Teide, Sierra Nevada, corse. Gli incastri della Polti e Marangoni

24.04.2025
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Quanto lavoro prima del Giro d’Italia e quanti incastri devono fare i preparatori, tra gare, ritiri, formazioni, recupero e la gestione di un gruppo sempre più disparato per nazionalità. Un esempio? La Polti-VisitMalta ad un certo punto si è ritrovata con alcuni atleti in ritiro a Sierra Nevada, altri sul Teide. E ovviamente altri ancora in gara e qualcuno a casa.

Di questo approccio “multitasking” al Giro d’Italia e di questi ritiri, in particolare, abbiamo parlato con coach Samuel Marangoni, uno dei preparatori ufficiali della squadra di Basso e Contador (in apertura foto @ajondiaz).

Samuel Marangoni allena i ragazzi della Polti-VisitMalta (foto Instagram)
Marangoni allena i ragazzi della Polti-VisitMalta (foto Instagram)
Samuel, prima di entrare nello specifico della preparazione e dei ritiri, una domanda più generale. L’arrivo tardivo della wild card vi ha complicato un po’ i piani?

Più che altro c’era attesa e paura, ma il lavoro è stato impostato come se si andasse al Giro. E se non avessimo fatto il Giro, avremmo cambiato le cose in corsa. La preparazione per un Grande Giro parte da lontano, quindi per forza di cose avremmo dovuto fare così.

Abbiamo visto che avete suddiviso il lavoro in due gruppi: chi a Sierra Nevada e chi al Teide. Come mai?

In realtà due ragazzi spagnoli, Fernando Tercero e Diego Sevilla, a Sierra Nevada erano più autogestiti. Inoltre il loro era un ritiro mirato principalmente per le gare di aprile. Con questo non dico che non possano fare anche il Giro, ma avevano staccato prima e avevano un avvicinamento diverso. Tanto è vero che hanno anche lasciato prima il training camp in quota: Tercero ha corso in Abruzzo e da domenica sarà al via per il Tour of Turkiye.

E i ragazzi sul Teide?

Erano tre ed erano Mattia Bais, Davide Piganzoli e Mirco Maestri. Loro invece hanno fatto un ritiro vero e proprio in preparazione al Giro d’Italia. Per prendere una decisione finale sulla formazione si aspettano queste ultime gare, ma è chiaro che “Piga” e Maestri sono due punti fermi… posto che anche loro devono dimostrare di pedalare forte!

Sevilla e Tercero erano ai 2.500 metri di quota di Sierra Nevada (con loro un trail runner spagnolo)
Sevilla e Tercero erano ai 2.500 metri di quota di Sierra Nevada (con loro un trail runner spagnolo)
Una domanda che poniamo spesso ai team nella vostra situazione: non è che per guadagnarsi il posto vanno forte prima e poi al momento del Giro sono un po’ in calo? Come la vedi?

E’ importante la corretta alternanza tra corsa e recupero. Si fanno dei bei blocchi di lavoro a casa, ma il recupero in tutto questo diventa ancora più importante, e sta a noi preparatori farli arrivare al Giro con la freschezza giusta. Ovvio che l’ideale sarebbe avere una squadra definita mesi prima, ma non siamo la UAE Emirates o la Red Bull-Bora… Noi abbiamo 20 corridori, non possiamo gestire così tanto le presenze alle corse o fermare un intero gruppo per preparare un appuntamento. Senza contare che ci servono punti. Insomma, non puoi lasciare fuori l’intera squadra dalle gare di aprile.

Quindi si è trattato di una questione logistica e non di gruppi distinti…

Sì, esatto. Come dicevo, Sevilla e Tercero sono andati in autonomia lassù. E poi bisogna considerare che gli spagnoli hanno agevolazioni particolari nell’andare a Sierra Nevada e infatti non erano i soli. Non è stata una divisione tra uomini veloci e scalatori, né una scelta tecnica. Nel loro caso si è trattato di una scelta personale, ovviamente condivisa con il team, tanto è vero che erano seguiti dal capo dei preparatori, Barredo.

Piganzoli dal Teide al Tour of the Alps: giusto ieri è arrivato per lui un incoraggiante quarto posto
Piganzoli dal Teide al Tour of the Alps: giusto ieri è arrivato per lui un incoraggiante quarto posto
Chiarissimo. Quando sono andati e quanto sono durati questi ritiri?

Sono tutti rientrati da poco, soprattutto gli italiani che ora stanno correndo il Tour of the Alps. Sono stati sul Teide per 20 giorni. “Piga” è partito 4-5 giorni prima, mentre Maestri è stato l’ultimo a rientrare, ma è anche vero che non è in Trentino, ma andrà in Turchia. Lì avevano tre coach differenti: io avevo Maestri, De Maria seguiva Piganzoli e Barredo seguiva Bais.

La Polti-VisitMalta ha corso “poco” sin qui, o comunque un filo meno di altri team: come mai?

Dovevamo fare qualche corsa in più a febbraio, ma poi alcune sono saltate per vari motivi. Antalya non è stata fatta e la trasferta in Rwanda proponeva problematiche igienico-sanitarie affatto comode (molte vaccinazioni, ndr), specie in questa fase della stagione. Tuttavia ci tengo a dire che il gruppo del Teide, in particolare, ha svolto il programma previsto. I ragazzi hanno corso alla Valenciana, al Gran Camino, hanno fatto la Tirreno… e sono poi andati sul Teide ad aprile. Avevano un calendario ricco. In generale abbiamo cercato di andare a tutte le corse e “coprire” chi era a casa perché potesse recuperare o lavorare.

Samuel, come arrivate dunque alla corsa rosa?

Direi che abbiamo fatto un buon avvicinamento. E’ stato fatto un bel lavoro anche da chi non ha preso parte al ritiro e sta correndo di più. Stiamo cercando di gestire al meglio recuperi e gare, come dicevo prima. A livello di risultati c’è la lotta per i punti. Una lotta fondamentale per il prossimo anno, per restare nelle prime 30 (che hanno possibilità di accesso ai grandi Giri, ndr). Abbiamo ottenuto diversi podi e piazzamenti, ci manca la vittoria. E questa ci farebbe comodo: spezzerebbe quell’inseguire il risultato a tutti i costi. Però ho visto dei ragazzi presenti e ci siamo fatti vedere in tutte le corse disputate.

Piganzoli, Maestri e Mattia Bais in ritiro sul vulcano nel bel mezzo dell’Atlantico fino a pochi giorni fa (foto Instagram)
Piganzoli, Maestri e Mattia Bais in ritiro sul vulcano nel bel mezzo dell’Atlantico fino a pochi giorni fa (foto Instagram)
Anche se è seguito da De Maria, cosa puoi dirci di Piganzoli?

Io credo che Davide stia bene. In questi giorni è impegnato al Tour of the Alps, vediamo come va. Venendo dal ritiro non ci aspettiamo che sia già al top. Ma quel che conta è che sin qui non ha avuto intoppi, ha lavorato bene, ha messo nel sacco dei volumi importanti e per questo siamo fiduciosi che possa fare bene. Magari anche al Tour of the Alps, e ancora di più al Giro.

Piga è il vostro uomo di classifica. Sul Teide ha lavorato anche con la bici da crono?

Lui sì, ci ha fatto un bel po’. Mentre Maestri lo farà più in là, in vista del campionato italiano. E’ qualcosa che vogliamo curare un po’ meglio, visti gli ottimi risultati dell’anno scorso.

