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Geoghegan Hart saluta la Ineos e si prepara a un nuovo inizio

28.09.2023
4 min
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Tao Geoghegan Hart (foto Instagram in apertura) a fine stagione lascerà la sua “casa” ciclistica: la Ineos Grenadiers. Il britannico si trasferirà alla Lidl-Trek, una squadra che da quando ha cambiato nome, e sponsor, si è mossa tanto nel prendere nuovi corridori. Tao ha 28 anni, cambia squadra in quello che è sempre stato il periodo di maturazione per un ciclista professionista

Una decisione che merita un approfondimento, per questo abbiamo cercato di capire di più parlando con il suo procuratore: Joao Correia. Ex corridore portoghese che da qualche anno rappresenta alcuni dei corridori più importanti del gruppo con la sua agenzia Corso Sports, fra cui Almeida e Pedersen. Correia ha una vita “divisa” in tante parti del mondo: Stati Uniti, Portogallo e Italia. Quando si trova da noi sta in Toscana, dove ha un B&B con il quale organizza viaggi legati alla bici per i turisti stranieri, in particolare americani. 

Buongiorno Joao, innanzitutto, come procede la riabilitazione di Geoghegan Hart?

Ha terminato la settimana scorsa, è stata lunga: più di 3 mesi di lavoro per tornare in bici. A breve riprenderà a pedalare su strada e metterà nel mirino la preparazione verso la prossima stagione. Da quando abbiamo capito che nel 2023 non avrebbe più corso si è deciso di guardare al futuro. La squadra gli ha dato una grande mano, nonostante a fine stagione si saluteranno ha avuto un ottimo appoggio.

2024 che vede un grande cambiamento per l’appunto, cosa c’è dietro?

Dietro questa divisione c’è l’ambizione, che ogni corridore ha, di voler provare qualcosa di nuovo. Avere degli stimoli diversi fa bene agli atleti. In estate c’erano stati dei colloqui con la Ineos ma non tutto era chiaro, per esempio il ruolo che Tao avrebbe avuto. Lui vuole essere un uomo da grandi Giri, un leader. Non un capitano unico, perché nel ciclismo moderno è impossibile, l’abbiamo visto con la Ineos.

Ultima tappa del Giro, Almeida terzo: al centro Joao Correia, a destra il suo socio Ken Sommer (foto Fizza/UAE Emirates)
Ultima tappa del Giro, Almeida terzo: al centro Joao Correia, a destra il suo socio Ken Sommer (foto Fizza/UAE Emirates)
Quando è caduto al Giro, fratturandosi il femore, la Ineos aveva Thomas come “seconda punta”.

Esatto. Si sono invertite le parti rispetto al 2020, quando Geoghegan Hart vinse il Giro. A quell’epoca cadde Thomas e lui fu l’uomo di classifica, quest’anno è stato il contrario.

Allora com’è si è arrivati alla volontà di cambiare?

Tao ha un obiettivo: il Tour de France. Gara che ha disputato solamente una volta, nel 2021, in supporto a Carapaz e Thomas. Ormai è arrivato ad un’età in cui deve dire “ho vinto un grande Giro, ora ci voglio puntare in alto”.

Il cammino è proseguito lineare fino al Tour of the Alps, vinto da Tao
Il cammino è proseguito lineare fino al Tour of the Alps, vinto da Tao
Pensi che sia maturo per farlo?

Quest’anno al Giro d’Italia stava davvero bene, lo si è visto alla cronometro di Cesena. Lui è uno scalatore, quando un corridore del suo tipo fa una cronometro a quel livello vuol dire che sta molto bene. 

Com’è nato il contatto con la Lidl-Trek?

Ho un grande rapporto con Luca Guercilena, grazie al fatto che un mio corridore, Mads Pedersen, corre per loro. Così parlando con lui è uscita questa occasione ed è stato tutto molto veloce. La Lidl-Trek stava cercando un uomo per fare classifica nei grandi Giri e l’occasione era importante. Ci sono anche altri profili (Ciccone su tutti, come detto dallo stesso Guercilena, ndr). 

Al Giro, Geoghegan Hart aveva sorpreso tutti a crono fin dal primo giorno di Giro a Ortona
Al Giro, Geoghegan Hart aveva sorpreso tutti a crono fin dal primo giorno di Giro a Ortona
Geoghegan Hart ha corso sette anni con la Ineos: un corridore britannico in una squadra britannica, il cambiamento si farà sentire?

Non penso proprio. Tao è un ragazzo che sa stare molto bene in contesti internazionali, si trova a proprio agio a contatto con culture e lingue diverse. Quando è in Spagna parla spagnolo con grande disinvoltura e ha una speciale connessione con l’Italia. Ha un modo di pensare multidimensionale. 

Il cambiamento gli farà bene quindi?

Quando si cambia si assumono nuove responsabilità. Ora deve focalizzarsi sul recupero e fare un buon inverno, poi vedremo dal 2024 cosa succederà.

“Doppietta” Tour-Vuelta, ora Bernal punta al 2024

22.09.2023
5 min
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Sulle strade di Tour de France e Vuelta, in qualche caso sovrapposte, è tornato a pedalare Egan Bernal. Il corridore della Ineos Grenadiers ha portato a termine la sua personale “doppietta”: 42 giorni di corsa in due mesi, non poco considerando da dove partiva e dalla condizione dimostrata. Il colombiano è tornato ad assaporare l’aria dei grandi eventi e questo non può che fargli bene, donandogli nuove aspettative. 

Di questo parliamo con Matteo Tosatto, suo diesse nel team britannico. Lo intercettiamo in uno dei momenti di vita quotidiana, mentre ha accompagnato la figlia a nuoto. Seduto al bar beve un caffè e risponde alle nostre domande. 

Il Tour per Bernal è stato un passaggio sulla strada del ritorno, l’importante era fare fatica
Il Tour per Bernal è stato un passaggio sulla strada del ritorno, l’importante era fare fatica

Due grandi fatiche

Mettere in fila due grandi corse a tappe è stato un bel modo per rispondere a tante domande. Senza nemmeno aver bisogno di sprecare tante parole, Bernal ha corso, si è messo in mostra e ha terminato entrambe le corse.

