteva in una cronoscalata su un vulcano, per me è stato un po’ prendere le misure con questo tipo di gare. Il giorno dopo partiva il Giro di El Salvador, che consisteva in un breve prologo serale e 4 tappe. Non avevo mai gareggiato alle 20,30, è stato qualcosa di abbastanza strano anche se erano solo 2 chilometri. Poi abbiamo affrontato 4 tappe, non molto lunghe rispetto ai nostri canoni abituali, ma abbastanza movimentate.
Come vi siete strutturate?
Noi avevamo principalmente due obiettivi: correre per la classifica e per i traguardi di tappa. In questi io sono stata abbastanza soddisfatta con due piazze d’onore, in una finendo davanti ad Arianna Fidanza, ma nelle tappe a noi non congeniali dovevamo lavorare per Usoa Ostolaza che puntava alla vittoria e alla fine le è sfuggita per soli 2”, con Yanina Kuskova terza. In quel caso il prologo è stato determinante per favorire la vincitrice, la svizzera Hartmann che ha bissato il successo del 2024. L’ultima tappa non era sufficiente per recuperare, anche se Usoa ha vinto.
Il podio del GP El Salvador con la Tomasi al centro fra Sara Fiorin e l’irlandese Griffin (foto Laboral Kutxa)Il podio del GP El Salvador con la Tomasi al centro fra Sara Fiorin e l’irlandese Griffin (foto Laboral Kutxa)
La vincitrice fa parte della Ceratizit: il confronto per la vittoria è stato con la formazione tedesca del WorldTour?
Con loro e con la Roland, altra squadra della massima serie. In gara la differenza con le formazioni sudamericane e del posto si vedeva, soprattutto nella gestione della corsa. Io credo che sia un discorso legato soprattutto all’esperienza, è chiaro che poter correre continuamente con le squadre WorldTour aiuta, poi in questi contesti gestisci un po’ la situazione dal punto di vista strategico.
Poi è arrivata la vittoria…
Sì, il calendario della trasferta prevedeva anche altre tre classiche d’un giorno, io mi sono aggiudicata la prima, il GP El Salvador in una volata generale, come anche l’ultima, il GP Surf City si è concluso allo stesso modo, ma lì sono arrivata dietro alla polacca Rysz. Il bilancio è comunque altamente positivo e mi dà molta fiducia per il mio ritorno in Italia.
Il caldo umido è stato il principale ostacolo delle corse disputate nel Paese centroamericanoIl caldo umido è stato il principale ostacolo delle corse disputate nel Paese centroamericano
Ora sei al secondo anno nel team basco, come ti trovi?
Molto bene, perché con l’andare del tempo ho visto che hanno una visione dell’attività molto simile alla mia, puntando a competere sempre più con le squadre più forti. In questo modo noi abbiamo la possibilità di crescere, di maturare. Certo, queste in Centro America non erano proprio gare come le classiche belghe, ma essere state protagoniste con vittorie e podi a ripetizioni ha comunque un suo significato.
Questo dipende anche dalla gestione del team, un po’ diversa da quella maschile molto più nazionalista, dove non ci sono stranieri?
Sono due entità diverse, dipendenti entrambe dalla Fondazione Euskadi, ma ognuna procede per proprio conto, con un suo staff e sue regole. Oltretutto abbiamo anche sponsor completamente diversi. Nel nostro team siamo di più nazioni, ma posso assicurare che noto un fortissimo senso di appartenenza: i Paesi Baschi mi sono sempre piaciuti per questo, c’è un legame indissolubile con il territorio e se per la squadra maschile è un po’ totalizzante, per noi si fonde con le nostre diverse culture. A me piace molto questa commistione.
Il team basco è multinazionale. In El Salvador c’era anche Arianna FidanzaIl team basco è multinazionale. In El Salvador c’era anche Arianna Fidanza
E adesso?
