Oss: «Vi racconto la mia amicizia con Sagan»

06.10.2023
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Una carriera vissuta insieme. Non solo per le strade del mondo, pedalando, perché quando condividi un lavoro che è anche una passione, si sviluppano connessioni strette, quasi inaspettate che vanno al di là e allora condividi confidenze, speranze, illusioni, gioie alternate a delusioni. Peter Sagan ha deciso di lasciare il ciclismo professionistico (non l’agonismo perché il suo sogno olimpico lo ha riportato verso le radici della mountain bike) e Daniel Oss è un po’ orfano. Il trentino continua, va avanti per la sua strada portando con sé un grande bagaglio di ricordi.

La loro amicizia è di lunga data: «Ci siamo conosciuti in Liquigas, lui è arrivato nel 2010, io ero già lì da un anno. Poi ci perdemmo quando io passai alla Bmc mentre lui continuò nel team che era diventato Cannondale, ma le strade che frequentavamo erano le stesse, alle partenze non mancava mai qualche parola, poi ci siamo ritrovati insieme nel 2018 e abbiamo continuato. Non capita spesso che due carriere procedano spedite di pari passo con l’amicizia, è qualche cosa che il ciclismo ha saputo regalarci».

Lo slovacco ai mondiali di Mtb 2023. Ora si dedicherà alla mountain bike puntando ai Giochi di Parigi
Lo slovacco ai mondiali di Mtb 2023. Ora si dedicherà alla mountain bike puntando ai Giochi di Parigi
Che cosa vi unisce?

Tanto. Diciamo che siamo ciclisticamente compatibili: ci piacevano le classiche prima di tutto, poi avevamo le stesse idee sulla gestione delle gare, anche fisicamente essendo entrambi abbastanza possenti ci trovavamo bene a collaborare, io potevo tirarlo nelle volate evitandogli di prendere aria, potevo risolvere alcune situazioni in gruppo per fargli trovare la posizione più favorevole.

Ma ciclismo a parte?

Siamo simili anche nella vita, abbiamo una mentalità da velocisti. Io dico sempre che un velocista e uno scalatore sono molto diversi non solo in gara, ma anche come approccio alla stessa quotidianità. A me e Peter piace la stessa musica, cii troviamo d’accordo su molte cose. Non su tutto, abbiamo avuto anche noi i nostri confronti, ma in un’amicizia ci stanno. Un amico è anche chi al momento che serve ti mette davanti alla realtà nuda e cruda e noi l’abbiamo sempre fatto. Ma c’è anche altro…

Lo slovacco con Oss, suo compagno per tanti anni, cementando un’amicizia profonda
Lo slovacco con Oss, suo compagno per tanti anni, cementando un’amicizia profonda
Che cosa?

Abbiamo sempre cercato di sdrammatizzare. Il ciclismo è importante, è il nostro lavoro, ma in fin dei conti è una gara, finita quella ce ne sarà un’altra, quindi diamo il giusto valore a vittorie e sconfitte. Questo non significa non essere professionali, anzi. C’era il momento per scherzare e il momento per applicarsi con tutto se stesso, su questo Peter è sempre stato molto intransigente, ma cercavamo di affrontare tutto col sorriso, non per niente il suo motto è sempre stato “why so serious?”.

La sensazione è che il suo modo di essere, forse anche guascone in certi frangenti, sia servito a cambiare il ciclismo, che oggi è profondamente diverso da quello dei vostri inizi…

La sua filosofia positiva è sicuramente servita. Prima si parlava solo di ciclismo eroico, con stereotipi vecchi e che non erano più legati così strettamente all’attualità. Noi abbiamo dato un segno di cambiamento. Sagan ha capito che si poteva essere al top dando un’immagine diversa, d’altro canto ha subito intuito di essere un personaggio che faceva breccia, sia esteticamente che con il suo fare. Questo ha contribuito a dare una svolta, a mostrare l’immagine di gente che non solo fatica, ma si diverte anche.

Sagan è stato iridato junior di mtb, disciplina nella quale meglio esprime la sua estrosità
Sagan è stato iridato junior di mtb, disciplina nella quale meglio esprime la sua estrosità
Quanto hanno contribuito i social in tutto ciò?

Enormemente, sono stati lo strumento, ma è stato bravo lui a saperli usare nel modo giusto. La gente vedeva gli spot, i suoi passaggi in tv mai banali, magari sempre con qualche battuta. E’ sempre stato una star, ma Sagan ha anche saputo usare i social per dare risalto a chi era con lui: sponsor, collaboratori, compagni, anche particolari vicende. Poi però il ciclismo ha preso una via sua, diversa da quella che intendiamo noi.

In che senso?

Molti uniscono Sagan alle generazioni attuali, ma non è così. Oggi c’è una concentrazione massima, una pressione enorme, quel disincanto è andato un po’ perdendosi nei campioni di oggi, quasi meccanici nel loro agire. E’ una metodica portata allo stremo a scapito di quella goliardia che faceva bene a questo sport. Forse Pogacar con la sua leggerezza nell’affrontare ogni gara, magari anche col proposito di vincere sempre è quello più vicino al suo e nostro modo di essere.

L’ultimo dei mondiali vinti da Sagan, nel 2017 battendo in volata Kristoff
L’ultimo dei mondiali vinti da Sagan, nel 2017 battendo in volata Kristoff
C’è però da chiedersi se questi suoi ultimi anni, soprattutto il periodo alla TotalEnegies, li abbia vissuti con la consapevolezza di un lento tramonto agonistico…

Tutti sappiamo che prima o poi si va verso la fine di questa bellissima parentesi che però è sempre tale. Sagan è stato per almeno una dozzina d’anni sulla cresta dell’onda, i campioni di oggi, i Van Aert e Van Der Poel li ha battuti. E’ attraverso di lui che il ciclismo ha vissuto un cambio generazionale. E’ un decorso naturale, che porta il fisico a non dare più le risposte di prima ma anche al venir meno delle motivazioni. Peter non si è mai tirato indietro, non ha mai smesso di onorare i contratti che firmava, l’impegno è sempre stato massimo, ma certamente non poteva più garantire i risultati di prima.