Che Polti-VisitMalta possiamo aspettarci al Giro? Sarà più o meno come quella del 2024 o tutti per Piganzoli?

Di certo ci sarà qualche attenzione in più per Davide, ma non possiamo certo comandare la corsa. Quindi sarà una squadra mista, con il velocista, gli uomini da fuga, quello per la classifica. L’idea è di essere la squadra che è sempre stata al Giro.

Pellizzari, Roglic e il Catalunya: 7 giorni all’università

02.04.2025
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Basta sbirciare tra i vari post Instagram di Giulio Pellizzari per rendersi conto di come il marchigiano si sia ben integrato nella Red Bull-Bora-Hansgrohe e abbia stretto un bel legame con Roglic. Il Catalunya lo ha mostrato nella veste di uomo di fiducia e considerando il fatto che lo sloveno si è aggiudicato la classifica finale, si può dire senza il rischio di essere smentiti che la collaborazione abbia dato ottimi frutti.

Quando ci risponde, Giulio è finalmente a casa. La stagione finora è vissuta sulle prime tre corse a Mallorca. Poi tre settimane di ritiro sul Teide. Il Catalunya. E ora, dopo questi pochi giorni a Camerino, ripartirà di nuovo per l’altura, in attesa di ricevere il resto del programma. Intanto fra i segnali da interpretare c’è che il Giro dei Paesi Baschi è stato tolto dal calendario, perché ritenuto troppo pesante dopo il Catalunya. Su tutto aleggia la suggestione del Giro d’Italia, che per ora tuttavia non è nei programmi.

Pellizzari è arrivato al Catalunya dopo le tre gare di Mallorca e tre settimane di altura
Pellizzari è arrivato al Catalunya dopo le tre gare di Mallorca e tre settimane di altura
Hai pubblicato un post in cui racconti della conoscenza con Roglic e di come adesso per te sia semplicemente Primoz.

Non posso dire che siamo amici, non andiamo a cena insieme. Però c’è un rapporto di stima. Vedendo tutte le attenzioni che ha quando è giù dalla bici, cerco di disturbarlo il meno possibile. Per me è una persona normale, forse mi ha preso bene perché lo tratto come se fosse uno qualunque. Ho tante domande, gliele faccio per curiosità. Mi racconta aneddoti, quindi è bello starlo a sentire.

Al Catalunya sei sembrato protagonista anche nel tuo ruolo da gregario, con uno scopo ben chiaro.

Sono arrivato con un po’ di timore, perché avevo corso pochissimo. Avevo fatto le tre gare di Mallorca, ma al Catalunya c’era un altro livello, quindi avevo qualche dubbio. Invece col passare dei giorni, sono andato sempre meglio. Sinceramente non mi aspettavo neanche io di andare così forte, ho fatto i migliori valori della vita, quindi si vede che prima ho lavorato bene.

Vuol dire che tanta altura ha funzionato. Come sono state quelle tre settimane?

Sono passate velocissime, non credevo. Eravamo tutti quelli del Catalunya, a parte Tratnik. C’erano Wandahl, Hajek, Nico Denz, Roglic, Aleotti, poi Meeus e anche Pithie. Sono state giornate piene. Sei lassù per allenarti, fai da 26 a 28 ore a settimana. Per cui rientri alle quattro, hai giusto il tempo di fare pranzo, massaggio, aspetti l’ora di cena. Dopo cena partita a FIFA con Jordy Meeus, chiamata alla mia ragazza e poi via a letto.

Chi vinceva a FIFA con Jordy Meeus?

Ha vinto sempre lui, ho perso 200 euro (ride di gusto, ndr)…

Il Teide prima del Catalunya e il Teide dalla prossima settimana: qui Pellizzari è con Jordi Meeus (immagine Instagram)
Il Teide prima del Catalunya e il Teide dalla prossima settimana: qui Pellizzari è con Jordi Meeus (immagine Instagram)
Come è stato vivere il Catalunya nella squadra del vincitore?

Finché ero alla Bardiani, magari c’ero io al centro e avevo addosso tanta pressione. Si potrebbe pensare che avendo un leader da aiutare, ce ne sia di meno, invece vuoi essere all’altezza del ruolo. Magari l’anno scorso arrivavo alle gare e, comunque andasse, la vivevo senza troppi pensieri. Ora invece riconosci i sacrifici della squadra. Pensi al ritiro sul Teide e al fatto che hanno prenotato le stanze per quattro mesi. Massaggiatori, meccanici, voli: per la squadra sono sacrifici. Per cui un po’ di pressione c’era ugualmente e sono stato contento quando dopo la prima tappa Ralf Denk (il general manager della squadra, ndr) mi ha abbracciato tutto contento e mi ha detto che ero stato bravo ed ero andato forte. Ho sentito la loro fiducia. Fino a quel momento avevo visto tante gare in televisione e mi era venuta voglia di dimostrare che anche io fossi forte.

Che effetto fa lavorare per un altro?

Un bagaglio di esperienza enorme. Mi hanno detto che il miglior capitano è quello che è stato gregario e io sono sicuro che arriverà anche il mio momento.

Sei sembrato anche più composto in bicicletta: c’è voluto tanto per abituarsi alla nuova posizione?

Pochissimo. Sono andato da loro a ottobre, mi hanno cambiato la posizione e mi hanno detto di andare. Sono partiti dalla vecchia posizione e hanno messo a punto la nuova. Una sera del Catalunya mi ha chiamato Wladimir Belli e mi ha chiesto se finalmente fossi diventato composto sulla bicicletta. Non so come sia successo, però anche in bici mi sento proprio bene. Sono un po’ più basso di sella, più corto di 5 millimetri e ho il manubrio più stretto.

Pellizzari e la sua Specialized: telaio più corto, manubrio stretto, sella più bassa
Pellizzari e la sua Specialized: telaio più corto, manubrio stretto, sella più bassa
Come ti trovi con la sella più bassa?

Sento che spingo meglio. Come quando uno è a tutta e va in punta di sella, anche a crono. Ora vado tanto in punta di sella, sento che spingo meglio così che da dietro. Lavoro più con il quadricipite, sento di fare più forza.

In quale momento del Catalunya ti sei sentito meglio?

Nella tappa in cui ho fatto decimo, mi pare la quarta. Sono partito male, ero imballato, avevo sensazioni bruttissime. Poi sono arrivate le montagne, mi sono sbloccato e sull’ultima salita non sentivo la catena. Volavo sulle ali dell’entusiasmo, ero proprio felice. Da quel momento ho cercato di fare quello che mi diceva la squadra e quello che mi chiedeva Primoz. Ho tirato. Ho fatto il gregario, però alla fine il lavoro pesante l’ha fatto tutto la UAE. Io ho tirato qualche salita, ma sono stato spesso accanto a lui. Ho preso le misure e nell’ultima tappa sono riuscito a capire quello che voleva senza che quasi dovessero dirmi nulla.

In tutto questo, Aleotti è il tuo maestro di vita nel team?

Al Catalunya eravamo in camera insieme e mi ha dato tanti consigli. Anche il giorno che io ho fatto decimo e ha vinto Primoz, io ero a ruota di Landa quando è partito Ayuso. Non sapevo se dovessi seguirlo, se tirare, che cosa volesse lui. Invece Aleotti dopo la tappa mi ha detto che in questi casi devo spostarmi sempre, perché Primoz ci pensa da solo. Consigli di questo genere. Lui ormai è nei meccanismi della squadra da tre anni. Mi ha detto di seguirlo nel giorno dei ventagli, però purtroppo non ci sono riuscito. Mi ha davvero aiutato tanto.

