E’ la voce di quattro Roubaix, tre Fiandre, tre Gand-Wevelgem e un mondiale con cui il bilancio delle sue vittorie è arrivato a quota 122, prima del ritiro nel 2017 a 37 anni. Tom Boonen parla raramente, ma essendo sempre stato un uomo e un campione molto intelligente, le sue parole raccolte da Het Nieuwsblad sono secche come pedalate sul pavé. Il fatto di essersi sfilato dalla quotidianità del ciclismo, pur seguendolo con grande attenzione, fa sì che non sia… assuefatto alle dinamiche del gruppo e possa esprimere giudizi privi di grossi condizionamenti.
Su corridori e interviste
«Ho anche notato che nelle interviste – dice Boonen – la nostra generazione è stata l’ultima in cui i corridori abbiano davvero espresso la loro opinione. Ora si attaccano spesso a cliché già pronti. Non perché loro siano così, ma perché gli viene ordinato di farlo. Anche Remco Evenepoel in questo è cambiato molto».
Sulla Soudal-Quick Step
«La squadra è ancora la squadra – analizza Boonen – ma non vedo più i super leader. Alaphilippe è l’unico che può battere Van Aert e Van der Poel in una buona giornata. Di recente, Lefevere lo ha criticato duramente, forse troppo. Una volta al Tour disse che ero scattato come un principiante. Quando la stampa venne a riferirmelo, risposi: “Allora domani facciamo che al mio posto corra Lefevere”. E il giorno dopo rimasi in gruppo. Alaphilippe porta via gran parte del budget, ciò comporta molte responsabilità. Le pressioni hanno direzioni doppie. E comunque l’ingaggio di Merlier è stato azzeccato, un solo velocista non basta. Assiene a Jakobsen, servirà per tenere alto il numero delle vittorie».
Su De Lie
«Sono un tifoso di De Lie, dicono che mi somigli per la sua mentalità. E’ un ragazzo semplice, gli scivola tutto addosso. E’ arrivato e ha subito vinto le sue gare, eppure fa le cose gradualmente. Non sopporto i neopro’ che entrano con un contratto da 400.000 euro perché hanno dei buoni test. Non è così che funziona. E De Lie infatti cresce tranquillo, come ha imparato nella sua fattoria e a 22 anni può tranquillamente vincere il Giro delle Fiandre. Non è riuscito neanche a me. Ho dovuto aspettare un po’ prima che Museeuw si ritirasse, ma alla mia prima possibilità, l’ho subito battuto. Ho sempre avuto molto rispetto per Johan e da giovane pensavo che fosse un onore vivere gli ultimi anni di un simile monumento. Ho vinto l’ultima gara di Johan, la Scheldeprijs, solo perché andarono a riprenderlo».
Su Sagan
«Forse è davvero il momento giusto per fermarsi. Può ancora vincere grandi corse – ragiona Boonen – ma mi chiedo se ci riuscirà. Penso che gli piaccia ancora andare in bicicletta, ma in modo anonimo, senza tutta la zavorra che si porta addosso e che lo ha soffocato. E’ ora di fare un passo indietro e scegliere il divertimento. Capisco che voglia ancora andare in mountain bike. Ha fatto una grande carriera. Sei anni buoni, in cui ha vinto tanto. Tre volte campione del mondo, io avrei potuto esserlo due volte. Dopo Madrid anche in Qatar, perché stavo davvero bene.
Su Van Aert
«Quest’anno Wout compirà 29 anni. E’ giunto il momento che vinca il Fiandre, soprattutto dopo l’inverno che ha avuto. Il livello che raggiunge è pazzesco. Può vincere venti cross, ma non importa a nessuno. Deve vincere le classiche. Anche io odiavo che la mia stagione si riducesse a questo, ma lui è così forte che solo le grandi classiche aggiungono davvero qualcosa al suo palmares. Puoi vincere quindici corse, ma non basta se non c’è una classica. A volte però è troppo ragioniere, quasi un nerd: mi alleno così per durare così. E’ fortissimo, ha fatto grandi cose, ma gli manca la grande classica».
Su Van der Poel
«Se Van Aert è un numero uno – sorride Boonen – quando corre con Van der Poel, sembra che gli succeda qualcosa. In un certo senso Van der Poel lo riporta a essere quel ragazzino di dieci anni fa. Ai mondiali di cross, Mathieu ha fatto per due volte uno sforzo incredibile, così forte che – a quanto ha raccontato – sentiva quasi di vomitare. E alla fine Wout è crollato. Lui imposta, Mathieu fa la sua rotta ed è la bestia nera. E’ una trappola per ogni corridore, perché alla fine tutti corrono costantemente contro gli stessi uomini e Mathieu è un cliente speciale. Per vincere non ha bisogno di essere il migliore».
La classica più dura, difficile da interpretare, più eroica nella storia del ciclismo. La Parigi-Roubaix è qualcosa a parte, forse un ultimo retaggio del ciclismo degli albori. Per quanto il progresso vada avanti, per quanto le bici cambino e si evolvano, quando si pedala su quelle pietre sconnesse, che gli organizzatori cercano con pazienza certosina e le amministrazioni locali preservano come un monumento nazionale, si torna all’antico.