Fa un certo effetto vedere che nella sua ultima gara, il Tour de Vendée, abbia tirato la volata a Dujardin…

Io ci vedo qualcosa di romantico, è una bella immagine. Sagan si è sempre fatto in quattro per gli altri, il suo gesto è un po’ un passaggio di consegne verso le nuove generazioni, ma fa parte del suo essere. Non potrò mai dimenticare il mondiale del 2018, quando si presentò sul palco davanti a Valverde che aveva vinto per stringergli la mano: «Te la presto – riferendosi alla maglia – ricordati che la rivoglio indietro». E’ un personaggio sempre, che sa anche darsi alla gente. Non ricordo un posto dove siamo stati, nel mondo intero, dove qualcuno non sia venuto per un autografo, un selfie, un semplice saluto e lui non dice mai di no.

L’immagine del bellissimo post che l’Uci ha pubblicato per riassumere la lunga carriera di Sagan
L’immagine del bellissimo post che l’Uci ha pubblicato per riassumere la lunga carriera di Sagan
La vostra è un’amicizia che va al di là del ciclismo?

Sicuramente, conosco tutti i suoi fratelli, la famiglia. Abitiamo molto lontani, lui si divide fra Montecarlo e Zilina, la sua città. Poi sinceramente quando condividi una stagione intera, stesse strade, stesse camere d’hotel, quando stacchi vuoi stare con la tua famiglia. Ora magari avremo occasione per vederci fuori corsa, magari condividere qualche vacanza con le nostre famiglie. La nostra amicizia rimarrà al di fuori del ciclismo e magari neanche ne parleremo più.

Le scelte di Sagan per l’ultima sfida sui Muri

01.04.2023
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L’hotel della TotalEnergies si trova dieci minuti fuori dal paese di Kortrijk, lontano dalla folla e dallo stress del Giro delle Fiandre. Dalla strada si vede un mulino antico, costruito con mattoni bianchi, le sue pale di legno sono attente guardiane dell’ingresso. E’ venerdì pomeriggio, Peter Sagan è atterrato poche ore prima a Lille ed è appena arrivato in hotel, il tempo di qualche massaggio e poi la cena con i compagni di squadra.

L’attacco manubrio di Sagan è estremamente pronunciato, alla ricerca della massima posizione aerodinamica
L’attacco manubrio di Sagan è estremamente pronunciato, alla ricerca della massima posizione aerodinamica

L’ultimo Fiandre

Per il campione slovacco si tratta dell’ultimo giro sui muri delle Fiandre, che ha domato nel 2016 davanti a Cancellara e Vanmarcke. Come affronterà questa sua ultima danza sui muri? Quali saranno le scelte tecniche fatte dal tre volte campione del mondo? Saliamo sul camion dei meccanici e Jan Valach, diesse di riferimento di Peter, ci illustra le scelte tecniche sulla Specialized Tarmac dello slovacco, molto simile a quella già utilizzata alla Gand-Wevelgem (foto in apertura)

«Sagan – ci racconta – ha un fisico particolare, con un busto molto lungo e le gambe, invece, più corte. Infatti se guardate la sua bici ha una distanza sella manubrio sproporzionata rispetto a quella tra sella e movimento centrale. Anche l’attacco manubrio è pronunciato, per andare alla ricerca della massima aerodinamicità».

La scelta dei rapporti

Avevamo già parlato delle nuove scelte legate alla corona anteriore, il numero di denti aumenta, quasi in proporzione alle medie di gara sempre maggiori. Anche in una corsa dura come il Fiandre la tendenza è la stessa. 

«Davanti – riprende Valach – monterà il 54-39, nella prima parte completamente pianeggiante le velocità saranno già alte. Per quanto riguarda la moltiplica più piccola si è deciso di montare il 39 perché gli sforzi che bisogna fare sui muri sono brevi ed intensi. Scegliere il 36 sarebbe stato controproducente. Il pacco pignone del Dura Ace a undici velocità va dall’11 al 30, per un discorso di sviluppo metrico penso proprio che la più corta delle combinazioni usate sarà 39×27. Arrivare ad usare il 30 vorrebbe dire salire troppo agile, non riuscendo ad imprimere così la giusta forza sui pedali».

Ruote e tubeless

Uno dei dettagli che si notano anche ad occhio nudo sulla bici di Sagan è la scelta delle ruote: particolare. 

«Per la ruota anteriore – racconta il diesse – la scelta è andata verso un profilo da 50 millimetri, con una conformazione del profilo più piatta. Una caratteristica studiata per avere un miglior flusso d’aria ed una maggior efficienza aerodinamica. Al posteriore, invece, il profilo è da 55 millimetri ed il cerchio ha una forma più tonda. Questo perché la forza della pedalata viene scaricata tutta lì, serve quindi tanta rigidità per non perdere nemmeno un watt.

«La scelta dei copertoni – conclude – è andata verso dei tubeless con sezione da 28 millimetri. Per la pressione dovremo vedere a seconda del meteo, ma con gara asciutta dovremmo rimanere intorno ai 5,0 bar».

Ritorno al WorldTour, Bonifazio prepara nuove battaglie

22.12.2022
5 min
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Certe volte la vita ti propone cambi improvvisi che quasi non ti aspetti. Niccolò Bonifazio fa la sua rentrée nel WorldTour nelle file dell’Intermarché e per un corridore di 29 anni non è cosa da poco, soprattutto considerando che non stiamo parlando di un ciclista chiamato solo a lavori oscuri, ma di uno sprinter che nel corso della sua carriera era abituato a vincere, ma che negli ultimi due anni era un po’ passato in secondo piano. In altri ambiti si rischiava una retrocessione, il ligure invece approda in “prima divisione”, per prestigio acquisito ma anche per forza di carattere.

Il suo cambio è piuttosto recente, anche se i contatti tra il suo manager (è seguito da Alex Carera) e il team belga erano cominciati già in estate: «Le trattative sono andate per le lunghe e col passare delle settimane vedevo che il gruppo di corridori senza contratto si assottigliava. Sono comunque rimasto tranquillo, sapevo che alla fine tutto si sarebbe risolto e ora sono pronto a ripartire».

Nel 2022 una sola vittoria in carniere, alla Route d’Occitanie
Nel 2022 una sola vittoria in carniere, alla Route d’Occitanie
Con la TotalEnergies si parlava di una tua riconferma?