Come va con l’inglese?

Meglio! All’inizio avevo paura di parlare, adesso invece parlo e sbaglio. E quando sbaglio, mi metto a ridere e loro ridono assieme a me, questo è positivo. In corsa invece, sull’ammiraglia c’era Patxi Vila. Lui è spagnolo, quindi il suo inglese è simile al nostro per cui lo capivo bene.

Prossima altura nuovamente sul Teide?

Esatto, già dalla prossima settimana. Se lo avessi saputo, avrei lasciato su la valigia. Molto meglio tenerla in hotel che andare in giro con un bagaglio di 40 chili. Qua piove e fa freddo, non mi dispiace tornare al caldo. Di quello che verrà non so ancora. Si sta parlando di varie ipotesi, però è meglio aspettare e non crearsi false attese.

Le 46 ore in bici di Masnada in Spagna: il ritiro di gennaio

25.01.2025
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Continua il nostro viaggio all’interno di quelli che sono gli allenamenti dei professionisti prima che inizi la stagione. Il protagonista questa volta è Fausto Masnada, rientrato da poco dal secondo training camp con la XDS Astana Team. Ora il bergamasco si trova sul Teide insieme a Lorenzo Fortunato, i due staranno insieme fino ai primi giorni di febbraio. Una volta terminato questo secondo blocco di lavoro il “folletto dello Zoncolan” tornerà a casa per iniziare la stagione, mentre Masnada resterà sull’isola a lavorare con il gruppo delle Classiche

Fortunato e Masnada dopo il ritiro di Altea sono partiti insieme per il Teide (foto XDS Astana Team)
Fortunato e Masnada dopo il ritiro di Altea sono partiti insieme per il Teide (foto XDS Astana Team)

Dal mare al vulcano

La curiosità intorno al neo acquisto della XDS Astana è tanta, dopo cinque stagioni vissute tra alti e bassi in maglia Soudal Quick-Step è il momento di ritrovare la serenità e le sensazioni che lo avevano spinto tra i nomi da cerchiare in rosso per il futuro del ciclismo italiano. Messo da parte il secondo ritiro con la sua nuova squadra ficchiamo il naso nei lavori fatti in quei giorni spagnoli.

«Siamo stati ad Altea – ci racconta dall’alto del vulcano Teide – dal 6 al 17 gennaio. Considerando il primo e l’ultimo come dei giorni di viaggio abbiamo suddiviso gli allenamenti in tre blocchi: due triplette e una doppietta. Il tutto intervallato con due giorni di riposo».

Il secondo ritiro della XDS Astana Team è durato una decina di giorni, per un totale di 46 ore di allnemamento (foto XDS Astana Team)
Il secondo ritiro della XDS Astana Team è durato una decina di giorni, per un totale di 46 ore di allnemamento (foto XDS Astana Team)

Primo blocco

I giorni di lavoro sono stati in tutto dieci, considerando anche le due sessioni di recupero, che però sono state gestite in maniera totalmente differente. 

«Il 7, 8 e 9 gennaio – spiega Masnada – abbiamo pedalato tanto, così come nel resto del training camp. Il primo giorno, essendo vicino al viaggio, non si è caricato troppo. Abbiamo pedalato per un totale di quattro ore e mezza inserendo dei lavori di breve durata. Questi consistevano in brevi sprint dove variava la durata e la lunghezza del rapporto. Il tutto su un percorso non troppo impegnativo. Si è trattato di un risveglio muscolare. Il resto del tempo siamo stati in Z2, quella di general endurance. Eravamo divisi in gruppi da otto o dieci atleti e quando passavi in testa facevi tirate da una ventina di minuti tra la Z2 e la Z3».

«Il giorno successo – prosegue – l’8, abbiamo fatto dei test per misurare i valori e avere un piano di allenamento per il ritiro e i programmi successivi. Il 9, invece, siamo tornati a fare endurance con dei lavori in salita di media e lunga durata. In totale siamo stati in bici per sei ore e mezza, sulle salite il ritmo era quello di fat max. Abbiamo messo insieme tanto dislivello, intorno ai 3.500 metri e anche a ruota si spingeva».

I corridori del team kazako hanno lavorato molto sull’endurance (foto XDS Astana Team)
I corridori del team kazako hanno lavorato molto sull’endurance (foto XDS Astana Team)

Secondo blocco

Chiusa la tripletta iniziale i corridori della XDS Astana hanno fatto un giorno di riposo totale, la bici l’hanno presa solo per fare qualche contenuto video e riprese per il marketing. Senza stress. 

«La ripresa con gli allenamenti – dice Masnada – è stata l’11 gennaio con un’altra tripletta. In totale le ore di allenamento nei dieci giorni sono state quarantasei, la maggior parte svolte a ritmi di endurance. Anche se non sono mancati i lavori specifici. Nell’arco complessivo delle ore in Spagna un buon 20 per cento è stato dedicato a lavori. Non è stato il classico ritiro con tanto fondo e basta, ma nemmeno un ritiro da “molti lap” ovvero con solo esercizi». 

«Nelle uscite dell’11, 12 e 13 – prosegue a raccontare – ci siamo dedicati a esercizi diversi, come under e over e sul VO2Max. Nel primo caso si tratta di ripetute a due diverse intensità: in Z3 e in Z5. Per concludere anche gli ultimi due giorni, il 15 e il 16, abbiamo tenuto lo stesso piano di allenamento».

Nella seconda parte del ritiro sono stati introdotti alcuni lavori in salita (foto XDS Astana Team)
Nella seconda parte del ritiro sono stati introdotti alcuni lavori in salita (foto XDS Astana Team)

In velodromo

Durante i giorni di Altea i corridori del team XDS Astana hanno trovato anche il tempo di andare in velodromo a fare degli studi sulla posizione da cronometro. 

«Il secondo giorno di riposo – conclude Fausto Masnada – non è stato totalmente defaticante. Abbiamo approfittato della vicinanza con il velodromo di Valencia e siamo andati in pista a girare con le biciclette da cronometro. Ci siamo concentrati sullo studio del coefficiente aerodinamico insieme agli ingegneri. Per ogni posizione facevamo una media di 50 chilometri orari per sedici giri. Io ho provato quattro o cinque posizioni diverse, quindi alla fine ho fatto un’ora e mezza a buona velocità. Non è come fare un allenamento intero, perché con la bici da crono si sta in giro di più, ma non siamo stati fermi. Alla fine ho recuperato una volta tornato a casa, nei quattro giorni prima di ripartire alla volta del Teide».

Quel Fiandre stupendo è nato sul Teide. Slongo racconta

03.04.2024
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Fra i ringraziamenti di Elisa Longo Borghini dopo la vittoria del Fiandre, forse quelli più sentiti sono arrivati a Paolo Slongo, che la corsa l’ha vista in tivù dopo un allenamento di cinque ore sul Teide con alcuni ragazzi del gruppo Giro. Nella Lidl-Trek, il trevigiano si è calato con umiltà in un ruolo dietro le quinte che a giudicare dai risultati porta davvero ottimi frutti. Fu lui lo scorso settembre a fermare la piemontese dopo la terza tappa del Romandia e ad imporle lo stop più lungo della carriera. L’obiettivo era resettare un sistema in crisi a causa dei tanti intoppi e con il senno di poi si può dire che l’operazione sia andata a buon fine.