L’edizione di quest’anno avrà all’interno dei suoi 256 chilometri ben 30 settori di pavé, per un totale di 53,8 chilometri. I settori sono indicati da una a cinque stelle in base alla loro difficoltà: solo tre di questi hanno il massimo degli indicatori. E proprio in questi tratti la Roubaix ha vissuto alcuni dei momenti più epici. Raccontarli significa rivivere non solo attimi della storia di una corsa indimenticabile, ma anche quasi sentire sotto i piedi quelle pietre ormai famose in tutto il mondo.
L’Arenberg e Stablinski
La Foresta di Arenberg ha fatto il suo ingresso sul percorso della Roubaix relativamente tardi, nel 1968. “Responsabile” fu Jean Stablinski, storico gregario di Anquetil, ma anche vincitore di una Vuelta nel 1958 e soprattutto uno dei più inattesi campioni del mondo, nel 1962. Quel tratto di pavé lo conosceva bene, conosceva tutta la zona, lì suo padre polacco si era trasferito lì con la famiglia per cercare lavoro, finendo a sgobbare in miniera. Su quelle strade Stablinski aveva iniziato a correre in bici, facendone il suo lavoro, ma mai la sua passione perché, come disse una volta a Poulidor, «un minatore non deve amare il suo piccone, così io non devo amare la bici».
Jacques Goddet, organizzatore della gara, sapendo della sua storia gli chiese di qualche nuovo tratto di pavé nella sua zona da inserire in corsa: «Non osavo presentarglielo – racconterà in seguito Stablinski – sapevo come sarebbe andata a finire…». Quando fece vedere le foto a Goddet, questi rimase senza fiato: «Avevo chiesto ciottoli, non buche…» disse quasi risentito.
Il primo anno, Stablinski c’era, con la gente vestita da minatore per salutare l’eroe di casa. A lato del pavé, c’è una porzione morbida, ma gli organizzatori l’hanno impedita al transito delle bici, sennò che gara è?
Mons en Pevele, battaglia!
Il tratto di Mons-en-Pevele è considerato fra i più duri, con i suoi 3.000 metri e la distanza di una cinquantina di chilometri dall’arrivo. Quel tratto Tom Boonen lo conosce bene, perché fu decisivo nel 2008. Davanti erano tutti i migliori, lui lanciò all’attacco Stijn Devolder, reduce dal trionfo al Giro delle Fiandre, al quale si accodò l’australiano Stuart O’Grady.
Si ha un bel dire che la Roubaix è una corsa individuale, quel giorno Boonen giocò come un consumato scacchista. Devolder non poteva essere lasciato andare, così il suo rivale Leif Hoste fu costretto a sacrificare nell’inseguimento Vansummeren, ma quando più avanti, a 35 chilometri dall’arrivo, Boonen portò il suo attacco con Cancellara, solo Ballan rispose, Hoste andò alla deriva. I tre accumularono un vantaggio enorme, oltre 3 minuti, poi Boonen dispose allo sprint dell’elvetico e dell’italiano.
Non è lo stesso tratto, ma Mons en Pevele è sempre stato un luogo storico per la Roubaix. Forse perché sin dal Medio Evo era terreno di scontro tra francesi e belgi, nel 1304 fu teatro di una famosa battaglia. Ciclisticamente non meno famosa è stata quella del 1955: Jean Forestier con la sua offensiva disperde “l’armata belga” con Impanis, Planckaert, Schotte, Scodeller, Derycke, Van Steenbergen, non ne resta più nessuno. Alla vigilia, chi era del posto aveva detto a Jean e ai suoi: «Quando vedete la chiesa di Mons, in lontananza sul colle, andate all’attacco». Forestier vincerà con soli 15” su un terzetto, regolati allo sprint da Fausto Coppi.
Dove la Roubaix non si vince più…
Facciamo un salto, 1998: a raccontare quel che succede è Thierry Gouvenou, allora finito 7° e oggi direttore di corsa della Roubaix.
«Ero in testa al gruppo all’imbocco del tratto di Mons. Dietro era Timo Steels, uno dei favoriti: all’improvviso lo sento sterzare, mi volto e lo vedo scivolare e come lui altri, cadono uno sull’altro. Poi vedo Franco Ballerini, si piega sul manubrio, è come se cambiasse marcia, non mi passa, vola via…».
«E’ un luogo mitico – racconta Dirk Demol, vincitore nel 1988 – senti spesso il vento laterale, la strada è in leggera salita e soprattutto non riesci a vederne la fine, è interminabile. Non sempre decide chi vince, ma stabilisce immancabilmente chi quella Roubaix non la vincerà».
L’Arbre e il ristorante…
Il tratto del Carrefour de l’Arbre è entrato nella Roubaix nel 1958. Anquetil maledisse a lungo quel pezzo di strada, vittima di una foratura vide svanire quell’anno le sue speranze di vincere. Il nome deriva dal ristorante posto ai margini del lastricato: per molto tempo fu aperto solo il giorno della Roubaix. Ora è aperto sempre, al suo interno ha un affresco con raffigurati molti dei corridori vincitori.