Adesso si torna in Italia e inizia la preparazione per la Vuelta. E’ chiaro che per la nostra squadra la corsa a tappe iberica ha un sapore particolare, vogliamo fare bene anche se avremo di fronte tutto il meglio del ciclismo mondiale. Ma abbiamo dimostrato di sapercela cavare in ogni frangente e questo carico di fiducia che mettiamo in valigia ci aiuterà sicuramente. Mettere una firma anche in una volata della Vuelta non sarebbe male…
Arianna Fidanza si è ripresa da un infortunio tremendo e ha deciso di puntare sulla crono. La sua presenza è una rinascita. Momenti toccanti in Australia
Una settimana e mezzo di ambientamento, poi cinque gare, di cui una a tappe, per un totale di nove giorni di corse su dieci. Questa, in estrema sintesi, la trasferta in El Salvador che hanno affrontato alcune formazioni europee tra fine febbraio e metà marzo. Una destinazione non nuova per il ciclismo.
C’è stato un tempo infatti – a cavallo del Duemila – che si iniziavano a vedere… corse dell’altro mondo. La globalizzazione del pedale, attualmente sempre più completa, ha riportato il ciclismo femminile sulle coste pacifiche del Centro America a distanza di dieci anni. Di queste nuove gare in calendario ci aveva raccontato qualcosa Giorgia Vettorello, instillandoci una discreta dose di curiosità. D’altronde sulle strade di El Salvador(in apertura foto Secretarìa de Prensa de la Presidencia), per citare l’esempio più lampante, aveva vinto una ventunenne e già affermata Marianne Vos, così come in altre annate avevano sempre fatto bella figura diverse italiane. Così noi, spulciando la starting list, ci siamo affidati a due ragazze del Trentino-Alto Adige per avere un reportage: Elena Pirrone e Andrea Casagranda.
In El Salvador il livello non era altissimo, ma molte atlete hanno potuto mettersi in gioco, anche con un clima torrido (foto BePink-Bongioanni)In El Salvador il livello non era altissimo, ma molte atlete hanno potuto mettersi in gioco, anche con un clima torrido (foto BePink-Bongioanni)
A casa di Contreras
Il viaggio intercontinentale per Elena Pirrone e la sua Roland era quasi un dovere istituzionale. Il general manager Ruben Contreras è salvadoregno ed è una sorta di filantropo del ciclismo del suo Paese.
«Le stesse gare di dieci-quindici anni fa – spiega la venticinquenne altoatesina di Laives – le organizzava sempre Ruben, che poi ha dovuto interromperle per motivi di sicurezza. Lui stesso ci ha raccontato che El Salvador aveva già vissuto una guerra civile negli anni ’80 poi dal 2010 in avanti era finito in mano a gang criminali che condizionava tantissimo anche l’aspetto politico. Ora da un po’ di anni è tornato nuovamente ad essere sicuro per gli stessi abitanti ed anche per i turisti. Noi atlete in effetti non abbiamo solo corso laggiù, ma abbiamo visitato la zona in cui eravamo.
Esulta Pirrone per il secondo posto dietro la compagna Christoforou nel GP Surf City (foto Secretarìa de Prensa de la Presidencia)Pirrone è dovuta rientrare anticipatamente da El Salvador per un forte virus gastrointestinale, ma l’ha presa con filosofiaEsulta Pirrone per il secondo posto dietro la compagna Christoforou nel GP Surf City (foto Secretarìa de Prensa de la Presidencia)Pirrone è dovuta rientrare anticipatamente da El Salvador per un forte virus gastrointestinale, ma l’ha presa con filosofia
«Abbiamo soggiornato a San Salvador per cinque giorni – continua Pirrone – poi ne abbiamo trascorsi altrettanti sulle alture dove c’era una delle tante piantagioni di caffè. Entrambe le volte eravamo in case di proprietà di Ruben, mentre dal 3 marzo in poi, giorno in cui iniziavano le gare, siamo state assieme a tutte le altre squadre in un campus universitario della Capitale, in un edificio completamente nuovo».