Tre Fiandre per Vdp, due per la Longo: una grafica celebrativa
Tre Fiandre per Vdp, due per la Longo: una grafica celebrativa
Che effetto fa sentirsi ringraziare a quel modo da una campionessa che ha appena vinto il Fiandre?

E’ stato un piacere, è il mio lavoro e lo faccio sempre con passione. Conosco Elisa da una vita e l’anno scorso ci siamo resi conto di dover recuperare la persona dopo un anno davvero sfortunato. Era partita benissimo, vincendo il UAE Tour. Poi aveva preso il Covid con la febbre altissima. Accelerammo perché fosse pronta per le classiche e, pur non al suo meglio, fece terza al Fiandre e seconda nella Liegi. Poi siamo andati al Giro, ha vinto una tappa e poteva giocarsi la classifica con la Van Vleuten, invece è caduta e il Giro è andato. Al Tour si andava pure bene, ma è venuto fuori il problema a quella ghiandola e a questo punto l’abbiamo fermata. Lei avrebbe voluto riprendere, ma sarebbe stato un inutile tirarle il collo.

Fermarsi è stata forse la parte più difficile…

A Elisa piace allenarsi, stare sulla bici. Dirle di fermarsi è parsa una bestemmia. Per fortuna il matrimonio e il viaggio di nozze l’hanno aiutata a uscire dalla solita routine e questo ha fatto sì che il sistema si sia resettato.

A dicembre continuava a dire di andare pianissimo…

Quando riprendi dopo così tanto tempo, sembra sempre di andare piano. Bisogna ricostruire un passettino alla volta. Davvero conosco Elisa da quando era junior, perché davo una mano a Rigato quando era alla Fassa Bortolo. Così a un certo punto le ho detto: «Devi fidarti fi me. E vedrai che andrai più forte degli anni scorsi».

E lei?

Si è fidata, anche se a volte mi mandava delle foto in cui si vedevamo valori bassini. Siamo ripartiti da tanti dubbi: «Tornerò più come prima?». E ancora una volta le ho detto di non pensare così tanto e alla fine sono arrivati i primi riscontri.

E’ vero che la vittoria del Fiandre è nata sul Teide?

Prima delle classiche eravamo quassù noi due. C’era anche la Niewiadoma con la sua squadra e anche Marianne Vos, ma noi ci siamo messi lì a fare il nostro lavoro da soli, ciascuno nel suo ruolo. Siamo innamorati di quello che facciamo e i risultati sono iniziati ad arrivare. C’era già un morale diverso. Il secondo posto alla Strade Bianche aveva detto che c’era, anche se mancavano dei pezzettini.

Pensavi che avrebbe potuto vincere il Fiandre?

Quando lavori bene, i risultati arrivano. E il Fiandre era perfetto come percorso e anche per il fatto che piovesse. Lei è come quello che allenavo prima (sorride alludendo a Nibali, ndr), ha grande fondo e si esalta con il brutto tempo.

Per Elisa Longo Borgini, che ha 32 anni, il Fiandre è stato la vittoria numero 42 della carriera
Per Elisa Longo Borgini, che ha 32 anni, il Fiandre è stato la vittoria numero 42 della carriera
La stagione scorsa così frammentata le ha in qualche modo tolto qualcosa?

Non credo, ha tenuto i suoi buoni livelli. A inizio anno, aveva già qualcosa più dell’anno precedente, ora manca un altro saltino. La cosa che fa piacere infatti è aver vinto, essere davanti sapendo che manca ancora un 10 per cento di condizione da trovare.

Elisa ha vinto il Fiandre nel 2015 e poi nove anni dopo: in cosa è cambiata?

Lei è rimasta forte, il ciclismo è cambiato. Sei sempre su una strada con una bicicletta e lei a 23 anni fece vedere di essere davvero forte. Nove anni dopo ha mantenuto la capacità di dominare le altre e l’ho trovato davvero molto bello.

La vittoria in volata era così scontata?

C’era un po’ di rischio. Io sono quassù e con noi c’è anche suo marito Jacopo (Mosca, ndr). Per cui siamo rientrati dall’allenamento in tempo per seguire la gara delle donne. Eravamo a tavola a chiederci perché mai non attaccasse. In realtà poi Elisa ci ha raccontato che Shirin Van Anrooij era stanca per aver lavorato tanto. Anche Niewiadoma faticava quando doveva passare a tirare quindi Elisa è andata alla volata davvero fiduciosa. E proprio sulla volata c’è un aneddoto.

La volata era un rischio, am questa volta Elisa l’ha lanciata con la certezza di vincerla
La volata era un rischio, am questa volta Elisa l’ha lanciata con la certezza di vincerla
Sarebbe?

Quando facevamo gli sprint sul Teide, per provocarla le dicevo di fare qualche best. E dato che non c’è mai riuscita, le dissi che ne avrebbe fatto qualcuno in gara. Ebbene, nei giorni prima del Fiandre, una delle attivazioni era fare anche delle volate e lei per due giorni consecutivi ha fatto il suo best in volata. Stava bene e la sensazione bella è avere ancora margine e la capacità di tenere questa condizione ancora per parecchio.

Elisa farà la Roubaix?

No, si resta fedeli al piano originario. E visto che l’obiettivo è fare bene alla Liegi, la Roubaix era una suggestione, ma la guarderà anche lei in televisione.

E tu invece ormai vivi sul Teide?

E’ parte del mio lavoro, corse in proporzione ne faccio davvero poche. Ora siamo qua con una parte del gruppo del Giro e non siamo in hotel, ma in alcuni appartamenti che sono stati sistemati per farci alloggiare gli atleti, visto che ormai non si trova più posto. Siamo in casa col cuoco e per avere la corrente bisogna accendere il gruppo elettrogeno. Una mezza avventura, ma si lavora bene. Torniamo giù il 14 aprile, poi vedremo cosa ci sarà scritto nel programma.

Le domande sulle scelte di Van Aert verso Fiandre e Roubaix

02.03.2024
5 min
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Van Aert e le classiche del Nord: il Fiandre e la Roubaix. L’una e l’altra, l’una o l’altra. E’ questa la grande missione del belga per la prima parte di stagione, tanto da aver sacrificato per esse i lavori specifici della crono, la Strade Bianche di oggi e la Sanremo. E’ incredibile come nel giro di un anno e mezzo il supereroe instancabile – Van der Poel – si sia convertito in cecchino capace di programmare col contagocce e anche Van Aert abbia dovuto adeguarsi. Già lo scorso anno i loro programmi avevano preso a cambiare direzione: sarà vero che sul podio Wout ha sempre il sorriso, ma perdere sempre non è certo piacevole.

La vittoria in Algarve ha messo il primo tassello, quella di Kuurne ha fatto capire che il progetto è una cosa seria. Eppure c’è chi, come il francese L’Equipe, ha visto nella prestazione poco sicura della Omloop Het Nieuwsblad un livello insufficiente rispetto alla caratura del campione. Se infatti domenica ha fatto esplodere il gruppo a quasi 90 chilometri dall’arrivo, il giorno prima ne mancavano 30 quando non è riuscito a rispondere a Skujins sul Berendries. La vittoria di Tratnik a Ninove basta per dire che tutto va bene?

Di nuovo il Teide

La vera novità di stagione per quanto riguarda Van Aert sta nel cambio di guida tecnica. Di lui ora si occupa Mathieu Heijboer, il gran capo degli allenatori della Visma-Lease a Bike, che ha dichiarato chiaramente gli obiettivi.

