Nella tana dei capi più veloci del mondo. Uno di noi da Bioracer

01.05.2025
7 min
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TESSENDERLO (Belgio) – Già la sola accoglienza, ordinata, con gli spazi appositi per le auto elettriche e le siepi curate, racconta quanto in Bioracer si dia importanza ai particolari… e la porta deve ancora aprirsi. Poi il livello si alzerà ulteriormente. E non di poco.

Ad accoglierci c’è Jelmer Jacobs, Performance Manager del brand belga. Una gigantografia di Remco Evenepoel che festeggia la vittoria olimpica sotto la Tour Eiffel ci introduce nel mondo Bioracer. «Guardate – dice con orgoglio Jacobs – in questa foto si vede bene il nostro logo (sul pantaloncino di Remco, ndr) e lui è nella stessa posizione». Una posa che richiama l’uomo vitruviano di Leonardo. «Uno spot perfetto per noi», conclude.

Si comincia

Inizia così un viaggio nell’azienda che veste molti dei migliori atleti al mondo, a partire da quelli della nazionale belga (e non solo). In queste stanze sono passati campioni come Evenepoel, ma anche Kopecky, Van Aert, Bigham… e altri che forse neanche si potrebbero nominare. «Remco – dice Jacobs – non è pretenzioso per nulla. E’ un ragazzo davvero tranquillo ed educato. Una volta capito che funziona, si fida»

Ogni angolo di Bioracer è un settore specifico. Il primo che Jelmer ci fa visitare è per certi aspetti il più importante: il cuore di una delle caratteristiche fondanti del marchio belga, l’aerodinamica.

Siamo infatti nella stanza in cui, partendo dalla posizione in sella, si ottengono i feedback necessari per creare il completo perfetto, su misura, per ogni ciclista. Due grandi telecamere laterali, una frontale, una bici centrale e un software che elabora tutto. Ci sono poi 22 marker, ovvero sensori: 10 sul corpo dell’atleta e due sulla bici.

«Questo software – spiega Jacobs – serve per capire come pedala l’atleta. La sua efficienza, quanto si muove e quanto si muove la bici. Come cambia la superficie frontale in base alle posizioni. Da qui otteniamo dati fondamentali per migliorare la stabilità e la postura. Informazioni preziose che possiamo correggere con i nostri plantari e che ci servono per realizzare completi specifici», che siano per bici da crono, strada o pista.

L’aerodinamica è centrale

Il tema dell’aerodinamica è centrale in Bioracer. Ne è la colonna portante. Proprio qui è nata una parte del Record dell’Ora di Filippo Ganna. «Pippo – riprende il tecnico fiammingo – non è mai venuto, ma Bigham ha svolto qui moltissime ore di lavoro. Un lavoro che poi è stato trasmesso a Ganna, il quale lo ha ottimizzato al Politecnico di Milano».

Per questo dicevamo che la stanza iniziale era importantissima. E’ chiaro poi che un body, una maglia, un calzino aero non sono frutto di un settore solo, ma dell’insieme: materiali, posizione, taglio, calzata… Ma la creazione del capo di abbigliamento con la “personalizzazione attiva” è quel passo in più di Bioracer.

I completi, siano da strada, crono o pista, sono progettati e costruiti sulle forme dell’atleta, in particolare su quelle che assume nello sforzo massimo. Le pieghe che un completo fa su un atleta non sono mai le stesse che fa su un altro. C’è dietro un lavoro minuzioso. E le foto della gallery che segue possono aiutare molto a capire…

Stabilità = efficienza

Un altro principio base di Bioracer è la stabilità. E’ un passaggio tutt’altro che secondario, specie quando il corridore è a tutta. La stabilità influisce sull’efficienza e persino sull’aerodinamica. Come dicevamo nessun settore è indipendente dall’altro.

Da qui nascono le loro solette-plantari speciali, realizzate con materiali specifici che rendono la suola su misura pressoché indeformabile. Aiutano i corridori a stare più fermi, a spingere di più, distribuendo meglio la pressione e migliorando così la prestazione.

Materiali

La ricerca e lo sviluppo dei materiali è una costante assoluta. Ogni ambiente, ogni funzione ha un proprio ufficio, una “stanza” dedicata. La riduzione delle pieghe nei completi è uno degli obiettivi primari, spesso minimizzate fino a sparire. Il tessuto, passateci il termine, è compressivo su tutto il corpo, ma in modo personalizzato da atleta ad atleta. Le cuciture sono ridotte al minimo, le zip sono a scomparsa.

Non è un caso che qui vengano anche i pattinatori di velocità su ghiaccio. «Noi spesso – aggiunge Jacobs – sfruttiamo anche la galleria del vento di Ridley, che non è lontana da qui».

Colori e personalizzazione

Come in altre aziende del settore, anche in Bioracer si insiste molto sulla personalizzazione grafica, ma anche la resa dei colori è oggetto di test approfonditi. Perché un colore visto su una cartella è una cosa, vederlo sulla Lycra è tutt’altro. Anche il giorno della nostra visita si stavano effettuando test su una tonalità di nero che, se abbiamo ben capito, era destinata a una mantellina.

A proposito di test, non manca quello sulla qualità. Ci sono macchinari specifici che distendono il materiale e ne misurano la reazione, la dilatazione e la tenuta. Ma non solo, ce ne sono anche altri.

L’idea è che davvero ogni cosa sia studiata al massimo e soprattutto sotto diversi punti di vista. Insomma è proprio il classico esempio in cui si può dire che nulla è lasciato al caso. Ci si pongono continuamente domande. E così si va avanti nello sviluppo… seguendo gli atleti di pari passo, ovviamente.