Organizzazione e tradizione
Una gara ciclistica a quelle latitudini in questa fase dell’anno solitamente deve convivere con un’organizzazione non dettagliata come quella europea. Questa era un’incognita per le atlete.
«Noi della BePink-Bongioanni – racconta Casagranda – sapevamo di venire in un Paese che aveva già ospitato il ciclismo. La nostra diesse Sigrid Corneo, che ci ha guidate in ammiraglia, c’era stata a correre, vincendo anche un paio di gare. Lo stesso roadbook riportava gli albi d’oro e abbiamo letto il nome di Marianne Vos e altre atlete importanti. Correre in El Salvador tuttavia è molto diverso che farlo in Europa, anche per il cibo. Essendo tutte assieme in questa università, ci siamo dovute adattare a sapori nuovi. Ogni giorno veniva un catering con i pasti. I piatti erano spesso a base di riso e pollo che siamo già abituate a mangiare, ma con spezie e condimenti forti.
Andrea Casagranda (seconda da sx) in El Salvador ha sofferto il caldo, ma ha saputo adattarsi (foto BePink-Bongioanni)Andrea Casagranda in El Salvador ha sofferto il caldo, ma ha saputo adattarsi (foto BePink-Bongioanni)
Alla fine la realtà ha superato le aspettative. «Devo dire la verità – confida la diciannovenne di Borgo Valsugana – siamo rimaste sorprese in positivo. Certo, si sono notate alcune differenze.Le strade alternavano tratti perfetti ad altri non in ordine con buche o senza tombini. Spesso e volentieri ci siamo imbattute in cani randagi che si buttavano in mezzo alla corsa. Oppure alcuni diesse centroamericani non sapevano come si facevano certe operazioni o manovre in corsa. Tutto sommato però non ci possiamo lamentare perché alla fine siamo riuscite a fare tutto senza grandi problemi».
Nonostante il ciclismo non sia uno sport troppo seguito, il calore del pubblico non è mancato. «Ogni giorno che passava – va avanti Pirrone – l’organizzazione migliorava. Il tifo si faceva sentire a bordo strada e nel complesso c’era molta curiosità da parte della gente. Il prologo del Tour El Salvador lo abbiamo fatto attorno ad una grande piazza dove c’era una biblioteca di sette piani. Abbiamo sempre incontrato persone disponibili, che vivono senza stress. E poi siamo rimaste colpite in positivo perché nessuno trasgrediva o si lamentava nel traffico per il passaggio della gara. A livello organizzativo hanno margini di miglioramento e in futuro non è da escludere che potrebbero partecipare altre formazioni europee, alzando chiaramente il livello dell’evento».
La Roland nel Paese del suo general manager Contreras ha ottenuto sette vittorie e quasi una decina di podi (foto Secretarìa de Prensa de la Presidencia)Alla guida dell’ammiraglia pick-up c’era Sigrid Corneo, che in El Salvador ci ha corso e vinto (foto Secretarìa de Prensa de la Presidencia)La Roland ha ottenuto sette vittorie e quasi una decina di podi (foto Secretarìa de Prensa de la Presidencia)Alla guida dell’ammiraglia pick-up c’era Corneo, che in El Salvador ha corso e vinto (foto Secretarìa de Prensa de la Presidencia)
Clima e gare
L’altra grande incognita per le squadre al via delle gare era il clima particolarmente torrido, mentre il fuso orario è stato ben assorbito da tutti.
«Abbiamo fatto scalo a New York – riprende Casagranda – e durante il volo per San Salvador, in cui siamo atterrate alla sera, ci siamo imposte di non dormire per non scompensare poi il sonno della notte. Ho patito invece, e tanto, il caldo. Io non mi sono adeguata tanto al clima, ma è un discorso soggettivo. Quattro giorni prima di partire ero in Belgio a correre con 4 gradi, mentre laggiù ne ho trovati 40. Inizialmente in allenamento mi piaceva finalmente pedalare al caldo, poi in gara, sotto sforzo, l’ho sofferto molto.