Marc Madiot, due volte vincitore della corsa, qui è diventato talmente famoso da essere ritenuto quasi una gloria locale. A chi gli chiede che cosa serve per vincere la Parigi-Roubaix, ti risponderà che tutto è soprattutto nella testa: «E’ una gara che devi metterti nel cervello. Se non sei preparato psicologicamente per questo, non farai nulla in questa prova». Poi però ci sono le gambe…
E’ stato ascoltando anche le sue gambe che Madiot ha costruito i suoi due successi su questo tratto: «Mi sono ritrovato a giocarmi la vittoria quattro volte alla Parigi-Roubaix proprio in prossimità del Carrefour de l’Arbre ed è lì che sapevo di avere le gambe giuste, o al contrario che era finita per non averle. Qui è inutile stare tanto a guardare i watt – riprende Madiot – si combatte con la baionetta, con il coltello, si fa da uomo a uomo! Questa gara non si corre sul computer…».
Un caso tecnico sta agitando il dopo Roubaix della Arkea e di Bianchi. Le parole di Senechal hanno sollevato un vespaio. La colpa è davvero dei meccanici?
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Dieci anni fa, un certo Tom Boonen metteva nella sua bacheca la quarta pietra della Parigi-Roubaix. Il campionissimo belga, fu autore di un’azione spettacolare. Forse la più bella alla Roubaix. Nella polvere di un corsa secca, come tra l’altro si annuncia quella di domani, Tom sorprese tutti. Anche Alessandro Ballan.
L’iridato 2008 quel giorno fu terzo ed è proprio lui che ci racconta come andò. Che ci fa vivere da dentro quel viaggio tra pietre, pensieri, emozioni, momenti di rabbia e muscoli che potevano fare tanto, tanto di più. Parola ad Alessandro dunque.
Gambe al top
«Era una bella giornata – inizia a raccontare Ballan – c’era sole ed era caldo, anche se non come dovrebbe fare domani (prevista una punta di 20 gradi, ndr). C’erano 14-15 gradi. Io passai una buona vigilia.
«Stavo molto bene ed ero consapevole che avrei raccolto un buon risultato. Venivo dal terzo posto al Fiandre della domenica precedente proprio dietro a Boonen e Pozzato. Avevo una grande voglia di rivalsa, anche per come era andato quel finale.
«Sapevo che Boonen, e tutto sommato anche Pippo, erano gli uomini da controllare. Dentro di me non sentivo però troppa pressione. Non avevo ancora vinto quell’anno, ma avevo fatto bene. Insomma ero consapevole di ciò che avrei fatto».
Una Bmc speciale
Una consapevolezza in parte dovuta anche al mezzo meccanico. Fatta la ricognizione, Ballan aveva optato per la Bmc Granfondo. All’epoca iniziavano ad arrivare le prime bici “confortevoli”, quelle che oggi chiameremmo endurance. Avevano accorgimenti ideali per i fondi più rotti.
«Era una bici speciale – spiega Ballan – Sostanzialmente aveva il carro un po’ più lungo e una fibra di carbonio un po’ più morbida. In più avevo fatto inserire degli inserti in gel sotto al nastro manubrio, per attutire le vibrazioni. E sempre sul manubrio avevo fatto montare i bottoncini per il cambio posteriore».
«Avevo anche un paio di ruote in carbonio con un particolare profilo. Un profilo da 25 millimetri, se ricordo bene e soprattutto avevo scelto tubolari da 28 millimetri. La Granfondo infatti consentiva di montare questa misura, cosa impossibile sulle bici normali all’epoca».
Corridore e pavè
Con il fondo secco le velocità erano ancora più alte. E se il pavé non diventa più duro, arrivandoci più veloci si rimbalzava di più.
«Il pavé – spiega Ballan – è sempre quello e la legge è: prima ne esci e meglio è! Sembra sciocco o ironico, ma è la verità. La cosa importante è mantenere alta la velocità e scegliere la via più filante, perché poi riportare su la velocità è quasi impossibile. E la via giusta è anche quella in cui davanti non ci sono rallentamenti. Per questo prima della Foresta di Arenberg c’è la volata per stare davanti».
«Un settore in pavé non è una salita, ma è come se lo fosse. Quando ci entri la prima cosa che pensi è: quanto manca? E’ più di uno strappo duro. In quel caso è solo mal di gambe, il pavé è sofferenza totale, è doloroso per tutto il corpo. Proprio all’ingresso dell’Arenberg, che si fa a 70 all’ora, nei primi 200 metri non vedi nulla, fai fatica a vedere la strada, a mantenere la visuale. Ti butti e spingi».
Boonen da lontano
Fantastica. La descrizione di Ballan è “poesia”. E’ tecnica applicata. Ma torniamo alla Roubaix 2012. Anche quel giorno l’ingresso nella Foresta fu tremendo.
«Fin lì – riprende Ballan – con un compagno in fuga tutto sommato passai una corsa tranquilla. Ero riuscito a stare coperto e tutto filava secondo programma. Prima dell’Arenberg ci fu la volata. Stavo bene, la presi davanti e uscii davanti.
«E questo è un momento cruciale. All’uscita capisci come affronterai il resto della gara. Se arranchi, sai già che nel finale non sarai competitivo. Io stavo benissimo invece. Ero sicuro dei miei mezzi».
La corsa quindi sembra essere delineata. I migliori sono davanti dopo la Foresta e Ballan sta bene. Boonen continua ad essere il più marcato. E non solo da Ballan. E forse anche per questo Tom gioca di astuzia, di esperienza. Agisce con l’istinto del campione. E…
«E succede che ad un certo punto Boonen scatta. Mancava moltissimo, più di 55 chilometri. Sicuro. Uno scatto prematuro. Pozzato si fiondò subito alla ruota e io non dico che fossi rilassato, ma ero in decima posizione circa. Quando ho visto muoversi Niki Terpstra e arrivare su Boonen (i due erano compagni alla Omega Pharma, ndr) capii che era un pericolo enorme».