«Non l’ho seguito personalmente – racconta Tosatto – per scelte tecniche non ho seguito la squadra al Tour e alla Vuelta. Però in squadra, tra tecnici, ci sentiamo tutte le settimane. In più ci siamo confrontati anche con l’allenatore di Bernal. Quindi qualche dettaglio sulla sua condizione lo abbiamo».

Stare in gruppo e mettersi a disposizione dei compagni gli hanno permesso di crescere
Stare in gruppo e mettersi a disposizione dei compagni gli hanno permesso di crescere
Tornare al Tour era il primo obiettivo?

Sì. L’idea era di vederlo all’opera sulle strade della Grande Boucle e poi di trarre le prime conclusioni. In Francia il percorso era molto impegnativo, il fatto di averlo portato a termine ci ha dato una grande soddisfazione. Era importante tornare a queste corse, in vista del recupero totale. 

In corsa cosa doveva fare?

Nella prima settimana, quella corsa nei Paesi Baschi, doveva provare a restare con i migliori. Ha risposto bene, non si è scomposto e alla fine ha concesso solo qualche manciata di secondi. Un primo segnale positivo. 

Con il proseguire delle tappe è uscita la fatica, ma era preventivabile, no?

Assolutamente. Quello che mancava a Egan era mettere insieme tanti giorni di corsa e tanta fatica. Di chilometri ne ha fatti, si è messo a disposizione dei compagni e ha speso tante energie. Insomma, un bel modo di riprendere la mano con le corse importanti.

Eccolo alla Vuelta con la maglia di Santini dedicata alla solidarietà
Eccolo alla Vuelta con la maglia di Santini dedicata alla solidarietà
La Vuelta era già in programma o è arrivata dopo?

L’idea era di vedere come avrebbe finito il Tour e trarre le prime conclusioni. Una volta visto che la risposta di Bernal è stata positiva, la Vuelta è arrivata di conseguenza. Tra l’una e l’altra ha anche avuto modo di tornare a casa, in Colombia, e allenarsi in altura. 

Anche in Spagna era a disposizione di Thomas.

La Vuelta dal punto di vista della classifica non è andata come ci saremmo aspettati. Però ha risposto bene anche in quel caso, fin dalla cronometro a squadre di Barcellona. E’ rimasto con i compagni, un segnale positivo per noi e per lui. 

Alla Vuelta nell’ultima settimana è andato meglio…

E’ arrivato settimo in una tappa, la 18ª, quella vinta da Evenepoel, andando in fuga per 170 chilometri. Riuscire a fare uno sforzo del genere alla fine di un grande Giro è un bel segnale in vista del 2024.

Dopo il Tour è arrivata la convocazione alla Vuelta, un bel segnale
Dopo il Tour è arrivata la convocazione alla Vuelta, un bel segnale
Che cosa vi aspettate dalla prossima stagione?

Dall’inverno si avrà un’idea migliore di come sta e del lavoro che ci sarà da fare. Queste due corse a tappe ravvicinate servivano per aiutarlo a sopportare meglio la fatica e avere una migliore gestione dei recuperi. Ci si aspetta che più avanti nel tempo possa fare carichi di lavoro sempre più intensi. 

Potrà tornare a puntare ai grandi obiettivi?

Penso proprio di sì. Fare un inverno tranquillo, dove lavorare tanto e bene, sarà il primo obiettivo. Quando si programma la stagione rientrare bene è più semplice, basta focalizzarsi sugli obiettivi. 

Tornando al 2023, come lo hai visto pedalare?

Sereno. Stava in gruppo e spesso era davanti a tirare. Dalla televisione non si vedono tutti i dettagli, ma erano tutti contenti di lui. Non vale la pena stare a guardare i numeri e i risultati. 

Bernal tornerà a lottare per la maglia gialla al Tour?
Bernal tornerà a lottare per la maglia gialla al Tour?
Le salite tra Spagna e Francia erano dure, un bel test per lui…

Sicuramente certi sforzi è meglio farli in gara che in allenamento. Mettersi in gruppo e seguire gli altri ti porta a fare più fatica, a mollare meno di testa. Questo finale di stagione gli servirà molto. 

Bernal che dice?

Abbiamo parlato con il suo allenatore. Era contento e soddisfatto. Si è visto un netto miglioramento nello sforzo e nei numeri. 

Correrà ancora?

Non sappiamo. Non credo farà le gare in Italia, c’è qualche corsa in Oriente, ma non credo parteciperà. La miglior cosa per lui è riposare e preparare il 2024.

Nimbl entra a far parte della grande famiglia Pon.Bike

30.08.2023
3 min
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La notizia era nell’aria già da qualche settimana, ma solamente in questi ultimi giorni è arrivata l’ufficialità. Pon.Bike, realtà aziendale leader mondiale per quanto riguarda la produzione di biciclette e componenti per il ciclismo, ha acquisito il prestigioso marchio italiano di calzature Nimbl.

Con sede a Porto Sant’Elpidio (Macerata), nel pieno cuore del distretto della calzatura artigianale di qualità, Nimbl è stata fondata appena nel 2020, e da allora ha fortemente esteso la propria attività espandendosi su scala internazionale nel segmento scarpe “high-end” per ciclismo su strada e pista, con clienti che si riconoscono dagli appassionati di ciclismo fino ai campioni del mondo e ai vincitori dei Grandi Giri. Tutte le scarpe Nimbl vengono realizzate a mano all’interno dello stabilimento di Porto Sant’Elpidio. 

Nimbl ha accompagnato Jonas Vingegaard alla conquista del suo secondo Tour de France
Nimbl ha accompagnato Jonas Vingegaard alla conquista del suo secondo Tour de France

Create per i campioni 

Nimbl produce scarpe che vengono indossate da numerosi ciclisti professionisti durante le maggiori competizioni mondiali. Competizioni che molto spesso “impegnano” le stesse calzature nelle condizioni più estreme. Oggi, circa 125 ciclisti professionisti gareggiano con Nimbl ai piedi. E uno di questi non è altro che il vincitore del Tour de France Jonas Vingegaard del team Jumbo-Visma. Ma queste scarpe ad altissime prestazioni sono state scelte anche da diversi vincitori del recente campionato del mondo di ciclismo su pista: come Jeffrey Hoogland, iridato a Glasgow nel chilometro. 