Fiesta finale. La Roland festeggia la maglia gialla di Hartmann nella generale del Tour El SalvadorCiclismo abbinato al turismo. Le atlete della Roland hanno soggiornato tra San Salvador e le alture circostantiFiesta finale. La Roland festeggia la maglia gialla di Hartmann nella generale del Tour El SalvadorCiclismo abbinato al turismo. Le atlete della Roland hanno soggiornato tra San Salvador e le alture circostanti
«Le gare partivano al mattino abbastanza presto – aggiunge Pirrone – proprio per evitare temperature troppo alte, anche se era un caldo piuttosto secco. Mi ha stupito perché quando siamo state in montagna, attorno ai mille metri, c’erano ugualmente più di 30 gradi. In allenamento abbiamo fatto la salita del vulcano sopra San Salvador (nel Paese ce ne sono più di 170, ndr), una strada di una dozzina di chilometri quasi sempre in doppia cifra di pendenza. Ruben ci raccontava che in gara Vos saliva a zig-zag. Fortunatamente noi abbiamo invece corso su salite lunghe uguali, ma ombreggiate e con curve ampie oppure su stradoni larghi e vallonati».
La maggior parte dei percorsi erano su strade larghe e vallonate, abbastanza curate (foto BePink-Bongioanni)La maggior parte dei percorsi erano su strade larghe e vallonate, abbastanza curate (foto BePink-Bongioanni)
Un’esperienza per Elena e Andrea
Uno degli obiettivi nemmeno tanto velato di Roland e BePink era quello di fare incetta di punti UCI in questo lotto di gare classe .1, così come fare un’esperienza di vita per tutte le loro atlete.
Purtroppo Pirrone è stata a mezzo servizio come spiega lei tra rammarico ed ironia: «Probabilmente sono delicata come un principessa e non so se sia stato il latte di cocco che ho bevuto nei primi giorni a mettermi fuori gioco (sorride, ndr). Battute a parte, come altre ragazze ho preso a fine febbraio un virus gastrointestinale che non sono riuscita a smaltire. Alla prima gara ho fatto seconda dietro la mia compagna Christoforou, però ho iniziato a sentirmi svuotata e disidratata col passare del tempo, tanto che le altre gare non le ho finite oppure arrivavo molto dietro. Visto che non passava, con lo staff della squadra abbiamo organizzato il mio rientro anticipato perché non aveva più senso restare giù. Peccato, ma mi riprenderò in fretta.
Al Tour a El Salvador, la BePink ha conquistato la maglia bianca dei giovani con Angela OroAl Tour a El Salvador, la BePink ha conquistato la maglia bianca dei giovani con Angela Oro
«Durante questa trasferta – conclude Casagranda – abbiamo imparato ad adattarci ad un posto nuovo, soprattutto convivendo con un forte sbalzo termico e con uno stile di vita che ci ha provocato qualche noia intestinale. Sul lato agonistico il livello non era altissimo, quindi abbiamo potuto metterci in gioco. Sicuramente potevamo raccogliere di più, però siamo contente perché nella gara a tappe Angela Oro ha conquistato la maglia bianca di miglior giovane».
Parliamo con Walter Zini, al lavoro per trasformare la BePink in una professional. I costi si moltiplicano per tre. L'ipotesi è un progetto di sei anni
IL PORTALE DEDICATO AL CICLISMO PROFESSIONISTICO SI ESTENDE A TUTTI GLI APPASSIONATI DELLE DUE RUOTE:
NASCE BICI.STYLE
bici.STYLE è la risorsa per essere sempre aggiornati su percorsi, notizie, tecnica, hotellerie, industria e salute