No, non mi è mai stata proposta, così mi sono messo a cercare con un po’ di anticipo perché sapevo che non c’era più posto. L’esperienza nella squadra è nel complesso positiva, anche se i primi due anni sono stati i migliori, quelli nei quali avevo anche molte occasioni di correre nel WorldTour e mi pare di essermela sempre cavata bene, vedi la vittoria di tappa alla Parigi-Nizza 2020. Le ultime due annate invece ho gareggiato sempre nelle gare di seconda fascia, sinceramente non so neanche il perché e non l’ho capito, ma ormai è parte del passato.

Cambia molto il discorso fra i due ambiti di competizione?

Enormemente. Le seconde sono gare tipicamente franco-belghe, dove si va sempre all’arrembaggio, si corre a tutta, a me quel tipo di corse non va molto a genio. Nel WorldTour è tutto un po’ più canonico, c’è molto lavoro di squadra. Io credo di avere maggior chance per emergere in un contesto simile, con un team che possa supportarmi e all’Intermarché c’è davvero tutto per poterlo fare.

All’Intermarché il ligure non sarà il solo italiano e questo ha pesato nella scelta
All’Intermarché il ligure non sarà il solo italiano e questo ha pesato nella scelta
Ti sei fatto un’idea di che cosa è cambiato in questi due anni?

Diciamo che ho pagato un caro prezzo al Covid: quando è scoppiata la pandemia, io ero in una grande condizione, avevo iniziato la stagione in maniera notevole con due vittorie internazionali, poi lo stop mi ha tarpato le ali e da lì sono iniziati i problemi. Non che il 2022 sia stato negativo, in fin dei conti una vittoria è arrivata e cinque top 10 sono il contorno. Ma era necessario un cambiamento, io voglio riannodare quel filo idealmente legato a prima di marzo 2020.

Con la nuova squadra avete già parlato di programmi, tattiche, ruoli?

Per ora ancora no, non c’è stato tempo, ci siamo concentrati sul nuovo materiale. Per fortuna non ci sono grandi cambiamenti, ma chiaramente la bici è nuova e servono aggiustamenti, che poi le verifiche davvero utili le puoi fare solamente in corsa, quindi è un vero work in progress. Di tattica avremo tempo per parlare nel ritiro di gennaio.

In azzurro al Laigueglia. Visto il mondiale 2023, è lecito farci un pensierino…
In azzurro al Laigueglia. Visto il mondiale 2023, è lecito farci un pensierino…
Finora che impressione hai avuto?

Ottima, ho ritrovato corridori con i quali avevo già condiviso l’esperienza nei primi due anni alla TotalEnergies, ma nel complesso ho scoperto una squadra molto motivata, quasi gasata dai risultati delle ultime stagioni. C’è un ambiente molto positivo e questo mi dà fiducia, tanto è vero che ho iniziato subito forte con gli allenamenti. Voglio partire nella maniera giusta, farmi trovare subito pronto sin dalle prime gare di febbraio.

Ti sei posto qualche obiettivo?

Per me “la gara” resta sempre la Milano-Sanremo. Nelle ultime edizioni non sono mai riuscito a scollinare con i primi per pochissimo, perdendo il treno proprio nelle ultime battute del Poggio. Voglio arrivarci con la gamba giusta per essere della partita.

Tra l’altro tu sei imperiese, quelle strade le conoscerai benissimo…

Vuoi sapere quante volte ho affrontato quella salita? Almeno 3 mila… La conosco a memoria e so che la differenza la fanno minimi dettagli. Per me quella salita è un cruccio che voglio risolvere, poi sarà la gara a dire chi sarà l’uomo su cui puntare, se io o Girmay.

La vittoria alla Tropicale Amissa Bongo del 2019. Dietro c’è anche Girmay (foto G.Demoureaux)
La vittoria alla Tropicale Amissa Bongo del 2019. Dietro c’è anche Girmay (foto G.Demoureaux)
Conosci già il campione eritreo?

Sì, dal Giro del Gabon dove vinsi nel 2019. Dissi subito che quel ragazzino sarebbe approdato nel WorldTour e la storia dice che avevo visto lungo. Anzi è diventato un campione. Dovremo trovare il giusto amalgama, ma non ci sarà problema, l’importante è sempre correre per la squadra.

Tu resti all’estero passando da un team francese a uno belga, ma nella realtà all’Intermarché trovi un buon gruppo di italiani…

La cosa mi fa particolarmente piacere, poter correre con Rota, Petilli, trovare anche un direttore sportivo esperto come Piva… Non nascondo che tornare a parlare un po’ d’italiano non mi dispiace dopo anni vissuti in Francia. Ora che sono nel WorldTour voglio rimanerci e fare tante battaglie. Dimostrare che in questi anni di permanenza all’estero, in un rango inferiore, ho comunque imparato qualcosa…

Strada vs gravel: approccio e guida. Parola a Oss

15.10.2022
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Giusto ieri si è corsa la Serenissima Gravel. C’è stato l’esordio del campione del mondo Gianni Vermeesch, ma non c’era il vice: Daniel Oss. “Danielone” è già proiettato verso il il 2023. Visite mediche, test… e non vi ha potuto prendere parte suo malgrado.

Con l’atleta della TotalEnergies torniamo sui dettagli tecnici di questa specialità di cui tanto si è parlato e tanto riscuote curiosità, soprattutto per quel che potrà essere. Chiara Teocchi ha tirato in ballo persino le Olimpiadi. Con Oss però cerchiamo soprattutto di fare un paragone tecnico con la strada.

Daniel, partiamo dalle tue sensazioni: cosa ti è parso di questo evento e di questa disciplina?

Sono stato contento di esserci. Avevo la curiosità di vedere questa aria nuova che veniva dagli Stati Uniti. Non sapevamo se era un’avventura o una gara vera… alla fine è stata una gara vera.

Quale è stato il tuo approccio?

L’ho presa con serietà, ma al tempo stesso con quella leggerezza di quando non sai ancora bene dove vai. Era tutto nuovo. E così anche quella voglia di attaccare. Dopo aver visionato il percorso, il background da stradista, mi ha consigliato di stare davanti. E per stare avanti devi “menare”. Anche alla partenza è stato particolare. Non avevamo i bus, eravamo tutti mischiati. Non si sapeva se scaldarci o no… Per non parlare dell’arrivo: pazzesco! Tutta quella gente, un grande seguito… E a Cittadella c’era il delirio. Ci sarà un bel futuro, è stata una figata! Molto bello anche l’ambiente della nazionale con questo mix di giovani, biker, stradisti…

Tu avevi fatto anche delle esperienze in America…

Sì e infatti è stato ben diverso da un gravel tipo Unbound da 400 chilometri. Quella è più un’avventura che una gara. Alla fine è gravel, ma oggi chi può dire cos’è il gravel?