«La cosa che m’interessa – ha detto nell’inverno – è che Van Aert migliori in modo costante per essere al meglio in aprile. Senza picchi di forma precedenti, mostrando però un continuo progresso di condizione».

Stando così le cose, il piano si va svolgendo alla perfezione, sia pure con alcune perplessità legate alla periodizzazione dell’altura e scelte inedite. L’anno scorso Van Aert è stato sul Teide da metà febbraio a inizio marzo, mentre nel 2022 ne scese a fine febbraio per l’Omloop Het Nieuwsblad. Quest’anno, insieme ai compagni Tratnik, Benoot e Hagenes, Wout ha optato per un periodo di tre settimane subito dopo il weekend dell’apertura al Nord. Tornerà alla vigilia della E3 Saxo Classic (22 marzo), per dedicarsi alle classiche del pavé, con il Fiandre e la Roubaix come obiettivo principale. Dopo la Omloop Het Nieuwsblad, il diesse Arthur Van Dongen ha dichiarato che Van Aert non fosse ancora al top proprio perché non è ancora stato in altura, come invece i compagni Laporte e Jorgenson.

I dubbi e le domande

Il tema sulla durata dello stage e il rientro al livello del mare tiene banco sui media del Belgio. Het Nieuwsblad ha infatti interpellato Ruud Van Thienen, medico sportivo e ricercatore presso l’Università di Gand.

«Come ogni cosa legata all’essere umano, ci sono variazioni – spiega – ma in media si ottiene un vantaggio dallo stage in altitudine nelle quattro-sei settimane successive. Dopo due settimane, la quantità di globuli rossi extra prodotti è quasi completamente scomparsa e anche gli altri benefici si attenuano nel tempo. In media, dopo circa sei-otto settimane, nessuno degli altri effetti è più evidente».

Per cui la curiosità è sull’anticipo con cui andare, puntando alle classiche tra il Fiandre e la Roubaix e il carico di lavoro possibile per non esagerare con la stimolazione.

«Nei primi giorni – prosegue Van Thienen – l’energia passa dal tuo sistema all’adattamento all’altitudine e questa è energia che non è disponibile per l’allenamento. Devi ridurre il volume di lavoro durante l’intero periodo di permanenza in quota. Tutto quindi dipende da ciò che per il singolo atleta offre il massimo miglioramento delle prestazioni. Beneficia maggiormente del volume in più (dal 5 al 10%) con cui può allenarsi quando non è in quota, oppure beneficia maggiormente dell’effetto positivo dell’altitudine? Tutti migliorano andando in quota, ma la portata dell’effetto varia enormemente».

«Normalmente mi sento molto forte quando torno dall’altitudine – ha detto Van Aert dopo la vittoria di Kuurne – spero di trovare lassù quell’uno per cento in più».

Van Aert va da anni sul Teide: qui una foto del 2021 con Roglic, preparando proprio le classiche
Van Aert va da anni sul Teide: qui una foto del 2021 con Roglic, preparando proprio le classiche

Sanremo addio

Domenica Van Aert ha fatto esplodere la Kuurne-Bruxelles-Kuurne. Ha portato con sé Wellens, Lazkano e Pithie e non ha avuto difficoltà nel metterli in fila all’arrivo. Ugualmente, è rimasto molto cauto sul suo stato di forma, che ha trovato migliore del giorno prima, ma ancora lontano dal top.

Sappiamo che il belga è spinto dalle ambizioni più elevate in relazione a Fiandre e Roubaix e il suo cammino per raggiungerle è iniziato lunedì con il volo verso Tenerife.

«Sto cercando di trovare l’ultima percentuale – ha spiegato – che mi è mancata per vincere finora il Fiandre o la Roubaix. Het Nieuwsblad e Kuurne sono state difficili per come le abbiamo gestite, ma i monumenti verranno tra cinque settimane: sarà un altro periodo, un altro livello. Non so quanto mi manchi per essere al top, ma ho bisogno di questo stage in altura».

Questo ha significato eliminare gare come le Strade Bianche o la Milano-San Remo: «Mi rende triste – dice – ma le ho già vinte. In questa stagione cambio tutto, non solo per le classiche visto che farò subito il Giro, che è anche una novità. Non so dire se ho ragione o no, ma dovevo cambiare».

Formolo: l’esordio con la Movistar e un tampone da fare

09.02.2024
4 min
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Dopo quattro stagioni colorate di bianco, nero e rosso con il UAE Team Emirates, vedere Davide Formolo con un’altra divisa fa uno strano effetto. Il veneto da gennaio è un nuovo corridore della Movistar. Squadra storicamente spagnola, che ha spesso aperto le porte anche a corridori italiani. Una nuova avventura per “Roccia”, che a 31 anni ha scelto di provare a giocarsi ancora le sue carte. Il finale di 2023, con due vittorie ravvicinate, deve avergli dato la sensazione che in cima ci sia ancora posto per sporgere la testa. 

Nell’ultima tappa dell’AlUla Tour a Formolo sono mancati 100 metri per restare con i primi
Nell’ultima tappa dell’AlUla Tour a Formolo sono mancati 100 metri per restare con i primi

Esordio nel deserto

L’esordio con la Movistar è arrivato all’AlUla Tour, Formolo si è fatto vedere, ma non è arrivato lo squillo. Poco male, le gambe girano e le corse che contano sono più avanti, la fretta è sempre cattiva consigliera. 

«Sono a casa – ci dice Formolo appena lo intercettiamo – ho appena fatto un tampone per il Covid. Mi sa che me lo sono preso, ma non so bene quando. Mi sono insospettito perché in questi giorni sentivo male ai polmoni mentre pedalavo. Sono tornato dall’Arabia tre giorni fa, la trasferta è andata tutto sommato bene, siamo sempre stati lì davanti. Dispiace non essere riuscito a giocarmi la vittoria fino alla fine (il riferimento è in particolare all’ultima tappa, ndr). Mi sono mancati proprio gli ultimi 100 metri».

Il focus della stagione per “Roccia” saranno i mesi di marzo e aprile
Il focus della stagione per “Roccia” saranno i mesi di marzo e aprile
Facciamo un passo indietro, com’è andato l’ambientamento in Movistar?

Bene, sono rimasto impressionato dall’organizzazione. Ho subito trovato un buon feeling con i compagni e ne sono contento. Ho desiderato molto questo passaggio, mi sono accorto che era l’anno giusto per cercare nuovi stimoli. Anche l’età avanza, quindi volevo cambiare quando potevo ancora essere competitivo. Qui avrò più spazio nelle corse di un giorno. 

In che modo è cambiato il tuo inverno con la squadra nuova?

A livello di preparazione abbiamo deciso di lasciarci dei margini per crescere in vista dell’estate. Tra luglio e agosto correrò Tour e Vuelta, dovrò farmi trovare pronto, sarà il periodo clou. Se guardo ai mesi che arrivano, quindi marzo e aprile, questi sono il mio focus per la stagione. Ci sono tante gare nelle quali voglio fare bene, come Strade Bianche e Ardenne. 

La Canyon è una bici con delle geometrie più votate all’aerodinamica
La Canyon è una bici con delle geometrie più votate all’aerodinamica
Sei comunque andato in ritiro sul Teide a gennaio, eri solo o con la squadra?

