Seguendo i ragazzi del Giro della Lunigiana, fra tante bici ha fatto capolino una moto e su quella moto c’era una vecchia conoscenza, Luca Raggio. In una veste del tutto nuova e diversa da quella sua abituale, quella che ha vestito appena appesa la bici la chiodo, ossia di preparatore: il ligure 27enne era lì in veste di telecronista in moto, a seguire ragazzi più giovani e raccontare le loro gesta in apprezzatissime dirette Facebook.
Non potevamo non farci raccontare questa sua nuova esperienza, riallacciando così quel filo spezzatosi a inizio 2021 quando il ligure dovette fare i conti con troppe porte chiuse che gli avevano impedito di proseguire il suo sogno da professionista.
«E’ stato Alessandro Colò, che conosco da tempo e con cui collaboro per lavoro – racconta Raggio – che mi ha chiesto se fossi disponibile. Mi aveva sentito al Giro dell’Appennino commentare la gara e mi ha lanciato quest’idea un po’ pazza. All’inizio ero un po’ titubante, il primo giorno qualche incertezza c’è stata e lo ammetto, ma poi mi sono trovato sempre più a mio agio».
Come lavoravate?
Quasi come una televisione vera e propria, tanto è vero che avevamo una regia con due postazioni fisse e io in moto che raccontavo l’evoluzione di gara. La regia decideva in base all’accaduto che cosa mandare in rete. Le nostre dirette hanno avuto ascolti molto alti e secondo me possono essere un’idea che può prendere piede soprattutto per le gare giovanili non seguite dalle Tv, che molti genitori e tifosi seguirebbero ben volentieri.
E’ stata l’occasione per rientrare in gruppo, in fin dei conti il tuo abbandono è ancora fresco e recente…
Il ciclismo è rimasto il mio mondo, anche se lo vedo un po’ diversamente o almeno con occhi diversi in base ai miei compiti. Ma non ho mai smesso d’interessarmi, spesso vado a vedere le gare sul posto, sono rimasto legato a molti ambienti. Il ciclismo continua a piacermi moltissimo e questa esperienza mi ha ridato entusiasmo.
Che cosa hai provato a essere in mezzo al gruppo, ma in maniera così diversa dal solito?
Avevo già vissuto alcune gare in ammiraglia, ma essere proprio in mezzo, seguire le azioni da vicino è diverso. Vedi come si muovono i corridori, anche quei piccoli gesti, quelle occhiate che dicono tutto. Sono rimasto davvero sorpreso del livello generale del Lunigiana. Mancavo da quasi 10 anni da gare di questa categoria, avevo anche partecipato alla corsa nel 2012 e sembra passata una vita.
Quali sono le principali differenze?
I corridori sono davvero molto preparati e non mi riferisco solo all’aspetto fisico e prestativo. Proprio stando in mezzo cogli le situazioni che ti dicono molto della maturità del corridore. Come mangia, come si muove, quando parla con l’ammiraglia. Alcuni sono davvero esperti, sanno muoversi in modo quasi professionistico, mentre altri si vede che sono ancora acerbi come sarebbe normale a quell’età.
Si dice sempre che queste generazioni vanno fortissimo, che il ciclismo abbia notevolmente accorciato i propri tempi. Tu che impressione hai avuto?
Al Lunigiana, se si vanno a vedere gli albi d’oro, hanno vinto sempre corridori di grande avvenire e se si guardano i numeri di medie orarie e scalate, si nota che si va forte, ma poi non così diversamente dal recente passato. Quel che secondo me fa la differenza è la gestione di questi corridori: ho visto squadre nazionali muoversi proprio come team professionistici. Basti pensare al Portogallo, certamente non una Nazione di primissimo piano, eppure negli ultimi due giorni sono stati eccezionali. Lasciavano andare corridori non di classifica e al gruppo imponevano un ritmo che impediva ai rivali di prendere il largo. Esattamente come farebbe una squadra WorldTour… Sono tattiche che alla loro età non conoscevo nemmeno.
Ti aspettavi di più dagli italiani?
Molti sono arrivati all’appuntamento un po’ stanchi, me ne sono accorto anche parlando con loro. Quelli più attesi non erano sempre davanti, anche mentalmente non erano pienamente sul pezzo. Secondo me ci sono buoni talenti in mezzo al gruppo. Nella prima tappa tranne la Francia che faceva il ritmo in salita i nostri erano lì, poi nelle altre frazioni le squadre straniere hanno preso un po’ il sopravvento. Ho visto soprattutto scatti di alcuni dei nostri che magari in una gara italiana avrebbero fatto la differenza, lì invece venivano ripresi e poi non avevano più le energie per competere nel finale per i primi posti. Credo comunque sia normale, dopo aver menato per tutta la stagione…
Ripeteresti un’esperienza del genere?
A dir la verità ne abbiamo già parlato, come abbiamo messo a fuoco anche che cosa bisogna migliorare. A me piace parecchio, tanto è vero che avevamo iniziato con dirette di una quarantina di minuti e abbiamo finito con il doppio del tempo… L’attrezzatura necessaria non costa tantissimo, basta avere quel che serve compresa la moto. Io dico che darebbe una bella mano al movimento giovanile.