La caduta di Pozzato che condizionò non poco l’inseguimento a Boonen
Poker Boonen. Tom indica il 4 con le dita già al velodromo di Roubaix
Per Ballan ottime gambe, ma per lui alla fine un terzo posto (che gli andò stretto)
Il buco di Pippo
«Si apre un buco. Davanti Terpstra, Pozzato e Boonen. Io dietro spingo forte. Faccio di fatto l’inseguimento e alla fine rientro. Stacco tutti e rientro, ma facendo uno sforzo enorme in cui spreco molte energie.
«Mentre rimontavo, da dietro, vedevo che Pozzato, nonostante fosse in inferiorità numerica, collaborava. Loro tre giravano regolari. Io ero da solo».
«Nel preciso momento in cui mi aggancio ai tre, Pozzato stava tornando indietro per il cambio e voleva che mi inserissi subito. Io ero davvero in apnea e non glielo diedi. Pippo pensò che volessi fare il furbo. E così fece il buco. Due metri, cinque metri, dieci…
«Io ero il meno veloce e avrei avuto meno interesse a collaborare, ma lo avrei fatto dopo aver ripreso un po’ fiato. Pozzato l’aveva vista come una mia presa di posizione, come una scelta tattica. Intanto il buco diventa di 20 metri. Terpstra si volta. Vede il buco. E inizia a dare una menata pazzesca per lanciare Boonen».
Tom parte, scappa, spinge. Guadagna secondi. Dietro provano ad organizzarsi.
«Boonen era davanti, ma in quel momento non ero del tutto preoccupato. Mancava tanto, noi dietro eravamo forti e di più, potevamo riprenderlo. Invece qualche curva dopo, in un tratto in pavé Pippo cade. In breve il vantaggio di Boonen passa da 20” a 40”. A quel punto ho capito che avrei corso per il piazzamento».
Ballan con Flecha (in primo piano) a caccia di Boonen. Gli Sky però non erano super quel giorno
Infine Turgot che zitto, zitto vince la volata e si prende il secondo posto della Roubaix 2012
Ballan con Flecha (in primo piano) a caccia di Boonen. Gli Sky però non erano super quel giorno
Infine Turgot che zitto, zitto vince la volata e si prende il secondo posto della Roubaix 2012
Inseguimento e beffa
Dietro regna il caos. Boonen spinge forte e regolare. Gli inseguitori vanno “a fiammate”. Intanto dopo la caduta di Pozzato altra gente si è accodata a Ballan. Alessandro spinge e ad ogni settore stacca qualcuno.
«Ricordo che c’erano diversi corridori della Sky, tra cui Flecha. Ho pensato che con loro avrei potuto organizzare l’inseguimento, invece ogni volta che spingevo se ne staccava uno.
«Ricordo anche un francese, Sebastien Turgot, che si vide in pratica solo quel giorno. Anche lui all’uscita di ogni settore si staccava, ma poi riusciva a rientrare. A forza di fare questo tira e molla, si portò a casa il secondo posto. E per me fu un’ulteriore piccola beffa».
«Ero dispiaciuto davvero. Sapevo come stavo. Con Pippo non parlammo dopo la corsa. Avevo ancora il dente avvelenato per come era andato il finale del Fiandre della domenica precedente».
«Però – conclude Ballan – il bel ricordo di quella Roubaix, e non solo, è il tifo. In molti si lamentano della non sportività dei tifosi francesi e belgi verso alcuni corridori stranieri. Io invece ricordo che nei settori in pavé mi supportavano, mi incitavano, urlavano il mio nome. E questo mi fece, e mi fa, onore. Significa che mi volevano bene».
C’è un’alternativa per il deragliatore anteriore, è la tecnologia PowerShift di Classified. L’azienda belga dopo un periodo di 7 anni di sviluppo, offre un’innovazione che potrebbe rivoluzionare il modo di cambiare.
Consiste in un sistema wireless a 2 velocità, integrato nel mozzo posteriore, che consente di cambiare rapporto in una frazione di secondo, a pieno carico e su qualsiasi terreno. Una novità che ha attirato la curiosità di molti e anche di ex campioni delle due ruote, come Boonen, che ha deciso di metterci la faccia e non solo. Tom infatti è diventato azionista e utilizzatore di questa innovazione.
Dopo un periodo di lancio del prodotto, venduto solo su bici già assemblate, ora Classified ha messo in commercio 3 coppie di ruote in carbonio per implementare il prodotto su qualunque bici con freno a disco e perno passante. Per il gravel la CF G30 costruita per resistere alle avventure più impegnative. Per la strada la CF R35 versatile e leggera. Infine la CF R50 rigida e aerodinamica con un profilo da 50 millimetri.
Sono tre i modelli di ruote strada complete: CF G30, CF R35 e CF R50Sono tre i modelli di ruote strada complete: CF G30, CF R35 e CF R50
Come funziona
Addio deragliatore. Ma qual’è il vero funzionamento di questa tecnologia? Il cuore del meccanismo si trova all’interno del mozzo e viene azionato tramite un impulso wireless.