Solo. In realtà in compagnia di Valerio Conti. Mi piace andare sul Teide a gennaio, mi posso allenare su salite lunghe e fare percorsi impegnativi. E’ il momento per fare i giusti passi nella preparazione, anche perché poi si inizia a viaggiare e non c’è più tempo. Preferisco andare da solo in ritiro perché riesco ad ascoltarmi di più e capire quando spingere o, al contrario, se devo riposare. 

Cosa ti ha sorpreso di più della Movistar?

L’organizzazione, hanno tutto programmato e anche lo staff ha un’esperienza e delle competenze invidiabili. La bici è molto diversa rispetto alla Colnago che avevo in UAE. E’ stato un bel cambiamento, la Canyon mi sembra più veloce in pianura. Si vede a occhio nudo: ha un telaio più allungato e delle geometrie molto più aerodinamiche. La Colnago, invece, era più leggera. Pensata per la salita. 

Oltre a Formolo (a destra) ci sono altri tre italiani nella Movistar: Cimolai (a sinistra), Milesi (al centro) e Moro che ha debuttato in Australia
Oltre a Formolo (a destra), altri tre italiani nella Movistar: Cimolai (a sinistra), Milesi (al centro) e Moro, che ha debuttato in Australia
Con il gruppo come ti sei trovato?

Bene, fin da subito. Non ho notato grandi differenze rispetto alla UAE. Questo perché entrambi i team hanno un animo latino. Sarà anche per questo che non mi sembra di aver subito il cambio. 

In squadra è arrivato anche Quintana, Mas potrebbe non essere più l’unico leader.

Da quanto ne so Quintana dovrebbe fare il Giro d’Italia e Mas il Tour de France. Poi entrambi saranno alla Vuelta, ma vedremo. Io tirerò per tutti e due, il mio lavoro è farmi trovare pronto.

Ora il programma cosa prevede?

Avrei dovuto fare qualche gara in Spagna, e poi martedì 13 sarei dovuto partire per il Teide. Visto che con il dubbio del Covid non andrò a correre, penso di anticipare il ritiro a sabato (domani, ndr). Poi vedremo, dopo il Tour de France spero di avere il tempo di stare a casa con la famiglia e fare un ritiro. Anche se, con la legge passata ieri (mercoledì, ndr) sulle camere ipobariche, magari mi farò qualche giorno a casa in più. Risparmiando soldi e tempo. Probabilmente è stata mia moglie a fare pressioni affinché passasse questa normativa, così rimango a casa più spesso (conclude con una risata, ndr).

Carboni, niente italiano, tanta sfortuna e voglia di ripartire

16.06.2023
6 min
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Nella mitologia greca, la dea della fortuna è cieca. Ad essere mal pensanti viene da dire che invece la sfortuna ci vede benissimo. Giovanni Carboni dopo aver chiuso il capitolo nero della Gazprom nel 2022, si è trovato in questo 2023 a fronteggiare una serie di eventi sfortunati. Nessuno così grave, ma sportivamente parlando si può dire che il marchigiano abbia un conto in sospeso con la dea bendata. 

Il suo approdo nella formazione spagnola Kern Pharma era pieno di aspettative e buoni proposti. La condizione di inizio anno ha fatto ben sperare, poi però è arrivato l’incidente sul Teide, l’appendicite protratta e infine l’infortunio alla schiena. Si chiude così un altro capitolo di questa prima parte di stagione con il forfait forzato al campionato italiano di Comano Terme in programma a fine giugno. Scopriamo il suo stato d’animo e la reazione del classe ’95 nei confronti di questa metà stagione. 

Qui Carboni alla sua prima uscita in maglia Kern Pharma nel 2022
Qui Carboni alla sua prima uscita in maglia Kern Pharma nel 2022
Giovanni, come hai vissuto questa prima parte della stagione?

Diciamo che ho vissuto la prima parte dal punto di vista fisico e mentale nel migliori dei modi, quello che è mancata è stata un pochino di fortuna.

Spiegaci meglio?

Per quanto riguarda l’allenamento e quello che potevo fare, mi sono fatto trovare pronto quando richiesto. Ma con gli incidenti e i problemi fisici mi sono trovato in situazioni fuori dal mio controllo.

Andando nello specifico, cosa è successo?

Inizialmente ho avuto l’incidente sul Teide, il 3 marzo. Una macchina che ha aperto lo sportello e io ci sono finito dentro: questo mi ha rallentato parecchio. Di seguito sono stato male un paio di volte per un’appendicite, che però non era stata riconosciuta fin da subito. 

In che senso?

La prima volta che sono stato male è stato una settimana dopo l’incidente del Teide e sono stato male di notte. Soltanto che, essendo comunque all’estero e per giunta in un posto un po’ difficile da raggiungere, non ho potuto far visite. Quindi è passato tutto in secondo piano. L’appendicite è stata confusa inizialmente come un problema di gastroenterite.

Per Carboni l’inizio di stagione era carico di buone sensazioni e aspettative
E poi?

Mi si è ripresentata al Tour of the Alps. In quel caso mi sono ritirato alla penultima tappa. E anche quella volta si è presentata con dei sintomi strani e non è stata riconosciuta. Fino a quando il 30 di aprile sono stato proprio male, in maniera forte e tanto da costringermi ad andare all’ospedale. Dagli accertamenti, dalle analisi avevo un’appendicite ingrossata, a rischio di peritonite: sono stato operato d’urgenza. Il problema è che tutta questa situazione me la sono portata avanti per due mesi, perché dai primi sintomi di marzo sono stato operato a fine aprile.

Nel frattempo hai corso?

Sì, anche se notavo che c’era qualcosa che non andava nel mio fisico specialmente alla gamba. Avevo molto fastidio alla coscia destra. Fastidi ripetuti alla zona destra dell’addome, però mai avrei pensato di di avere l’appendicite infiammata.

L’incidente invece ha lasciato strascichi?

Recentemente, dopo l’operazione all’appendicite ho ripreso gli allenamenti e ho iniziato ad accusare un mal di schiena un po’ inspiegabile. Dagli accertamenti abbiamo scoperto che sul Teide avevo subito una microfrattura alla vertebra D9 all’altezza dell’intersezione con il costato. E infatti da dopo l’operazione, quando ho ripreso la palestra ho avuto questi sintomi di dolore al costato e alla schiena. Diciamo che c’è stato un susseguirsi di eventi non molto fortunati.

Qui Carboni al centro Fisioradi per la riabilitazione
Qui Carboni al centro Fisioradi per la riabilitazione
Questa micro frattura come la stai trattando?

Avevo appena iniziato ad allenarmi e mi sono rifermato, devo ringraziare Maurizio Radi e il Fisioradi Medical Center che mi hanno seguito in tutto e mi hanno permesso adesso in questi ultimi giorni di riprendere a pieno ritmo. Purtroppo però non abbastanza in fretta per fare il campionato italiano. Ho deciso infatti che è meglio non partecipare. 

Mentalmente come stai reagendo a tutta questa situazione?