Che tipo di sforzo è stato?

Direi molto somigliante ad una Strade Bianche o a una Roubaix. Non avevo il power meter, ma parlando con Vermeesch e facendo un piccolo confronto con i suoi dati adattati al mio peso, dovrei essere stato sui 330-340 watt di potenza media (non normalizzata). Quindi li paragono a percorsi “facili” dal punto di vista altimetrico, ma più difficili tecnicamente: una curva su un prato, sul ghiaino, sui sassi. E poi cambia la pedalata in gruppo.

Cioè?

Devi spingere sempre, se c’è vento non stai a ruota facilmente, non crei i ventagli… Anche una rampa in più non sarebbe servita a molto vista la selezione che c’è stata. Noi siamo andati via tra due o tre ponticelli, un paio di cambi di direzione e siamo riusciti a scappare. Poi mettiamoci anche che correndo per nazionali e non per squadre questa dinamica diventava più appetibile.

Certo, organizzare un gioco di squadra era più complicato… E da lì all’arrivo?

Alla fine prendere il via ad una corsa WorldTour o della Coppa di Francia non è meno faticoso, anzi… Fare 330 watt per cinque ore a 37 e passa di media in due su quel fondo vi assicuro che non è stato un gioco.

Che rapporti avevi?

Avevo il 53-39, un filo più corto di quanto ormai siamo abituati su strada. Il 54 è la normalità, ma al Saudi Tour viste le velocità ho montato il 56 e in qualche altra occasione il 55. Al mondiale gravel avevo la classica guarnitura 53-39 e 11-28 al posteriore. E andavano bene. Le rampe iniziali erano dure. Lì ho usato il 39×25, se fosse stato su asfalto avrei usato un 39×19. Ma tornando al discorso dello sforzo, bisogna valutare anche le ruote.

Spiegaci meglio…

Avevo le Roval Rapid alte, ma non c’erano coperture tubeless da 28 millimetri, bensì da 32 millimetri che non sono così leggere, devi spingere per fare velocità. Noi andavamo a 45 all’ora, ogni tano dopo qualche rilancio si toccavano i 50. A quelle velocità con un 53×11 sei sulle 100 rpm e non ti imballi, ma devi spingere appunto.

Stare a ruota è importante come su strada?

Se sei secondo, massimo il terzo, sì, altrimenti diventa un bel problema. Ad uscita di curva già se sei il decimo della fila ti ritrovi con 10” perché c’è chi frena di più, chi sbaglia traiettoria… Anche i tempi di visualizzazione della curva sono diversi. Non è facile a spiegare. Su strada ti metti a ruota, più vicino possibile e vai. Sullo sdrucciolevole non puoi farlo. Per noi stradisti sono dinamiche tutte nuove. E quindi anche se non ci sono salite bastano poche curve che si creano dei gruppetti. Poi magari rientri, ma spendi tanto.

Hai utilizzato una Specialized Roubaix, bici da strada che meglio digerisce i terreni più accidentati, hai tuttavia toccato qualcosa per quanto riguarda le misure?

No, erano esattamente quelle che avevo su strada. L’unica differenza, come detto, erano le gomme. Ho utilizzato un tubeless Pathfinder da 32 millimetri con il “salsicciotto”, gonfiate a 4,2 bar all’anteriore e 4,4 al posteriore.

Parecchio!

Sì, ho pompato bene perché comunque bisognava far scorrere la bici. Preferivo perdere qualcosina nelle curve sdrucciolevoli, ma avere una bici più scorrevole nei lunghi rettilinei.

Dall’Occitania arriva un Bonifazio affamato di vittorie

23.06.2022
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La vittoria di domenica, nell’ultima tappa del La Route d’Occitanie, ha rimesso un po’ le cose a posto per Niccolò Bonifazio. Soprattutto ha messo ordine in mezzo a tanti pensieri scaturiti da una prima parte di stagione che non era andata come voleva per mille motivi e soprattutto gli ha restituito quella convinzione in se stesso della quale aveva un forte bisogno.

In quegli attimi, seguenti la volata di Auterive, il portacolori della TotalEnergies ha rivissuto tutto quel che è avvenuto in questo anno piuttosto particolare: «Non saprei neanche come giudicarlo, perché da una parte in certi momenti sentivo di andare davvero forte, ma dall’altra è stato forse l’anno più sfortunato che ho vissuto da quando sono professionista. Fare appena una decina di giorni di gare da inizio aprile non è da me e non mi aiuta di certo».

Bonifazio Occitania
La grinta di Bonifazio nella volata di Auterive, dove ha preceduto Moschetti
Bonifazio Occitania
La grinta di Bonifazio nella volata di Auterive, dove ha preceduto Moschetti
Che cosa ti è accaduto?

Come tanti altri sono stato vittima di una bronchite, presa probabilmente alla Parigi-Nizza che mi ha tenuto compagnia per un paio di mesi. Non riuscivo a venirne fuori, influiva sulla respirazione e mi dava problemi. C’è voluto tempo, ma pian piano è passata e alla fine anche le prestazioni hanno iniziato a migliorare.

Ti eri fermato in questa primavera priva di molti impegni?

No, non sono tipo da restare con le mani in mano, sono uno che si allena molto. Ho curato la preparazione in maniera assidua, forse ancora più che in passato, ma allenarsi non ti dà la perfetta misura del tuo valore, come anche non aver occasione di confrontarsi con i migliori. Ho avuto poche occasioni per gareggiare al massimo livello e questo influisce.

Quando hai sentito che stavi per tornare il Bonifazio che volevi?

Diciamo che già a maggio le cose cominciavano a girare nel verso giusto. Al Circuito di Vallonia ero finito quarto perché mi era sfuggita la fuga giusta, altrimenti potevo essere già a cantar vittoria. Comunque nelle tre gare prima de La Route d’Occitanie non ero uscito oltre il 15° posto, sentivo che le gambe giravano bene e che era solo questione di tempo.

Bonifazio bronchite 2022
Il piemontese alla Parigi-Nizza: dalla corsa francese è uscito come altri con la bronchite
Bonifazio bronchite 2022
Il piemontese alla Parigi-Nizza: dalla corsa francese è uscito come altri con la bronchite
La tua ultima vittoria risaliva all’agosto scorso: ti stava pesando questa lunga astinenza?