Il sistema è suddiviso in più fasi. Il trasmettitore sul manubrio sfrutta un cambio senza fili o un cambio Di2 che manda il segnale. Il perno smart riceve l’impulso e lo trasmette al mozzo che contiene gli ingranaggi e lì avviene la magia.
I rapporti contenuti nel mozzo PowerShift Hub sono due: 1/1 e 0,686. Quando si utilizza il primo, non ci sono variazioni di pedalata. Mentre quando si cambia, si ha una rapportatura proporzionata alla monocorona scelta. Con un 52t si ottiene un 36t. Compatibilmente con questa tecnologia, Classified offre una scelta varia per le cassette in acciaio monopezzo coniche da 11 e 12 velocità. Il sistema garantisce una carica di circa 3 mesi, con 10.000 cambiate ed è ricaricabile tramite microUSB. In caso di sostituzione della ruota durante una competizione, non c’è bisogno della risincronizzazione. Il perno passante infatti fa sia da batteria che da ricevitore.
Il cuore del meccanismo si trova all’interno del mozzo e viene azionato tramite un impulso wirelessIl cuore del meccanismo si trova all’interno del mozzo e viene azionato tramite un impulso wireless
Quali vantaggi
Classified sfrutta tutti i pregi del monocorona e li eleva, dando la possibilità della doppia rapportatura con un range di cambiata del 451%. La velocità di cambiata è di 150 millisecondi. E’ possibile effettuare una cambiata perfetta fino a 1.000 watt di potenza impressa. Garantisce la catena sempre in asse su cassette da 11v e 12v, difficilmente replicabile su un doppia corona per motivi di usura e corretto funzionamento.
Classified stima un’efficienza del 99%, oltre a un 45% in meno di stress sulla trasmissione paragonata alla 2x. Il sistema non soffre gli agenti atmosferici e permette di avere un sistema di ingranaggi protetto da sporco e corpi esterni. A livello aerodinamico, la parte del tubo verticale rimane libera e filante. Nel complesso la casa belga dichiara un prodotto ugualmente leggero o più leggero di un gruppo elettronico tradizionale.
Le ruote Classified saranno montate su alcuni modelli Officine Mattio
La CF R50 è la più rigida e aerodinamica con un profilo da 50 mm
Le ruote Classified saranno montate su alcuni modelli Officine Mattio
La CF R50 è la più rigida e aerodinamica con un profilo da 50 mm
Prezzi e partnership
I tre modelli di ruote complete: CF G30, CF R35 e CF R50 hanno un prezzo di 2.399 euro, con un deposito cauzionale di 250 euro e rispettivo saldo da pagare al ritiro presso il rivenditore selezionato.
L’azienda belga inoltre ha siglato una partnership con Officine Mattio: realtà specializzata nella realizzazione di telai su misura 100% made in Italy. Il sistema Classified sarà presentato ufficialmente durante gli Open Days organizzati dal punto vendita Cicli Mattio di Piasco, in provincia di Cuneo, il prossimo 6-7 novembre. Nell’occasione sarà possibile provare il sistema Classified montato sulle ultime novità Officine Mattio ed incontrare Andrea Nicolosi, responsabile per l’Italia dell’azienda.
Parla Tom Boonen ed esprime valutazioni sui campioni del gruppo e le loro abitudini. Van Aert gli piace, ma è troppo ragioniere. De Lie il suo preferito
La Passione ha presentato la nuova capsule collection dedicata a Tom Boonen, frutto di una stretta collaborazione fra il campione fiammingo e il marchio italiano. La nuova collezione prende il nome di Boonenberg e si ispira al Taaienberg, uno stretto settore di cinquecento metri in pavé, con pendenze fra il 12 e il 14 per cento, dove Boonen amava attaccare. Proprio questa caratteristica ha spinto i tifosi a ribattezzare questo tratto di strada Boonenberg.
Tom Boonen al lavoro con Giuliano Ragazzi, a destra, CEO & Founder La PassioneTom Boonen al lavoro con Giuliano Ragazzi, a destra, CEO & Founder La Passione
Equilibrio fra comfort e prestazioni
Le azioni indimenticabili di Tom Boonen hanno ispirato questa nuova collezione composta da due Bib Shorts e due Jersey dove si mescolano tecnologia e romanticismo. L’obiettivo su cui ci si è concentrati è il raggiungimento di un equilibrio fra comfort e performance, tramite la più avanzata tecnologia. A garanzia dell’elevata qualità, c’è il fatto che entrambi i completi sono stati testati da Tom Boonen affinché potessero offrire alte prestazioni, resistenza alle sollecitazioni e grande libertà di movimento.
Boonen con la TB3 jersey con il pantaloncino TB3Tom Boonen con la TB3 jersey e il pantaloncino nero TB3
La TB3 è ultraleggera
Partiamo dal primo completo che è composto dalla TB3 jersey bianca con dettagli argento, ed è realizzata con tessuto ultraleggero che favorisce la massima aerazione e presenta uno scollo aerodinamico a V. Le maniche sono tagliate al vivo con costruzione raglan per un maggiore adattamento alle spalle. Il pantaloncino TB3 è in colore nero si caratterizza per una struttura anatomica a più panelli che garantisce un’ottima aderenza al corpo, anche grazie all’utilizzo della Lycra super compatta. Le bretelle elastiche sono realizzate con una costruzione che permette di diminuire il peso e migliorare la resistenza elastica.