Sia io che la squadra eravamo contenti della prima parte di stagione, perché comunque alla Valenciana, in Oman e anche al Gran Camino non ho ottenuto dei risultati pieni, ma sono andato bene. Sapevamo infatti che la mia preparazione non era incentrata sul fare un grande mese di febbraio. L’obiettivo principale e quello che interessava alla squadra erano le corse di marzo

Nella Kern Pharma, Carboni è l’unico atleta italiano (foto Instagram)
Nella Kern Pharma, Carboni è l’unico atleta italiano (foto Instagram)
In tutto questo ti sei anche dovuto ambientare ad una squadra nuova, spagnola, in cui sei l’unico italiano…

Dovevo conoscere i compagni, conoscere la squadra perché l’anno scorso alla fine sono arrivato solo a fine stagione. C’erano un po’ di meccanismi nuovi da imparare. E’ andata anche bene. A detta di tutti, i ritmi nelle prime gare di stagione sono altissimi, a febbraio si fanno i migliori watt, quindi ho percepito che la mia preparazione fosse buona. Ero soddisfatto. A livello di squadra ho trovato quello che il team manager mi aveva anticipato e sono contento anche della scelta che ho fatto di firmare con loro. Nel loro piccolo, ciascuno si impegna per dare il massimo e quando le cose stanno così, non puoi che essere contento. 

Quando hai previsto di tornare in corsa?

Conto di rientrare a fine luglio. Ancora non so bene dove, ma ora ho l’appoggio della squadra e la tranquillità del momento, quindi penso più che altro a rimettermi in forma e senza fretta.

Per il finale di stagione hai in mente qualche gara in particolare? 

Spero di poter riconfermare quello che ho fatto lo scorso anno. Sarebbe bello, fare bene all’Adriatica Ionica Race. Avere il percorso che passa sotto casa è stato bellissimo e mi piacerebbe ricorrerla. 

La vittoria a Brisighella nell’Adriatica Ionica Race 2022
La vittoria a Brisighella nell’Adriatica Ionica Race 2022
Veniamo a una nota dolente. La Kern Pharma non è stata invitata alla Vuelta. Come hai preso la notizia?

Non so bene i meccanismi e come siano andate le cose, però sicuramente sappiamo che i grandi Giri sono sempre delle grandi opportunità per noi corridori. Però penso anche che questa cosa rientri tra le situazioni fuori dal mio controllo. Quindi non voglio neanche pensarci più di tanto. Vorrei sottolineare che mi dispiace molto di non poter fare il campionato italiano. Correre quella gara, per quella maglia, è sempre emozionante. Una corsa che da bambino ho sempre guardato con ammirazione. Non poterla correre mi rattrista, però metto un punto e guardo al prossimo anno.

A livello mentale hai passato dei momenti difficili. Sei riuscito sempre a mantenere un atteggiamento positivo?

Sì, per questo devo ringraziare soprattutto la mia famiglia perché mi è sempre stata accanto e mi ha sostenuto. Penso che in certi momenti è indispensabile riuscire a mantenere un atteggiamento positivo e stabile. 

Soprattutto venendo dall’anno scorso…

Diciamo che gli ultimi anni non sono stati proprio dei migliori. Però ora testa ai prossimi obiettivi.

Il Giro parte, Masnada resta a casa fra lacrime e rabbia

04.05.2023
5 min
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Non ha voglia di parlare, il tono di voce è flebile. Fausto Masnada risponde per i tanti anni di conoscenza e perché forse, da qualche parte dell’anima, fa piacere che qualcuno si interessi. Doveva essere l’uomo più vicino al capitano. Rivediamo le foto, rileggiamo i sogni e i progetti. Invece di colpo il suo nome non è più fra quelli che da sabato lotteranno per il Giro con Evenepoel.

La Soudal-Quick Step non se l’è sentita di rischiare e di colpo le settimane di lavoro sul Teide sono state spazzate via. Lo stesso destino di Ciccone, l’amico di sempre, ma non per il Covid. L’ultima volta, in uno scambio di messaggi, Fausto ci aveva detto che sarebbe andato al Romandia per verificare che il fastidio al soprassella fosse superato. Invece a fermarlo è stato altro.

Al Romandia, tirando per Cerny assieme a Cavagna, ma la salute di Masnada è già precaria
Al Romandia, tirando per Cerny assieme a Cavagna, ma la salute di Masnada è già precaria

«Con il soprassella – dice – va tutto bene, è superato. Invece è venuta fuori una cosa virale, sono appena uscito da una visita. Il venerdì ho preso il volo per tornare da Tenerife. Fino al giorno prima stavo benissimo, ho fatto l’ultimo allenamento di quattro ore e mezza senza alcun problema. Invece quando la sera sono arrivato a casa, non mi sentivo benissimo. Lunedì sono partito comunque per il Romandia, ma il dottore della squadra mi ha visitato e ha visto che c’era qualcosa. Così ha iniziato a darmi l’antibiotico, ho retto per due o tre giorni, poi la cosa è peggiorata drasticamente e mi sono ritirato. Abbiamo fatto una serie di altri controlli, anche quelli risultavano positivi, per cui niente…».

Perciò la speranza di fare il Giro è svanita così?

Purtroppo sì. Tre settimane sono tre settimane. Il Giro non è una corsa di quattro giorni, dove vai e dici che al massimo la prendi come allenamento e, se non va bene, torni a casa. Soprattutto quest’anno, che si va per cercare di vincerlo. Non hanno voluto correre il rischio di portarmi al 50 per cento. Li capisco, cosa potevo dirgli? Insistevo per farmi portare e poi magari dopo una settimana tornavo a casa perché non riuscivo a respirare? Sarebbe stato una doppia sconfitta. Per me, ma anche per loro. Avrei fatto un torto alla squadra…

La preparazione a Tenerife era filata al meglio. Il venerdì Masnada è andato a casa, Remco alla Liegi (foto Instagram)
La preparazione a Tenerife era filata al meglio. Il venerdì Masnada è andato a casa, Remco alla Liegi (foto Instagram)
E’ peggio per il morale o per la salute?

Diciamo che l’ottanta per cento è duro per il morale, il resto per il fisico. Alla fine la salute si recupera, il morale è peggio. Il Giro parte e io resto a casa, dopo la preparazione che si è fatta e tutti gli impegni che ci sono stati. Era tutto perfetto, ma il problema è che certe volte non va come dovrebbe.

Cosa ti hanno detto i compagni?

Sono uno che non disturba gli altri. Non ho scritto particolari messaggi, ma qualcuno mi ha cercato per chiedermi cosa avessi. Non c’erano annunci da fare. Sinceramente questa è l’unica chiamata che ho fatto, non ho aperto social, non ho aperto messaggi, non ho risposto a nessuno perché non ho voglia di stare a parlare di queste cose. E’ meglio mandare giù, far finta di niente, guarire e guardare al prossimo obiettivo.

«Allenarsi e basta è duro. Ti esaurisci fisicamente e mentalmente». Sul Teide c’è solo il lavoro… (foto Instagram)
«Allenarsi e basta è duro. Ti esaurisci fisicamente e mentalmente». Sul Teide c’è solo il lavoro… (foto Instagram)
Dispiace per tutta la fatica fatta…

Era tutto improntato proprio sul Giro d’Italia. Dal rientro a Tenerife fino a Pescara c’erano 12 giorni, era tutto perfetto, invece in un momento si stravolge tutto. Non è bello, soprattutto per quello che c’è dietro. Conoscete il mondo del ciclismo. Ti fai il mazzo, ti alleni per due mesi chiuso in un hotel a 2.200 metri di quota con i tuoi compagni. Non è sempre facile. E ti dici che adesso andrai al Giro e sfogherai tutte le energie e raccoglierai per tutto quello che hai sofferto. Invece non è così…

Quale può essere un obiettivo per non pensarci più?