Le calzature Nimbl sono disponibili in tutto il mondo, la vendita avviene sia online che attraverso una selezionata rete di rivenditori. E oggi, grazie a questa acquisizione, il brand avrà la possibilità di ampliare ulteriormente la propria distribuzione sia negli Stati Uniti quanto in Europa

Ecco un modello celebrativo per la vittoria alla Grande Boucle
Ecco un modello celebrativo per la vittoria alla Grande Boucle

Obiettivo crescita internazionale

Pon Holdings è una multinazionale di riferimento, ancora a conduzione familiare, con sede nei Paesi Bassi e un fatturato annuale di oltre 10 miliardi di euro. La società conta 15.700 dipendenti, in 34 Paesi e in tutti e sei i continenti. Pon Holdings controlla ben 110 aziende, tutte realtà che operano su quattro linee distinte: Automotive, Pon.Bike, Equipment & Power Systems e Agricultural Products & Services. L’obiettivo ultimo di Pon Holdings è quello di continuare a garantire la mobilità di persone, città e settori in maniera efficiente e sostenibile. Nei Paesi Bassi, Pon rappresenta il principale gruppo dedicato alla mobilità, poiché è in grado di offrire a milioni di persone biciclette, automobili e servizi di mobilità innovativi, quali il noleggio di biciclette e la condivisione di auto e monopattini.

Nimbl a Glasglow è salita sul podio iridato grazie al secondo posto di Wout Van Aert
Nimbl a Glasglow è salita sul podio iridato grazie al secondo posto di Wout Van Aert

Quella di Nimbl rappresenta un’aggiunta logica per la famiglia Pon.Bike, gruppo che include oltre 20 prestigiosi e storici brand del mondo del ciclismo come Cannondale, Cervélo, BBB Cycling, Gazelle, Focus, Santa Cruz, Kalkhoff, Swapfiets, Veloretti, GT, Schwinn, Mongoose, Caloi e Urban Arrow. 

Nimbl

Quanto sono cambiati i tempi di recupero? Spiega Guardascione

26.08.2023
4 min
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Si continua a dire che per vedere il miglior Bernal bisognerà attendere il prossimo anno, che questa stagione è fondamentale per il recupero. L’incidente che ha messo fuorigioco il colombiano, all’inizio del 2022, ha conseguenze che si protraggono ancora oggi. Bernal è tornato a correre un grande Giro solamente nel 2023, con il Tour de France (nella foto di apertura alla presentazione della 20ª tappa). A poche settimane di distanza è stata annunciata la sua partecipazione alla Vuelta, altro gradino importante verso la scalata alla sua miglior condizione. 

Dopo la caduta alla Vuelta del 1994 (a destra nel fermo immagine della volata) Cipollini recuperò in tempi record
Dopo la caduta alla Vuelta del 1994 (a destra nel fermo immagine della voltata) Cipollini recuperò in tempi record

Il punto di vista medico

Carlo Guardascione, medico del team Jayco-AlUla, è uno dei nomi più noti ed importanti del gruppo. Abbiamo deciso di chiedere a lui un parere su quelle che sono le tempistiche di recupero. Ora i tempi sembrano allungarsi e non poco, si parla sempre più di “stagione di recupero”. Anche in passato era così oppure si tratta di un cambiamento portato dal ciclismo moderno?

«Bisogna fare delle distinzioni – spiega Guardascione – tra traumi singoli e politraumi. Dal punto di vista medico è meglio rompersi il femore in tre punti diversi e sottoporsi ad un’operazione, piuttosto che subire un politrauma come quello di Bernal. Un incidente come il suo allunga notevolmente i tempi di recupero, perché si subiscono diversi scompensi che poi l’atleta si porta dietro una volta tornato in bici».

Nonostante il grave infortunio, Jakobsen (che vola oltre la transenna) in meno di un anno torna a correre e a vincere
Nonostante il grave infortunio, Jakobsen (che vola oltre la transenna) in meno di un anno torna a correre e a vincere

Jakobsen ed Evenepoel

Uno degli incidenti più recenti, accaduti in corsa, che è rimasto maggiormente nella memoria dei tifosi, è quello di Jakobsen al Tour de Pologne del 2020. L’altro è la caduta di Evenepoel al Giro di Lombardia dello stesso anno. 

«Jakobsen – dice Guardascione – ha subito un trauma facciale spaventoso, ma una volta sistemato è riuscito a tornare in sella in tempi davvero brevi. Per quanto brutto e doloroso possa essere un trauma come quello di Jakobsen o dello stesso Evenepoel sono più “semplici” da far rientrare. Tant’è che entrambi, nel giro di un anno, anche qualcosa meno, sono tornati alle corse e a vincere. Nel subire un trauma come la frattura del bacino (nel caso di Evenepoel, ndr) entra in campo anche l’aspetto psicologico. Sai che per guarire da una frattura del genere hai bisogno di 5 mesi e ti dai un obiettivo in termini di tempo.

«In un caso come quello di Bernal – riprende – l’obiettivo principale era rimettere in piedi la persona prima del corridore. Non ci si è dati dei tempi di recupero, perché i traumi erano talmente tanti che non si potevano ipotizzare delle tempistiche».

Evenepoel, dopo la frattura del bacino al Lombardia, tornerà in gruppo direttamente al Giro del 2021, quasi un anno dopo
Evenepoel, dopo la frattura del bacino al Lombardia, tornerà in gruppo direttamente al Giro del 2021

Tutto estremizzato

Nel ciclismo moderno, però, è tutto estremizzato, nel bene e nel male. Le terapie di guarigione e recupero permettono di riprendersi in maniera completa. Tuttavia le prestazioni, in gara, sono talmente elevate che bisogna essere al top per pensare di essere competitivi

«Un conto è voler tornare competitivo – ci dice nuovamente Guardascione – un conto è tornare a pedalare in gruppo. Se si vuole vincere non basta essere al 95 o al 99 per cento. Nel ciclismo moderno devi essere perfetto se vuoi provare a vincere, dieci anni fa non era così. Non c’era questa estremizzazione della performance, siamo come in Formula 1. E per raggiungere la perfezione ci vuole tempo, quindi non si allungano i periodi di recupero, ma quelli per tornare competitivi. Una frattura si cura sempre in 2 mesi, ma per tornare in gruppo con l’ambizione di vincere si deve lavorare tanto. Lo si vede da anni, in gara vai solo se sei perfetto, con i numeri giusti. Non esiste che si vada alle corse con la gamba da “costruire”. Soprattutto dopo un infortunio».