Look tutto nero con la TB4 jersey e il pantaloncino TB4Look tutto nero con dettagli color oro per la TB4 jersey e il pantaloncino TB4
La TB4 è pensata per la velocità
Per chi invece preferisce un look completamente nero con dettagli color oro, ecco la TB4 jersey. Questa maglia è realizzata in tessuto aero per avere la migliore penetrazione dell’aria. Le maniche sono realizzate in raglan per conferire la massima ergonomia e presentano una rete per fare fuoriuscire il calore e aumentare la traspirabilità. Il pantaloncino TB4 nero da abbinare alla maglia, di cui abbiamo appena parlato, è realizzato con una struttura differenziata dei singoli pannelli, con differenti tipi di tessuto per donare la massima aderenza al corpo. Sulla vita e sugli inserti laterali è stato usato un tessuto aero dall’elevata compressione che migliora la stabilità e la fluidità della pedalata.
Una serie di dettagli della nuova collezione Boonenberg
Una serie di dettagli della nuova collezione Boonenberg di La Passione
Dettagli da Classiche del Nord
Nella collezione Boonenberg sono presenti alcuni dettagli che vogliono unire il legame fra Tom Boonen e le Classiche del Nord. Fra questi troviamo l’elastico “Cobble Grip”, realizzato per dare la corretta stabilità ed elasticità, che rievoca i mitici tratti in pavé.
La storia di Gidas Umbri (Team Colpack Ballan) ha radici molto particolari: fino a 10 anni la sua patria era la Lituania, ma venne adottato da una famiglia italiana e portato a Borgo Santa Maria, a soli 2 chilometri da Tavullia, la città resa popolare nel mondo da Valentino Rossi.
In un territorio dove il motociclismo la fa da padrone, Gidas ha però seguito la passione di famiglia, il ciclismo: papà Massimo, zio Maurizio e nonno Mario hanno tutti un passato agonistico, fra i dilettanti.
Inizialmente Gidas si è diviso fra il ciclismo e il calcio, ma è bastato un anno per proiettarlo interamente nel mondo delle due ruote, con una veemenza che è raro trovare a questi livelli: «Il ciclismo occupa almeno 6 giorni a settimana, posso dire che è già diventato quasi un mestiere…».
Gidas Umbri è nato il 31 ottobre 2001 a Radviliskis (LTU). E’ alto 1,88 per 73 chiliGidas Umbri è nato il 31 ottobre 2001 a Radviliskis (LTU). E’ alto 1,88 per 73 chili
Gidas, come moltissimi ciclisti della sua generazione, non vive di solo ciclismo su strada, anzi ha trovato i suoi primi scampoli di notorietà grazie alla pista: «Avevo fatto anche un po’ di ciclocross in inverno, ma quando ho scoperto la pista ho deciso di dedicarmi ad essa come alternativa alla strada».
Che cosa ti ha attratto?
Nel ciclismo su pista ho trovato qualcosa di diverso, si lavora insieme per il quartetto ma serve una concentrazione particolare».
Che differenze trovi fra strada e pista?
Qui lo sforzo è sicuramente più breve ma molto più intenso che su strada, ma col passare del tempo mi accorgo sempre di più che si tratta di due attività complementari, anzi mi dispiace che in questo periodo riesca ad andare a Montichiari solo una volta a settimana perché l’attività su pista in questa stagione non è stata ancora definita.
Quest’anno Umbri ha conquistato il successo nel Gran Premio di Valenza a inizio marzoQuest’anno Umbri ha conquistato il successo nel Gran Premio di Valenza a inizio marzo
Che tipo di corridore sei?
Credo un passista veloce, anche in base al mio fisico, ma mi difendo abbastanza bene in salita, almeno relativamente alla mia statura. Diciamo che la mia situazione tattica preferita è andare in fuga, anche con un gruppetto, per poi giocarmi la vittoria in volata.
Qual è stata la tua stagione migliore?
Su strada sicuramente nel 2019 quando ho conquistato 3 successi e sono stato quinto nei Campionati Italiani a cronometro, ma personalmente ritengo che la mia stagione più bella sia stata quella passata.
Perché?
Perché ho vestito la maglia della nazionale su pista conquistando l’argento nell’inseguimento a squadre sia fra gli Under 23 che fra gli Elite.
Umbri impegnato agli Europei su pista di Plovdiv 2020, qui nell’inseguimento individualeUmbri impegnato agli Europei su pista di Plovdiv 2020, qui nell’inseguimento individuale
In base alle tue caratteristiche fisiche, dove pensi di poter emergere?
Mi piacciono molto Parigi-Roubaix e Giro delle Fiandre: quest’anno non ho potuto andare a fare la Roubaix per Under 23, ci tenevo tanto a provare il pavé…
Che esperienza hai avuto alla Strade Bianche?
Nella gara in Romagna c’erano troppe salite, ma sullo sterrato mi sono trovato bene e poi credo che sia importante alla mia età fare il massimo delle esperienze.
C’è un corridore al quale ti ispiri?