Non tanto, perché non ho mai perso la consapevolezza del mio valore. Purtroppo non ho avuto tante occasioni per gareggiare. E’ stato davvero un anno sfortunato e l’ho capito subito, dalla prima gara, la Clasica Comunitat Valenciana quando sono caduto in volata mentre mi stavo giocando la vittoria. Magari quell’astinenza sarebbe stata molto più breve e qui staremmo a parlare di una stagione ben diversa. Certe cose le avverti subito: da lì è stata tutta una serie di cadute di catena, forature, ventagli, insomma non ne andava una giusta, se poi si aggiunge la bronchite, ecco che il quadro è completo.

Parlavi anche di un calendario di gare che non ti ha favorito…

Ho sempre fatto gare di secondo piano, a parte Parigi-Nizza e Milano-Sanremo e questo non favorisce il raggiungimento della miglior condizione: come faccio a competere con gente come Démare se non posso affrontarla con continuità? E’ solo attraverso di quella che crescono la consapevolezza delle proprie possibilità e le chance di battere corridori così forti. All’ultima gara in Francia per fortuna c’erano corridori e squadre forti, chi in preparazione del Tour e chi del campionato nazionale e la vittoria di domenica mi ha dato nuova carica proprio per questo.

A proposito di Tour, sei nella squadra?

A quel che so, no. Sono dirottato su altre gare e ciò non mi favorisce. Rispetto allo scorso anno non cambia nulla e questo sinceramente mi fa strano.

Bonifazio Scherens 2021
L’ultima vittoria del cuneese risaliva all’ultimo Ferragosto, al GP Scherens
Bonifazio Scherens 2021
L’ultima vittoria del cuneese risaliva all’ultimo Ferragosto, al GP Scherens
Nel team ti trovi bene?

Sì, è un bell’ambiente e non mi fanno mancare nulla, è solo la programmazione che mi lascia un po’ perplesso. Sappiamo le gare da fare mese per mese e questo certo non aiuta a prepararsi e farsi trovare pronti quando c’è l’evento importante. In fin dei conti i risultati li ho sempre portati a casa.

Il tuo contratto scade a fine stagione?

Sì, ancora non so che cosa farò, sinceramente non voglio neanche pensarci. Dalla squadra non mi sono arrivati segnali, ma neanche in negativo, quindi per ora mi concentro su quel che c’è da fare e poi si vedrà. A me comunque non dispiacerebbe continuare l’esperienza, anche perché stare all’estero non è un problema, sono uno comunicativo che si adatta bene ovunque.

Bonifazio Laigueglia 2022
Niccolò in azzurro all’ultimo Trofeo Laigueglia: troverà spazio, magari agli Europei?
Bonifazio Laigueglia 2022
Niccolò in azzurro all’ultimo Trofeo Laigueglia: troverà spazio, magari agli Europei?
Quali sono ora i tuoi obiettivi?

Io guardo a domenica, al campionato italiano che ha un percorso adatto a me e dove voglio far bene. La gamba c’è e domenica scorsa l’ho dimostrato, ho tutto per emergere e voglio farlo.

Correre da isolato non ti pesa?

L’ho fatto tante volte, non è un problema. Vorrà dire che mi appoggerò agli altri come facevo quand’ero dilettante. L’importante è saper cogliere il momento giusto e capire come la corsa si evolverà.

Hai un sogno nel cassetto?

Semplice: vincere domenica!

Turgis, l’anno giusto per capire quanto vale

21.03.2022
4 min
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«Eravamo venuti per vincere – ha detto Anthony Turgis prima di salire sul pullman della TotalEnergiesquando vedi che la vittoria è a portata di mano e nelle gambe, è un po’ frustrante lasciarla andare. E’ stata anche una giornata molto buona, non bisogna vedere solo il negativo. Questo fa ben sperare per il futuro. La corsa è andata molto velocemente, in cima alla Cipressa eravamo più di quaranta corridori, sapevo che sarebbe stata molto dura. Avevo due compagni con me, perché sapevamo che il posizionamento era molto importante. Quando ho visto Mohoric attaccare, ho pensato che gli altri non avrebbero lasciato troppo spazio. Invece ai piedi della discesa erano un po’ fermi…».

Sul podio un Turgis affranto, rivedendo il finale e cosa avrebbe potuto fare in modo diverso
Sul podio un Turgis affranto, rivedendo il finale e cosa avrebbe potuto fare in modo diverso

Sagan, pro e contro

Eterno secondo oppure eterna promessa? Il francese della TotalEnergies non è nuovo al gesto del pugno sul manubrio, come già accaduto alla Sanremo. Nel 2019 celebrò così il piazzamento dietro Van der Poel alla Dwars door Vlaanderen, in una lunga lista di risultati a un passo dalla gloria. A 27 anni tutto può ancora cambiare, ma forse così vicino al grande risultato come in via Roma non c’era mai arrivato.

Chi è dunque il compagno di Sagan che ha conquistato il secondo posto alla Sanremo? Quando lo slovacco si è fermato per un problema meccanico prima dell’attacco della Cipressa, chi avrebbe immaginato che la squadra avesse qualcun altro su cui puntare?

Invece l’aria che si respirava nella zona dei pullman era più vicina alla delusione che alla sorpresa. Dopo il quarto posto nel Fiandre del 2020, battuto da Kristoff nella volata per il podio alle spalle Van der Poel e Van Aert, il secondo posto di Sanremo brucia molto di più, ma forse dà la misura del talento e indicherà la strada.

«Quando ho saputo che Sagan avrebbe firmato con noi – racconta Turgis – ho fatto l’elenco dei pro e i contro e ho subito visto che avevo molti vantaggi da trarne. La sua esperienza. Le Specialized che fanno davvero la differenza. E ho capito di dover smettere di porre barriere fra me e certi risultati. Si può provare, almeno…».

Turgis assieme a Sagan, Boasson Hagen e Bonifazio durante il ritiro di gennaio (foto TotalEnergies)
Turgis assieme a Sagan durante il ritiro di gennaio (foto TotalEnergies)

A portata di mano

Il pugno sul manubrio dopo il traguardo è stato la risposta a questa nuova consapevolezza. Va bene esultare per il secondo posto, ma la sensazione è che il capolavoro di Mohoric, oltre alla discesa da kamikaze, sia stato quello di aver scelto il tempo in modo che i contendenti dovessero scegliere fra vincere e perdere. Sapendo che chiunque avesse tirato per chiudere sullo sloveno, avrebbe consegnato la vittoria a un altro.