All’Arkea sognando il Tour. Albanese ha svoltato

21.08.2023
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La notizia del passaggio di Vincenzo Albanese all’Arkea Samsic (dal prossimo anno Arkea-B&B Hotels) arriva mentre è a casa dei suoceri, nella sua Campania. In questo momento il corridore della Eolo-Kometa sta riprendendo la preparazione in maniera blanda, sapendo che i primi impegni saranno a metà settembre per problemi fisici, gli ennesimi di una stagione complicata.

«Dopo i campionati italiani mi sono dovuto operare a un testicolo – racconta Albanese – è una conseguenza dell’incidente d’inizio stagione. Sapevo da tempo di doverlo fare, ma ho aspettato proprio di chiudere la prima parte di annata con la prova tricolore. Qui non faccio allenamenti specifici, ma appena torno a casa, si ricomincia…».

Per Albanese una stagione finora a mezzo servizio, ma sempre con molti piazzamenti
Per Albanese una stagione finora a mezzo servizio, ma sempre con molti piazzamenti
Quando sono nati i contatti con la squadra francese?

Già da inizio stagione se ne parlava, erano rimasti piacevolmente colpiti da quel che avevo fatto lo scorso anno. Per fortuna l’interesse non è scemato, anche se ho ripreso molto tardi a gareggiare e la stagione è andata avanti con qualche buon risultato come in Sicilia, ma molti impedimenti.

Che cosa ti hanno proposto?

Mi hanno presentato il progetto che hanno fatto su di me prima del Giro e mi ha dato una grande carica. Non potevo certo dire di no a una squadra WordTour…

Per Albanese, l’ingaggio alla Arkea sarà l’occasione per testarsi nelle corse del Nord
Per Albanese, l’ingaggio alla Arkea sarà l’occasione per testarsi nelle corse del Nord
Qual è il progetto?

Vogliono puntare su di me per le classiche d’un giorno, sanno che sono un corridore che tende sempre a piazzarsi. Quest’anno pur in soli 35 giorni di gara sono finito nella top 10 per 13 volte, lo scorso anno per ben 32. Significa portare tanti punti alla causa del team e per questo intendono investire su di me. Oltretutto c’è la possibilità di gareggiare in Francia e Belgio, mi piace l’idea di testarmi su quei percorsi con continuità.

Ok le corse d’un giorno, ma l’Arkea è squadra WorldTour, con ingresso nelle principali corse del calendario e nei grandi Giri, quindi il Tour…

E infatti l’idea di essere selezionato per il prossimo Tour, con partenza dalla “mia” Firenze mi solletica alquanto. Correre in casa per la gara più importante del mondo è un’occasione da non perdere. Poi starà a me convincere i capi a mettermi in squadra per essere a disposizione degli altri, ma farò di tutto perché avvenga.

All’Arkea i dirigenti credono in Albanese, come uomo in grado di portare molti punti al ranking
All’Arkea i dirigenti credono in Albanese, come uomo in grado di portare molti punti al ranking
Con la Eolo-Kometa i rapporti come sono?

C’è grande rispetto reciproco, non potrò mai dimenticare che cosa sono stati questi tre anni, la pazienza che hanno dimostrato nei miei confronti, la serietà del loro progetto. Ci tengo a loro, mi sono stati sempre vicini anche nei momenti più duri.

Tu venivi da 4 anni alla Bardiani non sempre semplici…

Anzi, possiamo dire che sono stati anni difficili, nei quali ho anche commesso errori, ma con il tempo ho imparato, ho preso atto di quel che sbagliavo e mi sono messo sulla linea dritta. Anche quelle sono state esperienze utili, se sono arrivato ora all’ingaggio in una squadra WorldTour è frutto di tutto il cammino svolto, nel bene e nel male.

Quattro anni alla Bardiani con 17 top 10 ma nessuna vittoria e un talento inespresso
Quattro anni alla Bardiani con 17 top 10 ma nessuna vittoria e un talento inespresso
In questi rientrano anche i tuoi problemi con il peso?

Sì, non ho paura di ammetterlo. Ho impiegato anni a trovare il mio peso forma, la giusta alimentazione e in questo la Eolo è stata fondamentale, attraverso preparatori e nutrizionisti per capire come fare, per trovare il miglior Vincenzo. Ora sono a un peso ideale di 69-70 chili, nel quale riesco a rendere di più e devo fare attenzione a mantenere questo standard. Sono esperienze che mi porto dietro. So che vado in una squadra con uno staff d’eccezione che mi aiuterà anche in questo.

Ora che cosa ti attende?

Si riparte dal Giro di Toscana e poi affronterò tutta la stagione italiana fino alle prove venete di fine stagione, cercando d’incidere come ho fatto finora.

In Sicilia esordio stagionale con 3° posto finale e vittoria nella classifica a punti
In Sicilia esordio stagionale con 3° posto finale e vittoria nella classifica a punti
Come giudichi questa strana annata?

Per come era nata e per quel che sono riuscito a far,e non posso lamentarmi. Sono comunque riuscito ad essere protagonista e questo mi fa ben sperare. Avendo un inverno tranquillo penso di poter essere subito incisivo nella prossima stagione.

Intanto però c’è da chiudere in bellezza con la tua maglia attuale…

Infatti non nascondo che vorrei ottenere almeno una vittoria nelle classiche italiane che restano. Sarebbe la maniera migliore di salutare un periodo importante della mia vita di ciclista.

