Le bici Toray con la guarnitura a sinistra? Non è una novità

01.11.2024
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Ai recenti Mondiali su pista la nazionale giapponese si è presentata con le nuove bici Toray con una grande particolarità. La corona e la pedivella dal lato opposto rispetto agli standard, a sinistra invece del normale posizionamento a destra.

Non è stata una novità in senso assoluto, perché questa soluzione (sviluppata con Vision) era già stata adottata sulle Felt del team USA nella disciplina del quartetto ad inseguimento. Venne utilizzata dal 2016 al 2020 e poi abbandonata ritornando al posizionamento standard. Ritorniamo sull’argomento grazie al contributo di Fabrizio Tacchino.

Mina Sato, medaglia d’oro agli ultimi Mondiali
Mina Sato, medaglia d’oro agli ultimi Mondiali
Cosa ci puoi dire della corona spostata a sinistra?

Non è una novità, in quanto è una soluzione usata in precedenza dal Team Usa e quella bici ha vinto anche delle medaglie. E’ interessante sottolineare a mio parere quanto la pista e le bici da pista rimangono delle fucine per la ricerca con l’obiettivo di migliorare le performance. In ambito pista si è sempre sperimentato, ma una volta non c’erano i social e talvolta le cose passano inosservate.

Fabrizio Tacchino è un preparatore federale di lungo corso
Fabrizio Tacchino è un preparatore federale di lungo corso
Secondo te ci sarebbe da valutare la bici nel complesso?

Si parla di una soluzione che è sicuramente al di fuori dei normali schemi, ma rientra in un progetto dove è tutta la bicicletta ad essere molto particolare. Ne è un esempio anche tutto l’avantreno che man mano che si sposta verso il basso si stringe. Significa che è stato fatto un grande lavoro anche sui mozzi, che sono più stretti e ovviamente è chiamata in causa anche la ricerca aerodinamica.

E’ pur vero che oggi esistono molti più strumenti di analisi!

Molto è cambiato e la ricerca tecnologica ha fatto passi da gigante. Ci sono degli strumenti a disposizione che una volta erano impensabili. Oggi si studia, si analizza e ogni soluzione è frutto di una ricerca. I costi sono pazzeschi, ma questo è. Anni addietro si andava più per intuizione e in molti casi le vittorie erano il frutto, prima di tutto, di quello che faceva l’atleta. Non che oggi non lo sia, basti pensare a quanto è cambiata la preparazione, il modo di allenarsi, a come viene usata la forza, ma il mezzo meccanico aiuta non poco.

Torniamo alla corona a sinistra. Perché si usa?

Quando si è in pista si gira in senso anti-orario, con un livello aerodinamico non simmetrico. Si crea una sorta di effetto cono dove il migliore risultato si ottiene stando bassi. Questo effetto si è amplificato negli ultimi anni dove le velocità sono prossime ai 60/70 chilometri orari.

Stessa bici per il keirin e la guarnitura è Look
Stessa bici per il keirin e la guarnitura è Look
Ci può essere anche un vantaggio meccanico?

A mio parere un minimo vantaggio ci può essere. E’ legato al fatto che molti atleti partono con la gamba/piede di sinistra, un fattore che comunque si può allenare. Quindi nella fase iniziale di lancio si può sfruttare maggiormente il fattore motrice.

In fase di lancio e quando la bici è lanciata?

La valutazione dovrebbe essere complessiva, di tutta la bici. Con tutta probabilità la bici è leggermente più complicata da portare a regime di velocità ottimale, ma una volta raggiunto quest’ultimo il mantenimento può essere facilitato. Ci può essere anche un guadagno aerodinamico legato al fatto di una corona meno esposta, più protetta da telaio e forcella.

Gli stessi atleti, una volta in ambiente outdoor, potrebbero avere delle difficoltà ad usare una bici standard?

Direi di no, non se ne accorgono neppure. Può cambiare leggermente la fase di spinta all’inizio e quando si è in pista durante un esercizio massimale e specifico, altrimenti non si percepiscono differenze.

Kayia Ota, bronzo dietro Hoogland (argento) e Lavreysen (oro)
Kayia Ota, bronzo dietro Hoogland (argento) e Lavreysen (oro)
C’è ancora spazio per le innovazioni?

Certamente, molto dipende dai limiti UCI e da quanto le aziende sono disposte ad investire in ricerca e sviluppo. Nel caso specifico del Team Japan hanno un partner tecnico di altissimo livello nello sviluppo del carbonio e la stessa squadra è da sempre propensa alle innovazioni. Il responsabile tecnico è Nakano, fortissimo ex pistard e specialista del keirin. Ha vinto 10 titoli mondiali, secondo me non è un caso.

Pinarello Dogma X, la gamma endurance è completa

22.09.2023
6 min
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TREVISO – DNA Pinarello, nel disegno e nello sviluppo del progetto. La nuova Dogma X completa la categoria delle bici endurance e non lo fa in modo banale, in pieno stile Pinarello.