«Negli ultimi metri – ha confermato Turgis – ho visto la vittoria da vicino, più vicino che mai in effetti e ho avuto quel moto di rabbia perché ho capito che davvero avrei potuto vincere. Ancora una volta la Cipressa è stata fondamentale ed ha eliminato buona parte dei velocisti. Lo scenario si è messo come avevamo programmato venerdì sera. Sul Poggio ci sarebbe stata tanta gente, tutti i big, ma questo non doveva essere un problema come l’anno scorso, quando mi trovai con le gambe bloccate. Alla fine, ho aspettato il più a lungo possibile per uscire dal gruppo, non potevo muovermi prima senza che venissero a prendermi. E quando Mohoric ha tagliato il traguardo, stavo per prenderlo. Non mancava niente…».

Turgis sa bene cosa significhi arrivare a un passo dalla vittoria. Qui alla Dwars door Vlaanderen 2019 con Van der Poel
Turgis sa bene cosa significhi arrivare a un passo dalla vittoria. Qui alla Dwars door Vlaanderen 2019 con Van der Poel

Il quinto assalto

Anche per lui, che ha 27 anni e non vince dal 2019 (da under 23 si era portato a casa la Liegi-Bastogne-Liegi), l’avvicinamento non è stato dei migliori.

«Mi ero ritirato dalla Parigi-Nizza il venerdì sera – ha raccontato – a causa di problemi digestivi e bronchite, il virus che nelle ultime settimane ha causato tanti abbandoni. Ho passato dei giorni complicati, con l’impressione di non avere gambe, che le mie forze stessero andando via. Ho fatto la prima uscita mercoledì, cinque ore in bicicletta intorno a casa mia e sono tornato esausto. Solo venerdì ho sentito che le cose stavano migliorando. Era la mia quinta Milano-Sanremo, sapevo che si sarebbe giocata negli ultimi 30-40 chilometri e che avrei resistito».

Forse tornerà e riuscirà a vincerla, forse non la vincerà mai: l’elenco dei corridori che sono arrivati a sfiorarla è lunghissimo. La sfida è rinviata al prossimo anno, il suo diesse Lebreton ha raccontato a L’Equipe che Turgis ha finalmente smesso di porsi limiti. Ma se alla fine del viaggio via Roma non lo vedrà sul gradino più alto, il racconto di questo secondo posto cambierà sapore e col tempo acquisterà dolcezza.

Sagan è in ritardo: «Ma dalla Tirreno sarà un’altra musica»

27.02.2022
4 min
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Si parlava con Daniel Oss, giusto ieri alla partenza della Het Nieuwsblad, quando alle sue spalle è arrivato Sagan, reduce da un’altra raffica di interviste.

«Bello – stava dicendo il trentino – è la prima volta che entro nel velodromo di Gand. Con Liquigas, BMC e Bora, siamo sempre stati fuori. Nelle prime corse quassù c’è sempre quell’ansietta da prima gara. Per quanto possano essere andate bene le prime, questa è quella in cui tiri la linea. Che vuol dire tutto e anche niente. Se va bene o male, cambia poco. Ma se va bene, parti con più morale. Il materiale è lo stesso dell’anno scorso, ricognizioni non servono granché. Ne abbiamo fatta una in Francia sul pavé del Tour e qualche test per i nuovi tubeless, per le pressioni principalmente».

Poi Daniel s’è voltato e, avendo visto Peter, l’ha apostrofato sul suo avere sempre fretta. Poi ridendo è sparito verso il pullman. Mancava mezz’ora alla partenza, bello poter fare tutto con calma. Sagan intanto si guardava intorno. Col senno di poi possiamo dire che la corsa non sia andata un granché. Ma avendo ripreso il Covid e perso il secondo ritiro, con il solo Tour du Haut Var nelle gambe, sarebbe stato ingeneroso aspettarsi di più. Una cosa è certa: Peter è super esigente con se stesso, le sconfitte non gli vanno proprio giù…

Assieme a Oss all’Haut Var: i due corrono insieme da anni
Assieme a Oss all’Haut Var: i due corrono insieme da anni
Come stai?

Bene

Torni sulle tue strade…

E’ buono essere qui e ricordarsi le strade, perché tutto il Belgio corriamo in questi posti.

Che cosa ti è parso della presentazione con tanto pubblico?

Passi quei due minuti sul palco (sorride, ndr), ma per noi non è importante quello.

Ti stai abituando alla nuova squadra?

E’ un buon gruppo di persone, la squadra funziona bene. E avendo attorno le persone giuste, è comodo, prendi i ritmi subito.

Che cosa significa che funziona bene?

All’Haut Var ho visto che tutto è organizzato professionalmente, allo stesso livello del WorldTour. E’ un bel gruppo, peccato che non ho potuto passare molto tempo con i compagni di squadra.

Dopo la presentazione dei team, il canonico giro delle interviste
Dopo la presentazione dei team, il canonico giro delle interviste
E’ stato pesante il Covid stavolta?

Molto meglio della prima volta. Ho un po’ penato per tre giorni e dopo una decina ero di nuovo in sella. Però ero indietro, così sono andato con mio fratello a Gran Canaria e abbiamo fatto il nostro ritiro.

Le persone giuste attorno a te…

Oss, Bodnar, mio fratello. Il meccanico e il massaggiatore. Il direttore sportivo. L’addetto stampa (dice ammiccando verso Gabriele Uboldi, ndr). Si fa prima ad adattarsi. Servono anni per creare fiducia l’uno con l’altro. Ed è bello avere un gruppo fisso di persone intorno a te, anche quando cambi squadra. Ti aiutano a integrarti in un nuovo gruppo.

E’ vero che la Quick Step non ti ha voluto proprio a causa del gruppo?

Lefevere ha iniziato a parlare del “gruppo di Peter”. Ma non è il mio gruppo, non possiedo le persone, le voglio solo intorno a me. Penso che sia importante avere il proprio massaggiatore e il meccanico. Negli anni, alcuni hanno provato a cambiare la mia posizione in bici e ogni volta è stato uno stress. Adesso sono sette anni che non la tocco e questo è un grande passo avanti. E poi le persone del mio gruppo non lavorano solo con me e per me. Fanno quello che chiede loro la squadra. Come era alla Bora, così è alla TotalEnergies.