Adesso sto recuperando e poi magari questo mese farò un’altra gara. Comunque ho corso poco e vedrò con la squadra dove andare. Stare in corsa è ben diverso che allenarsi, perché allenarsi e basta ti porta all’esasperazione. Ti esaurisci fisicamente e mentalmente, tante volte è meglio correre, soprattutto adesso. Spero di tornare presto a quell’atmosfera, al fatto di sentirsi in gara, di stare nel gruppo. Non so dove, vedrò cosa farà la squadra in questo mese e cercherò di andarci dando il massimo.

Scherzi sul Teide: nuova posizione aerodinamica per fare prima possibile i 220 chilometri dell’allenamento (foto Instagram)
Scherzi sul Teide: nuova posizione aerodinamica per fare prima possibile i 220 chilometri dell’allenamento (foto Instagram)
Anche perché il lavoro non vada buttato…

Esatto, alla fine c’è stato questo problema, però tutto il lavoro fatto uscirà prima o poi. Recuperare una settimana non mi farà buttare via due mesi. Mi sono allenato tanto, questo prima o poi deve pagare.

Avevamo parlato della tappa di Bergamo…

Sicuramente non ci sarò, questo l’ho già messo in previsione. Come andare al lavoro e non poterlo fare. Non sarò a Bergamo per non sentire l’atmosfera del Giro e del fatto che passi davanti a casa e che tutti facciano domande. Preferisco stare da solo, resterò tranquillo qui a Monaco. Qui forse nessuno verrà a cercarmi…

Anastopoulos, il gruppo e Remco: i giorni del Teide…

23.04.2023
5 min
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Tra poche ore scatta la Liegi-Bastogne-Liegi. Remco Evenepoel è arrivato in Belgio giusto in tempo la ricognizione del venerdì. Ma forse stavolta correrà la Doyenne con un pensiero in più: il Giro d’Italia, come del resto ci ha detto anche Cattaneo pochi giorni fa. Il campione del mondo ha concluso il suo lungo ritiro sul Teide. Con lui c’erano molti (alcuni) dei ragazzi che lo seguiranno nella rincorsa alla maglia rosa e il coach Vasilis Anastopoulos.

Il preparatore greco segue in prima persona i ragazzi del team. Ed è anche un buon “amuleto” se così possiamo dire. Visto che non è la prima volta che Remco scende dall’altura quando c’è lui e poi vince.

Ad Anastopoulos abbiamo chiesto come sono andati i lavori in mezzo all’Oceano Atlantico. E lo abbiamo fatto partendo dal gruppo. Un gruppo che sembra davvero divertirsi. Remco che getta l’acqua addosso a Masnada mentre scherza su un gioco per bambini ad un parco giochi. Le foto che scherzano sulle posizioni a crono, quelle dei ragazzi durante la “sosta Coca Cola”. E chiaramente allenamenti molto intensi, come i 220 chilometri e oltre 3.500 metri di dislivello di qualche giorno fa.

Arrivato nella notte in Belgio, Evenepoel venerdì mattina ha fatto la ricognizione coi compagni nel finale della Liegi
Arrivato nella notte in Belgio, Evenepoel venerdì mattina ha fatto la ricognizione coi compagni nel finale della Liegi
La prima cosa che ci ha colpito è che si è visto davvero un gruppo affiatato. Tante battute sui social… Cosa significa per un allenatore? E per una squadra…

È un bel gruppo di corridori. L’atmosfera a tavola è molto buona e rilassata, quindi è un piacere lavorare con questi ragazzi. Rende il mio lavoro molto più semplice, poiché completano il piano di allenamento quotidiano senza problemi e soprattutto vedo che sono felici di farlo! Significa molto per una squadra avere un gruppo i cui componenti hanno un rapporto buono e rilassato tra loro perché aiuta a lavorare come una macchina ben oliata!

Soudal-Quick Step è sempre stata una squadra per le classiche, ma dall’ultima Vuelta (e con Remco) qualcosa è cambiato. Rispetto ad una UAE Emirates e a una Jumbo-Visma, ti manca ancora qualcosa in termini di uomini per aiutare il leader? Anche l’esperienza conta…

Penso che abbiamo dimostrato l’anno scorso alla Vuelta, dove abbiamo corso metà gara con sei corridori, Serry si è dovuto fermare alla tappa 9 a causa del Covid e Julian (Alaphilippe, ndr) alla tappa 11 a causa della sua caduta, che abbiamo una squadra forte per aiutare i nostri capitani. Certo, abbiamo bisogno di qualche aggiunta al nostro team per i grandi Giri, ma sono sicuro che è qualcosa su cui Patrick Lefevre sta già lavorando.

Quanto tempo siete stati in quota? E perché così tanto?

Siamo rimasti all’altitudine del Teide per tre settimane, poiché ci sono forti prove scientifiche che questa quantità di tempo è necessaria per vedere i benefici nelle prestazioni. Lo abbiamo fatto anche in passato e abbiamo visto che questo periodo funziona perfettamente per la maggior parte dei nostri corridori per ottenere il profitto più fisiologico da un campo.

Remco ha corso poco e oggi va fortissimo: come si fa a superare il “problema” del passo gara? Soprattutto andrà direttamente a Liegi …

Ha appena completato un ottimo blocco di allenamento e la mancanza di gare non è un problema per lui. L’anno scorso ha fatto un grande blocco di allenamento in quota a Livigno, poi è andato a San Sebastian dove ha vinto “in solitaria”. E’ lo stesso percorso che seguirà quest’anno verso Liegi.

Molta resistenza o anche lavoro esplosivo (intenso)?

Poiché il gruppo proveniva dal Catalogna, abbiamo lavorato su un buon recupero nella prima settimana. A questo è seguito un blocco di molta resistenza, unita a dei lavori più intensi per le due settimane successive.

Dall’esterno ho visto un super feeling tra Masnada e Remco: sarà l’ultimo uomo per la salita? O l’uomo di fiducia?

“Masna” gioca un ruolo fondamentale nella nostra squadra, ma in questo momento ci sono dieci corridori nella lunga lista del Giro. Se passerà questa selezione finale, sarà uno dei corridori che aiuteranno Remco in montagna sicuramente.

Per Anastopoulos, Remco alla Liegi non avrà problemi di ritmo gara. Lo scorso anno dopo essere sceso dall’altura dominò San Sebastian
Per Anastopoulos, Remco alla Liegi non avrà problemi di ritmo gara. Lo scorso anno dopo essere sceso dall’altura dominò San Sebastian
C’è un aneddoto, un fatto durante questo training camp che ti ha colpito molto? 

Non posso dare una buona risposta a questa domanda, ma posso dire che lascio il training camp con un grande sorriso e una grande soddisfazione per il lavoro svolto dai ragazzi!

Seguirai i ragazzi direttamente al Giro d’Italia?

No, sarà il nostro head coach (capo allenatori, ndr) Koen Pelgrim a seguire la squadra per il Giro, visto che io sarò in Sierra Nevada per un ritiro in quota con il team che poi andrà al Tour de France.

Vasilis, ma con tutta questa altura tu andrai più forte dei corridori! Una curiosità: come trascorre il tempo un allenatore in ritiro in quota?

La mattina seguo i ragazzi in allenamento. Dopo l’allenamento devo analizzare la seduta e le schede degli altri ragazzi che alleno in squadra, ma che non sono presenti. Poi programmare la giornata successiva. Quando finisco, è già ora di cena. C’è giusto il tempo di fare quattro chiacchiere con la mia famiglia a casa. Ed è già ora di andare a letto. Quindi non c’è poi molto tempo libero in un training camp in altura!