Sobrero e Bora: con Gasparotto all’origine della scelta

20.08.2023
5 min
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Con il mercato che già ci proietta mentalmente alla prossima stagione è facile iniziare a pensare e valutare i vari acquisti. Uno dei più importanti, per il ciclismo italiano, e non solo, è l’arrivo di Matteo Sobrero alla Bora-Hansgrohe. Un cambio importante, che ha aperto a tante considerazioni, ma cosa avranno in mente dal team tedesco per il nostro Sobrero? Lo chiediamo a Enrico Gasparotto, diesse della Bora che in queste ultime stagioni si è fatto apprezzare per idee e audacia in ammiraglia. 

Le qualità da diesse hanno portato Gasparotto a guidare la Bora anche al Tour nel 2023
Le qualità da diesse hanno portato Gasparotto a guidare la Bora anche al Tour nel 2023

Meritato riposo

Gasparotto in questi giorni è a casa, dopo il Tour si gode un po’ di meritato riposo. Intanto pensa alle corse future che lo attendono in ammiraglia: Eneco Tour, Plouay, Canada e poi il finale di stagione in Italia. 

«Dopo Giro e Tour – racconta – ho fatto rispettivamente un mese di pausa per volta. Era la prima volta che lo facevo, sinceramente lo preferisco, perché si ha più tempo per staccare e riposare. Delle ultime gare Il Lombardia sarà la più importante. L’anno scorso Sergio (Higuita, ndr) ha fatto bene, arrivando quarto. Peccato perché il podio era a portata di mano, sarebbe bastato prendere in testa il Civiglio. Anche Plouay e Canada avranno il loro peso, visto che sono delle WorldTour, e come team internazionale teniamo sicuramente a far bene. Come teniamo a far bene ovunque in realtà…»

Sobrero tra il 2021 e il 2022 si è confermato uno dei profili più interessanti nelle prove contro il tempo
Sobrero tra il 2021 e il 2022 si è confermato uno dei profili più interessanti nelle prove contro il tempo
Facciamo un passo di lato, che concetto c’è dietro l’arrivo di Sobrero?

Lo conosco dal 2020, quando correvamo insieme in NTT. E’ maturato tanto in questi anni e ho avuto spesso modo di confrontarmi con lui. A crono tra il 2021 e il 2022 ha fatto vedere grandi cose, in più è migliorato tanto in performance e numeri. 

Ha dimostrato di poter far bene…

Una nota positiva è quella mostrata all’Amstel e ai Paesi Baschi, sulle salite corte è andato forte. E’ cresciuto molto nelle salite e nelle gare di un giorno, e poi ha delle ottime abilità: sa stare in gruppo, limare… Sono qualità che abbiamo preso tanto in considerazione. 

Che ruolo potrà ricoprire quindi da voi?

Analizzando i file di potenza e prestazioni abbiamo notato degli ulteriori margini di miglioramento. Specialmente nelle salite lunghe e questa chiave per la Bora è importante, siamo una squadra incentrata sulle grandi corse a tappe. Per questo cerchiamo corridori che possano supportare al meglio i nostri capitani. Sobrero ha esperienza, avendo già corso a supporto di Simon Yates. 

Sobrero ha vinto la sua prima corsa in linea da professionista al Giro d’Austria, nel mese di luglio, un bel segnale
Sobrero ha vinto la sua prima corsa in linea da professionista al Giro d’Austria, nel mese di luglio
Quindi gli spetterà un ruolo principalmente di supporto?

Nei grandi Giri sì. Ma il suo apporto come persona è di supporto a 360 gradi, nel senso che quando ha libertà, sa prendersi le dovute responsabilità. E’ forte a crono e in salita, e corse gare di una settimana questa è una caratteristica davvero importante. Nelle gare delle Ardenne lo ha dimostrato, facendo bene fin dalla sua prima apparizione, quest’anno. 

Ha fatto vedere buone cose in questo 2023…

Ha dato continuità ai risultati dello scorso anno. Ai Baschi è stato continuo, è uscito di classifica in una giornata non felice per lui. All’Amstel ha fatto bene ugualmente, io c’ero. Ha bucato in un punto davvero brutto, altrimenti sarebbe stato tranquillamente nel primo gruppo. 

Un Ferragosto alternativo per Sobrero, passato al Rifugio Oberto Maroli insieme all’amico Ganna (foto Instagram)
Un Ferragosto alternativo per Sobrero, passato al Rifugio Oberto Maroli insieme all’amico Ganna (foto Instagram)
Che rapporto avete, visto che lo conosci da tanto?

Oltre all’anno in cui abbiamo corso insieme, il 2020, abbiamo fatto anche un ritiro insieme in altura prima dei mondiali di Imola. In più compro il vino dai suoi genitori (dice ridendo, ndr). Già tempo fa ho avuto modo di dirgli che ha un bel potenziale e che se avesse dato conferma delle sue qualità avrebbe attirato su di sé tante attenzioni. Anche al di fuori del discorso Bora, sono contento sia arrivato da noi.

Di recente ha anche vinto la sua prima corsa in linea.

E’ stata una bella dimostrazione, importante per lui e per le sue qualità. Essere ripagato dei propri sacrifici con una vittoria per un corridore è benzina in più. Sono emozioni che ti possono portare a diventare un vincente. Un’altra cosa importante.

La prima volta nelle Ardenne per Sobrero non è andata male, sicuramente tornerà e ci riproverà
La prima volta nelle Ardenne per Sobrero non è andata male, sicuramente tornerà e ci riproverà
Dicci.

Lui è un grande cronoman. E abbiamo visto che ASO ha reinserito la cronometro a squadre nelle sue corse. Non è da escludere che possa tornare anche al Tour de France. E’ una considerazione che in squadra abbiamo fatto nel momento in cui abbiamo scelto il suo profilo. 

Vi siete già sentiti?

Ci siamo scambiati giusto qualche messaggio, ma niente di più. Lui è in ritiro con Ganna, dovrebbe fare la Vuelta. E’ giusto che si concentri sul finale di stagione con la Jayco-AlUla. Ci sarà tempo di incontrarci e parlare, fin dal team building che ogni anno facciamo a fine stagione con i ragazzi vecchi e nuovi.

Il collezionista di maglie, Felix Grosschartner

15.08.2023
5 min
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Chiamatelo collezionista di maglie. Dopo aver vestito fino a fine giugno quella di campione austriaco, Felix Grosschartner se n’è regalata un’altra, quella di miglior scalatore europeo al San Gottardo, che probabilmente non indosserà mai in corsa, ma che ha testimoniato la sua buona condizione dopo il Tour de France.