Sul Muur, Ssgan era in ritardo, ma già prima aveva avuto qualche problema tecnico
Sul Muur, Ssgan era in ritardo, ma già prima aveva avuto qualche problema tecnico
Però il tuo protetto Martin Svrcek, che ora corre alla Biesse Carrera, andrà alla Quick Step.

Gli ho consigliato io di firmare, per il cacciatore di classiche che può diventare. Sono contento che lo abbiano preso. Quando videro me per la prima volta, da junior, mi dissero che mi avrebbero seguito e invece sparirono. Forse perché mi chiamavo già Peter Sagan, ma non ero ancora Peter Sagan.

Sei sempre molto esigente con te stesso?

Chi te lo ha detto?

Non sembri uno che si accontenta…

Bisogna, dipende dai momenti. Per andare forte si deve fare così…

Com’è la gamba?

Buona, devo crescere. La mia vera stagione comincerà dalla Tirreno. E poi da lì le corse saranno tutte importanti…

Bernaudeau su Sagan: «Un acceleratore di progetti»

13.11.2021
3 min
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Se quello che è mancato a Sagan negli ultimi tempi alla Bora-Hansgrohe era la fiducia del team e dei suoi dirigenti, che non hanno mancato di far notare come le vittorie stessero scemando, alla TotalEnergies di fiducia ne troverà anche troppa. Sono così tante le attese sul suo arrivo e con obiettivi così ambiziosi, che si spera Peter possa trovare anche il tempo per fare il corridore e ritrovare la fame di cui ha di recente parlato Michele Bartoli

«Il primo ritiro in cui sarà presente – spiega il team manager Jean René Bernaudeau – sarà un evento. Dobbiamo far venire voglia ai giovani della Vandea di venire in questa bellissima fucina di campioni. Il WorldTour ci ha messo un po’ in difficoltà, ma abbiamo fatto un buon lavoro con quello che avevamo in casa. Oggi abbiamo un vero progetto e Sagan sarà l’acceleratore con la sua dimensione, la sua competenza e la voglia che saprà trasmettere. E’ un grande corridore, ma è anche un acceleratore di progetti».

Bernaudeau riparte da Sagan per rilanciare la TotalEnergies che a suo dire si è un po’ fermata…
Bernaudeau riparte da Sagan per rilanciare la TotalEnergies che a suo dire si è un po’ fermata…

Un passepartout

La squadra voleva il grosso nome, forse anche per avere accesso a tutte le grandi corse pur non essendo nel WorldTour? Un po’ come la Alpecin-Fenix con Van der Poel. Bernaudeau svicola, è innegabile che il vantaggio ci sia, ma l’obiettivo in realtà è più vasto.

«Peter era sul mercato – spiega – con il suo lato anticonformista che ricorda il mio. Così ci abbiamo provato. All’inizio non ha voluto saperne, poi ho chiesto un appoggio a Roberto Amadio, che lo conosceva dalla Liquigas. C’erano molti ostacoli da superare. Sembrava irraggiungibile, ma gli ostacoli sono stati superati. Alaphilippe non si poteva fare, Sagan sì. E sono molto felice di aver portato anche Oss e Bodnar, che sono grande passisti. Sagan è molto rispettoso delle sue origini, ha bisogno di persone che lo circondino con sincerità. Vuole stare bene. C’è di buono che arriva con professionisti di cui avevamo comunque bisogno. Avevamo qualche casella vuota, soprattutto tra i direttori sportivi, quindi benvenuti».

«Non siamo più la squadra di Voeckler e Chavanel – dice Bernaudeau – dobbiamo ricostruire il vivaio»
«Non siamo più la squadra di Voeckler e Chavanel – dice Bernaudeau – dobbiamo ricostruire il vivaio»

Emozioni, non commercio

La sensazione dunque è che lo slovacco avrà attorno la sua gente, in una bolla differente. Bernaudeau dice che è ancora presto per spiegare come sarà seguito e che per questo bisognerà aspettare qualche settimana. Però insiste tanto sul progetto e sull’aspetto dei soldi che stanno rovinando lo sport non ci sentiamo di dargli torto.

«Mi piacerebbe che grazie a lui – dice – i giovani vogliano venire da noi. Siamo rimasti indietro, siamo molto meno attraenti rispetto ai tempi d’oro di Voeckler o Chavanel. Eravamo la squadra che reclutava esclusivamente dal suo vivaio. Peter ci riporterà alla ribalta e nel frattempo i talent scout andranno in cerca dei giovani talenti di domani. Il WorldTour non mi interessa. A causa dei soldi, questo sport sta perdendo il suo posto nella società.

«Il ciclismo di oggi non mi piace, noi vogliamo fare qualcosa di umano, che faccia desiderare ai giovani di provarci. Non mi indigna che Pogacar possa guadagnare 36 milioni in sei anni, ma siamo convinti che il futuro del ciclismo sia negli Emirati, piuttosto che sulle strade d’Europa? Non chiederei mai al gruppo TotalEnergies di comprare una licenza, va guadagnata. Non facciamo compravendite, diamo emozioni. E in Sagan vedo un campione capace di far sognare la gente…».

Specialized in Francia con la TotalEnergies: due mondi a confronto

04.11.2021
5 min
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TotalEnergies, Specialized e Sagan: una delle nuove avventure 2022 più attese. Innanzi tutto per lo spirito con cui è nato questo progetto. Un progetto nel quale la parola divertimento è emersa a più riprese. 

Ma se del rapporto tra il campione slovacco e il team manager Bernaudeau ne abbiamo già parlato, anche recentemente, ci incuriosisce invece l’approccio di lavoro che potrà esserci tra la squadra e il principale sponsor tecnico, Specialized. Ne parliamo con Giampaolo Mondini, da anni referente per il brand americano con i team.

Una rara foto che si è vista sui social della nuova livrea delle Specialized che userà la TotalEnergies
Una rara foto che si è vista sui social della nuova livrea delle Specialized che userà la TotalEnergies

Assegnate scarpe e bici 

“Mondo” ci risponde dagli Stati Uniti dove con alcuni atleti sta eseguendo dei test in galleria del vento nella sede Specialized di Morgan Hill, in California.