L’impatto estetico è quello che caratterizza l’ultima generazione dei modelli del brand, ma ci sono delle soluzioni tecniche destinate a cambiare il design di una bici che possiamo categorizzare anche come all-terrain. Entriamo nel dettaglio della nuova Dogma X.

La nuova Dogma X (foto Pinarello)
La nuova Dogma X (foto Pinarello)

La rivoluzione X-Stays

«Dobbiamo considerare che questa nuova bici – spiega Massimo Polognato, R&D Manager road di Pinarello – è parte della famiglia Dogma, quindi abbiamo un prodotto al top per quanto riguarda le prestazioni, le tecnologie applicate e tutto quello che concerne lo sviluppo. Non ci sono compromessi in questo progetto endurance. La sezione iconica della nuova Pinarello è sicuramente il punto di inserzione degli obliqui al piantone, una parte che ci ha creato non pochi mal di testa per il suo sviluppo e ottimizzazione. Il risultato che abbiamo ottenuto è eccellente.

«X-Stays – continua Polognato – è il risultato anche di una collaborazione molto stretta tra noi e Torayca che produce la fibra di carbonio. Abbiamo provato diverse soluzioni prima di giungere a questa che è integrata nella Dogma X. Il ponticello a X non è applicato in un secondo momento, non è incollato o fasciato, la Dogma X nasce così come la vediamo».

Come è fatta la nuova Dogma X

Utilizza la fibra Toray T1100 con finitura 1K (peso dichiarato del telaio per la taglia 53: 950 grammi). Anche la forcella (anch’essa completamente asimmetrica: 400 grammi di peso) è completamente in carbonio, utilizza la stessa costruzione della sorella Dogma F, ma con una rake maggiore e un’altezza maggiorata nella zona della testa, questo per permettere il passaggio di gomme più grandi. Supporta pneumatici fino a 35 millimetri di sezione.

La scatola del movimento centrale è la “classica” Pinarello, con una larghezza di 70 millimetri, filettatura con passo italiano e calotte esterne del movimento centrale. Appena sopra la base del bottom bracket è previsto l’alloggio della batteria Di2 in caso utilizzo della trasmissione Shimano.

Il reggisella è il medesimo utilizzato per la Dogma F, per materiali e forme. Il blocchetto del reggisella è integrato nella tubazione orizzontale con il clamp di chiusura in titanio e stampato 3D.

Più alta e corta della Dogma F

A parità di taglia la nuova Pinarello Dogma X è più corta di 3,9 millimetri e più alta di 15,4. Questa soluzione permette anche di limitare l’utilizzo degli spessori tra stem e serie sterzo. E’ comunque necessario considerare che ci troviamo di fronte ad un prodotto che nasce con un DNA Dogma, quindi anche in termini di sviluppo delle taglie non è stato considerato un eccessivo allungamento delle tubazioni. L’esempio lampante arriva dalla taglia 53, che ha un profilato dello sterzo alto 138 millimetri, ben al di sotto della media della categoria endurance. Sono previste 11 taglie, dalla 43 alla 62.

A catalogo sono previsti 4 allestimenti, tutti top level. Due hanno alla base la trasmissione Shimano Dura Ace (con o senza power meter e ruote Princeton oppure DT Swiss ERC), uno il pacchetto Sram Red AXS e ruote Princeton Grit 4540, il quarto ha il nuovo Campagnolo Wireless e ruote Bora WTO 33.

Le colorazioni previste dal listino sono 4, ma la nuova Pinarello Dogma X è configurabile anche con la piattaforma MyWay. Il range di prezzo varia tra i 14.300 e 15.950 euro, ma è disponibile anche il framset a 6.080 euro di listino.

E anche su terreni gravel la stabilità è garantita (foto Pinarello)
E anche su terreni gravel la stabilità è garantita (foto Pinarello)

Le primissime impressioni

Poco meno di 50 chilometri e poco più di 800 metri di dislivello positivo, sono un antipasto. Per snocciolare e poter descrivere in maniera adeguata le sensazioni che trasmette una bicicletta sono necessarie più ore, più chilometri e un dislivello maggiore. Però, quello che ci ha colpito fin dai primi metri è la rigidità dell’avantreno, tostissimo. In parte accostabile alla Dogma F (non è uguale) e questo ci è piaciuto parecchio, tanta sostanza e pochi fronzoli. E permetteteci la considerazione, il manubrio integrato Most Talon Ultra è tanta roba, perché è ergonomico e contribuisce alla rigidità e stabilità dell’avantreno.

La sezione posteriore è più morbida, a tratti elastica e accompagna parecchio (noi l’abbiamo usata con tubeless da 32). E poi la stabilità della nuova Pinarello Dogma X, anche su tratti di strada bianca che abbiamo percorso dopo un temporale.

Pinarello