Abituato a fare il capitano alla Bora-Hansgrohe, alla Grande Boucle di quest’anno il ventinovenne di Wels si è ritagliato il nuovo ruolo di gregario con la casacca della UAE Emirates, preziosa pedina per aiutare Tadej Pogacar e Adam Yates a salire sul podio di Parigi. Durante un giorno di meritato riposo, Felix ci ha raccontato la sua campagna francese e poi ci ha parlato dei piani futuri.

Grosschartner con Adam Yates, fresco di maglia gialla. Un selfie sul bus…
Grosschartner con Adam Yates, fresco di maglia gialla. Un selfie sul bus…
Che cosa ha voluto dire la vittoria sul San Gottardo per te?

E’ stato bello conquistare il titolo di miglior scalatore europeo, ma so bene che il livello non era esattamente quello delle gare WorldTour. Arrivare primo fa sempre piacere e mi auguro che in futuro questa corsa cresca e diventi sempre più famosa e frequentata. Comunque un po’ di pressione c’era perché io arrivavo dal Tour e c’erano tanti giovani che volevano battermi, per cui è stata una bella soddisfazione riuscire ad arrivare a braccia alzate. 

Hai ricevuto anche una maglia di miglior scalatore?

Mi hanno dato una maglia, ma non so se potrò vestirla nelle gare professionistiche. Non so se la squadra ne farà una apposta, ma al massimo mi iscriverò a qualche gara amatoriale in Austria, così potrò indossarla: da noi, infatti, ci sono i campionati nazionali per scalatori. Scherzi a parte, forse è un po’ presto ed è meglio che mi dedichi al professionismo ancora per qualche stagione.

Tornando al Tour de France, com’è stata la tua esperienza da gregario?

Era la prima volta, soprattutto al servizio di un campione come Tadej, uno dei favoriti per la vittoria finale. Il lavoro duro toccava sempre a noi o alla Jumbo-Visma, per cui bisognava sempre farsi trovare pronti. Quando corri per una squadra che non ha questi obiettivi, a volte puoi concederti un po’ di riposo, ma per i gregari di Pogacar o Vingegaard è tutta un’altra storia e devi essere sempre sul pezzo, tirare sulle salite finali e cercare di rimanere sempre tra i migliori quindici di giornata.

Soddisfatto?

È stata una bella esperienza e sono contento di aver dato il mio contributo. Alla fine non abbiamo vinto, ma ottenere un doppio podio è comunque un grande risultato. Senza dubbio, combatteremo per riprenderci la maglia gialla.

Come ci aveva anticipato a Sestriere il team manager Matxin, Yates è stato il secondo capitano, non un corridore qualunque: ci racconti la corsa da dietro le quinte?

E’ stato bello perché sia Tadej sia Adam sono due persone molto disponibili. Inoltre, entrambi sanno guidare molto bene la bicicletta e questo è fondamentale nel posizionamento all’interno del gruppo, perché significa molto meno lavoro e meno stress per noi gregari.

Ci avevi raccontato quando Tadej fosse “alla mano” negli allenamenti, ti ha stupito anche corrergli al fianco da compagno al Tour?

E’ incredibile, perché sei nella corsa ciclistica più importante al mondo, eppure con lui tutto sembra così normale. Ci sono delle tattiche, le segui e molto spesso vinci grazie a lui. 

Ci racconti il buffo team radio che ha fatto il giro del web tra tigri e coccodrilli?

Ci siamo divertiti un sacco anche noi. Se l’è inventato di sana pianta il nostro compagno danese, Mikkel Bjerg e noi abbiamo improvvisato, perché in realtà non voleva dire niente ma era solo per puro divertimento. La cosa ancor più buffa è che lui non le pianifica queste cose, ma le tira fuori all’improvviso, per cui è riuscita ancora meglio. 

L’atmosfera in squadra era altissima e si è visto come avete festeggiato il doppio podio di Parigi, sapendo tutto il lavoro che c’era dietro, corretto?

Esatto. Il morale era sempre alto, persino quando Tadej ha perso terreno sul Col de La Loze, nonostante in quel momento abbiamo realizzato che non avremmo più avuto possibilità di vincere il Tour. Tadej era dispiaciuto, ma noi siamo una squadra e l’abbiamo supportato anche in quel frangente difficile. È stata dura, ma siamo ripartiti e abbiamo imparato anche da quella situazione.

Arrivato dalla Bora, Grosschartner si è messo subito a disposizione della “causa Pogacar”
Arrivato dalla Bora, Grosschartner si è messo subito a disposizione della “causa Pogacar”
Quali sono i tuoi piani adesso?

Avrei dovuto fare la cronometro mondiale, ma non mi sentivo benissimo lunedì e martedì, così ho dato forfait. Credo che le fatiche del Delfinato e del Tour si siano fatte sentire, poi con l’ulteriore sforzo al San Gottardo. Ora farò un po’ di riposo, poi mi rimetto sotto la settimana prossima, niente Vuelta. Farò la classica del Gp di Plouay a inizio settembre, poi il Giro di Lussemburgo e qualche piccola corsa, poi chiuderò la stagione in Cina, col Tour di Guangxi, che ho già fatto due volte.

Ti vedremo al Giro d’Italia l’anno prossimo, magari con Tadej?

Chissà, non ve lo so ancora dire. Vedremo, non abbiamo ancora parlato dei programmi di squadra, tra qualche mese lo saprete. 

Quali sono i tuoi hobby quando non pedali?

Passare del tempo con la mia fidanzata, oppure giocare a golf. D’inverno, invece, mi do allo sci alpinismo: a un’oretta da casa mia ci sono tutte le montagne che voglio.  

Strade diverse in direzione Glasgow: Ballan fa il punto

31.07.2023
6 min
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Il mondiale di Glasgow, anticipato ad inizio agosto rispetto al solito, ha un dettaglio da non trascurare, ovvero quello di essere a ridosso del Tour de France. Solitamente la corsa a tappe che precede l’appuntamento iridato è La Vuelta. In Spagna si presentano grandi nomi, sì, ma non tutti i primi della classe. Alla Grande Boucle, invece, il parterre è il migliore al mondo, praticamente un mondiale di tre settimane. In Scozia Evenepoel rimetterà in palio la maglia più ambita (nella foto di apertura alla Clasica di San Sebastian), chi la indosserà?