«Con la TotalEnergies abbiamo già avuto un primo meeting – racconta Mondini – in cui abbiamo lavorato sulla meccanica di base con il nostro sistema Retul e contestualmente abbiamo consegnato agli atleti una bici e le scarpe per allenarsi. Le due cose di maggior importanza per prendere confidenza con il materiale.

«E poi abbiamo raccolto molti dati. Abbiamo parlato con i corridori e con i fisioterapisti di problemi fisici, cadute che hanno generato conseguenze, vecchie fratture… E’ un qualcosa che facciamo anche con gli altri nostri due team, Bora-Hansgrohe e Deceuninck-Quick Step. Solo che qui siamo partiti da zero».

Ed è proprio questa la differenza maggiore: essendo una prima collaborazione i corridori con cui hanno a che fare sono tutti nuovi e per assurdo gli atleti con cui hanno lavorato meno in questa fase iniziale sono proprio i tre acquisti per eccellenza della TotalEnrgies: Sagan, Oss e Bodnar, dei quali Specialized sapeva già vita, morte e miracoli.

«Anche se Bodnar, per esempio, ci ha chiesto di intervenire su alcuni dettagli. Per noi è molto importante il primo vero ritiro che il team farà a Calpe (Spagna) a dicembre. Lì verificheremo le posizioni di tutti e con coloro che puntano alle classifiche generali come Pierre Latour o che sono chiamati ad andare forte a crono faremo anche dei test ulteriori in velodromo».

Specialized collaborò con la Festina, squadra francese
Specialized collaborò con la Festina, squadra francese

Si “torna” in Francia

Specialized e TotalEnergies, due entità forti, due filosofie a confronto e due approcci differenti spesso ben “arroccati” sulle proprie posizioni. Specialized cura ogni dettaglio, la squadra di Bernadeau è molto tradizionalista, a partire dalla lingua e dai costumi molto francesi.

«In realtà – riprende Mondini – non è una prima assoluta questa collaborazione fra Specialized e una squadra francese. Ci fu già con la Festina. Ma era un altro ciclismo e un’altra Specialized. La nostra era una piccola azienda in cerca di gloria. Io ricordo un po’ quelle bici anche perché ancora correvo all’epoca. Fino a che non ci pedalai nel 2003, il mio ultimo anno da pro’, alla Domina Vacanze».

«Un po’ eravamo preoccupati per questa collaborazione, soprattutto per il discorso della lingua. Loro parlano (e vogliono parlare, ndr) francese. Io lo parlo e per fortuna uno dei nostri, Leo Menville, è francese e questo ci ha aiutato moltissimo. Poi però è bastato il primo training camp e ci siamo accorti che in squadra in tanti parlano inglese. Si sono dimostrati disponibili.

«No, no… abbiamo trovato un team ben organizzato. La cosa che mi ha colpito di più è che non hanno l’assillo del risultato. Per loro questo sembra essere un’entità astratta. In primis vogliono lavorare bene, senza stress. E devo dire che anche noi siamo contenti di questo approccio».

I raduni di dicembre e gennaio in cui gli atleti usciranno insieme per tante ore saranno importantissimi per Specialized
I raduni di dicembre e gennaio in cui gli atleti usciranno insieme per tante ore saranno importantissimi per Specialized

No stress

Il risultato un’entità astratta: un qualcosa di più unico che raro di questi tempi. Però ci fa porre una domanda. Come si potrà conciliare la grande ambizione di Specialized, sempre all’avanguardia, sempre pronta ad alzare l’asticella, specie con i pro’, con questa filosofia “no stress”?

«Dobbiamo trovare un punto in comune tra il nostro modo di lavorare e il loro. Sono sfide nuove. E’ successo anche con la Bora nel 2015. Anche loro non erano nel WorldTour e poi tutto andò bene. Non siamo preoccupati. Sei anni fa ci dicevano che lavorare coi tedeschi non sarebbe stato facile perché erano “chiusi”. Poi non fu così. Loro volevano crescere e fu un apprendere nuovi metodi da entrambe le parti. Loro per esempio adesso hanno deciso per una svolta netta verso le classifiche generali, all’epoca non ci pensavano. Anche alla TotalEnergies c’è voglia di lavorare».

«Scuola francese? Io direi più scuola internazionale, soprattutto a certi livelli. Già il fatto che ci sia il meccanico di Peter non è poco. In più c’è Kevin Desmedt con il quale già avevamo lavorato in Quick Step. Due elementi nel reparto tecnico sono un bel supporto per gli altri. E poi per ora abbiamo avuto, come detto, un solo approccio sul campo. Nei due ritiri, quello di dicembre e quello di gennaio, contiamo di fare il grosso del lavoro. Lì i ragazzi faranno tante ore di sella e verificheremo eventuali problemi sui materiali, sulle posizioni e raccoglieremo i loro feedback per farli lavorare senza stress».

Sagan che passerà alla TotalEnergies, si diverte sulla nuova gravel Crux
Sagan che passerà alla TotalEnergies, si diverte sulla nuova gravel Crux

Capitolo gravel

C’è poi la questione gravel, legata al divertimento. Noi stessi scrivemmo di un approccio diverso di Sagan al suo ciclismo prossimo futuro. Non solo gare ma anche altre esperienze. Saranno fornite anche le bici gravel?

«Certo. Noi abbiamo lanciato la Crux – dice Mondini – e proprio qualche giorno fa eravamo nel Kansas per quell’evento gravel con Remco Evenepoel e Mattia Cattaneo. La tendenza è quella di fare sempre più queste gare, visto che anche l’UCI vuol farci i mondiali. E non nascondo che Sagan mediti un ritorno anche ad altre specialità come la Mtb. Lui vuol divertirsi e portare altra gente al ciclismo».

E a proposito di altra gente nel ciclismo. Chiudiamo con una curiosità. Quanto incide sul mercato interno, in questo caso quello francese, la collaborazione con un team?

«Complicato da dire. So che ci sono dei dati, delle previsioni. Posso però riportare quel che avvenne in Germania quando iniziammo la collaborazione con la Bora. In quel caso registrammo un +40%. Tuttavia va detto che dopo anni bui il ciclismo ”era sceso” in quel momento in Germania. Però da lì è tornato a crescere, soprattutto negli ultimi due anni. Un incremento che poi abbiamo registrato un po’ ovunque. Diciamo che se dovessimo arrivare a quel +40% per noi sarebbe un buon dato».