A me piace moltissimo Tom Boonen, probabilmente mi rivedo in lui anche fisicamente e quindi penso a tutto quello che ha vinto e inizio a sognare. Se potessi vincere anche la metà di quello che ha fatto lui sarei la persona più felice del mondo…
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La Passione nasce dall’idea che il ciclismo sia sinonimo di libertà, viaggio e appunto passione. Partendo da questa idea, presto trasformatasi in convinzione, nel 2015 Giuliano Ragazzi e Yurika Marchetti hanno deciso di dare vita al brand capace di diventare in pochi anni un punto di riferimento nel settore dell’abbigliamento per il ciclismo.
Filo diretto con il cliente
Da subito La Passione si è voluta presentare come Digital Native Vertical Brand. E’ lo stesso Giuliano Ragazzi, CEO & Co-Founder del marchio, a spiegarcene la ragione.
«Fin dalla nostra nascita abbiamo scelto di rendere più accessibile agli appassionati un prodotto di altissima qualità che rispettasse alti standard etici del lavoro e garantisse sostenibilità sull’intera filiera. Per questo motivo, abbiamo identificato nel modello Direct-to-Consumer la scelta vincente. Ancora oggi siamo l’unico vero brand nativo digitale che si occupa di abbigliamento per il ciclismo e che, con un assoluto approccio radicale, vende i propri prodotti esclusivamente sul sito internet aziendale. Le nostre collezioni infatti non sono disponibili in nessun altro luogo, fisico o digitale, e di questo ne siamo estremamente orgogliosi».
Yurika Marchetti e Giuliano Ragazzi, fondatori La Passione Yurika Marchetti e Giuliano Ragazzi, fondatori La Passione
La capacità di ascoltare
Risulta a questo punto decisamente chiaro quanto sia fondamentale per La Passione mantenere un rapporto diretto con il consumatore finale. In ogni sua scelta l’azienda tiene infatti costantemente conto dei feedback che arrivano al proprio servizio clienti. L’obiettivo è quello di arrivare a offrire un prodotto realizzato non per il cliente, ma “insieme al cliente”. Nasce così una proposta di prodotto elegante e minimalista che punta ad incontrare il gusto di una generazione di ciclisti molto attenta al look. Alla base di tale scelta c’è la ferma convinzione che l’abbigliamento da ciclismo possa tranquillamente essere elegante. Per farlo La Passione ha scelto da subito di essere innovativa proponendo sul mercato dei Bib Shorts blu scuro, che poi è il colore che più identifica il brand, una tonalità ancora oggi molto amata dai clienti.
Uno store per l’Italia
L’innovazione non sta solo nella ricerca e nello sviluppo di nuovi capi o di categorie di prodotto. Per essere sempre più vicini al cliente finale sono stati aperti negli ultimi anni degli stores online dedicati a USA, Regno Unito, Australia, Germania e Francia ai quali di recente si sono aggiunti Spagna e l’Italia. Yurika Marchetti, COO & Co-Founder La Passione spiega bene il motivo di tale scelta.
«Il nostro obiettivo è certamente pensare e realizzare un prodotto top di gamma per molti e vogliamo che anche gli strumenti che permettono di accedervi siano il più curati possibile. Se è vero che ormai la maggior parte delle persone comprende l’inglese, è altrettanto vero che nella propria lingua si colgono sfumature più accurate e le decisioni vengono prese con più sicurezza».
Yurika Marchetti, COO & Co-Founder La PassioneYurika Marchetti, COO & Co-Founder La Passione
Tante novità
Nel futuro de La Passione non mancano le novità. L’azienda vuol continuare a realizzare capi eleganti allargando ancor di più la platea dei propri potenziali clienti. Sono così in arrivo una collezione spinning, pensata per il pubblico femminile, e una linea urban, ideale per chi di recente ha scoperto il piacere di andare in bici. Ricordiamo che ultimamente è stata definita una collaborazione con l’ex campione di ciclismo Tom Boonennel ruolo di brand ambassador, che vediamo nella foto di apertura con Giuliano Ragazzi. La collaborazione con l’asso belga va ad affiancare quella con Flanders Classic, il circuito che unisce le più importanti gare di ciclismo del Belgio fra le quali spicca il Giro delle Fiandre. Oggi La Passione è formata da un team di oltre 30 persone altamente qualificate. L’obiettivo è quello di non smettere di crescere, mettendoci sempre passione.
Assos e Whoop, specializzata nella raccolta di dati fisiologici, hanno unito le forze. Ed ecco due pantaloncini... intelligenti. In versione uomo e donna
Il marchio di abbigliamento La Passione fresco di accordo con Flanders Classics e con un Ambassador di alto livello come Tom Boonen lancia la nuova collezione dedicata alla mitica Ronde van Vlaanderen.
In stile Fiandre
Le grafiche e il design di questi nuovi capi, una maglia e un pantaloncino, evocano le sensazioni che si provano al Giro delle Fiandre, con la magia che avvolge luoghi leggendari come il muro di Geraardsbergen o l’Oude Kwaremont. A farla da padroni sono i colori giallo e grigio in perfetto stile Flanders Classics.
La RVV Collection è disponibile sia per uomo che donnaLa RVV Collection è disponibile sia per uomo che donna
Tessuti di alta qualità
La RVV JerseyCobble Grey è una maglia disponibile sia per uomo che donna. La Passione ha utilizzato una combinazione dei più performanti tessuti di alta qualità. La vestibilità aerodinamica è garantita dalla parte anteriore prodotta con un materiale altamente elastico, mentre la parte posteriore è in tessuto traforato, che assicura la ventilazione anche nei giorni più caldi. Sui fianchi sono presenti degli inserti in microrete mesh molto traspiranti che aiutano la regolazione del calore corporeo. Le maniche sono tagliate a vivo e aderiscono perfettamente senza stringere, per un comfort elevato.