A Glasgow, Milan correrà su pista: una scelta causata dalle fatiche accumulate al Giro e dal calendario
A Glasgow, Milan correrà su pista: una scelta causata dalle fatiche accumulate al Giro e dal calendario

Settimana compatta

Alessandro Ballan, a distanza di quindici anni, rimane l’ultimo italiano ad aver indossato l’iride. Il veneto ha dimostrato di saper vincere in questo appuntamento, ed averlo corso per tre volte gli ha dato una certa esperienza nel capire come si gestiscono certe situazioni.

«Quello di Glasgow è un percorso per corridori da classiche – dice subito Ballan – il Tour ha dato un bel preannuncio di quello che potrà essere il mondiale. Bene Van Der Poel e Van Aert, ma io ho visto in splendida forma anche Pedersen. Ci sarà sicuramente da divertirsi».

Il calendario è corto, tante prove ravvicinate, l’Italia perde Ganna e Milan vista la (quasi) concomitanza della pista.

E’ un bel mondiale perché tutti gli impegni sono raggruppati, però questo mette i cittì in difficoltà con le scelte di formazione. Sia Ganna che Milan avrebbero potuto fare una bella figura, ma i corridori che escono dal Tour hanno una marcia in più.

I due che hai nominato prima, Van Der Poel e Van Aert, si sono nascosti un po’…

Van Der Poel di più, visto che aveva il compito di fare da ultimo uomo a Philipsen. Van Aert è stato chiamato in causa spesso, anche perché la Jumbo aveva da difendere la maglia gialla. Sicuramente il belga è stato chiamato ad un lavoro di supporto. Dopo che ha cercato di vincere nelle prime tappe, si è “risparmiato”. Non ha speso come lo scorso anno, quando attaccava ovunque. 

Sembrerebbero arrivati al Tour un po’ indietro di condizione…

Può essere una tattica: lavoro per i compagni senza mettermi in mostra, così sembro meno pronto. Diciamo che hanno abbassato le aspettative, forse. Il mondiale è un obiettivo goloso per tutti, il fatto che sia a due settimane dalla fine del Tour vuol dire che questi due sono arrivati non al massimo.

Van Aert è andato a casa quattro giorni prima, per assistere alla nascita del figlio Jerome, questa cosa può influenzare la sua preparazione?

Ha avuto modo di recuperare un po’ di più, alla fine si è saltato quattro tappe, ma solo una era davvero impegnativa (quella con arrivo e Le Markstein, ndr). Di fatica poi ne ha messa comunque nelle gambe.

Solitamente chi esce da un grande Giro ha qualcosa in più, no?

Qualche anno fa era così, io e Bettini uscivamo entrambi dalla Vuelta, così come Boonen nel 2005. Ma anche Alaphilippe nel 2021 ed Evenepoel lo scorso anno arrivavano direttamente dalla Spagna. 

L’ultimo che ha vinto un mondiale senza passare da una corsa a tappe è stato Pedersen, nel 2019. 

Ci sono dei corridori che sono dei fenomeni: Evenepoel, Van Aert, Van Der Poel, Pogacar. Loro possono vincere un mondiale anche senza una preparazione adeguata. Pedersen non è un fenomeno, ma un campione sì. Ha una marcia in più rispetto agli altri, basti vedere cosa ha fatto per Ciccone. Dovesse piovere come ad Harrogate, Pedersen diventa pericolosissimo. 

Ai mondiali di Wollongong 2022, Trentin era il regista in corsa e Bettiol una delle punte. Sarà ancora così?
Ai mondiali di Wollongong 2022, Trentin era il regista in corsa e Bettiol una delle punte. Sarà ancora così?
Degli altri che ne pensi?

Mohoric ha dimostrato di essere forte, ha vinto una tappa non banale. Anche Asgreen ha dato prova della sua forza, e se avesse azzeccato il colpo di reni avrebbe vinto due tappe. I velocisti puri non li prendo in considerazione, è mondiale esplosivo, non adatto a loro. 

E di Evenepoel, campione del mondo ancora in carica, che cosa dici? 

Non ha fatto il Tour, ma ha lavorato tanto in altura qui in Italia, a Passo San Pellegrino. Farà di tutto per tenerla, il percorso si addice ai suoi attacchi da lontano, le 42 curve permetteranno a chi è davanti di fare la stessa fatica di chi è in gruppo. Dovesse fare un attacco simile a quello dello scorso anno, sarà difficile riprenderlo.

L’Italia, lo abbiamo detto prima, è senza Ganna e Milan, ma qualche risultato è arrivato. Vero, non erano tappe del Tour, ma bisogna sempre vincerle le gare…

Trentin è il nostro uomo di esperienza, al Tour ha lavorato tanto e bene, nella tappa vinta da Mohoric si è fatto vedere. Bettiol sarà il nostro uomo probabilmente, consapevoli che se è in giornata può fare una grande gara. Però di testa è altalenante, alterna alti e bassi, ma sugli appuntamenti importanti sà farsi trovare. L’anno scorso si è fatto scappare Evenepoel, quest’anno dovrà essere bravo a stargli dietro. 

Dicevamo delle vittorie, tipo quella di Bagioli su un percorso simile. 

E’ giovane e veloce, non ha tanta esperienza (anche se potrebbe arrivare al suo quarto mondiale in altrettanti anni di professionismo, ndr). Anche Battistella e Sobrero sono buoni corridori che potrebbero giocare d’anticipo. Inserire un uomo davanti, una classica “imboscata italiana” per far saltare il banco. Dovessimo riuscire a sorprendere gli altri la corsa potrebbe diventare molto interessante.

Crono col caldo e senza borraccia. Malori spiega come si fa

30.07.2023
5 min
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Si è detto tanto della crono di Combloux all’ultimo Tour de France. Dalla super prestazione di Vingegaard che ha aperto la crepa nella condizione di Pogacar, al cambio di bici, fino alla media oraria finale (oltre i 41 chilometri all’ora) considerando la salita conclusiva che portava al traguardo. Tanto, ma non abbastanza o tutto. Un particolare saltato subito all’occhio è che quasi tutti l’hanno disputata senza borraccia (in apertura Van Aert).

La prova contro il tempo misurava poco più di 22 chilometri, ovvero poco più di mezz’ora di sforzo. Tenendo conto che la classica “canicule” francese non ha mai mollato la morsa del caldo, come si può correre la crono decisiva del Tour senza avere nulla da bere? Qual è il limite che può raggiungere un atleta in gare simili senza borraccia? Queste e altre domande le abbiamo rivolte ad Adriano Malori, uno che di crono se ne intende. E come sempre, quando si parla con lui, arrivano tante risposte e considerazioni.

Malori preparava le crono bevendo tanto tra sali, zuccheri e acqua. Un litro e mezzo al mattino poi due borracce nel riscaldamento
Malori preparava le crono bevendo tanto tra sali, zuccheri e acqua. Un litro e mezzo al mattino poi due borracce nel riscaldamento

Conoscere se stessi

«Innanzitutto – premette Malori – il corridore, anzi il cronoman in questo caso, deve imparare a conoscersi. Lo fai prova dopo prova, prendendo dei riferimenti. Quando inizi a capire che atleta sei, allora riesci a capire quale sia la tua autonomia. Anzi, lo devi sapere per forza quando sei ad alto livello. Fra le tante cose che il cronoman deve sapere, ci deve essere anche quella della idratazione pre-gara. E’ una delle componenti che si somma ai watt espressi o da tenere, al restare concentrati o alla posizione.

«Vingegaard, Pogacar, Van Aert, i gemelli Yates, per citare i protagonisti del Tour, ma anche tanti altri, ormai sono abituati a fare crono senza borraccia e il suo supporto. Non lo fanno per una questione aerodinamica perché è stato provato che la presenza di una borraccia anche vuota è sempre più aerodinamica del solo porta borracce. Infatti, se ci fate caso, quando la finiscono non la buttano mai. Diciamo che non la mettono perché sanno che sarebbe una “perdita” di tempo se così possiamo dire. Quando sei in posizione e in trance agonistica, bere può farti perdere il ritmo. Ma ci sono delle distinzioni da fare».

In stagione Vingegaard ha corso quattro crono. L’unica fatta con borraccia è quella al Delfinato
In stagione Vingegaard ha corso quattro crono. L’unica fatta con borraccia è quella al Delfinato

Idratazione e adattamento

La lunghezza delle crono è un segno del tempo che passa. E quindi delle abitudini o delle predisposizioni dello specialista. Nel 2010 al primo anno da pro’, Malori ha fatto crono da 50 chilometri abbondanti sia al Delfinato che al Tour. Vingegaard e Pogacar finora si sono confrontati con crono di circa 10 chilometri in meno, tuttavia alcune cose non sono cambiate.

«Fare una crono senza borraccia – spiega il 35enne vicecampione del mondo della specialità nel 2015 – si può fare benissimo. Lo facevo spesso anch’io: non c’è un vero e proprio limite. In primavera si possono fare anche 50 minuti senza bere. Però devi averlo fatto in modo abbondante sia nei giorni precedenti sia nel giorno della crono. Devi averlo già provato nei mesi prima, non puoi improvvisare. Si sa che nelle gare a tappe il muscolo ben idratato sviluppa più potenza. Solitamente io bevevo un litro e mezzo al mattino tra acqua, sali, zuccheri e bicarbonato per prevenire i crampi. Poi due borracce un’ora e mezza prima del via durante il warm-up sui rulli: una di sali e una di acqua. I team investono molto sull’idratazione, ma succedeva anche prima. Forse adesso c’è una cassa di risonanza maggiore attraverso i social, anche perché questi sono veramente dei grandissimi campioni».

Crono “a blocco” senza borraccia. Van Aert, terzo all’arrivo e stremato, recupera subito bevendo acqua fresca
Crono “a blocco” senza borraccia. Van Aert, terzo all’arrivo e stremato, recupera subito bevendo acqua fresca

«Possiamo aggiungere altri dettagli non trascurabili», prosegue Malori. «Una delle abitudini del cronoman è il sapersi adattare a vari fattori esterni. Quello che dicevo prima vale al netto delle condizioni meteorologiche. Ovvio che bisogna vedere se fa molto caldo o che temperature ci sono state prima. Oppure se sudi molto durante il riscaldamento. Attenzione però: non bisogna esagerare con i liquidi perché poi c’è il rischio di gonfiarsi troppo. E a quel punto arriva il bisogno fisiologico. Magari ti scappa proprio quando sei già in gara e cosa fai? Oppure c’è una giornata ventosa e ti finisce in bocca un moscerino. Avere una borraccia può aiutarti a sciacquarti. Insomma bisogna vedere tante situazioni».

Crono di Combloux. Per Malori, Pogacar poteva fare la salita finale con la bici da crono evitando di perdere tempo nel cambio
Crono di Combloux. Per Malori, Pogacar poteva fare la salita finale con la bici da crono evitando di perdere tempo nel cambio

Risultato giusto

Il verdetto della crono per Malori è comunque stato giusto. Lui lo aveva previsto. E l’idratazione conta fino a un certo punto.

«Vingegaard ha vinto meritatamente – conclude – e si è certamente adattato meglio di Pogacar alle condizioni pre-crono. Quando ho visto la foto dello sloveno nel giorno di riposo che aveva un principio di herpes, ho capito che non avrebbe potuto competere con la maglia gialla. Vingegaard è più specialista di Pogacar, soprattutto tra gli scalatori. Inoltre c’è stato anche il cambio di bici, non paragonabile a quello che abbiamo visto al Monte Lussari al Giro, che aveva un percorso totalmente diverso. Pogacar è stato l’unico a farlo tra i primi della classifica. Quando fai operazioni del genere, in crono di quel tipo, perdi il ritmo, la tua muscolatura si deve riadattare ad un’altra posizione. La salita finale non era troppo lunga e dura, figuratevi se campioni come loro non sanno farla con una bici da crono. Pogacar avrebbe perso lo stesso, ma lo avrebbe fatto in un altro modo».