La sequenza dei muri impressa sulla schienaLa sequenza dei muri del Giro delle Fiandre impressa sulla parte posteriore della maglia
C’è anche l’altimetria
Molto belli i dettagli presenti sulla maglia come l’altimetria della Ronde van Vlaanderen riportata sul petto e la completa sequenza dei famosi muri riproposta sulla schiena. Il logo RVV e il cobble sulla manica destra completano questa maglia dallo spirito epico.
Tom Boonen con il completo della RVV CollectionTom Boonen con il completo della RVV Collection
Una nuova Lycra
I pantaloncini RVV Bib Shorts Cobble Grey sono realizzati con una nuova Lycra compressiva che crea un race fit ottimale dovuto anche alla costruzione a più pannelli. Anche per i pantaloncini viene riportata nel fondo gamba l’altimetria dei muri delle Fiandre. Un inserto speciale posto fra le bretelle e la rete sulla schiena, riporta il logo della corsa. Inoltre, ha anche la funzione di stabilizzare la struttura garantendo il mantenimento della posizione corretta del pantalone. Il fondello è il top di gamma di Elastic Interface con l’innovativa struttura air-mapping che assicura la traspirabilità e una rapida asciugatura.
Senti Ballan, due come Van Aert e Van der Poel li abbiamo mai visti? Possiamo rivedere in loro la rivalità che ci fu di recente fra Boonen e Cancellara? Oppure fra Cancellara e Sagan, se mettiamo sul piatto anche la diversità di carattere? E Alaphilippe che ruolo può svolgere?
Sono i pensieri che ti vengono guidando dopo le tappe della Tirreno-Adriatico, avendo assistito anche ieri a un altro show del belga e dell’olandese. E così l’idea è stata di condividere tutte queste domande con uno che si è trovato a correre in mezzo a Cancellara e Boonen e che magari, vivendola da dentro da corridore e ora con la Rai, può essersi fatto un’idea.
Per Ballan, le sfide fra Boonen e Cancellara ricordano quelle fra Van Aert e VdPLe sfide fra Boonen e Cancellara ricordano quelle fra Van Aert e VdP
Boonen e Cancellara?
Come rivalità somiglia, ma qui c’è più qualità. Boonen era nettamente più veloce, ma “Cance” era ovviamente superiore a crono. Qui la sensazione è che vadano forte allo stesso modo da tutte le parti. Anche la volata di ieri a Gualdo Tadino (foto di paertura). Ha vinto Van der Poel e Van Aert è arrivato “solo” quinto, ma prima ha dovuto chiudere il buco su Stybar. Se fossero partiti insieme, sarebbero arrivati al fotofinish.
Ti viene in mente un’altra rivalità del genere?
Non ho tutta questa storia sulle spalle. Ci sono stati fenomeni come Merckx o come Saronni, ma c’è sempre stata una differenza fra loro. Anche fra Moser e De Vlaemick.
Sono proprio uguali secondo te?
Non sovrapponibili. Van der Poel forse è più esplosivo e su un arrivo come quello di Siena ha un cambio di ritmo che l’altro non ha. Anche nel ciclocross, se ci fate caso. Van Aert prendeva la corsa in testa e magari la finiva vincendo. Ma al mondiale, mentre faceva così, l’altro da dietro gli ha mangiato terreno giro dopo giro, scattando sul ponte o in punti precisi.
Forse Van Aert va meglio in salita?
Su quelle lunghe, sì, almeno lo ha fatto vedere. Penso a quelle del Tour l’anno scorso, ma è anche vero che finora Van der Poel non lo abbiamo visto farle.
Secondo Ballan, Alaphilippe può infilarsi nel mezzo con le sue invenzioniAlaphilippe può infilarsi nel mezzo con le sue invenzioni
Come carattere?
Qui la differenza si vede. Van Aert è molto più impulsivo, forse è quello che teme di più l’altro. Magari perché ha perso tante sfide dirette. Penso all’occhiataccia che ha dato a Pidcock quando lo ha passato alla Strade Bianche durante l’inseguimento. Era nervosissimo, non so nemmeno se gli abbia detto qualcosa. Non ho capito come abbia corso a Siena…
Cioè?
Si è staccato in un momento di non particolare selezione. Se avesse pagato il ritmo perché era alla prima corsa, avrebbe sofferto tutto il giorno. Invece ha perso 200 metri e poi è andato forte come quelli davanti. Quasi da pensare a una crisi di fame, qualcosa di passeggero. Quasi abbia voluto farli andare per dare una dimostrazione e poi non sia più riuscito a riprenderli. Forse per questo era così nervoso.
Addirittura?
Anche sullo strappo finale, se li è tolti tutti di ruota. Non lo so, un giorno sicuramente strano. Comunque a occhio, si potrebbe pensare che Van der Poel abbia più classe.
E Alaphilippe che cosa può fare lì in mezzo?
Inventarsi l’attacco a sorpresa che li possa sorprendere, come la volata di Chiusdino. Anche lui è uno che sbaglia parecchio, però è forte e riuscirà a dargli filo da torcere. Ma non nel corpo a corpo, quello con due come loro è vietato.